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venerdì 27 marzo 2020

# - Aggiornamenti dall'Approvvigionatore Letterario (Marzo 2020)

Come avevo anticipato la scorsa settimana, eccoci qui per le consuete anticipazioni dell'Approvvigionatore Letterario del mese di marzo, dopo lo "speciale svago" che ho steso per contrastare la noia da Coronavirus. A causa di quest'ultimo, tuttavia, vi devo anticipare che si tratterà di una breve lista di titoli, poiché ben poche case editrici sono riuscite a mantenere le loro scalette di pubblicazione e a produrre nuovi titoli; in particolare, in Italia. Ad esempio, "La Locanda del Gatto Nero" di Seishi Yokomizo (Sellerio) è sparito dai radar, rimandato a data da destinarsi o comunque messo in attesa di tempi migliori. Vale la stessa cosa per quanto riguarda il nuovo titolo di Le Assassine, le quali avevano in programma di pubblicare un romanzo tra la fine di questo mese e il prossimo. Non conosco nemmeno se i piani di Polillo rimarranno inalterati o meno. In ogni caso, potete contare su di me e stare sicuri che vi aggiornerò non appena saprò qualche novità a riguardo. E adesso andiamo con i nuovi romanzi gialli in lingua inglese.

Innanzitutto, voglio segnalare l'uscita di ben 12 nuovi mysteries per i tipi di Dean Street Press. Questa casa editrice (della quale divorerei pure la collana "Furrowed Middlebrow", se solo riuscissi a leggere più velocemente in inglese) ci ha abituato a piacevoli sorprese, in fatto di crime story, e ogni volta è un piacere scoprire quali gialli trascurati da moltissimi anni sono tornati disponibili per noi moderni lettori appassionati, grazie al suo lodevole lavoro di riscoperta. Stavolta, è toccato ad alcuni romanzi a firma Henrietta Clandon, un'aggiunta al numero di quelli già editi della bravissima Moray Dalton e ben tre nuovi titoli della coppia E. & M.A. Radford. Nel dettaglio:
Copertina di "This Delicate Murder"
pubblicato da Dean Street Press
  • Per quanto riguarda quelli di Henrietta Clandon (pseudonimo di George Haslette Vahey, scrittore anglo-irlandese che ha prodotto una quantità incredibile di libri sotto svariati nomi), si tratta di "Inquest", "Good by Stealth", "This Delicate Murder" e "Power on the Scent". "Inquest", esordio dell'autore, tratta uno tra i casi più tipici all'interno del giallo della Golden Age; ovvero il delitto nella casa di campagna, la quale in questo caso si chiama Hebble Chace. Laggiù, una ricca vedova ha radunato gli stessi ospiti di un ricevimento avvenuto in Francia alcuni anni prima, in occasione del quale suo marito era improvvisamente morto per aver ingerito alcuni funghi velenosi. Con loro, si trova anche il dottor Soame, narratore della vicenda, il quale non riesce a comprendere appieno come mai la signora Marie abbia deciso di circondarsi di questo nutrito gruppo di individui. Quando uno di essi cadrà da una finestra, toccherà a lui chiedersi se si tratti di incidente o delitto. "Good by Stealth", invece, racconta la vicenda della signorina Edna Alice, la quale vive in un tipico villaggio e trascorre la propria esistenza a correggere i vizi morali della gente che le sta intorno, con disappunto delle persone interessate. A un certo punto, però, Edna Alice viene accusata di essere la mittente di alcune lettere poco simpatiche, inviate ai suoi vicini. Che la sua buona volontà si sia spinta troppo oltre? Chissà... In "This Delicate Murder", la narratrice diventa una scrittrice di libri gialli, Penny Mercer, la quale viene invitata, assieme al marito, a un ricevimento a cui prendono parte altri suoi colleghi autori. Ben presto il loro anfitrione, un uomo sgradevole, viene rinvenuto cadavere in mezzo al prato della tenuta, ucciso da un colpo di pistola. Chi lo ha ammazzato? Sarà l'investigatore dilettante William Power, affiancato dal marito di Penny, ad indagare sul caso. Infine, "Power on the Scent" vede come vittima l'agente di borsa Montague Morgan, conosciuto anche per essere un rinomato floricoltore. Egli è stato rinvenuto nel suo giardino, e la cosa lascia presumere che il responsabile del delitto possa essere un suo parente, come il nipote o una bellissima e affascinante vedova. Toccherà ancora una volta a Power, affiancato da Penny e Vincent, scoprire il responsabile del fattaccio.
Copertina di "The Belgrave Manor
Crime" pubblicato da Dean Street
Press
  • Di Moray Dalton (pseudonimo di Katherine Dalton Renoir, nata a Londra nel 1881 e autrice di ventinove romanzi gialli), invece, sono stati pubblicati "The Condamine Case", "The Art School Murders", "The Case of Alan Copeland", "The Belgrave Manor Crime" e "The Belfry Murder". Il primo romanzo racconta come il giovane regista Stephen Latimer venga a sapere di una strana storia di stregoneria, riguardante la famiglia Condamine di Little Baring, nel Somerset. Deciso a sfruttarla per trarne una sceneggiatura per il suo prossimo film, si reca laggiù a raccogliere materiale e, una volta compiuta la sua opera, ritorna a Londra per perfezionare il tutto. Peccato che, oltre all'inquietante storia, porti con sé la maledizione... In "The Art School Murders", invece, assistiamo all'omicidio di Althea Greville, modella per artisti alla rinomata scuola d'arte di Morosini e famme fatale. Il suo corpo è stato ritrovato cosparso di macchie rosse, simili al colore con cui gli allievi erano soliti dipingerla; eppure, si tratta senza dubbio di sangue. In tanti potevano desiderare la sua morte, ma l'ispettore Hugh Collier deve agire alla svelta, prima che i cadaveri si moltiplichino, ed inchiodare un assassino che opera sotto la copertura dell'oscuramento della Seconda Guerra Mondiale. "The Case of Alan Copeland" è invece un classico giallo "giudiziario", di quelli che si svolgono in parte all'interno delle aule dei tribunali. Ci troviamo di fronte a una causa come tante altre: in un nutrito gruppo di sospettati, appartenenti al tipico villaggio di campagna, dove tutti si conoscono e tutti sparlano del prossimo, si nascondono un omicida e le sue vittime: tutti insospettabili e all'apparenza insignificanti. Eppure, la vicenda ha fatto sensazione, poiché dapprima si era pensato a un caso di morte naturale, mentre ora il sussurro della parola "omicidio" si trasforma ben presto in un grido assordante. Il pubblico desidera conoscere la verità e il verdetto dei giurati: basteranno le prove per condannare l'imputato? "The Belgrave Manor Crime" prende avvio dal curioso incontro tra un investigatore psichico, Cosmo Thor, e un'indovina, Madame Luna. Ben presto lei tenta di mettersi di nuovo in contatto con lui, ma invano, e Thor decide di rivolgersi al suo amico Hugh Collier per rintracciare l'amica... finendo per scoprire che probabilmente Madame Luna è morta cadendo da una scogliera nel Devon. Ma cosa ci faceva lei laggiù? Recatosi sul posto per indagare, Thor si imbatte in Belgrave Manor, la casa di campagna in cui vive la donna alla quale la sua amica aveva affidato la figlia. C'è qualcosa che di inquietante in quella casa, lo sente; per questo chiederà aiuto a Collier per svelare quello che si rivelerà essere un intrigo sbalorditivo. Infine, "The Belfry Murder" ci racconta la frenetica fuga di una giovane governante inglese dalla Russia degli anni della Grande Guerra. Ella ha portato con sé i gioielli dell'imperatore, tra i quali figura lo smeraldo "Occhio di Nerone"; ma quando muore, pochi giorni dopo essere giunta nella casa del fratello antiquario a Londra, i preziosi sono scomparsi. Anni dopo, un cameriere russo vende un pericoloso segreto alla persona sbagliata e viene ammazzato: la caccia allo smeraldo è aperta.
Copertina di "Death and the
Professor" pubblicato da Dean Street
Press
  • Infine, i tre gialli della coppia formata da Edwin e Mona Augusta Radford (la cui formula era: "Lei li uccide, e io scopro come lo ha fatto"): "The Heel of Achilles", "Death of a Frightened Editor" e "Death and the Professor". "The Heel of Achilles" è una classica inverted story in cui il colpevole si conosce già dall'inizio: James Sprogson, infatti, è un affascinante criminale incallito più che deciso a separare per sempre la coppia formata da Jack e Mary. La ragazza ha provato a mettere in guardia il suo fidanzato, temendo che l'ascendente di James potesse influenzarlo, ma lui l'aveva rabbonita affermando che Sprogson, in realtà, è un bravo ragazzo. Pagherà cara la sua leggerezza. "Death of a Frightened Editor", invece, racconta il viaggio di sette uomini e una donna a bordo di una carrozza di prima classe, sul treno che fa la spola tra Londra e Brighton. Tutti quanti vivono insieme da mesi e mesi e finora non è successo niente; ma all'improvviso uno degli uomini, editore di un giornale volgare e scurrile, viene trovato ammazzato, ucciso da avvelenamento da stricnina. Questo veleno agisce nell'arco di quindici minuti; eppure, nessuno ha avuto a che fare con il signor Mortensen nell'ultima ora prima della sua morte. Come è stato ucciso? Infine, "Death and the Professor" ci descrive un curioso gruppetto di sapienti, il "Dilettantes Club", il quale si riunisce una volta ogni due settimane per cenare tutti insieme e discutere dei problemi che affliggono l'umanità. Una sera, uno strano ometto, professore di Logica e Filosofia, si intromette nel conciliabolo e asserisce di poter indicare con sicurezza qualunque uomo stia sfuggendo alla giustizia in quel momento. Il vice commissario di Scotland Yard, incluso nel numero dei sapienti, è scettico a riguardo; eppure, il piccoletto sembra avere ragione: ad ogni nome, corrisponde un crimine, finché... Vi invito a scoprire come continua la storia.
Come avrete capito da questi brevi riassunti, si tratta di opere omogenee, di vario tipo e tutte intriganti. Dean Street Press ha colpito ancora una volta nel segno; direi che non dovremmo lasciarci sfuggire l'opportunità di leggere questi romanzi.

Copertina di "Settling Scores" pubblicato
dalla British Library Crime Classics
In secondo luogo, tengo a segnalare l'uscita di questo mese nella collana "Crime Classics" della British Library: la raccolta di racconti del mistero "Settling Scores" curata da Martin Edwards. Si tratta di una sapiente collezione di brevi storie, a volte conosciute e altre meno, tutte centrate sul tema dello sport e dell'attività all'aria aperta: si va dal golf al cricket, dal calcio al rugby, dalla corsa al nuoto, dalla boxe al tiro con l'arco, dal tennis allo squash; tutti i campi (in senso metaforico e non) vengono incluse nel numero, e ovviamente ad ognuno di essi corrisponde un autore di tutto rispetto, da J. Jefferson Farjeon ad Anthony Gilbert, da Leo Bruce a Celia Fremiln. Sono convinto che anche chi non è un grande appassionato di sport saprà apprezzare questa raccolta; dopotutto, il mystery resta qualcosa di affascinante di qualunque argomento tratti.

Bene, anche per questo mese è tutto. Spero che i miei consigli vi possano essere utili, per orientarvi al meglio nel vasto panorama della classica crime story pubblicata di questi tempi. Ci leggiamo ad aprile, quando forse la situazione generale sarà migliore (speriamo sia così). A presto!

Link ai titoli consigliati su Amazon:
"Inquest" di Henrietta Clandon;
"Good by Stealth" di Henrietta Clandon;
"This Delicate Murder" di Henrietta Clandon;
"Power on the Scent" di Henrietta Clandon;
"The Condamine Case" di Moray Dalton;
"The Case of Alan Copeland" di Moray Dalton;
"The Belgrave Manor Crime" di Moray Dalton;
"The Belfry Murder" di Moray Dalton;
"The Heel of Achilles" di E. & M.A. Radford;
"Death of a Frightened Editor" di E. & M.A. Radford;
"Death and the Professor" di E. & M.A. Radford;
"Settling Scores" a cura di Martin Edwards.

venerdì 20 marzo 2020

# - L'Angolo dell'Approvvigionatore Letterario - Speciale Svago Coronavirus

Salve a tutti, amici dell'Approvvigionatore Letterario, e bentornati su Three-a-Penny. Come ormai sappiamo tutti quanti, il mese di marzo (e in parte la fine di febbraio) ci ha riservato alcune "sorprese" di cui avremmo fatto volentieri a meno. Il cosiddetto COVID-19 (o Coronavirus) ha infatti monopolizzato le nostre vite e ha limitato molto la nostra libertà di movimento, costringendoci a non muoverci più da casa, pur di evitare di diffondere il contagio della malattia e di incappare in conseguenze tutt'altro che auspicabili; senza contare il fatto che ha esasperato le ansie di alcuni di noi, trasformando un periodo solitamente foriero di timide scampagnate o gite fuori porta in un lasso di tempo tedioso e all'apparenza infinito. Fortunatamente, bene o male, ognuno di noi ha la possibilità di dedicarsi a diversi svaghi casalinghi: qualcuno pulisce, qualcun altro cucina, altri guardano la televisione (sperando di non inciampare nell'ennesimo talk sul virus), altri ancora fanno ginnastica e si mantengono in forma. Da parte mia, tengo d'occhio i social in attesa di buone notizie o nuove fonti di svago (come il commento di alcuni programmi TV) e, ovviamente, leggo. Mi sto portando avanti con le letture che avevo organizzato, porto a termine le recensioni che ancora mi restano da completare, e provo ad occupare la mente con qualche delitto fittizio o un enigma stimolante. Insomma, finora sono riuscito a non cadere nel panico e spero di riuscire a resistere ancora abbastanza a lungo. Al contrario di me, tuttavia, ho notato come spesso le persone con cui vengo in contatto si sentano sconfortate da questa situazione straordinaria che ci è toccato vivere. Mi dispiace che questi amici (perché questo sono) provino un costante abbattimento, e ho trascorso alcuni giorni a domandarmi cosa potessi fare per aiutarli a distrarsi un po'. Poi, l'altro ieri, ho fatto un giro sul blog del sempre ottimo critico Martin Edwards, e ho visto che lui aveva pubblicato una Top Ten di titoli (tutti gialli, ovviamente) consigliati per ingannare il tempo. Un'idea meravigliosa, a mio parere. Così, ho iniziato a pensare se non fosse il caso di mettere insieme qualcosa di simile, magari sfruttando alcuni tra i titoli che avevo già recensito qui su Three-a-Penny. Se il giallo era riuscito a darmi una mano a tenere sotto controllo la mia irrefrenabile irrequietezza, perché non fornire agli altri una soluzione simile a quella per il mio problema? Ecco dunque che, per questo mese insolito, voglio mettere da parte le anticipazioni per i prossimi titoli in uscita (che recupererò in un altro post) per farvi una breve lista di crime novels classiche che possano dare un po' di sollievo a chi magari si sente un po' giù. Se non ho capito male, i corrieri continuano a portare i pacchi a destinazione, seguendo le direttive che i medici e gli scienziati impartiscono ogni giorno; quindi, grazie ai servizi di consegna online, i libri possono essere recapitati direttamente nelle case dei lettori che saranno incuriositi dai miei consigli. Spero che tutto questo sia utile a qualcuno. Eccovi dunque la mia personale lista anti-panico e scaccia-ansia:

I - CAMPAGNA, DOLCE CAMPAGNA

1 - "Dalle Nove alle Dieci/"L'Assassinio di Roger Ackroyd" di Agatha Christie (Mondadori)
King's Abbot è un tipico paesino della campagna inglese dove tutti si conoscono e dove non succede mai nulla di speciale. Un giorno però qualcosa accade: l'uomo più ricco del paese, Roger Ackroyd, viene inspiegabilmente assassinato proprio quando stava per leggere una lettera che avrebbe fatto luce su un misterioso suicidio. Il delitto getta nello sgomento la piccola comunità e in particolare gli amici e i parenti della vittima. Non tutti però hanno da dolersi dell'accaduto; almeno così sembra credere un buffo straniero trasferitosi da poco nel villaggio per coltivare zucche: in breve l'uomo, che è altri che l'ineguagliabile Poirot, riesce a scoprire che la realtà è ben diversa da quella che appariva e che tutti, anche le persone più insospettabili, hanno qualcosa da nascondere.

2 - "Com'è Morto il Baronetto?" di H.H. Stanners (Polillo)
Siamo nel 1937 e l'Inghilterra è in grande fermento. Festeggiamenti e balli in onore di Giorgio VI, appena incoronato re, si tengono anche nelle campagne, perché tutti vogliono essere partecipi di questo evento epocale. Tuttavia, c'è chi, come lo scrittore Derek Furniss e il professor Harding, mostra una certa indifferenza per quanto succede nel vicino villaggio e preferisce trascorrere la serata giocando a scacchi, senza mescolarsi alla folla vociante. Ma è destino che la festa venga guastata da alcuni strani fatti: dapprima il professore, rientrato a casa degli amici di cui è ospite, s'imbatte nel giovane Hugh Bryant che gli confessa di aver investito qualcosa con la sua auto, ma non sa dire se fosse un uomo o un animale. Poi dall'abitazione del vicino, Sir Jabez Bellamy, giunge un'altra notizia inquietante: il baronetto, che dopo cena era andato a fare una passeggiata nella sua tenuta, non è ancora rincasato nonostante sia contrario alle sue abitudini tirare tardi. Il maggiordomo ha dato l'allarme dopo aver perlustrato invano i dintorni. Per di più Sir Bellamy non aveva voluto prendere parte ai festeggiamenti poiché quella sera doveva ricevere una telefonata molto importante. Se era così, come mai aveva deciso di uscire senza attendere la chiamata?

3 - "Uno Sparo in Biblioteca" di Anthony Berkeley (Polillo)
In questo romanzo del 1925 fece la sua prima apparizione Roger Sheringham, l’investigatore dilettante dai modi un po’ bruschi già incontrato nel celebre Caso dei cioccolatini avvelenati. Ospite della lussuosa residenza di campagna del finanziere Victor Stanworth, Sheringham conta di trascorrere alcuni giorni di riposo in compagnia di gente piacevole e interessante. Ma un mattino Victor non compare come al solito a colazione, e dopo una breve ricerca il suo cadavere viene trovato nella biblioteca della villa. Porte e finestre della stanza sono chiuse dall'interno e la mano del morto impugna ancora la pistola che ha sparato il colpo fatale. Un suicidio, è evidente, visto che sul tavolino di fronte c’è persino un biglietto nel quale il padrone di casa annunciava l’intenzione di farla finita. Eppure… Fino al giorno prima l’uomo si era intrattenuto cordialmente con tutti e non aveva affatto l’aria di chi medita di togliersi la vita. E poi dov'è finito il vaso di porcellana blu che si trovava sulla mensola del camino proprio alle spalle di Victor? Perché quel curioso interesse degli ospiti per il contenuto della cassaforte della villa? E come mai Lady Stanworth, la cognata, così come il maggiordomo Graves e il segretario tuttofare, il maggiore Jefferson, non sembrano molto sconvolti da quella morte?

II - LA SCIENZA DEL DELITTO

4 - "L'Occhio di Osiride" di Richard Austin Freeman (Polillo)
Appena rientrato a Londra da Parigi, John Bellingham, noto egittologo inglese, lascia la valigia al deposito bagagli della stazione di Charing Cross e si reca a casa del cugino George Hurst, dove viene informato che questi è fuori e non sarà di ritorno prima di mezz'ora. Nell'attesa, il professore si accomoda nello studio e scrive un paio di lettere, ma quando il padrone di casa rientra non trova anima viva. La cameriera, che per tutto il tempo era rimasta in una stanza da dove poteva controllare le porte, giura che nessuno è uscito di casa. Eppure il cugino è scomparso. Turbato, Hurst si reca con Arthur Jellicoe, il legale di fiducia di John, da Godfrey, il fratello di quest'ultimo. L'uomo ascolta con grande stupore il racconto, ma non può essere di alcun aiuto in quanto non vede e non sente il fratello da giorni. Tuttavia, nel giardino di casa di Godfrey, seminascosto nell'erba, viene trovato un prezioso scarabeo della XIII dinastia egizia che John teneva appeso alla catena dell'orologio e dal quale non si separava mai: un vero mistero. Toccherà a John Thorndyke, il grande "investigatore scientifico" creato dalla penna di Richard Austin Freeman, trovare la soluzione in questo celebre romanzo del 1911, inserito nella lista delle pietre miliari del giallo compilata da Howard Haycraft ed Ellery Queen.

5 - "Il Caso con Nove Soluzioni" di J.J. Connington (Polillo)
In una nebbiosa serata d'inverno, il dottor Ringwood è costretto a mettersi in macchina per andare a visitare una donna che si è sentita male. Quando arriva faticosamente a destinazione, una casa con giardino alla periferia della città, nessuno risponde al suono del campanello anche se all'interno le luci sono accese. Dato che la porta è aperta, decide di entrare e nel salottino trova, accasciato su un divano, un giovane in un lago di sangue. Questi riesce a sussurrargli qualche parola prima di morire. Il dottore, scoprendo che nell'abitazione non c'è telefono, si reca alla casa accanto per chiamare la polizia. Qui viene accolto dalla cuoca, che lo informa di essere stata lei a convocarlo perché la cameriera non sta bene e in casa non c'è nessun altro. Dopo aver telefonato a Sir Clinton Driffield, il capo della polizia, aver prestato le prime cure alla malata e aver raccolto qualche informazione, Ringwood torna sul luogo del delitto per attendere l'arrivo degli investigatori. Più tardi, prima di rincasare, decide di passare dalla paziente insieme a Sir Clinton, ma quando suona alla porta nessuno risponde. I due riescono a entrare e salgono al primo piano, trovando...

III - LA MORTE DIETRO I BANCHI DI SCUOLA

6 - "Il Caso del Sette del Calvario" di Anthony Boucher (Polillo)
In un'università californiana vengono commessi alcuni strani delitti la cui caratteristica comune è la presenza di un misterioso simbolo in prossimità dei cadaveri. A indagare, restandosene per lo più in poltrona, è John Ashwin, un dottissimo professore di sanscrito appassionato di gialli. È una mente che elabora, induce e deduce mentre il compito di fargli da braccio, di ragguagliarlo, è affidato a un suo studente. Il caso si rivela un vero rompicapo che pare irrisolvibile, ma Ashwin riuscirà a individuane la chiave. Si tratta di un raffinato romanzo-enigma, concepito come un gioco per aguzzare l'ingegno del lettore e metterne alla prova la capacità investigativa.






IV - GIOCO AL MASSACRO

7 - "Gli Omicidi della Z" di J. Jefferson Farjeon (Polillo)
Quando il giovane Richard Temperley arriva alla stazione londinese di Euston, dopo un lungo viaggio in treno, sono le cinque del mattino. Che fare? Un facchino gli consiglia l'albergo al di là della strada. Prendere una camera non ha senso, ma un paio d'ore di sonno nel fumoir non sono una cattiva idea. Raggiunto l'hotel, Temperley si accorge, compiaciuto, che una giovane e bellissima donna si accinge anche lei a riposare nella stanza, ma non fa in tempo a sistemare il bagaglio che vede la ragazza allontanarsi in gran fretta. Si guarda intorno e scopre che anche il suo vicino di treno, una sgradevole persona che ha russato tutto il tempo, ha trovato posto nella stanza. Dorme già, a quanto pare. E invece... no, non dorme, è morto. L'ispettore James, accorso poco dopo, sembra non nutrire dubbi sull'innocenza di Temperley, mentre si dimostra particolarmente interessato al comportamento della ragazza. Perché è fuggita? C'è qualcosa che possa mettere la polizia sulle sue tracce? Be', in effetti Richard qualcosa ha trovato e l'ha istintivamente tenuto nascosto. Ma ecco che l'attenzione dell'ispettore viene attratta da uno strano oggetto appoggiato alla finestra vicino al morto, una "Z" di metallo rosso. Che significato ha quel simbolo? Lo sapremo solo dopo un lungo viaggio, costellato purtroppo d'innumerevoli altre Z.

V - UN BRIVIDO LUNGO LA SCHIENA

8 - "Qualcuno ti Osserva" di Ethel Lina White (Polillo)
Questo romanzo del 1933, che ha ispirato il celebre thriller "La scala a chiocciola" diretto nel 1946 da Robert Siodmak, è ambientato in una isolata dimora di campagna al confine tra l’Inghilterra e il Galles di proprietà della ricca famiglia Warren. Qui lavora come ragazza alla pari Helen Capel, una giovane minuta, pallida, con una massa di capelli rossi, una fervida immaginazione e un sano spirito d’avventura. Intorno a lei si muove un cast di personaggi che sembra fatto apposta per stimolare la sua inguaribile curiosità: Lady Warren, l’anziana e inferma matriarca dal temperamento fumantino; i suoi due figliastri di mezza età, entrambi intellettuali e privi di calore umano; il nipote e la moglie di lui, donna seducente e capricciosa; uno studente un po’ scapestrato; una cuoca col vizio di alzare il gomito e il pigro marito di lei; un’infermiera dall'aria inquietante. Helen ha preso servizio da qualche giorno quando, rincasando dopo una passeggiata, ha l’impressione che uno degli alberi della tenuta si sia mosso e poco dopo viene a sapere che nei dintorni c’è un maniaco che ha già ucciso tre ragazze della sua età. Lei, tuttavia, si sente al sicuro in quella casa piena di gente e impenetrabile come una fortezza finché, in una notte di tempesta, tutto precipita… Un giallo anomalo e appassionante, con un’atmosfera da brivido.

9 - "Sotto la Neve" di J. Jefferson Farjeon (Polillo)
È la vigilia di Natale e durante una tempesta di neve un treno viene bloccato in aperta campagna. Alcuni passeggeri, stanchi di aspettare, decidono di raggiungere a piedi la stazione più vicina, ma smarriscono la strada e solo dopo molto girovagare, e ormai allo stremo delle forze, trovano rifugio in una villa isolata. Al suo interno non c'è nessuno, eppure il camino è acceso e la tavola è apparecchiata per il tè. In cucina il bollitore è sul fuoco e, curiosamente, c'è un coltello sul pavimento. Mentre i nuovi arrivati cercano di organizzarsi, alla villa giungono un anziano passeggero del treno, che mostrerà di possedere straordinarie capacità deduttive, e uno strano figuro che si fa chiamare Smith e che ha tutta l'aria di essere un avanzo di galera. Ma le sorprese non sono finite: viene trovata una lettera dal significato oscuro, la porta di una camera - che non può che essere vuota - si apre e si chiude come se dentro ci fosse qualcuno, e durante una spedizione esplorativa all'esterno, sotto la neve che continua a cadere sempre più fitta, viene rinvenuto un cadavere...

10 - "Panico" di Helen McCloy (Polillo)
Con l’improvvisa morte dello zio Felix, avvenuta di notte per una violenta crisi cardiaca, la giovane Alison Tracey non solo ha perso il suo unico punto di riferimento nella vita, ma anche la fonte dei suoi redditi e la casa dove vive a New York. Nonostante facesse da segretaria allo zio, non immaginava che la situazione finanziaria della famiglia fosse così critica e, soprattutto, era all'oscuro della sua passione per la decrittazione dei codici. Così quando il colonnello Armstrong dell’Intelligence si presenta a casa per ritirare un fascicolo segreto sostenendo che zio Felix stava elaborando un cifrario militare inattaccabile, Alison non ha idea di come aiutarlo. Ricorda solo di aver visto uno strano foglio, pieno di lettere apparentemente alla rinfusa, e di averlo gettato nel cestino poco prima. Ma ora quel foglio è scomparso. Su consiglio del cugino Ronnie, Alison decide di cambiare aria e trasferirsi per qualche tempo nel vecchio cottage di montagna nel quale era solita passare l’estate. Nella completa solitudine di quel luogo isolato, e con la sola compagnia del suo vecchio cane, la ragazza cerca di riprendersi dal lutto e di riflettere sul futuro. Ma tutto a un tratto il misterioso foglio ricompare nella tasca della sua vestaglia. E nel silenzio irreale della notte, strani e insistenti rumori si sentono al di là della porta…

11 - "L'Enigma dei Tre Omini" di John Franklin Bardin (Polillo)
Un giovane con un ibisco rosso fra i capelli si presenta nello studio di uno psichiatra e, alla domanda sul perché porti quel fiore, risponde che Joe gli ha detto di farlo. Chi è Joe? “Oh, è uno dei miei omini. Quello col vestito viola. Mi dà dieci dollari al giorno per portare un fiore tra i capelli”. E chi sono gli altri omini? “Harry, che porta sempre vestiti verdi e mi paga per fischiettare a Carnegie Hall. E poi c'è Eustace: lui indossa panciotti a scacchi e mi paga per distribuire monete da venticinque cent”. Lo psichiatra pensa che si tratti di pure fantasie finché… lui stesso incontra uno degli omini. Così comincia il viaggio nello strano, allucinato mondo di uno scrittore americano che, dal 1946 al 1948, compose tre capolavori di incubo, avventurandosi nei meandri della mente umana ed esplorando la sottile linea di confine fra normalità e follia. Tre sbalorditive detective stories nutrite di ossessioni personali. In questo suo primo romanzo, il vero enigma sta nei personaggi: stanno impazzendo, come temono, o c'è una spiegazione razionale per le cose terribili che accadono loro? Bardin non fu capito e cadde nell'oblio finché negli anni '70, grazie a un critico inglese, i suoi libri furono ripubblicati e lui venne finalmente ammesso nel novero dei grandi della letteratura poliziesca.

VI - IL PIÙ GRANDE GIOCO DEL MONDO

12 - "Morte Dietro la Cresta" di Glyn Carr (Mulatero)
Calato il sipario sulle ultime battute de La Tempesta, il grande attore shakespeariano Abercrombie Lewker già pregusta l’imminente vacanza in montagna, ad arrampicare come di consueto. La meta dello svago alpinistico cambia però all'ultimo momento e con la sua vecchia Wolseley fa rotta verso le montagne di Snowdonia, nel Galles del nord. Alla fattoria dov'è diretto scopre che è stato organizzato un raduno alpinistico tra vecchi amici, una variegata combriccola cui lui stesso si unisce. Ma il secondo giorno, sulla facile via normale del Milestone Buttress, il giovane scienziato ed esperto alpinista Raymond Cauthery cade e muore. Al fiuto del detective dilettante Lewker, l’incidente assume tinte sospette e, in un crescendo di suspense, il filo dell’indagine viene districato con sapienza fino all'ultima pagina, come nel più classico dei mysteries inglesi.

13 - "L'Omicidio è un Affare Serio" di Francis Iles (Polillo)
All'inizio degli anni Trenta, Anthony Berkeley, l'autore di "Il caso dei cioccolatini avvelenati", adottò l'ulteriore pseudonimo di Francis Iles per operare la sua personale rivoluzione all'interno della letteratura poliziesca. "L'omicidio è un affare serio" (1931) è infatti considerata un'opera fondamentale per il mutamento di gusto e di concezione che introdusse: da una parte un agghiacciante realismo e uno studio di caratteri e psicologie come lo si ritrova in pochi dei romanzi cosiddetti "seri" dell'epoca, dall'altra un uso esemplare della tecnica dell'inverted story. Sin dall'incipit si conosce il "cattivo", un medico di provincia pavido e frustrato, così come il suo intento: uccidere la sua insopportabile moglie. L'incognita è se riuscirà a realizzare il suo piano e come. Quel che segue è un tour de force, che si conclude con una grande trovata. Qui, dunque, non c'è un puzzle di tipo classico da risolvere; l'elemento dominante è lo sviluppo della personalità dell'assassino e l'esame degli eventi che portano al crimine.

14 - "Iniziò con un Bacio, Finì con un Delitto" di Derek Smith (Polillo)
Questo secondo romanzo di Smith, "Iniziò con un bacio, finì con un delitto", che tratta di un "delitto impossibile", inizia con l'arrivo all'ispettore capo di Scotland Yard Steve Castle di due biglietti per una pièce teatrale accompagnati da una misteriosa nota: "vieni alla fiera di Paddington". Incuriosito, Castle chiede all'amico Algy Lawrence, geniale investigatore dilettante, di andare con lui. Seduti in prima fila, i due si godono lo spettacolo nel quale è previsto che la protagonista venga uccisa da un colpo di pistola. Il problema è che la giovane attrice muore sul serio, ma, dopo un concitato inseguimento, il colpevole viene catturato e affidato alla polizia. Il caso sembrerebbe risolto se non fosse che la pallottola mortale e l'angolo di tiro raccontano un'altra storia. Possibile che il vero assassino sia un altro? Eppure tutti hanno un alibi inattaccabile, nessuno può aver commesso quel delitto...

15 - "Il Caso dei Cioccolatini Avvelenati" di Anthony Berkeley (Polillo)
Un pacchetto viene recapitato al Rainbow Club di Londra. È indirizzato a Sir Eustace Pennefather, uno dei soci, e contiene una scatola di cioccolatini, omaggio della famosa ditta di dolciumi Mason & Sons. Ma lo scorbutico Sir Eustace detesta i cioccolatini e così li regala a un altro membro del club, Graham Bendix, che ha appena perso una scommessa con la moglie la cui posta in palio era proprio una scatola di cioccolatini. Bendix torna a casa, li offre alla moglie, ne mangia un paio anche lui e, nel primo pomeriggio, esce. Poche ore dopo la donna muore. Avvelenata. Chi è stato? Scotland Yard non riesce a venire a capo dell'enigma e allora Roger Sheringham propone ai sei membri del Circolo del Crimine, di cui è fondatore e presidente, di provare a scoprire il colpevole. Tutti si cimentano nell'impresa e tutti arrivano a una conclusione: sei diverse soluzioni, sei diversi colpevoli, ma tutte assolutamente possibili.

BONUS - "La Rossa Mano Destra" di Joel Townsley Rogers (Polillo)
L’ometto dai capelli ramati e dagli occhi rossi aveva ucciso Inis St. Erme ed era scomparso nel nulla. Ma in che modo? E cosa ne aveva fatto della mano destra di Inis? «Perché Inis aveva una mano destra, almeno questo è inconfutabile. E deve essere trovata. Sono queste le due domande essenziali nel sinistro problema che ho dinnanzi... il problema che devo risolvere prima che l’assassino uccida anche me». Chi parla è un giovane dottore di New York che esordisce raccontando l’agghiacciante storia di una coppia di fidanzati che carica in auto uno strano autostoppista. Dopo un misterioso incidente, i due uomini svaniscono senza lasciare traccia. «La soluzione del mistero», come ha scritto la New York Times Book Review, «benché perfettamente logica, non è per nulla quella che uno si aspettava». Vero romanzo di culto fra gli appassionati di letteratura poliziesca e oggetto di più di un saggio, La rossa mano destra (1945) viene pubblicato per la prima volta in Italia, ma conta numerose traduzioni all'estero e già nel 1950 l’edizione francese – "Jeu de massacre" – aveva vinto il Gran Prix de Litérature Policière. A metà strada fra il noir e il giallo di scuola inglese, il romanzo è una girandola di indizi, false piste, enigmi e colpi di scena come si conviene a un mystery classico di altissimo livello (c’è persino il delitto impossibile) ma possiede un elemento in più: il terrore.

Ecco qui. Ho cercato di variare il più possibile, tra delitti avvenuti nelle università ed altri in campagna oppure a teatro, più classici o più innovativi in fatto di ambientazione e stile, basati su indagini scientifiche o meno. Spero che troviate qualcosa di interessante e che vi possiate appassionare al giallo classico, visto che questo genere merita molto ma non è molto conosciuto. Ci sentiamo ad Aprile, sperando si aver superato questa crisi mondiale e di occuparci più serenamente di quanto ci piace di più. P.S. Lavatevi le mani!

Link ai titoli consigliati:
"Il Caso con Nove Soluzioni" di J.J. Connington;
"L'Occhio di Osiride" di Richard Austin Freeman (oltre all’altro grande capolavoro dell’autore, “Arsenico”);
"Sotto la Neve" di J. Jefferson Farjeon;
"Qualcuno ti Osserva" di Ethel Lina White;
"Gli Omicidi della Z" di J. Jefferson Farjeon;
"Uno Sparo in Biblioteca" di Anthony Berkeley;
"Com'è Morto il Baronetto?" di H.H. Stanners;
"L'Enigma dei Tre Omini" di John Franklin Bardin;
"Panico" di Helen McCloy;
"L'Omicidio è un Affare Serio" di Francis Iles;
"Iniziò con un Bacio, Finì con un Delitto" di Derek Smith (oltre al primo caso di Algy Lawrence, “L’Enigma della Stanza Impenetrabile”);
"Il Caso dei Cioccolatini Avvelenati" di Anthony Berkeley;
"L'Assassinio di Roger Ackroyd" di Agatha Christie;
"La Rossa Mano Destra" di Joel Townsley Rogers;
"Morte Dietro la Cresta" di Glyn Carr.

venerdì 13 marzo 2020

28 - "Morte al Telefono" ("Arrow Pointing Nowhere"/"Murder Listens In", 1944) di Elizabeth Daly

Copertina dell'edizione pubblicata dalla
Polillo Editore
La settimana scorsa ci eravamo lasciati con la quarantena decretata soltanto per alcune regioni italiane; ebbene, da questa siamo tutti sulla stessa barca. Il Coronavirus, infatti, si è talmente esteso nel nostro Paese (e non solo, visto che si inizia a parlare di pandemia mondiale) da rendere necessaria l'istituzione di alcune regole categoriche per tutti, nessuno escluso, che prevedono il blocco totale di qualunque attività di gruppo e all'aperto. Si tratta di una situazione a dir poco drammatica, la quale limita le nostre attività quotidiane e ci costringe a un riposo forzato che, per alcuni, è davvero difficile da sopportare. Fortunatamente, esistono svaghi che ognuno di noi può praticare anche in casa; e tra questi c'è anche quello di poter continuare ad aggiornare il blog dal proprio salotto (connessione permettendo). Quindi, farò del mio meglio per proseguire nella lettura e recensione di romanzi gialli ogni settimana e fare la mia parte per svagare chi abbia la bontà e la voglia di darmi retta. E intendo fare ciò concentrando le mie scelte su alcuni libri che ben si adattano alla realtà odierna e al periodo storico che stiamo vivendo: libri nei quali contano molto la psicologia e la condizione della mente umana, portata al limite della pazzia e prigioniera di ossessioni sconvolgenti; oppure altri caratterizzati da un'ambientazione dove il mistero assume una connotazione "fisicamente costretta" e claustrofobica (comprendendo nel numero il "delitto della camera chiusa"), per farci empatizzare al meglio con i personaggi e le situazioni che essi andranno a vivere. Ovviamente continuerò a dare la precedenza al giallo di stampo britannico, che resta il mio preferito, ma intendo comunque fare qualche incursione anche in quello americano, le cui caratteristiche hanno forse incarnato al meglio il sentimento che proviamo noi tutt'oggi.

Il fattore principale delle storie di questo tipo, infatti, era costituito dalla grande atmosfera di suspense e angoscia che minacciava e quasi schiacciava i personaggi, tipica delle epopee delle women in jeopardy, (le “donne in pericolo” di Mary Roberts Rinehart e Mignon G. Eberhart), e dalla paranoia in cui essi venivano gettati; aspetto in seguito sviluppato da altri autori e, soprattutto, autrici quali Helen McCloy, Vera Caspary ed Elizabeth Daly. Questo tipo di narrativa espresse al meglio la realtà del loro tempo, così simile al nostro; ma allo stesso tempo venne influenzata dall'analisi in profondità della psiche dell'individuo, dallo straniamento e dalle sensazioni suscitate negli stessi personaggi e nel lettore, a discapito dell'azione tipica degli esponenti della scuola hard-boiled, più attenti al racconto dei fatti nudi e crudi della realtà di ogni giorno; e temi come quello della guerra, delle aspettative da parte del prossimo e delle sue ripercussioni e quello delle ossessioni nascoste o represse divennero terreno fertile su cui sviluppare trame intriganti e originali. I protagonisti sono spesso esponenti di famiglie aristocratiche ormai decadute oppure poveri diavoli sui quali la sfortuna si è accanita senza pietà; attori che non hanno avuto una parte da imparare e spesso sono costretti ad agire a braccio, sperando di azzeccare la battuta e di poter così vivere un po' più a lungo la propria vita grama e tratteggiata stoicamente, senza fronzoli. Il loro scopo diventa quello di non farsi notare, il loro mantra "vivi e lascia vivere" nell'ombra, in silenzio, mentre sviluppano complessi mentali dannosi che li riducono al silenzio e il loro umore vira verso la depressione.

Queste sono immagini molto pessimiste e sconfortanti, che a qualcuno possono apparire intollerabili nel momento storico in cui stiamo vivendo; eppure, io sono convinto che possano diventare catartiche e lenire almeno un po' la desolazione che a volte proviamo, facendoci capire che la situazione potrebbe andare peggio. Tra le letture di questo tipo che preferisco, ci sono sicuramente i libri di Margaret Millar, emblema di un fatalismo e una desolazione che restano irripetibili all'interno del genere della classica crime story, ma soprattutto quelli che scrisse la sopracitata Elizabeth Daly, tra i quali figura l'oggetto della recensione di oggi: "Morte al Telefono" (Polillo, 2006). Si tratta di un libro molto suggestivo, scritto con uno stile splendido e ambientato in uno scenario che pare sospeso nel tempo, in cui l'atmosfera della casa dei Fenway e la tensione psicologica sono influenzate dal conflitto militare in corso e da un diffuso senso di abbattimento e incertezza. I puristi dell'enigma potrebbero lamentare una maggiore concentrazione di indizi psicologici rispetto a quelli materiali, ma vi assicuro che comunque l'enigma si rivelerà di prim'ordine e caratterizzato da una malvagità rara e da un assassino che, nella sua lucida follia, vi darà i brividi.

Dipinto di John Aldridge, dal titolo "Winter Table", 1939, che
raffigura una scena che potrebbe essere vista dalle finestre del
Numero 24, la casa dei Fenway
Tutto ha inizio quando Henry Gamadge, l'investigatore dilettante e bibliofilo protagonista della storia, riceve la visita del signor Schenck, agente del Federal Bureau of Investigation e suo vecchio amico. Costui si è recato all'appartamento intorno alla Sessantesima Strada Est per recapitargli una curiosa missiva, una busta appallottolata trovata per caso dal postino di turno nei dintorni della proprietà della famiglia Fenway, la quale reca l'indirizzo di Gamadge e ha tutta l'aria di essere un'originale richiesta di aiuto. Al suo interno, infatti, si trova una piccola striscia di carta anonima, la quale invita il giovanotto a recarsi al Numero 24 per valutare alcune "interessanti curiosità librarie" non meglio specificate, raccomandando assoluta discrezione. Perché mai qualcuno dovrebbe contattarlo con un metodo tanto contorto, si chiede Gamadge, rischiando di non riuscirci affatto? Dal racconto di Schenck, infatti, traspare il fatto che quella non è stata la prima busta appallottolata, con tanto di indirizzo scritto in stampatello, a venir trovata. Inoltre, il postino avrebbe potuto ignorare quei pezzi di carta tutti stropicciati e non confidare mai ad anima viva i suoi dubbi sull'autenticità del messaggio. Intrigato dal fortunoso ritrovamento, dal fatto che le missive siano state gettate sul prato della casa dei Fenway, come se il mittente ci avesse ripensato, e dalla stranezza di tutta la faccenda, Gamadge decide di scoprire qualcosa di più su quella strana famiglia che pare non farsi mai vedere in giro. Una buona parola da parte dell'aristocratica zia della moglie Clara e l'aggancio fornito da un comune amico libraio permettono ben presto a Gamadge di essere invitato al Numero 24, dove in pochi riescono ad accedere, e di essere introdotto ai suoi curiosi abitanti e ai piccoli problemi che li affliggono; come la scomparsa di una veduta della vecchia Fenbrook (la casa in cui è nato il capofamiglia), sottratta da un libro appena una settimana prima. Ma cosa ha a che fare questa sparizione con i timori del suo misterioso cliente?

Poco dopo, Gamadge viene "contattato" di nuovo da quest'ultimo e inviato nella nuova Fenbrook, la casa di campagna dei Fenway, per compiere una sorta di sopralluogo, durante il quale la faccenda si ingarbuglia ancora di più. Ci sono troppe incognite: non solo chi sia il colpevole, ma anche quale mistero si nasconda al Numero 24 e chi sia la vittima del sopruso. L'uno o l'altra potrebbe essere il padrone di casa, Blake Fenway, riservato e sensibile al punto da voler ignorare le tensioni all'interno della famiglia; oppure sua figlia Caroline, dal temperamento bollente e il carattere cinico e disilluso. Oppure Belle, l'invalida cognata del proprietario della casa, o il figlio menomato mentale di lei, Alden. Chiudono il cerchio un anziano cugino di famiglia, Mott Fenway, e un terzetto di estranei che si è insediato in casa assieme a Mrs. Fenway, quando quest'ultima ha rovinosamente fatto ritorno in America dalla Vecchia Europa, mentre laggiù la guerra iniziava ad infuriare: il giovane Craddock, affetto da febbri intermittenti; l'anziana signorina Grove, dama di compagnia di Belle e sua vecchia amica d'infanzia, e sua nipote Hilda, per il momento isolata in campagna per riordinare l'immensa biblioteca della famiglia. Tornato in tutta fretta a New York, un preoccupato Gamadge si reca nuovamente al Numero 24 per ispezionare l'edificio con l'aiuto ufficioso di Mott Fenway e Caroline, ma si ritrova davanti a un delitto improvviso che infittisce il mistero ancora di più. Capirà allora di doversi sbrigare a risolvere la faccenda, prima che qualcun altro ci rimetta la vita, trovando la veduta scomparsa e smascherando un complotto diabolico.

Dipinto di Richard Savoie, dal titolo "Snowy Painting of
Quebec", che raffigura una tipica strada innevata del continente
americano nel corso del Novecento
Confrontandomi con alcuni amici e conoscenti, ho constatato che "Morte al Telefono" non è stato molto apprezzato. È un responso che mi stupisce solo in parte: da un lato, infatti, capisco le ragioni di quelli che si aspettavano un caso in qualche modo più "tradizionale", in cui fossero presenti indizi materiali e meno congetture e la vicenda venisse raccontata in modo più chiaro, senza intorbidire troppo l'aura attorno ai sospetti. D'altra parte però, come ho già spiegato ormai tante volte, sono convinto che un romanzo giallo non debba essere giudicato soltanto in base all'enigma che presenta al lettore e alla sua limpida complessità; e "Morte al Telefono" è un esempio lampante di ciò, poiché riesce a mettere in luce quanto, a volte, ciò che circonda il mistero sia importante tanto quanto quest'ultimo. Per quanto mi riguarda, una crime novel che si rispetti riesce ad andare oltre le apparenze, ci consegna un'immagine chiara della società del tempo in cui venne ideata e scritta, tratta spesso temi inconsueti per la cosiddetta "letteratura popolare", indaga l'animo umano e la psicologia dell'individuo. Si tratta dello stesso discorso che ho fatto recensendo "Il Segreto delle Campane" di Dorothy L. Sayers, oppure "Sotto la Neve" di J. Jefferson Farjeon: anche in quei libri (soprattutto nel secondo) l'enigma non ha una consistenza adeguata a reggere le aspettative finali di chi legge. Eppure, i loro scenari ci restituiscono un'immagine veritiera di cosa significasse vivere negli anni in cui le vicende sono ambientate. Ci vengono descritti personaggi che possono essere andati persi con l'avanzamento tecnologico e l'evolversi delle classi sociali, ma restano imbrigliati nelle pagine e risparmiati dalle sabbie del tempo in modo simile ai reperti archeologici, simbolo di una realtà che è esistita davvero; ma soprattutto, ci viene mostrato quanto, in realtà, gli impulsi e i sentimenti dell'essere umano non siano affatto cambiati a distanza di anni ed anni.

È ciò a cui ho fatto riferimento nel primo post che ho pubblicato su Three-a-Penny: la capacità della crime story di essere sempre attuale e simile a una lente d'ingrandimento utile per analizzare ciò che ci circonda e noi stessi; soprattutto dal punto di vista psicologico. Forse leggere tanti gialli mi ha reso cinico, ma mi capita spesso di vedere nella realtà di tutti i giorni scene che potrebbero appartenere a un mystery di mezzo secolo fa: gente arrivista e senza scrupoli che approfitta di persone arrendevoli che preferiscono subire in silenzio, invece di ribellarsi; individui ossessionati da manie represse che emergono in superficie di tanto in tanto; ragazzi e ragazze disperati, che non riescono a trovare un proprio posto nel mondo e trascorrono il tempo cercando di dare un senso alla propria esistenza. Per fortuna, tutto questo è inframmezzato da tante altre cose positive, che lasciano spazio a più di una speranza, come la buona volontà, l'istinto e l'intenzione a non arrendersi mai; però, è innegabile che le "paturnie" (per usare un'espressione di Holly Golightly) e un certo senso di malinconia e fatalismo permangano nel nostro animo adesso come mezzo secolo fa. Ecco, è questo ciò che, dal mio punto di vista, rende apprezzabili tanto quanto le opere più "tradizionali" i gialli psicologici delle autrici americane della prima metà del Novecento, come Margaret Millar ed Elizabeth Daly: riuscire a scavare nel profondo per portare in superficie i demoni e le paure degli individui, che sono un po' anche le nostre, e trasformarle in uno strumento di catarsi proprio come è accaduto quando sono state pubblicate. E a ben guardare, ci sono metodi differenti per farlo. Millar, infatti, ha ideato storie dove le vicende si fanno sempre più nere e disperate, calate in atmosfere notturne e un po’ rarefatte, in cui la salvezza dei personaggi non è contemplata e il Destino, influenzato dal loro carattere e dalla perdita della ragione, diventa una figura imbattibile, un incubo ad occhi aperti che si abbatte condannandoli a un'eterna infelicità (incidendo così nella narrativa di Helen McCloy); Daly, al contrario, compie un'azione diversa. Prendendo ad esempio proprio "Morte al Telefono", possiamo vedere che tutto sommato, pur regnando un diffuso senso di sconforto misto a desolazione ed arrendevolezza, agli attori sulla scena non viene negata una seconda possibilità, un'occasione per risvegliarsi dal torpore in cui erano caduti e per tornare alla vita.

Il racconto di questo sentimento, insito nel romanzo fin dall'inizio e simile a una convalescenza dopo un periodo di malattia, mi ha molto colpito e secondo me assomiglia a quello proprio di alcuni libri di Agatha Christie, dove l'esito delle indagini non esclude un finale lieto per i protagonisti (che sia questo il motivo dell'ammirazione di Agatha nei confronti della nostra Elizabeth?). Qui c'è ancora una speranza di guarigione, a differenza di quanto accade nell'atmosfera moribonda di Millar, e cure amorevoli possono compiere un miracolo per i bisognosi, affetti da fatalismo dovuto alla situazione critica della società. Noi lettori, assieme ai protagonisti, ci sentiamo cullati e sentiamo come alleviate le nostre paure; benché non ci venga risparmiata la visione del Male e della Pazzia mentre essi agiscono. Il conflitto, ad esempio, gioca un ruolo importante nella vicenda, scatenando gli eventi e descrivendo, nella finzione, le conseguenze che i soldati americani soffrirono sul serio a partire dagli anni '40: il senso di inadeguatezza, la frustrazione di non essere all'altezza, l'afflizione da PPT (Psicosi Post-Traumatica) si mescolano all'incapacità dei cittadini di far fronte alle conseguenze della guerra in corso (pp. 17, 24-27, 40, 42, 48, 80, 141, 185-186, 196-197) e alle ripercussioni della crisi del 1929, che aveva sferrato un duro colpo alla società statunitense, influenzando e mettendone in dubbio il futuro. Questo clima di tensione e nervosismo, inoltre, dà luogo alla nascita di un senso di timore che pervade ogni cosa, influenzando il rapporto tra le persone: in molti si aggrappano a piccoli gesti quotidiani per sfuggire all'angoscia, sviluppando una repulsione per lo scandalo che li spinge a fare di tutto per passare inosservati; anche additare il prossimo per futili motivi, pur di non trovarsi sotto le luci della ribalta. In questo frangente, dunque, è naturale che l'angoscia diventi sempre più insopportabile e si diffonda come un virus nell'aria, come un gas che si respira ogni giorno. Essa logora costantemente i rapporti sociali, attraverso sintomi fisici e psichici, ed avvelena gli equilibri tra le classi sociali, finché i timori di ognuno crescono a tal punto da trasformarsi in ossessioni vere e proprie. Tutti si rivolgono disperatamente a un passato che non può più tornare, pensano per sé, sempre alla ricerca di pace e solidità, incuranti del danno che possono arrecare agli altri ed attenti affinché nessuno sconvolga i fragili piani che hanno costruito; e ben presto questo atteggiamento spinge le menti spaventate delle persone ad iniziare una  sorta di “caccia alle streghe” e a partorire terribili ed inquietanti spettri, che infestano le conversazioni e spesso prendono forma di scandali o velate minacce, le quali molto spesso vengono ingigantite fino a premere sulle coscienze e ad alimentare pericolosi impulsi, paranoie e sconforto. Nemmeno i membri di una stessa famiglia furono risparmiati: allo stesso modo dei Fenway, tutti iniziano ad assumere posizioni contrastanti gli uni con gli altri, a immaginare le cose più orribili e a compiere azioni scellerate, al solo scopo di ottenere benefici personali, ma senza accorgersi di starsi costruendo da soli una prigione fatalistica dalla quale è difficile fuggire. In "Morte al Telefono" non ci viene risparmiato niente di tutto ciò, immerso in una fitta nube di sospetto che ingigantisce i fantasmi della mente; ad esso, però, Daly risponde con una storia opposta a quelle di Millar, nella quale i personaggi riescono ad affrontare le loro paure (e quelle dei lettori) mostrando la deriva della società e confortando la stabilità emotiva e psicologica di chi ne ha bisogno, con una preziosa speranza.

Elizabeth Daly, nata nel 1879 e morta nel 1967
L'attenzione alla psicologia è da sempre uno degli aspetti che caratterizzano il romanzo giallo, sia di stampo britannico sia di stampo americano; e soprattutto in quest'ultima declinazione esso ha trovato terreno fertile per svilupparsi e fiorire. Basta pensare alla narrativa delle women in jeopardy, oppure a quella delle "nuove leve" della metà del Novecento, incarnata da Charlotte Armstrong, Helen Reilly e le loro colleghe. Anche Elizabeth Daly intraprese la strada del giallo psicologico, benché declinato in una forma più tradizionale, quando decise di iniziare a scrivere romanzi gialli; e non c'è da stupirsene, visti gli altri suoi interessi. Nata nel 1879 a New York, in una famiglia tra le più in vista della società del tempo, fin dalla giovinezza respirò aria di cultura, poiché il padre e lo zio erano rispettivamente un giudice dell'Alta Corte e un commediografo di successo. Educata nelle scuole più prestigiose, dopo la laurea Elizabeth, a partire dal 1904, insegnò al Bryn Mawr College per tre anni, per poi dedicarsi alla sua passione più grande: il teatro. In questo ambito, dove la Vita viene messa in scena ogni giorno dell'anno, Daly si impegnò nella scrittura di testi, nella produzione e nella direzione, come regista, di moltissime opere scenografiche in veste amatoriale, imparando sempre più a comprendere le azioni degli individui e ciò che li muove per riuscire a trasportarli nei suoi copioni (tutto questo sarà poi inserito in "The Street Has Changed", un romanzo di costume nel quale un'attrice ritiratasi dalle scene rivive quarant'anni di teatro). Nei momenti di pausa, tuttavia, coltivò anche l'interesse per il mystery, che considerò sempre con rispetto e sul quale sosteneva: "Al suo meglio il romanzo poliziesco è un'alta forma di letteratura". Un po' come Dorothy L. Sayers, dall'altra parte dell'Oceano. Il suo autore preferito fu Wilkie Collins, il famosissimo ideatore del primo romanzo giallo classico come lo intendiamo oggi, "La Pietra di Luna", e ad esso si ispirò per provare a scrivere lei stessa alcune crime novels, in cui vengono tratteggiati spesso personaggi colti e complessi usando uno stile elegante e raffinato.

Solo nel 1940, dopo aver superato la cinquantina, riuscì però a coronare questo sogno e a pubblicare "Notte d'Angoscia", la prima avventura del suo segugio dilettante Henry Gamadge. Costui è un bibliofilo, un appassionato collezionista di libri rari e antichi e un'autentica autorità in materia, giovane, alto e con un viso dai tratti marcati ma gradevole, il quale vive con un gatto (Martin) e un assistente di nome Harold Bantz, il cui aiuto si rivela sempre prezioso. Gentile, educato e provvisto di un discreto patrimonio, Gamadge venne ripreso in tutti i sedici romanzi successivi di Daly, appartenenti al tradizionale giallo a enigma, dei quali una delle più appassionate ammiratrici fu nientemeno che Agatha Christie (forse perché le vicende che le due scrittrici narravano si assomigliavano un po', tra famiglie di parenti-serpenti, ambienti eleganti e una certa tendenza al mettere in luce l'ipocrisia della società in cui vivevano?). I più famosi sono "Murders in Volume 2", "Evidence of Things Seen", "Any Shape or Form", "Death and Letters" e "The Book of the Crime", l'ultimo ad apparire prima della sua morte (avvenuta nel 1967, dopo essere stata insignita di uno speciale premio Edgar), e ovviamente "Morte al Telefono". Quest'ultimo può forse essere considerato il suo capolavoro, poiché delinea un mistero che mescola al meglio furto, ricatto e omicidio fino a creare una fitta nube di sospetto, la quale grava ininterrottamente sopra i protagonisti. Proprio questa capacità di suscitare la curiosità del lettore e tratteggiare in profondità la psicologia degli attori sulla scena (pp. 9-11, 12-14, 43-44, 58-60, 78-79, 87-88, 92-96, 127-134, 147-154, 178-183, 187-193, 234-240), pur descrivendo le vicende in scenari di tutti i giorni, è uno dei caratteri fondamentali dello stile di Daly, assieme al fatto che nella sua opera si parli spesso di cultura (pp. 25, 36-39, 41-42, 46-49, 51-60, 64-70, 192, 198) e affini con uno stile elegante e raffinato. In ogni pagina del libro, aleggia una sorta di patina simile a neve, che ricopre tutto e restituisce una dimensione simile a un sogno, in cui il tempo pare essersi fermato sia per i personaggi, sia per l'ambientazione (pp. 35-36, 45-46, 61-62, 96-97, 134-139, 169-170, 175, 177-178, 181). Percorriamo strade deserte in tempo di guerra, dove in pochi si avventurano e le auto sono quasi scomparse a causa del razionamento del petrolio; entriamo in una libreria deserta, sui cui scaffali riposano tantissimi tomi in attesa di tempi migliori, i caminetti lavorano a tutto spiano e commessi sonnacchiosi leggono seduti in eleganti poltrone, illuminati da lampade dalla luce soffusa; osserviamo silenziose camere, salotti e biblioteche sontuose e ricoperte di pannelli di legno chiaro e finestre a ghigliottina. Ogni tanto, ci caliamo in contesti quotidiani (pp. 17-20, 21-22, 29-30, 42-44, 51-52, 54-57, 98-99, 155-157, 160-163, 168-169, 171-174, 186-187), mangiamo qualche pasticcino e sorseggiamo una tazza di tè in compagnia di giovani eleganti e taciturni, oppure di signore che sferruzzano tenendo i ferri sulle ginocchia, serene soltanto all'apparenza, mentre i gomitoli rotolano ai loro piedi senza sosta.

Se qualcuno deve parlare, lo fa sottovoce; come se nelle vicinanze ci fosse un infermo che riposa ed egli dovesse usare tutte le sue forze per rimettersi in sesto, e non a causa di correnti sotterranee che ruggiscono tumultuose contro fragili argini. Ognuno degli abitanti del Numero 24, infatti, chi attraverso il cinismo e chi attraverso la negazione della realtà, ha sollevato una difesa psicologica contro qualunque colpo debba ricevere e lo scalpore che ne deriva, così da non attirare l'attenzione dell'opinione pubblica assetata di scandali (pp. 14-16, 21, 23, 28-29, 40, 87, 94, 125, 143, 189, 209, 238-239). Il malcontento ritorna in superficie nei discorsi tra Gamadge e i Fenway: i membri della famiglia (al contrario di Clara, Harold e gli altri loro amici e conoscenti) sono insoddisfatti, nascondono ferite segrete, delusioni interiori che faticano a rimarginarsi e traumi pregressi (pp. 23, 26-27, 32-36, 42-43, 62-64, cap. 5, pp. 75-84, 93-94, 100-101, 105-108, 118-120, 126, 136, 143-145, 191-195), allo stesso modo di quei quei poveretti a cui è stato tolto tutto, gli sconfitti di cui erano piene le città statunitensi, nel periodo in cui questo romanzo è stato pubblicato, sul punto di cedere se non aiutati. Ancorati al passato, essi non riescono ad affrontare il presente e si rifugiano nel conforto di un tempo morto da anni ma che non si decidono a seppellire; e in questo modo interrompono le loro esistenze, gettandosi addosso lo sconforto e il fatalismo (p. 145) che sfociano nella paranoia e costruendo prigioni invisibili ed inespugnabili. Sono vivi, questi individui, ma complessati nella loro complessità psichica (pp. 25, 27, 31-33, 58-60, 81-83, 128, 143-144, 194-196, 203-205): desiderano essere rassicurati e ricevere attenzione, stanchi di andare avanti per inerzia, come Blake; vogliono disperatamente cambiare la situazione in cui si trovano, come Caroline e Mott. Sono consapevoli che serva uno scossone, uno spintone per svegliarli, ma non osano fare il primo passo per il rischio di una catastrofe, come Belle e la sua cerchia; finché diventa troppo tardi e gli equilibri cambiano, dando il via a una serie di eventi che porteranno più di una persona a compiere imprese terribili. Credo fermamente che la confessione finale (pp. 243-256) debba essere letta con attenzione, per comprendere appieno l'agghiacciante freddezza dell'assassino e la sua lucida follia. Si tratta del coronamento di un enigma strano, insolito, nel quale gli indizi assumono maggiore carattere psicologico rispetto a quello materiale, ma che non risulta inferiore a quello di altri grandi gialli classici. "Morte al Telefono", infatti, è un vero romanzo da brivido, poiché ci mostra come andare a fondo nella psiche dell'individuo e dipinge una società che assomiglia paurosamente alla nostra, bisognosa di conforto e fatta di persone ferite che, tuttavia, hanno la possibilità di riuscire a riscattarsi, se solo riescono a convincersene.

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venerdì 6 marzo 2020

27 - "Un Cadavere al Campo Due" ("A Corpse at Camp Two", 1955) di Glyn Carr

Copertina dell'edizione pubblicata
dall'Editore Mulatero
A mio parere, la ragione del grande successo che da sempre arride alla classica crime story è principalmente quella di riuscire a distrarre i lettori dalla realtà a volte triste in cui esso si trova immerso. Questo genere letterario riesce ad evocare di volta in volta un mondo affascinante, come quello degli anni suggestivi e imperfetti del primo Novecento e quelli tumultuosi tra la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, attraverso le piccole attività quotidiane di uomini e donne morti da tempo ma, in qualche modo, pur sempre "vivi" agli occhi dei suoi lettori, permettendoci così di evadere dalle nostre vite e di calarci in quelle di personaggi fittizi, coinvolti in misteri e delitti efferati e lontani dal momento in cui ci troviamo realmente. È questa una caratteristica peculiare della narrativa gialla, la quale spesso riesce a ridare una vita nuova ed interessantissima al passato altrimenti noioso dei freddi resoconti nei libri di Storia e dei saggi stesi da asettici studiosi, interessati più ai Grandi Avvenimenti che alla Vita Quotidiana; e al momento in cui scrivo questa recensione, non credo possa esistere niente di meglio per alleviare la sgradevole sorpresa che il 2020 ci ha regalato. Da questa settimana, infatti, il cosiddetto COVID-19 (o Coronavirus) ha monopolizzato le nostre esistenze, soprattutto quelle di chi abita in Lombardia, in Veneto e nelle provincie adiacenti a queste Regioni. Da un momento all'altro, ci siamo visti limitare la nostra libertà di movimento e costringerci a non allontanarci da casa pur di evitare di diffondere il contagio della malattia, con la conseguenza di veder esasperare le nostre ansie. Per fortuna ognuno di noi può contare su diversi svaghi casalinghi: qualcuno pulisce, qualcun altro cucina, altri guardano la televisione, altri ancora fanno ginnastica e si mantengono in forma. Da parte mia, leggo il più possibile per mantenere aggiornato Three-a-Penny e occupare la mente con qualche delitto fittizio o un enigma stimolante, senza preoccuparmi troppo (anche perché altrimenti la vivrei male e non lo sopporterei).

Eppure, ho notato come spesso le persone con cui vengo in contatto si sentano sconfortate da questa situazione straordinaria che ci è toccato vivere. Mi dispiace per questi amici, costantemente abbattuti, e ho intenzione di fare qualcosa per aiutarli a superare questo momento difficile (forse anche con un post più esteso? Vedremo). Quest'oggi, dunque, vorrei continuare a recensire come al solito, concentrando però le mie forze nell'analisi di un libro che rispecchia molte bene il concetto con cui ho aperto la riflessione esposta qui sopra: la capacità di regalare ai lettori qualche ora di distrazione e svago, trasportandoli lontano. E quale posto può incarnare al meglio l'idea dell'isolamento, delle lunghe distanze e dell'eremo, della catena montuosa dell'Himalaya, in Tibet? L'oggetto della recensione di oggi, infatti, è "Un Cadavere al Campo Due" (Mulatero Editore, 2019) di Glyn Carr: la sesta avventura di Abercrombie Lewker, l'investigatore dilettante appassionato di alpinismo ed escursionismo in alta montagna, e terzo titolo dell'autore pubblicato dalla casa editrice torinese, ambientata sulle vette più alte del mondo le quali, come scoprirete, non sono scampate alla sconfinata fantasia dei giallisti classici. Pure lassù, infatti, in mezzo alle nuvole, si verificherà un omicidio impossibile che Lewker dovrà risolvere; prima di scoprire la soluzione, però, assisteremo alla preparazione della spedizione e al lungo e teso cammino che la carovana dovrà percorrere per raggiungere la meta; costellato di incidenti, liti, bugie e segreti nascosti agli occhi dei partecipanti ma non a quelli della mente del nostro pomposo capocomico.

Fotografia raffigurante una tipica carovana in spedizione in
montagna, nella prima metà del Novecento
Come è accaduto nelle scorse avventure, anche all'inizio di questo romanzo ci imbattiamo in un Filthy Lewker reduce dalla stagione teatrale londinese, in cui ha interpretato una delle opere del suo amato Shakespeare. A differenza del solito, tuttavia, lo troviamo più malinconico e abbattuto: ha appena partecipato a una cena elegante, nel corso della quale ha tenuto un commovente discorso di celebrazione sull'altra sua grande passione, l'alpinismo, davanti a un folto gruppo di ospiti illustri, che vanno da suo nipote John Paxton, al celebre scrittore Seton Raith, ai coniugi Malnik. Gregor Malnik, in particolare, è stato l'invitato più atteso: nei quattro mesi che seguiranno, infatti, egli guiderà una spedizione nientemeno che fin sulla cima dell'Himalaya, dove tenterà, assieme agli altri membri del gruppo, di conquistare la cima del Chomolu alta 7000 metri. Si tratta di un'impresa niente affatto facile, che richiederà un grande sforzo ai componenti della carovana e che vedrà una complicazione in più; poiché Carola Malnik, attrice di fama nazionale, è stata incaricata di accompagnare il marito fin quasi in vetta per girare alcune scene dell'ultimo film che la sua casa cinematografica intende produrre. Ciò comporterà l'aggiunta ai componenti del gruppo di un regista specializzato in riprese ad alta quota, di un cameraman altrettanto intraprendente e di tutta una serie di suppellettili ingombranti.

Quindi, Lewker ha tenuto un lungo e intenso discorso sulla sua passione più grande, e adesso si trova a casa propria, assieme all'amata moglie, a riflettere sul fatto che l'avanzare dell'età non lascia scampo a nessuno e che lui non è più l'energico e vigoroso giovane che si è dedicato alla conquista dei monti più famosi d'Europa e del mondo intero. Anche a lui sarebbe piaciuto accompagnare John e il resto della spedizione fin sull'Himalaya, visto che molto probabilmente quella sarebbe stata la sua unica occasione per poter raggiungere quote tanto elevate; eppure, non può farci niente: in cuor suo sa di essere ancora in grado di compiere un'ultimo sforzo, ma Malnik non vuole rischiare di veder andare a monte il lavoro che ha faticosamente compiuto fin lì. Tuttavia, proprio quando meno se lo aspetta, suo nipote John gli comunica che il regista designato per dirigere le scena ad alta quota non è più disponibile e, quindi, serve un sostituto con breve preavviso. Quale occasione migliore, per Filthy, che mettere a disposizione la propria esperienza come commediografo e capocomico, per rientrare nel ristretto gruppo della spedizione? In questo modo, dunque, Abercrombie si unisce alla carovana che viaggerà attraverso parte dell'Asia Centrale, tra distese sterminate di erba secca e arida e altissime cime innevate, assieme agli altri componenti; ognuno con la propria personalità esplosiva, i propri segreti e i propri rancori sopiti, ma capaci di infiammarsi in un attimo. La tensione, infatti, monterà sempre più, mentre gli scontri e gli incidenti durante la scalata delle catene montuose si moltiplicheranno fino a culminare nell'omicidio di Gregor Malnik, al campo due dell'ascesa del Chomolu. Chi può essere in responsabile dell'omicidio? E chi avrebbe potuto mettere in atto tale proposito, dopo aver percorso chilometri e chilometri, proprio in un luogo dove la civiltà non è mai arrivata? Toccherà a Lewker, tra una ripresa e l'altra, scoprire chi sia il colpevole e assicurarsi che questo personaggio non metta in pericolo la vita degli altri membri della spedizione e permetta loro di tornare sani e salvi alle loro confortevoli case.

Immagine di una delle pareti dell'Everest, sulla catena
montuosa dell'Himalaya 
Dopo aver letto "Morte Dietro la Cresta" e "Assassinio sul Cervino", doveva arrivare anche questo momento: ovvero, quello in cui mi sono imbattuto in un giallo di Glyn Carr che mi è piaciuto meno del solito. È un vero peccato, visto che speravo sarebbe giunto più in là e non proprio col titolo in cui le vicende si svolgono in Tibet e sulle vette himalayane, le quali personalmente mi affascinano davvero tanto. In generale, credo che stavolta, rispetto agli altri due titoli, il problema maggiore abbia riguardato il mistero dietro alla morte di Malnik, che non riesce ad essere all'altezza delle aspettative: in "Un Cadavere al Campo Due", infatti, il delitto vero e proprio si verifica a tre capitoli dalla fine del libro, il ché non aiuta a suscitare il giusto livello di attenzione nel lettore che si aspetterebbe di imbattersi nel cadavere molto prima di allora. L'intera faccenda dell'indagine da parte di Lewker, inoltre, a mio parere viene trattata in modo molto più superficiale che nelle indagini raccontate nelle altre storie dell'autore: il fair play quasi non esiste, tanto che la rivelazione di Filthy mi è sembrata cadere un po' dalle nuvole, senza che ci fosse un solido apparato indiziario a sostegno della sua tesi sulla soluzione, e l'identità del colpevole appare un po' forzata, come se Carr avesse deciso di scegliere quel personaggio senza aver prima costruito una storia credibile e fosse stato costretto a tirare fuori un assassino in fretta e furia, col solo scopo di generare un potente colpo di scena per chiudere la storia. Come se questo non bastasse, inoltre, anche il personaggio di Abercrombie Lewker, solitamente a proprio agio nei panni dell'investigatore dilettante e dell'istrione, appare un po' appannato, come se non fosse in forma smagliante: ho avuto l'impressione che fosse come un pesce fuor d'acqua, meno brillante del solito e sentisse sulle proprie spalle un peso che lo ha frenato, come se davvero avesse dovuto percorrere chilometri e chilometri per raggiungere il Chomolu, oppure fosse invecchiato sul serio come temeva all'inizio della storia.

In quanto all'enigma e al mistero, dunque, stavolta Glyn Carr ha fatto cilecca e ha dato vita a una crime novel molto più fiacca di quanto ci avesse abituato con gli altri suoi titoli. Eppure, con questo non intendo bocciare completamente "Un Cadavere al Campo Due". Fin dalla recensione di "Notti di Halloween" di Leo Bruce, credo che abbiate capito come io cerchi sempre di vedere il bicchiere mezzo pieno pure in opere meno riuscite, ma pur sempre soddisfacenti se considerate nel loro insieme; per cui, vorrei fare lo stesso con questo romanzo e spezzare una lancia a suo favore. Perché, se teniamo da conto anche gli elementi di contorno di "Un Cadavere al Campo Due", ci rendiamo conto di come esso possa ritenersi un libro perfetto da leggere mentre siamo costretti a casa, a causa del Coronavirus. Come ho già spiegato nelle altre recensioni dei mysteries di Glyn Carr, se c'è qualcosa per cui essi vengono ricordati ed elogiati, quello è il loro contenuto in fatto di descrizioni dell'ambientazione in cui vengono calati. Dopo il Galles e il Monte Cervino, stavolta tocca ai picchi della catena dell'Himalaya e a tutta una serie di scenari sbalorditivi, che spaziano dalle larghe pianure in cui corrono i treni al confine settentrionale tra l'India e il Nepal, ai passi montuosi e alle salite di ripidi crinali, tra rocce e fiumi descritti sempre con l'occhio attento dell'alpinista. Ancor più del solito, addirittura, stavolta mi è sembrato di sfogliare una vera e propria guida, come se i paesaggi che venivano di volta in volta dipinti dalle parole nelle nostre menti fossero stati tracciati da una guida del posto. In questo modo, dunque, questo romanzo giallo potrebbe benissimo svolgere la funzione di catapultarci in luoghi esotici e capaci di distrarci dalla noiosa routine quotidiana. Ma non solo. Anche i passi sull'alpinismo e sulla sua storia (soprattutto dall'arrivo al pianoro del campo base, sotto al Chomolu) assumono il tono del saggio narrato dall'escursionista professionale, con i riferimenti alle azioni che si metterebbero in pratica nella realtà, se uno decidesse di arrampicare davvero una parete, e ci trasportano accanto ai personaggi, proprio come se ci trovassimo all'aria aperta. Senza dimenticare, infine, il racconto delle riprese e quello che ci viene fatto del rapporto tra gli Sahib e i portatori nativi della regione indo-nepalese, nel corso del quale acquisiamo familiarità con gli usi e costumi degli uni e degli altri nella prima metà del Novecento.

Tutto questo riesce a trasmettersi al lettore, permettendogli di impersonare ogni attore sulla scena e calarsi nelle vicende come se egli ne fosse parte attiva; facendogli capire quanto fosse faticoso mettere in piedi una spedizione di almeno quaranta o cinquanta persone, ognuna con proprio compito e con rigide regole da rispettare, tutte impegnate a far fronte ai problemi che potevano sorgere da un momento all'altro, in qualsiasi ora del giorno o della notte, e costrette a vivere l'una accanto all'altra in grande scomodità e in un clima spesso teso e.nervoso. A questo riguardo, bisogna ammettere che l'autore è riuscito a rappresentare al meglio gli stati d'animo dei suoi personaggi (benché ancora un po' aderenti agli stereotipi in voga, come i giovani ilari e i vecchi scorbutici, oppure i dottori ambigui e gli americani scanzonati): in un capitolo diverso della storia, ognuno ci viene presentato con le proprie caratteristiche, le proprie convinzioni e le proprie paure; in che modo entra in contatto con gli altri; le reazioni quando si trova in situazioni di tensione e i sospetti che genera in Lewker. Ma anche l'ironia che ognuno di loro (tranne Malnik) manifesta, a partire dallo stesso Filthy, il quale non rinuncia nemmeno stavolta alle numerose citazioni su Shakespeare e su altre opere (oppure su celebri casi come quello di Crippen) che sono un po' il suo marchio distintivo. La digressione sull'Abominevole Uomo delle Nevi o Yeti, infine, sebbene rechi strascichi di un certo tono denigratorio per poter essere presa sul serio e non venga sfruttata al meglio poiché lasciata andare troppo in fretta, aggiunge una piacevole nota al racconto rendendolo più interessante. Insomma, sebbene non sia un capolavoro, penso che "Un Cadavere al Campo Due" si possa rivelare come una lettura perfetta per trascorrere qualche ora spensierata; soprattutto nel periodo che stiamo vivendo in questi giorni.

Frank Showell Styles (alias Glyn Carr), nato
nel 1908 e morto nel 2005
L'ironia fu forse la caratteristica principale nella scrittura di Frank Showell Styles, vero nome di Glyn Carr. Nato a Birmingham nel 1908, dopo la scuola egli lavorò in banca per una decina d'anni, finché decise di mollare questo impiego che non lo soddisfaceva. Partì quindi per un lungo viaggio in giro per l'Europa, che dovette tuttavia interrompere allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Arruolatosi nella Royal Navy come artigliere, durante il conflitto riuscì a salire di grado fino a giungere a quello di comandante. Tornata la pace, Styles decise di rinunciare a tornare a lavorare nel mondo della finanza e si trasferì in Galles, dove trascorse il tempo ad arrampicare (fu da sempre la sua passione più grande), a dedicarsi al teatro e a progettare la sua nuova carriera di scrittore. Nel 1947, infatti, diede alle stampe il suo primo romanzo, "Traitor's Mountain", una spy story che mescolava il genere a quello umoristico, e il successo di quest'ultimo lo spinse a dare il via a una serie più convenzionale, sotto pseudonimo e con protagonista un divertente capocomico un po' sovrappeso e dalla citazione facile che si ritrova ad indagare su casi misteriosi ambientati in alta montagna. In realtà, già durante una scalata del Milestone Buttress gli balzò in mente come "fosse facile progettare un omicidio perfetto in quel luogo"; pertanto decise di "ideare un sistema [adatto] e costruirci attorno una trama adeguata". In questo modo, come Glyn Carr firmò "Morte Dietro la Cresta" (primo di quindici gialli classici, tra cui vanno ricordati "Assassinio sul Cervino" e "Il Picco delle Streghe") e Abercrombie Lewker fece il proprio ingresso nella letteratura del mistero, dopo tre romanzi più avventurosi.

La serie fu accolta favorevolmente in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, soprattutto per la capacità dell'autore di descrivere con doverosa attenzione le scene di arrampicata e i luoghi in cui esse si svolgevano. Dopo "Fat Man Agony" (1969), Styles concluse le avventure di Lewker per dare il via a un'altra serie, il cui protagonista divenne un ufficiale della marina britannica al tempo delle guerre napoleoniche; nel frattempo, tuttavia, continuò a scalare e a fare escursioni, oltre a scrivere una quantità enorme di guide, manuali e racconti sulla montagna (in totale furono circa 160), finché non morì nel 2005. I romanzi di Abercrombie Lewker (in parte ripubblicati dalla Rue Morgue Press, secondo la quale pare esista un romanzo inedito andato perduto) sono storie leggere, divertenti e facili da leggere, proprio come voleva scriverle Styles: ognuna presenta un delitto apparentemente impossibile, alla maniera di quelli creati da John Dickson Carr con la stanza chiusa trasformata in un ambiente impervio e pericoloso, caratterizzato da pregi e difetti. Come abbiamo visto, "Un Cadavere al Campo Due" rappresenta finora il punto meno alto tra le avventure di Lewker, in fatto di enigma e mistero; eppure, voglio ribadire ancora una volta come, ogni tanto, anche un racconto meno concentrato sugli aspetti delittuosi del caso e maggiormente attento alle sue premesse possa regalare qualche ora piacevole, al lettore che si accontenta. Soprattutto se si è chiusi in casa e si abbia una voglia matta di uscire, almeno con la mente, dalle quattro pareti che ci circondano e di dirigerci in luoghi esotici e affascinanti.

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