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venerdì 7 maggio 2021

# - Aggiornamenti dall'Approvvigionatore Letterario (Maggio 2021)

Cari amici e lettori dell'Angolo dell'Approvvigionatore Letterario, bentornati (oppure benvenuti, se è la vostra prima volta su Three-a-Penny). In questo complesso 2021 non sembra affatto, ma i mesi si accavallano senza tregua e siamo già giunti a maggio, con l'approssimarsi all'estate e, forse, a una stagione più mite che ci permetta di svagarci di più. Infatti, già dalla fine di aprile le restrizioni dovute alla pandemia sono state allentate e abbiamo avuto la fortuna di poter uscire di casa con meno timore, nonostante gli indici di contagio restino sempre a livello di allerta e non si debba abbassare la guardia. In ogni caso, speriamo sia l'inizio di un periodo di relativa calma per i nostri nervi affaticati, che ci permetta di tirare il fiato in attesa della fine di questa situazione sgradevole che stiamo vivendo ormai da tanto tempo. E intanto, mentre osserviamo come evolverà la situazione in Italia e all'estero, ancora una volta vi presento le uscite librarie mensili nel segno del giallo, così che possiate svagarvi un po' e magari scoprire qualche autore che prima non conoscevate ed appassionarvi. In questo appuntamento in particolare ci sono alcuni titoli molto interessanti, che potrete accaparrarvi magari in vista di una capatina in spiaggia: infatti, cosa c'è di meglio che leggere un giallo sotto l'ombrellone? Per cui, andiamo a vedere cosa vi propongo.

Copertina di "Complotto all'Ambasciata"
pubblicato dal Giallo Mondadori
Per primi, diamo un'occhiata ai consueti volumetti da edicola del Giallo Mondadori. Nella Serie Regolare, troviamo nientemeno che un inedito di una grandissima autrice della Golden Age della classica crime story, la quale conta al proprio attivo numerosi capolavori del genere: Ngaio Marsh, con "Complotto all'Ambasciata". Devo fare una precisazione, tuttavia, parlando di questo romanzo: badate che esso è stato scritto nel 1974, ben lontano dall'epoca d'oro dei mystery giocati su un perfetto fair play e ambientati in un mondo tanto imperfetto quanto ricco di suggestioni sociali. Pertanto, da parte mia non mi aspetterò chissà quale giallo tradizionale, quanto un libro del mistero contaminato dalla spy-story (che in quegli anni, complice l'ascesa di Le Carré ai vertici delle classifiche internazionali) e da un racconto incentrato su temi che furoreggiavano nella metà degli anni Settanta. E infatti, a guardare la trama, sembrerebbe proprio una storia del genere. Abbiamo un presidente africano, Bartholomew Opala, in visita a Londra per questioni diplomatiche tra l'Inghilterra e il suo paese natio, il Ng'ombwana. Poiché egli è stato compagno di scuola del sovrintendente di Scotland Yard Roderick Alleyn, a quest'ultimo viene  affidato il compito di proteggerlo mentre si trova sul suolo inglese... Peccato che si tratti di un compito abbastanza gravoso e impegnativo, poiché Opala conta un lunga lista di nemici giurati i quali sarebbero più che felici di toglierlo di mezzo, e lui stesso sia un individuo allergico a misure di sicurezza troppo invasive. Come fare per tenerlo al sicuro?, si domanda Alleyn. Magari prendere qualche precauzione in più potrebbe essere un'idea. Però ben presto accade una disgrazia: nonostante tutto, nel corso di un ricevimento all'ambasciata di Ng'ombwana un uomo viene trafitto da una lancia cerimoniale e rimane ucciso. Opala è illeso, ma fino a quando durerà la situazione? Perché Alleyn è convinto che un pericolo insidioso si nasconda nell'ombra e stia tramando un nuovo piano diabolico... Come vedete, "Complotto all'ambasciata" presenta maggiormente le caratteristiche di un giallo recente, con temi sociali e un enigma che si interseca al clima opprimente dei tumultuosi anni Settanta. Detto ciò, tuttavia, sono sicuro che esso sia scritto con il magistrale stile di Marsh e che non sia una lettura da ignorare; per cui, vi consiglio di procurarvene una copia prima di restare senza.

Copertina di "Uno Studio in Nero"
pubblicato dal Giallo Mondadori
Nei Classici del Giallo, invece, torna ancora un volta l'inossidabile Ellery Queen con un titolo che occupa un posto di rilievo all'interno della sua opera: "Uno Studio in Nero". Queste parole vi ricordano forse qualcosa? Ebbene, se così fosse, sappiate che il vostro intuito non vi ha tradito: si tratta di un palese riferimento all'opera di esordio come giallista di quell'Arthur Conan Doyle che, nel 1887, diede vita all'investigatore dilettante più celebre della Storia: Sherlock Holmes. All'inizio della storia, Ellery si trova nel suo appartamento e, tanto per cambiare, si annoia: in vista non ci sono casi interessanti da risolvere, non ha voglia di uscire per le strade e i negozi di New York ma l'immobilità lo infastidisce. Così, quando si presenta alla sua porta un amico che gli consegna un pacco dicendo che, al suo interno, si trova nientemeno che un taccuino originale del dottor John Watson (spalla del segugio di Baker Street), Queen si getta subito alla scoperta del contenuto del libretto. Vergate sulle pagine, spiccano le parole che raccontano di un caso segreto condotto da Holmes... nientemeno che sulle tracce del celeberrimo Jack lo Squartatore. Già questo di per sé sarebbe un motivo davvero degno per immergersi nello studio dell'indagine di Sherlock; se poi l'investigatore ha insinuato che l'assassino sia stato in origine una donna, le rivelazioni diventano decisamente scottanti. Ma la faccenda è davvero da intendersi in questi termini? E lo scritto è originale oppure si tratta di un falso ben architettato? Starà ad Ellery scoprire la verità calandosi in un mistero che lo trasporterà in piena epoca vittoriana, a caccia del serial killer più diabolico, squilibrato e assetato di sangue della Storia. Uno dei primi "apocrifi" sherlockiani (ovvero una storia dove viene fatto rivivere per mano di un autore un personaggio di terzi), "Uno Studio in Nero" narra un caso emozionante e ben architettato, il quale non mancherà di lasciarvi a bocca aperta e a trasmettere più di un brivido di terrore.

Copertina di "L'Assassino Bussa alla Porta"
pubblicato da Polillo Editore
Passiamo ora a Polillo Editore presso Rusconi, il quale ha dato alle stampe altri volumi che si erano man mano accumulati in scaletta a causa della pandemia. E lo ha fatto proponendo agli appassionati di genere "L'Assassino Bussa alla Porta" di Harriet Rutland e "I Morti non Vedono" di Max Afford. Per quanto riguarda il primo, la sua autrice non è una novità per i lettori di Three-a-Penny: se ben ricordate, infatti, diverso tempo fa avevo recensito per voi il suo "L'Inquilino del Piano di Sopra", un romanzo giallo psicologico davvero tenebroso, ambientato nel triste periodo della Seconda Guerra Mondiale in cui l'Inghilterra è stata come isolata dal resto del mondo a combattere Hitler, con la popolazione costretta a ogni sorta di sacrificio e con i nervi a pezzi in attesa del prossimo bombardamento. Ebbene, il consenso che deve aver trovato quel libro (compreso quello del sottoscritto) pare abbia spinto l'editore ad investire ancora su Rutland, e il risultato è stata la pubblicazione di "L'Assassino Bussa alla Porta". Di cosa tratta? La storia è ambientata a Prestleignton Hydro, uno stabilimento idroterapico molto simile a quello della cittadina in cui viveva la stessa scrittrice (si narra abbia cambiato solo il nome per non incorrere in problemi con i clienti e il personale della struttura), il quale ospita anziani e malati che tra una cura e l'altra assaporano il piacere di sparlare di scandali più o meno piccanti riguardanti i più giovani nei dintorni. Un pettegolezzo di qui, un pettegolezzo di lì; cosa può mai andare storto? Ebbene, in breve le voci diventano tanto pressanti per qualcuno da spingere all'omicidio... Anzi, all'omicidio plurimo, dato che tutti i giovanotti e le signorine iniziano a venire eliminati in modo alquanto sistematico e indiscriminato. Ma è davvero così casuale la scelta dell'assassino? Secondo i vegliardi, la mano dietro a questi crimini efferati può essere fermata se si impegnano a scoprire a chi essa appartenga. Così iniziano ad indagare con discrezione. Però spetterà all'enigmatico Mr. Winkley dare loro una mano per risolvere il mistero. Mystery satirico e impregnato di black humor, "L'Assassino Bussa alla Porta" diverte e intrattiene grazie alla maestria di Rutland nel tratteggiare le situazioni più disparate. Forse non sarà incisivo come l'altro suo romanzo, ma io sono curioso di leggerlo per bene.

Copertina di "I Morti non Vedono"
pubblicato da Polillo Editore
In secondo luogo, Polillo ha pubblicato "I Morti non Vedono" di Max Afford. Ancora una volta, dopo Ngaio Marsh, questo mese troviamo un autore proveniente dall'emisfero australe all'interno dell'Angolo dell'Approvvigionatore Letterario: infatti, Afford era originario dell'Australia e laggiù visse un'esistenza piena di impegni, che lo portò ad essere giornalista, ovviamente scrittore e scrittore di pezzi per la radio. Proprio a questo campo si ispirò per scrivere il romanzo che è stato tradotto in italiano. La trama è divisa in due parti: nella prima, l'ispettore Read e l'investigatore Jeffery Blackburn fanno visita a uno studio radiofonico londinese che sta per essere inaugurato. All'improvviso, tuttavia, mentre stanno assistendo a una commedia una delle giovani signorine addette alle postazioni vocali muore misteriosamente all'interno di uno stanzino oscuro e chiuso a chiave. Durante la registrazione non può essere entrato nessuno, quindi chi è il colpevole? Deve essere qualcuno dell'entourage della radio, poiché solo quelle persone sapevano come muoversi dentro l'edificio senza dare nell'occhio. Da questo punto parte la seconda parte del libro, dove troviamo l'indagine della polizia e di Blackburn per trovare ed arrestare il colpevole, tra droga, messaggi segreti, veleni e storie d'amore con alti e bassi. E altri due delitti efferati. Dalle recensioni che ho letto in rete, sembra proprio che questo sia un classico giallo degli anni '30: abbiamo alcuni decessi sospetti e inesplicabili, un investigatore che affianca la polizia nel trovare la soluzione del mistero, una serie ci colpi di scena che spiazzano il lettore... Eppure, nei conti fatti, sembra che la spiegazione finale non sia del tutto degna dell'enigma che l'ha preceduta. Da parte mia, voglio proprio leggere questo romanzo per capire se le cose stanno così oppure si tratti di una lettura più che meritevole della nostra attenzione. Vi consiglio di fare lo stesso.

Copertina di "Sherlock Holmes e il
Segreto del Monte Bianco" pubblicato
da Mulatero Editore
Infine, per le letture in lingua italiana, vi segnalo un paio di titoli in arrivo per i tipi di Mulatero Editore. Essi, dopo aver portato in Italia parte dell'opera di Glyn Carr e il suo Abercrombie Lewker (e stiano continuando a proporre nuovi titoli), hanno aggiunto alcuni gialli esterni a quest'ultima saga che possiamo classificare come apocrifi dedicati a Sherlock Holmes, simili a "Uno Studio in Nero" poco sopra menzionato, ma ambientati in montagna. In "Sherlock Holmes e il Segreto del Monte Bianco", di Pierre Charmoz e Jean-Louis Lejonc, troviamo l'investigatore di Baker Street in trasferta a Chamonix, presso un invecchiato Edward Whymper, il quale nutre per l'altro un affetto quasi da zio acquisito. Il motivo per cui ha desiderato avere al proprio fianco il segugio non è però legato agli affetti: egli desidera che quello lo aiuti a trovare un documento che possa segnare la nascita dell'alpinismo. Si tratta del manoscritto di Jacques Paccard, nel quale egli ha raccontato la propria versione della storia ascesa al Monte Bianco nel 1786. Riuscirà Holmes a rinvenire quello che stuoli di studiosi hanno cercato per tanti anni ma non sono mai stati capaci di recuperare? Dovrà stare molto in guardia, visto che una strana donna dagli occhi verdi e alcuni agenti prussiani lo stanno tenendo d'occhio... In "Sherlock Holmes e il Tesoro delle Dolomiti" di Riccardo Decarli e Fabrizio Torchio, invece, l'investigatore si trova a Londra in piena estate, quando assieme al dottor Watson viene coinvolto nello strano caso del furto degli zaini di due alpinisti. Un fatto tanto banale non potrà generare grandi ripercussioni, vero? E invece la pista da seguire per recuperare il maltolto porterà la coppia Holmes-Watson fino a fatti accaduti in India, tra il British Museum e indipendentisti oppositori dell'Impero asburgico, fino alle Alpi italiane. Sarà in Trentino, dopo mille peripezie, che i due riusciranno a scoprire qualche indizio utile per la soluzione; ma la verità p ancora lontana... Non si tratta di gialli puri come per i romanzi di Glyn Carr finora tradotti, ma sono pur sempre libri che posso andare bene per un pubblico meno esigente dell'appassionato lettore esperto, per cui ve li ho comunque presentati.

Copertina di "Death in the Grand Manor"
pubblicato da Dean Street Press
Passiamo ora alle opere in lingua inglese. Innanzitutto, bisogna sottolineare come Dean Street Press abbia dato alle stampe una nuova serie di mysteries all'interno della sua produzione. Questa volta è toccato ad Anne Morice, una scrittrice che finora non avevo mai sentito nominare. Nata nel Kent nel 1916 col nome di Felicity Shaw, Morice lavorò per un certo tempo nell'ufficio della GPO Film Unit, una casa di produzione celebre al tempo. Lì incontrò il documentarista Alexander Shaw, che sposò e le diede tre figli. Nel corso degli anni la famiglia si spostò in lungo e in largo, mentre Morice intraprendeva la carriera di scrittrice; la quale, tuttavia, in un primo momento non diede i frutti sperati. Infatti, nonostante avesse scritto due romanzi ben accolti negli anni '50, Felicity non dovette essere soddisfatta e decise di fermare la produzione per circa vent'anni, quando tornò sulla scena con un serie di romanzi gialli di successo su una ragazza di nome Tessa Crichton, la quale investiga sulla falsariga della neozelandese Miss Phryne Fisher di Kerry Greenwood. I suoi sono romanzi gialli molto leggeri, dove contano molto le descrizioni della buona società del tempo, i rapporti tra i personaggi, lo stile sbarazzino e una vena misteriosa che si mescola spesso ad altri temi che si discostano un po' dal delitto. Finora Dean Street Press ha dato alle stampe: 
  • "Death in the Grand Manor"
  • "Murder in Married Life"
  • "Death of a Gay Dog"
  • "Murder on French Leave"
  • "Death and the Dutiful Daughter"
  • "Death of a Heavenly Twin"
  • "Killing with Kindness"
  • "Nursery Tea and Poison"
  • "Death of a Wedding Guest"
  • "Murder in Mimicry"
Se cercate qualche lettura un po' più leggera, sono sicuro che questa serie possa fare al caso vostro.

Copertina di "The Chianti Flask"
pubblicato dalla British Library Crime
Classics
Passiamo poi al consueto volume della British Library Crime Classics, curata da Martin Edwards e fonte continua di titoli interessantissimi. Per questo mese di maggio ci viene presentato "The Chianti Flask" di Marie Belloc Lowndes, autrice conosciuta in Italia soprattutto per "Il Pensionante", storia fittizia ispirata alla vicenda di Jack Lo Squartatore, e per "Luna di Miele da Incubo" pubblicato da Le Assassine. In questo caso, l'indagine ruota attorno alla figura di Laura Dousland, una giovane donna che è stata accusata di aver avvelenato l'anziano marito Fordish. Nell'aula del tribunale dove si svolge il processo inizia il racconto, mentre lei si difende dalle accuse e il servo italiano della coppia, Angelo Terugi, a sua volta sospettato del delitto, sostiene dall'alto del podio dell'interrogato la sua colpevolezza. Tutto quanto è focalizzato su una fiaschetta di Chianti che quasi certamente ha contenuto il vino avvelenato che ha ammazzato Fordish; ma il punto è: chi glielo ha somministrato? E che fine ha fatto questo oggetto tanto accusatorio e definitivo? Nessuno finora è riuscito a rintracciarlo. La giuria si trova costretta ad emettere un giudizio influenzato da questa grave mancanza, ma non crediate che i colpi di scena siano finiti qui. Questo è soltanto l'inizio del romanzo di Belloc Lowndes, nel quale vengono affrontati molti temi importanti come lo studio psicologico degli effetti deleteri dell'omicidio, con le conseguenze sulla persona accusata e su coloro i quali le sono vicini, nel bene e nel male. Forse Laura è davvero colpevole... Soltanto alla fine, nelle ultime pagine, si scoprirà la verità sul delitto di Fordish Dousland. Per scoprire qual è, dovete procurarvi una copia di "The Chianti Flask".

Copertina di "The Wall" pubblicato
da Penzler Publishing
Per ultimo, torniamo in America e diamo un'occhiata a "The Wall" di Mary Roberts Rinehart, dato alle stampe da Penzler Publishing. Tradotto in italiano come "I Muri Parlano", è uno dei romanzi gialli dell'autrice senza personaggio fisso, dove ella ha ancora una volta esplorato il lato "da brivido" del racconto del mistero, sottolineando la suspense in favore dell'enigma puro. Come di consueto, l'ambientazione e scenario in cui vengono calati i fatti è una villa aristocratica, Sunset House, abitata da Marcia Lloyd e suo fratello Arthur fin dall'infanzia, poiché in essa hanno trascorso ogni estate della loro vita esplorando i grandiosi saloni e i terreni che scivolavano fino alla riva del mare. Ogni cosa sembra circondata da una sorta di aura idilliaca: niente di male può accadere a Sunset House, dove il vecchio nonno ha risieduto per lunghi anni in un clima pacifico e tranquillo. Eppure, all'improvviso, l'ex moglie di Arthur, Juliette, si presenta alla porta illuminata dai raggi del tramonto per avanzare delle pretese e chiedere un contributo economico al giovanotto, il quale non è in grado di soddisfare le sue esigenze (oppure non ha intenzione di farlo). Da lì in poi iniziano i guai: allontanatasi, Juliette scompare nel nulla per qualche tempo... finché il suo cadavere non viene rinvenuto. La polizia, convocata sul posto, si trova davanti a una casa silenziosa e oscura, che sembra serbare terribili segreti al suo interno e non intende permettere che degli estranei la violino: cosa mai si celerà nelle ombre che dagli angoli delle camere si allungano col calare delle tenebre? Però Marcia, dal canto suo, intende fare il possibile per dissipare il mistero e si allea con lo sceriffo locale, Russell Shand, per trovare l'assassino della cognata prima che le cose possano peggiorare. In una lotta contro il tempo, infatti, sanno benissimo che qualcosa di diabolico si annida nei paraggi; qualcosa che deve essere fermato ad ogni costo. Carico di tensione, di mistero e di suggestioni, "The Wall" si preannuncia una lettura carica di emozione che farà correre più di un brivido lungo la schiena dei lettori.

Bene, anche per questo mese ho concluso la mia carrellata di consigli per voi lettori di Three-a-Penny. Se ci saranno ulteriori aggiornamenti importanti da fare, li inserirò qui sotto. Nel frattempo, vi auguro buone letture nel segno del giallo. A presto!

Link ai titoli consigliati su IBS
"L'assassino bussa alla porta" di Harriet Rutland;
"I morti non vedono" di Max Afford;
"Sherlock Holmes e il Segreto del Monte Bianco" di Pierre Charmoz e Jean-Louis Lejonc;
"Sherlock Holmes e il Tesoro delle Dolomiti" di Riccardo Decarli e Fabrizio Torchio.

Link ai titoli consigliati su Libraccio
"L'assassino bussa alla porta" di Harriet Rutland;
"I morti non vedono" di Max Afford;
"Sherlock Holmes e il Segreto del Monte Bianco" di Pierre Charmoz e Jean-Louis Lejonc;
"Sherlock Holmes e il Tesoro delle Dolomiti" di Riccardo Decarli e Fabrizio Torchio.

Link ai titoli consigliati su Amazon
"Complotto all'ambasciata" di Ngaio Marsh (solo ebook);
"Uno studio in nero" di Ellery Queen (solo ebook);
"L'assassino bussa alla porta" di Harriet Rutland;
"I morti non vedono" di Max Afford;
"Sherlock Holmes e il Segreto del Monte Bianco" di Pierre Charmoz e Jean-Louis Lejonc;
"Sherlock Holmes e il Tesoro delle Dolomiti" di Riccardo Decarli e Fabrizio Torchio;
"Death in the Grand Manor" di Anne Morice;
"Murder in Married Life" di Anne Morice;
"Death of a Gay Dog" di Anne Morice;
"Murder on French Leave" di Anne Morice;
"Death and the Dutiful Daughter" di Anne Morice;
"Death of a Heavenly Twin" di Anne Morice;
"Killing with Kindness" di Anne Morice;
"Nursery Tea and Poison" di Anne Morice;
"Death of a Wedding Guest" di Anne Morice;
"Murder in Mimicry" di Anne Morice;
"The Chianti flask" di Marie Belloc Lowndes;
"The Wall" di Mary Roberts Rinehart.

venerdì 5 febbraio 2021

# - Aggiornamenti dall'Approvvigionatore Letterario (Febbraio 2021)

Cari amici dell'Angolo dell'Approvvigionatore Letterario, bentornati da queste parti. Spero che il vostro inizio dell'anno sia stato migliore del mio, dal momento che il mio umore non è dei più alti. Spero con grande forza che questo mio piccolo blog possa permettermi di rendermi sempre più indipendente e che mi dia tante soddisfazioni, visto che spesso sugli altri fronti le cose non sempre vanno come io desidererei. Ma bando alle ciance, non ho certo voglia di annoiarvi con ciò che mi affligge personalmente; siete qui per un altro motivo: essere consigliati sulle nuove uscite di genere giallo nelle edicole e nelle librerie, italiane e internazionali. Prima di fare ciò, tuttavia, lasciatemi annunciare che Three-a-Penny, proprio per permettermi di farmi conoscere il più largamente possibile, è sbarcato con qualche mese di anticipo pure su Instagram (questo il link alla pagina, alla quale vi invito ad iscrivervi per restare sempre aggiornati sulle novità del blog). Entro l'estate spererei di riuscire ad avere un buon numero di nuovi lettori interessati per Three-a-Penny; per cui, se vorrete spargere la voce e condividere un po' dappertutto quello che faccio qua, ve ne sarò molto grato. Come avrete capito, ho intenzioni più che serie ma, se non avrò fortuna, sarò costretto a concentrare le mie energie su altri fronti e a ridurre le pubblicazioni di post. Bene, concludo questo momento di autopromozione augurandovi buona lettura e inizio con i consigli del mese di Febbraio.

Per prima cosa, vi segnalo l'uscita di ben tre nuovi Bassotti, messi in vendita da Polillo/Rusconi. Si tratta di quei titoli che da lungo tempo la casa editrice si sta portando dietro, un po' a causa della pandemia che ha rallentato i normali tempi di pubblicazione, un po' per la triste scomparsa di Marco Polillo alla fine del 2019. Più precisamente, abbiamo "Il Crimine del Secolo" di Anthony Abbot, "Delitti al College" di Clifford Orr e "Delitto in una Camera Chiusa" di Michael Crombie. Vediamoli uno per uno.

Copertina di "Il Crimine del Secolo"
pubblicato da Polillo
"Il Crimine del Secolo" è la seconda opera di Anthony Abbot, scrittore di mystery statunitense il cui vero nome era Charles Fulton Oursler, che Polillo pubblica nella sua collana. Già presentata ai lettori italiani nella versione dei Classici del Giallo Mondadori sotto il titolo "L'Amante del Reverendo", essa narra del tragico ritrovamento di due cadaveri su di una barca che scende l'East River, il fiume di New York, in un afosa giornata di inizio estate. Di per sé, già questo basterebbe per turbare gli animi delle persone che si sono ritrovate invischiate in questo fattaccio; ma le cose sono ancora più complicate di quanto sembri a prima vista. La donna, infatti, è stata uccisa con un colpo di pistola al cuore e addirittura quasi decapitata, mentre l'uomo dall'aspetto mite, con un foro di pallottola sulla fronte, indossa nientemeno che gli abiti talari. Pertanto, non ci vuole poi molto a capire come egli non sia un individuo qualunque, ma il parroco di una chiesa episcopale. Che scandalo, che un sacerdote devoto alla Chiesa si sia macchiato di un crimine orrendo come quello! Perché, come appare chiaro agli inquirenti, le apparenze farebbero pensare a un caso di omicidio-suicidio, compiuto proprio dall'uomo. Tuttavia, la fretta è cattiva consigliera e la polizia vuole andarci piano. Innanzitutto, cosa ci faceva mai un parroco in compagnia di quella che si rivelerà essere una ballerina di fila? La risposta a questa domanda è molto importante; non solo perché potrebbe sollevare un polverone ancora più grosso sulla reputazione dell'uomo, ma anche per il fatto che nella barca (nuova di zecca, tra l'altro) è stato ritrovato un foglio di carta appallottolato: ovvero, una lettera d'amore inviata da un "lui" a una "lei". Sembra proprio che sia parte della corrispondenza che i due cadaveri si sarebbero scambiati... Oltre al foglio, per la sorpresa della polizia, sulla barca si trova pure un gatto con le zampe sporche di sangue; forse ha assistito al delitto? Può darsi, ma allora dove è il sangue su cui si sarebbe macchiato i piedi? Quello sulla scena del crimine è solo sui corpi. Toccherà a Thatcher Colt, capo della polizia investigativa della città, trovare la risposta a tutte queste domande. Come il resto della produzione di Abbot, anche questo romanzo si inserisce nella serie di romanzi gialli nati sul solco dell'esempio dato da S.S. Van Dine, pur concentrandosi più sul police procedural e su uno spiccato senso per la violenza (basta vedere come sono stati mutilati i cadaveri). Un ottimo mix tra giallo classico e hard-boiled.

Copertina di "Delitti al College"
pubblicato da Polillo
Il secondo romanzo pubblicato da Polillo, "Delitti al College", ci fa restare ancora in America. Infatti, la storia è ambientata al Dartmouth, uno di quei prestigiosi college che punteggiano una vasta parte del territorio degli USA, dove un diabolico assassino ha deciso di turbare il quieto vivere degli studenti e dei professori. Il clima di serena operosità viene spezzato in un grigio mattino di pioggia, quando il giovane Kenneth Harris viene svegliato alle sei del mattino da uno strano rumore alla finestra. Infastidito, si alza e si avvicina al vetro per scoprire cosa stia provocando quel fastidioso ticchettio, misto alle gocce che cadono dal cielo... e scopre con sconcerto il cadavere del proprio compagno di stanza, Byron Coates, appeso per il collo a una corda fissata all'esterno della finestra. L'orrenda immagine lo lascia senza parole: il pigiama di Coates è fradicio e il rumore proviene dai piedi nudi dello sventurato giovanotto ormai al di sopra delle tribolazioni umane. Dopo aver avvertito la polizia, Kenneth si fa da parte e osserva l'operato degli agenti, i quali sembrano propendere per l'ipotesi abbastanza chiara di un suicidio, dovuto allo stress scolastico e ad altre preoccupazioni che affliggevano la vittima. Eppure, ben presto, si affaccia una nuova teoria alla mente degli inquirenti: omicidio. Le indagini, quindi, riprendono con forza e gli eventi si susseguono, mente Harris si mantiene ai margini del cerchi di sospettati... finché non si aggiungono altre due misteriose morti all'elenco dei tragici eventi accaduti a Dartmouth. A quel punto, un Kenneth sempre più perplesso ma determinato a scoprire la verità si ritrova ad interrogare le persone che gli stanno intorno, in questo clima di macabro incubo. Addirittura suo padre, legale e autore di romanzi del mistero giunto sul posto per contribuire alla cattura dell'assassino, figura tra i probabili sospettati. Come andrà a finire? Per saperlo, vi basterà leggere questo romanzo che fu l'esordio nel genere per Clifford Orr, autore di testi da musical e di canzoni (una delle quali portata al successo da Doris Day), giornalista e romanziere divenuto celebre per lo straordinario "La Casa sulla Scogliera", tratteggiato sulla falsariga dell'opera di John Dickson Carr.

Copertina di "Delitto in una Camera
Chiusa" pubblicato da Polillo
Infine, ultimo titolo in pubblicazione da parte di Polillo: "Delitto in una Camera Chiusa" dello scozzese James Ronald, che qui si firma come Michael Crombie. Dopo essere tornato in Inghilterra in seguito a un periodo trascorso all'estero, Alan Napier intende riprendere in mano i legami che si è lasciato alle spalle e tornare a rivedere gli amici persi di vista, tra i quali figura un suo vecchio compagno di scuola, tale Eric Winter. Mentre osserva la costa avvicinarsi dal ponte della nave, Napier pregusta già tutto quello che ha intenzione di fare di lì a poco; eppure, il destino ha altro in mente. I suoi piani, infatti, vengono stravolti quando, una volta attraccata l'imbarcazione, Alan riceve una lettera da parte di Patricia Winter, la sorella del suo amico, la quale gli annuncia con costernazione il decesso improvviso del fratello. Ma non è tutto qui: la ragazza nutre dei sospetti precisi sulla causa della morte di Winter e accusa di omicidio lo zio Godfrey, nonostante non abbia alcuna prova a suffragio della sua convinzione. Dapprima Napier non riesce a crederci; è tutto troppo fantastico! Tuttavia, piano piano, inizia a scoprire alcuni elementi di sospetto sul conto dell'uomo: Godfrey, infatti, è certo un brillante avvocato, ma pure un forte scommettitore sui cavalli che conosceva bene a chi sarebbe andato il denaro di Eric alla sua morte: proprio a lui. Peccato solo che il decesso sia stato certificato da un medico insospettabile come naturale. In ogni caso, ben presto si verificano altre due morti, delle quali una all'interno di una camera ermeticamente chiusa per mezzo di un paio di forbici. Difficile si sia trattato di un suicidio; ma allora, come è stato compiuto il crimine? Seguite questa storia ideata da Crombie, inglese trapiantato in America e autore di opere di vario genere, per scoprire come sono andate le cose.

Copertina di "Linea Retta"
pubblicato nel Giallo Mondadori
Per quanto riguarda il Giallo Mondadori da edicola, invece, questo mese di febbraio offre un titolo a testa in entrambe le collane dell'editore. Per la Serie Regolare, ritroviamo un autore italiano che ha saputo raccogliere l'interesse del pubblico attento al giallo classico, pur declinando le sue opere in chiave moderna: Enrico Luceri, il quale stavolta presenta "Linea Retta". Si tratta di una storia incentrata sulla morte di Roberto Salazar, un celebre agente letterario italiano il quale viene ucciso da un auto pirata mentre attraversa la strada per buttare la spazzatura. Nonostante le apparenze facciano supporre che si tratti di un tragico incidente, d'altra parte le coincidenze sono un po' troppe, se sommate insieme, e il fatto che gli elementi del caso mettano in luce alcuni aspetti poco conosciuti della vita dell'uomo, fanno presagire al commissario Tonio Buonocore che forse nell'esistenza di Salazar e nel suo passato possano nascondersi moventi fin troppo validi per la sua morte. L'agente letterario, infatti, era un uomo cinico e abile, invidiato e temuto da molte persone, addirittura odiato. Sono in troppi ad aver desiderato la sua dipartita, e man mano che i fatti emergono il quadro di fa sempre più complesso: la giovane seconda moglie, un figlio con il quale non aveva più rapporti da anni, i collaboratori ambiziosi e gli autori insoddisfatti che popolavano il suo mondo; tutti loro sono sospettabili della sua morte. Paradossalmente, Buonocore si rende conto di come tutti quanti siano legati tra loro (e a Salazar) da una serie infinita di linee rette; ma è sempre la via più breve quella giusta da percorrere per trovare il bandolo di una matassa? Forse bisogna indagare su rapporti più complessi, che mettano in luce come le linee rette siano, quando viste da vicino, composte da tante piccole curve... e da altre morti, avvenute in passato. Storia intrigante, non è vero? Sappiate che, oltre al romanzo, all'interno del volume si trova il racconto "Il tempo presente. Io e il commissario Buonocore" sempre dello stesso autore; oltre alla nuova puntata della rubrica "La storia del Premio Tedeschi". Vi consiglio di dare una possibilità a questo autore.

Copertina di "Il Volto Macchiato"
pubblicato nei Classici del Giallo
Mondadori
Nei Classici del Giallo, invece, questo mese troviamo una vecchia conoscenza per il lettori di "Three-a-Penny": R.A.J. Walling, autore di "Il Cadavere in Pantofole Rosse", il quale torna nella collana da edicola dopo tantissimi anni di assenza con "Il Volto Macchiato". Si tratta di una di quelle che vengono chiamate "Palmine", ovvero quei gialli del primo Dopoguerra che recavano in copertina proprio l'immagine di una palma e che sono molto ricercati dai collezionisti. Finalmente, Mondadori ce l'ha riproposta comodamente. La storia parte con la risoluzione di un caso di persona scomparsa che Philip Tolefree, investigatore privato a tempo perso, ha messo a punto a tempo di record. Niente di strano, vero? Peccato solo che l'individuo in questione sia morto stecchito. Il cadavere del banchiere Benjamin Broadall, infatti, è stato rinvenuto nel suo ufficio di Londra, strangolato brutalmente e con il contenuto della grande cassaforte sparso dappertutto, come se tra le quattro mura si sia scatenato un uragano improvviso. Abbiamo un calamaio rovesciato, inchiostro sparso sui fogli e tante monete gettate a terra... Inoltre, il volto della vittima è anch'esso macchiato di nero. L'ispettore Pierce di Scotland Yard viene convocato sul posto e, affiancato da Tolefree, inizia subito a darsi da fare. Un enorme problema, tuttavia, si staglia subito sul percorso che i due devono compiere: i sospettati del delitto sono davvero tanti. Abbiamo la figlia del banchiere, assieme ai suoi innumerevoli corteggiatori; un nipote squattrinato; una devota segretaria che forse nasconde qualche segreto dietro alla facciata di rispettabilità; uno squallido portiere dall'atteggiamento equivoco; un'amabile vedova che avrebbe un valido motivo per essere contenta; il tradizionale amico di gioventù col quale Broadall ha condiviso tante avventure; addirittura il figlio dello stalliere! Tutti costoro avrebbero avuto un motivo valido per l'uccisione del banchiere, ma nessuno possiede il movente convincente per un atto tanto spregiudicato. Tolefree ne è convinto. Eppure, qualcuno deve essere stato: allora che ci sia qualche segreto oscuro che nessuno ha il coraggio di rivelare? Lo scoprirete leggendo questo romanzo giallo, che vi consiglio di non lasciarvi scappare.

Copertina di "Murder's a Swine"
pubblicato dalla British Library Crime
Classics
Passiamo adesso ai romanzi gialli in lingua inglese. Come sempre, abbiamo un titolo pubblicato dall'ottima British Library Crime Classics, curata dal critico Martin Edwards. Stavolta tocca a "Murder's a Swine" di Nap Lombard, un autore che vi devo confessare non conoscevo minimamente. Dietro a questo pseudonimo si nascondeva una di quelle coppie che, oltre a condividere una vita intera dal punto di vista matrimoniale, ha sfruttato la propria coesione per dare vita a un sodalizio letterario: Pamela Hansford Johnson e Gordon Neil Stewart, infatti, scrissero due gialli classici sotto pseudonimo all'inizio degli anni '40, dei quali il secondo è proprio il giallo qui riproposto. La sua storia è ambientata durante la Seconda Guerra Mondiale: siamo in una fredda notte invernale, durante uno dei frequenti blackout di cui la capitale inglese è soggetta a causa dei raid aerei tedeschi. Mentre l'investigatrice dilettante Agnes Kinghof sta tornando a casa, assieme a una giovane vedetta antiaerea si imbatte in un cadavere riposto nei muri del rifugio contro gli attacchi nemici, sito nella loro strada, proprio tra i sacchi di sabbia che ne costituiscono la struttura. Non può che trattarsi di omicidio, dal momento che nessuno riuscirebbe ad infilarsi in quella posizione e poi lasciarsi morire; pertanto, la ragazza decide di indagare sul delitto, al fianco della polizia. Eppure, le sorprese non sono ancora finite per quella notte: l'oscurità ben presto viene squarciata da un urlo. A spaventarsi è stata la signora Sibley, vicina di casa di Agnes, la quale ha visto una macabra testa di maiale alla sua finestra del quarto piano. Cosa sta succedendo? Poco dopo vengono rivolte altre minacce da un certo "Pig-sticker", e la vicenda si fa sempre più misteriosa. Cosa che non può fare altro che sollecitare Agnes e suo marito Andrew, i quali decidono di indagare per contro proprio e scovare l'identità di questo personaggio malvagio che si nasconde tra gli inquilini del loro condominio. Come avrete capito, si tratta di un giallo molto spiritoso e spensierato, nonostante sia ambientato in un momento storico di grande tensione, pieno di intriganti dettagli d'epoca e riproposto al pubblico per la prima volta dalla sua prima edizione, nel 1943. Vi divertirà.

Copertina di "Murder at Monk's
Barn" pubblicato da Dean Street
Press
In secondo luogo, torna sulla scena Dean Street Press, l'editore inglese che in questi ultimi anni ha fatto felici tantissimi lettori di classica crime story, grazie alle sue numerosissime pubblicazioni, non solo di genere giallo. Nel mese di febbraio, infatti, questo marchio torna ad arricchire il proprio catalogo con quattro romanzi molto rari, firmati Cecil Waye: di preciso, "The Prime Minister's Pencil", "The End of the Chase", "The Figure of Eight" e "Murder at Monk's Barn". Si tratta di titoli che non vedono la luce da molto tempo, e che appartengono all'opera immensa di un autore che gli appassionati giallisti conoscono molto bene: John Rhode, inventore del logico e scientifico dottor Priestley. Conosciuto pure sotto lo pseudonimo di Miles Burton, egli ha dato vita a questi romanzi nei primi anni '30 del Novecento, prima di diventare un membro celebre del Detection Club; eppure, essi sono titoli comunque molto interessanti. Il primo è incentrato sulla scomparsa del segretario del Primo Ministro inglese, il signor Cuthbert Solway, il quale si è volatilizzato in seguito a una visita presso uno specialista di Harley Street. Christopher Perrin, l'investigatore protagonista, viene interpellato dalla figlia del politico affinché lo rintracci, ed egli si avvale dell'aiuto dell'amico ispettore Philpott per portare a termine il compito assegnatogli. Purtroppo, la caccia termina quando il cadavere di Solway viene ritrovato morto nei terreni di Oldwick Manor, una vecchia casa di campagna legata alla figura di Ethelred Rushburton, il leader inglese. Sono molte le stranezze che circondano questo decesso: innanzitutto, il medico locale non riesce a trovare alcuna causa della morte; ma lo stesso atteggiamento sprezzante di Ethelred lascia sconcertati. Alla fine, la diagnosi è morte causata da una malattia esotica. Come ha fatto Solway ad ammalarsi? Le indagini proseguono con uno sviluppo sbalorditivo e uno degli omicidi più sensazionali del giallo classico della Golden Age... Il secondo, invece, vede Perrin sulle tracce di "Duggie il Fabbro", un criminale sospettato di essere dietro a una grossa rapina. Catturato in Belgio, il criminale confessa il crimine e viene riportato in Inghilterra; ma Perrin non capisce perché lui si sia dovuto recare fin laggiù.

Copertina di "The Prime Minister's
Pencil" pubblicato da Dean Street
Press
Inoltre, tra la folla che ha assistito alla retata c'era un certo Maurus Kaulin, uno dei più abili falsari esistenti. C'è forse un legame tra i due criminali? L'investigatore ha qualche sospetto, così decide di chiedere aiuto al'ex poliziotto di Vienna Johann Barndt affinché lo assista nella scoperta di una probabile rete criminale di scala europea. Saranno coinvolti nobili e poveracci, in questa caccia sul continente, finché Perrin troverà la risposta proprio in Inghilterra, dove tutto è partito. Il terzo romanzo di Waye ci porta su di un autobus londinese, dove una donna sembra dormire profondamente. Sembra... dal momento che è sul punto di morire. Portata all'ospedale, infatti, Lola Martines rende l'anima al Creatore. Nata a Montevideo, un paese del Centro America la cui politica instabile potrebbe portare a una guerra mondiale, sembrerebbe essersi spenta per cause naturali. Tuttavia Christopher Perrin vede del marcio nella vicenda, soprattutto dopo aver appreso dei sospetti di un diplomatico montedoriano. Si sospetta un omicidio, ma come provarlo? Seguono morti e sparizioni che culminano in una cospirazione internazionale. Infine, il quarto ci trasporta nel magico mondo del teatro. L'attore Gregory Wynter viene ucciso a colpi di arma da fuoco attraverso la finestra del suo camerino. Non esistono moventi, né possibilità che il criminale sia fuggito prima dell'arrivo della polizia sulla scena del delitto; eppure, la verità non emerge. Così il fratello del morto chiede aiuto a Perrin, affinché risolva il dilemma, e quest'ultimo di immerge nelle complesse relazioni all'interno della famiglia Wynter. C'entra pure una scatola di cioccolatini, in questa faccenda, ma vi lascio scoprire da soli in quale modo... Insomma, si tratta di quattro romanzi diversi tra loro ma molto intriganti. Se vi ho stuzzicato, provate a dare loro una possibilità.

Copertina di "The Plague Court
Mystery" pubblicato da Penzler
Publishing
Ultimo consiglio per il mese di febbraio, il nuovo titolo di Penzler Publishing, la casa editrice curata dal critico Otto Penzler che riesuma dal dimenticatoio grandi classici del giallo USA. Stavolta tocca a un capolavoro del crime all'inglese, nato dalla penna di un americano trapiantato in Inghilterra: il "Maestro del Delitto della Camera Chiusa" John Dickson Carr. Con "The Plague Court Mystery", infatti, egli diede avvio alla sua seconda serie di mysteries, quella che firmò con lo pseudonimo Carter Dickson. Tutto ruota attorno alla Plague Court del titolo, un'antica residenza avita di proprietà della famiglia Halliday, la quale possiede la cattiva fama di essere una vera e propria casa del mistero. Come racconta Dean Halliday al suo amico Ken Blake, incontrato una sera al club, essa è da tempo disabitata, dal momento che si narra sia infestata dallo spirito maligno di un aiutante del boia dei tempi dell'ultima grande epidemia di peste inglese, tale Louis Playge. Negli ultimi tempi, tuttavia, sua zia Lady Benning e la sua fidanzata Marion Latimer si sono fatte convincere da un medium celebre tra i membri dell'alta società, Roger Darworth, ad esorcizzare questo demone terribile. Halliday preferirebbe lasciare tutto come sta, ma l'ascendente di Darworth sia avendo la meglio su Marion e teme di perderla; così Blake propone all'amico di far controllare quell'individuo dal capitano Masters, un ispettore. Subito i tre si recano a Plague Court, dove la seduta è già in corso e Darworth si è fatto rinchiudere in una casetta di pietra poco distante. Ben presto, nonostante le precauzioni, lo spiritista viene rinvenuto cadavere nella casupola, senza che il terreno fangoso intorno ad essa rechi qualche impronta, pugnalato alle spalle con il pugnale di Louis Playge. Il delitto mette subito in crisi la polizia, così Blake si vede costretto a chiedere l'aiuto di Sir Henry Merrivale, suo ex capo nei servizi segreti e investigatore dilettante, il quale dimostrerà come l'assassinio sia stato compiuto. Tradotto in italiano col titolo "La Casa Stregata" sui Classici del Giallo Mondadori, questo romanzo è una prova straordinaria del talento di Carr/Dickson nel mettere in scena delitti all'apparenza impossibili da spiegare. Altamente consigliato, soprattutto se vi piacciono le atmosfere tenebrose e paurose.

Bene, con questo ho terminato la mia lista di consigli. Come dicevo sopra, se ne avete la possibilità e la voglia, usate i link che metto qui in fondo al post per ordinare i titoli che vi interessano e vi hanno convinto (così ci guadagno qualcosa pure io in termini economici). Inoltre, condividete i post e il blog sui social network. Vi do appuntamento al prossimo mese per altri consigli letterari nel segno del giallo, mentre alla prossima settimana per la consueta recensione. A presto!

Copertina di "I Delitti della Gazza
Ladra" pubblicato da Rizzoli
AGGIORNAMENTO: Mi è stato riferito (grazie Paola!) che il giorno 23 febbraio Rizzoli porterà in libreria la traduzione italiana di "The Magpie Murders" di Anthony Horowitz, col titolo "I Delitti della Gazza Ladra". Si tratta di un romanzo per così dire "moderno", scritto in epoca contemporanea, ma tratteggiato per imitare lo stile del giallo classico in voga nei primi anni del Novecento. Tutti noi sappiamo che non c'è niente che possa battere un mystery tradizionale, con un investigatore acuto, indizi ben disseminati lungo la storia, false piste e colpi di scena; ebbene, ne è convinta pure Susan Ryeland, editor di una casa editrice che pubblica i romanzi di Alan Conway, con protagonista il detective per metà greco e metà tedesco Atticus Pünd. La ragazza nutre una passione profonda per questo tipo di libri, per cui appena arriva il nuovo manoscritto pronto per essere messo in lavorazione, si getta nella lettura per scoprire quali avventure vivrà stavolta il suo eroe. L'ambientazione è quella di un sonnolento villaggio inglese della metà degli anni '50: un classico, insomma. Tuttavia, man mano che continua a leggere la storia, Susan si rende conto che in mezzo ai cadaveri fittizi e ai sospettati corre una linea narrativa che annoda la sua stessa vita a quella di Conway e del suo personaggio. Una vicenda che parla di gelosie, passioni, ambizioni ed avidità... Siete curiosi di saperne di più? Provate voi stessi il brivido della scoperta. Di nuovo, a presto!

Link ai titoli consigliati su IBS
"Il crimine del secolo" di Anthony Abbot;
"Delitti al college" di Clifford Orr;
"Delitto in una camera chiusa" di Michael Crombie;
"I delitti della gazza ladra" di Anthony Horowitz.

Link ai titoli consigliati su Libraccio
"Il crimine del secolo" di Anthony Abbot;
"Delitti al college" di Clifford Orr;
"Delitto in una camera chiusa" di Michael Crombie;
"I delitti della gazza ladra" di Anthony Horowitz.

Link ai titoli consigliati su Amazon
"Il crimine del secolo" di Anthony Abbot;
"Delitti al college" di Clifford Orr;
"Delitto in una camera chiusa" di Michael Crombie;
"Linea retta" di Enrico Luceri;
"Il volto macchiato" di R.A.J. Walling;
"Murder's a swine" di Nap Lombard;
"The End of the Chase" di Cecil Waye;
"The Figure of Eight" di Cecil Waye;
"Murder at Monk's Barn" di Cecil Waye;
"The Plague Court mystery" di Carter Dickson;
"I delitti della gazza ladra" di Anthony Horowitz.

venerdì 1 gennaio 2021

57 - "Omicidio a Capodanno" ("Dancing Death", 1931) di Christopher Bush

Copertina dell'edizione pubblicata dalla
Polillo Editore
Se oggi, primo giorno del 2021, guardo indietro all'anno appena finito, posso dire di essere tutto sommato soddisfatto di ciò che mi è stato riservato. Il ché non è certo qualcosa di scontato, visto quante cose poco piacevoli sono successe a tutti noi! Infatti, una pandemia mondiale sottintende come la situazione sia stata prevalentemente frustrante e dolorosa, con tutte le sofferenze che abbiamo patito e le negazioni a cui ci siano dovuti sottoporre e attenere. In tanti abbiamo dovuto convivere con l'idea che alcune persone che ci stavano a cuore non ci sono più, che ci saremmo meritati di trascorrere le giornate a organizzare cose che poi non siamo riusciti a fare, e che in sintesi abbiamo buttato un anno intero della nostra vita. Io stesso, ho vissuto parte del 2020 con l'angoscia nel cuore e con una grossa tristezza. Però mi ritengo fortunato ad essere ancora qua e ad aver raggiunto alcuni obiettivi che mi prefiggevo da tempo. Ho fatto nuove amicizie attraverso il web, cosa che non avrei ritenuto possibile fino ai primi mesi dell'anno: infatti, la mia timidezza cronica e il mio costante senso di essere di troppo mi hanno sempre limitato molto in questo senso. Eppure, ci sono riuscito. Inoltre, cosa non da meno, sono riuscito a dare una certa impronta a Three-a-Penny, scrivendo con costanza e facendo del mio meglio per presentare recensioni e quant'altro abbia a che fare con la classica crime story. Insomma, come dicevo, sono soddisfatto di come sono andate le cose. Adesso, ovviamente, la sfida è riuscire a tenere il ritmo e a continuare su questa strada, per fare in modo di migliorare dove ce n'è bisogno ed essere costante nella pubblicazione di post settimanali. Inoltre, ci sarà una novità a partire proprio da questo inizio dell'anno: l'apertura di un profilo Twitter dedicato interamente al blog, dove posterò le recensioni pubblicate senza per forza usare quello mio personale, e nel quale lascerò qualche messaggio ogni tanto per celebrare ricorrenze e per alcuni avvisi. Se entro la fine del 2021 l'esperimento darà buoni frutti in quanto a visualizzazioni e a popolarità, potrei prendere in considerazione l'idea di sbarcare su altre piattaforme; ma adesso è presto per fare congetture. In ogni caso, questa riflessione esula dall'oggetto della recensione di oggi, 1 gennaio 2021.

Una data particolare, non è vero? Come la settimana scorsa la recensione di "La Mattina del 25 Dicembre" è caduta proprio nel giorno di Natale, quella di oggi viene pubblicata il primo giorno dell'anno. Così, mi sono chiesto se non fosse il caso di scegliere un titolo in particolare per celebrare questa ricorrenza. Sarebbe andato bene qualunque cosa che avesse a che fare con l'inverno, per restare in tema con la stagione in cui siamo entrati da qualche giorno. Meglio ancora, se avesse avuto qualche riferimento a qualche tipo di celebrazione festiva, sarebbe stato perfetto. D'altro canto, non volevo essere troppo prevedibile con qualche titolo semplicemente e puramente natalizio, peggio ancora se inflazionato. Niente Christie, né Sayers, né Berkeley. Volevo puntare a un autore che magari non fosse poi così famoso, al di fuori della cerchia degli appassionati del tradizionale romanzo giallo; ma allo stesso tempo andare sul sicuro e scegliere un libro che mi facesse partire col piede giusto il nuovo anno. Inoltre, doveva essere un titolo che voi tutti poteste procurarvi con una certa facilità; non un Classico del Giallo Mondadori pubblicato negli anni 80' e misconosciuto. Così, ancora una volta, ho puntato ai Bassotti Polillo e, scorrendo la lista dei titoli pubblicati, mi sono imbattuto in "Omicidio a Capodanno" di Christopher Bush (Polillo Editore, 2009). Qui devo fare una piccola premessa. Sia questo mystery, sia "Una Buona Tazza di Tè", li avevo già letti ormai diversi anni fa, quando proprio il secondo era stato inserito nella lista dei Gialli Anglosassoni dal Corriere della Sera. E avevo un vago ricordo che entrambi fossero stati delle letture piacevoli, nonostante ricordassi molto poco al loro riguardo. Questo poteva significare soltanto due cose: o mi ero dedicato alla lettura con una certa leggerezza, senza concentrarmi a cogliere le sfumature della trama, oppure si trattava di storie caratterizzate da elementi poco incisivi e quasi noiose. Inoltre, ricordavo che Bush è stato criticato molte volte proprio per il suo essere tecnico e conformista. Quindi, correvo un bel rischio nel caso avessi voluto leggerlo. Che fare? Alla fine, ha prevalso la mia convinzione che qualunque libro deve avere un lato buono e ho deciso di buttarmi, tra scenari innevati, furti efferati, personaggi con caratteri forti e decisi, delitti al buio e strani indizi incomprensibili, nella storia di "Omicidio a Capodanno". Poche volte mi sono imbattuto in un enigma così articolato e denso, dove i fatti si accumulano l'uno sull'altro fino a dare vita a un caso in cui ogni più piccolo dettaglio influisce sul risultato finale e sulla scoperta della Verità.

Arbirlot Mill, near Arbroath, James McIntosh Patrick, 1959,
raffigurante un gruppo di case simile a Little Levington Hall
e le sue appendici
La trama stessa del romanzo è complessa e impossibile da tratteggiare, senza rivelare troppe cose dell'indagine. Però farò uno sforzo per presentarvela al meglio, iniziando dalla particolare introduzione alla storia. In essa, infatti, il protagonista Ludovic Travers, un giovanotto che divide il proprio tempo tra la direzione di una società pubblicitaria e il fare il segugio dilettante in aiuto di Scotland Yard, viene sollecitato da un amico a narrare il caso Levington, dando al lettore alcune informazioni essenziali per la risoluzione dello stesso. Travers, di conseguenza, descrive in quattro punti alcuni brani all'apparenza slegati tra loro: le lamentele di un ispettore in pensione riguardo le inesattezze nei romanzi polizieschi, l'origliare una conversazione intima da parte di un investigatore privato, uno scambio di battute tra il romanziere Denis Fewne e il suo ospite, l'illustre scienziato Martin Braishe, e un brevissimo estratto della Bibbia sull'episodio di Uria l'ittita. Da questo punto in poi, seguiamo il caso Levington dall'inizio, quando un nutrito gruppo di persone si sta dirigendo verso la sontuosa magione di Braishe, per festeggiare il Capodanno in compagnia ed allegria. Il padrone di casa, con il supporto della cognata Brenda Fewne, ha inoltre organizzato un ballo in maschera al quale parteciperanno una quarantina di persone. Ascoltiamo i discorsi di parte di questa gente come se stessimo origliando dal buco della serratura, tra innocui battibecchi e curiosi scambi di opinioni, e già immaginiamo come la situazione a Little Levington Hall sarà movimentata. Tuttavia, accade un imprevisto: proprio nell'ultima sera dell'anno si scatena una bufera di neve, la quale costringe la maggior parte degli ospiti della festa a rincasare in tutta fretta per non rischiare di finire bloccati con le loro auto. In sintesi, restano alla festa i coniugi Paradine, medico con moglie combattiva la fianco; i giovani Fewne, il romanziere Denis con la moglie Brenda; lo scapolo Tommy Wildernesse, che fa la corte all'attrice teatrale e sorella di Brenda, Mirabel Quest; il disinibito Wyndham Challis, drammaturgo; lo stesso Braishe e, a concludere, Ludovic Travers assieme a un misterioso amico di nome Franklin.

Questi ultimi si ritrovano ospiti non a causa di conoscenze dirette con altri invitati, ma piuttosto per una questione di affari che riguarda un nuovo gas prodotto dalla fabbrica di Braishe e che, nonostante le sue qualità potenzialmente letali se spruzzato nell'aria senza alcuna diluizione, potrebbe fare la differenza nella cura di alcune malattie africane; per questo, il Ministero dell'Agricoltura ha inviato George Paradine e Travers a sondare il terreno, affiancati da un funzionario investigativo come Franklin. Alla fine della festa, tuttavia, iniziano i guai. Prima la neve cade copiosa e, come temuto, isola la casa di Braishe dal mondo esterno; poi la luce va via improvvisamente, proprio mentre tutti quanti stanno per coricarsi. All'apparenza sembra che non ci sia alcun danno, soltanto un bontempone che ha deciso di tagliare i fili del contatore per fare uno scherzo. Al mattino seguente, tuttavia, il risveglio è ben più amaro di quanto chiunque si aspettasse: innanzitutto, quasi tutti gli abitanti di Little Levington Hall hanno subìto un furto; ma nella camera di Mirabel Quest giace addirittura il suo stesso cadavere! L'arrivo di un ospite inatteso, tale Crashaw, il quale è stato sorpreso dalla neve e ha raggiunto la casa per trovare riparo, contribuisce a ingarbugliare una situazione già di per sé complicata; senza contare che il telefono è stato letteralmente divelto dal suo alloggio e un sifone del mortale gas di Braishe è stato trafugato dalla cassaforte. Lontani dal resto della civiltà, gli ospiti decidono di fare gruppo e di tentare di imbastire un'inchiesta, atta a risolvere i crimini perpetrati nella notte; pertanto, Franklin si avventura nella tempesta per avvertire Scotland Yard, mentre Travers inizia a sondare il terreno alla ricerca di indizi che possano risolvere la spiacevole faccenda. Non sa ancora che, nella pagoda poco distante dalla casa, giace un altro cadavere: quello di Denis Fewne, il quale nei giorni passati si era comportato in modo strano, compiendo viaggi in città con destinazioni ignote oppure eccentriche... Mentre attende l'arrivo della polizia, Travers si butta a capofitto nel complesso caso di pluriomicidio con furto, interrogando gli altri ospiti e analizzando tutti gli indizi che l'assassino (o gli assassini?) si è lasciato alle spalle: quello che intende scoprire, infatti, è se il responsabile sia qualcuno dei suoi compagni di prigionia. Sarà così? Lo scoprirà soltanto dopo numerose elucubrazioni e più di un dubbio.

Piantina del primo piano di Little Levington Hall
I fatti qui riassunti probabilmente non riescono a ritrarre appieno il potenziale che si nasconde in "Omicidio a Capodanno", ma fatemi dire subito che Christopher Bush, assieme a Clifford Witting e ad A.G. Macdonell, è stato la mia scoperta di questo sciagurato 2020. O meglio, riscoperta visto che avevo già letto questo romanzo e "Una Buona Tazza di Tè". Perché, nonostante questi titoli siano indubbiamente caratterizzati a un certo pragmatismo a discapito della tanto celebrata psicologia (molto spesso a ragione), non sono stati affatto male. E penso che, dei tre sopra citati, il mystery di Bush sia stato il migliore sotto diversi aspetti. Non capisco le aspre e innumerevoli critiche che sono state rivolte alla sua opera nel corso degli anni. O meglio, fino a un certo punto è comprensibile che qualcuno sia rimasto deluso dal suo modo di scrivere: ci sono alcuni punti della trama e della struttura narrativa che potrebbero essere migliorati, per raggiungere uno stato di capolavoro come alcuni romanzi gialli di autori più celebrati e conosciuti, questo non lo metto in dubbio. Ad esempio, prendendo proprio "Omicidio a Capodanno", avrei da ridire riguardo il modo in cui il finale è stato delineato. Badate bene, il modo in cui l'autore ce lo ha presentato, e non il finale stesso; questo, infatti, è stato sufficientemente sorprendente per essere contenuto in un libro del mistero degli anni '30. Inoltre, c'è qualcosa che non funziona del tutto nel modo in cui Bush ha deciso di impostare l'indagine, puntando moltissimo sul lato materialistico del caso e dando meno risalto alla psicologia. Forse è questa la cosa che ha più irritato i lettori: le riflessioni sui caratteri e sui contrasti scatenati dalle emozioni non sono cambiate nel corso dei decenni e sono rimaste immutate, mentre l'indagine pragmatica, per alcuni, ormai appare fin troppo antica per poter essere presa sul serio. Detto questo, tuttavia, non ho percepito chissà quali disastri. Ritengo si tratti, in fondo, di una questione di gusti che si adattano a un certo tipo di lettori, piuttosto che a un altro. Questa sorte, infatti, è toccata ad altri colleghi dell'autore, i cosiddetti scrittori humdrum del quale già in passato vi avevo parlato. Essi hanno avuto un approccio alla letteratura del mistero che non si è focalizzato sull'analisi della psicologia e della sfera immateriale degli indizi, come ad esempio hanno fatto Christie, Sayers e Berkeley; ma su un metodo d'indagine che dà il suo meglio quando viene messo alla prova attraverso analisi chimiche, rilevamenti sulla scena del delitto e raccolta di prove materiali che possano convincere una giuria della colpevolezza dell'accusato. Christopher Bush, alla pari di John Rhode, Freeman Wills Crofts e Henry Wade, non si è impegnato a tessere trame in cui vengono sondate le passioni ed esternate quelle famose correnti sotterranee che tanto animano di solito un libro del mistero; ma al contrario è come tornato alla scuola di Sherlock Holmes e l'ha interpretata in una chiave che si adattasse al tempo in cui scrisse. E per questo, a mio parere, è stato (ed è tuttora) molto meno considerato di coloro i quali hanno dedicato le proprie energie a dare vita a gialli psicologici.

Piantina del giardino di Little Levington Hall
Diciamo che, rispetto a questi ultimi, i mysteries degli humdrum hanno uno sviluppo meno allettante per un tipico lettore dei nostri giorni, abituato al thriller contemporaneo dove ogni cosa viene ormai spiegata attraverso complicati discorsi sulla mente del criminale e sugli impulsi selvaggi che la governano. Appare quanto meno barbosa l'idea di dover impiegare energie mentali per risolvere enigmi simili a cruciverba. Si è persa la voglia di seguire i ragionamenti "razionali" degli investigatori e della polizia, cioè basati su un percorso che possa essere seguito da chiunque lo desideri, già in libri celebri come quelli di Christie; figurarsi in titoli di autori meno conosciuti! Quindi, come dicevo sopra, comprendo il presupposto da cui parte chi critica questi autori. Però ciò non vuol dire che la loro opera sia da buttare perché scarsa e noiosa. Anzi, spesso a mio parere si può rivelare come la cosa più capace di intrattenere del mondo. Quando uno voleva distrarsi da qualche pensiero desolante, leggere uno di questi gialli era la cosa giusta da fare, dal momento che ti "costringeva" ad applicare le cellule grigie per battere sul tempo l'investigatore di turno e scacciava il focus dalle cose tristi. Inoltre, non è affatto semplice dare vita a questo tipo di mystery, poiché non si può fare affidamento su teorie campate su studi psicologici che, a seconda del bisogno, si possono adattare: qua contano nientemeno che i Fatti nudi e crudi, senza via di scampo. Per cui, io personalmente tendo sempre a trattare con un certo riguardo questo genere di libri. E lo stesso dovette decidere di fare Dorothy L. Sayers, la quale affermò proprio riguardo l'opera di Bush: "[essa è] sempre fatta a regola d'arte e piacevole da leggere". Cosa che può essere pure una critica, dal momento che implica una costruzione fin troppo rigida, ma tutto sommato più un complimento. Anche PuzzleDoctor, nel suo blog, ha considerato Bush come "uno scrittore che sta a metà strada tra John Dickson Carr e Freeman Wills Crofts", consigliando la lettura dei suoi libri e questo "Omicidio a Capodanno". Condivido questo giudizio, dal momento che il libro: presenta una suddivisione specifica in Introduzione, Problema e Soluzione; ha un impianto dove si intersecano numerosi fili rossi e false piste; presenta una serie lunghissima di indizi materiali e prove da rilevare; mette in scena più di un delitto impossibile, spaziando dal classico omicidio nella camera isolata (basti pensare a quanto la morte di Denis Fewne assomigli a quella di Fergus O'Brien in "Quando l'Amore Uccide" di Nicholas Blake e a quella di Marzia Tait in "Assassinio nell'Abbazia" di Carter Dickson) a quello commesso al buio, quando tutti i sospettati sembrano avere un alibi inattaccabile. Lo stesso soffermarsi sulla faccenda dell'alibi perfetto implica una certa pragmaticità nel metodo di creazione delle trame di Bush: non contano tanto i risvolti caratteriali e gli istinti puri, quanto la pianificazione dettagliata di un piano criminoso. Inoltre, ci sono un sacco di altri elementi legati all'ambientazione, allo stile, ai personaggi e all'atmosfera generale che si respira durante la lettura di "Omicidio a Capodanno" che hanno forti legami con questa sentita tradizione del "giallo ad enigma" più pragmatico e materialista. E nonostante questo, tuttavia, è presente una vena di terrore tanto sottile quanto persistente, la quale attraversa la storia nel suo complesso e avvicina i fatti accaduti a quelli che potrebbe narrare il Maestro del Delitto della Camera Chiusa: il senso di claustrofobia generato dall'impossibilità di mettersi in contatto col mondo esterno, l'essere in balìa di un assassino che potrebbe colpire in qualsiasi momento, il ritrovamento di cadaveri immortalati in pose orrende e spaventose o in situazioni tragicomiche che fanno venire la pelle d'oca: tutto ciò fa una certa impressione in chi legge, generando tensione e catturando l'attenzione. Insomma, per quanto mi riguarda "Omicidio a Capodanno" è una perfetta commistione di due modi di scrivere assolutamente agli antipodi, come quello tecnico di Crofts e quello evocativo di Carr, quello tradizionale e quello moderno.

Charlie Christmas Bush, alias
Christopher Bush, nato nel 1885
e morto nel 1973
E pensare che, come dicevo, Charlie Christmas Bush (questo è il vero nome dell'autore) non viene quasi mai menzionato tra gli autori più in vista della Golden Age. Nato in East Anglia nel giorno di Natale del 1885 (questo spiega il motivo del suo particolare secondo nome), egli crebbe in una famiglia di quaccheri che si era stabilita nel Norfolk 400 anni prima e che, tra l'altro, lo aveva adottato dal momento che lui era un illegittimo. Provetto bracconiere come il padre adottivo, il quale gli aveva insegnato a sfruttare tutte le possibilità a disposizione per poter sfamare la propria famiglia, ben presto riuscì a dimostrarsi tanto bravo a scuola da ottenere una borsa di studio, la quale gli permise di diventare insegnante. Prima di allora, tuttavia, non appena aveva preso il diploma, Bush si era sposato. Prima e dopo la guerra, dove ottenne il rango di maggiore, l'autore insegnò come maestro di scuola, ma intrattenne pure una relazione con una sua collega di nome Winifred Chart, la quale ben presto, nel 1920, gli confessò di aspettare un figlio suo. Tuttavia, Bush non volle mai avere nulla a che fare col bambino; e neppure dopo la morte della donna egli volle mai riconoscere come suo il giovane Geoffrey, il quale divenne un noto musicista e un appassionato di romanzo giallo (al punto da scrivere una parodia su Lord Peter Wimsey e partecipare a una storia di Edmund Crispin, altro faro del mystery britannico della Golden Age). Più che alla scuola, in ogni caso, Bush sentiva che il suo destino era legato alla scrittura; così si gettò in questa impresa e, nel 1926, diede alle stampe il suo primo romanzo giallo, "The Plumley Inheritance". Fu però con la sua seconda opera, secondo alcuni la più riuscita, che l'autore riuscì a occupare un posto di primo piano all'interno del genere: "The Perfect Murder Case" si rifà infatti al sottogenere del serial killing e alla vicenda di Jack lo Squartatore, dal momento che la sua trama ruota attorno all'invio di alcune lettere minatorie alla polizia, nelle quali un misterioso Marius minaccia di compiere numerosi delitti se le forze dell'ordine non riusciranno ad impedirglielo. Ad indagare, in questo giallo dedito al fair play, sono alcuni poliziotti affiancati da un investigatore assicurativo di nome Franklin (lo stesso comparso in "Omicidio a Capodanno") e da un giovanotto che si occupa di investimenti, chiamato Ludovic Travers.

Costui è un personaggio che collabora con Scotland Yard, timido, metodico, riservato e diffidente; forse poco caratterizzato, se non per un paio di occhiali cerchiati di corno e definiti "mostruosi". Però bisogna ammettere che riesce a catturare l'attenzione grazie al suo lucido raziocinio, che gli permette di scovare le falle negli alibi dei sospettati in cui si imbatte. Proprio su questo fulcro si snodano le trame dei numerosissimi (più di 60) romanzi del mistero di Bush, i quali sono stati spesso chiamati seguendo la formula del "The Case of the..." e risentono dei trascorsi del loro autore: tra gli altri temi, essi trattano del servizio militare durante la prima e la seconda guerra mondiale, e della sua esperienza come insegnante. I migliori, comunque, sono quelli scritti negli anni '30, come "Cut Throat" del 1932, "The Case of the 100% Alibi" del 1934, "Una Buona Tazza di Tè" del 1934, oltre a questo "Omicidio a Capodanno". L'ultimo, invece, uscì nel 1968, quarantadue anni dopo il suo esordio e cinque prima della sua morte, avvenuta nel 1973. Sul libro recensito in questa sede, oltre a quello di cui vi ho già parlato, si può aggiungere qualche altra informazione, per farvi capire come non sia da lasciarsi scappare. Ad esempio, il tratteggio dell'ambientazione risalta per chiarezza e accuratezza, dal momento che Bush si impegna a descrivere i luoghi e gli scenari così da permettere al lettore di farsi un'idea precisa; inoltre, come ulteriore aiuto, a chi legge vengono fornite addirittura un paio di planimetrie per orientarsi meglio nella lettura: una del primo piano di Little Levington Hall e una del giardino, con tanto di pagoda e sentieri (pp. 33, 36, 41, 48-49, 60, 63, 69, 71, 85, 89-90, 93-95, 98, 107, 165, 182, 217). Lo stile è indubbiamente lento e solido, simile a quello impiegato da Richard Austin Freeman, ma in questo caso non troviamo tantissime digressioni a distrarci dall'indagine, e la lettura non risulta tutto sommato pesante grazie a brevi accenni "romantici", come i riferimenti alla neve che continua a cadere senza sosta, ad alcune citazioni di Travers e poco altro. Questa liricità e poesia che ammorbidisce il piglio pragmatico dell'autore, comunque, mette in luce come Bush sia stato un insegnante esperto nell'uso delle parole e probabilmente amasse molto il teatro. I personaggi, in seguito, sono credibili e ben descritti, nonostante in qualche caso Bush non sia riuscito a dare loro molta vivacità (penso ad esempio a Brenda, la quale resta una figura marginale, fin troppo idealizzata ed estranea alla vicenda, per gran parte della storia). Mi è piaciuto come lui abbia caratterizzato Celia e George Paradine, l'una simile a quelle signore dell'alta società un po' bisbetiche e quasi troppo sicure di sé, quindi molto divertenti, e l'altro come un dottore "vero", padrone di sé nel momento in cui sono necessarie le sue doti mediche ma allo stesso tempo simpatico e leale. Tommy Wildernesse è un giovanotto gradevole, così come Challis si rivela un mascalzone goffo e impacciato. Crashaw si è rivelato una piacevole sorpresa, con il suo misterioso arrivo e la sua professione di insegnante (anche qui, un probabile cenno autobiografico dell'autore, pp. 51-53, 61, 66, 85-87, 124, cap. 23). La parte del leone, tuttavia, è occupata dal terzetto Mirabel-Braishe-Denis Fewne, i quali sono più al centro della storia per motivi abbastanza ovvi (dopotutto, essendo i delitti ambientati nella sua casa, Martin si trova spesso coinvolto nel fattacci che si verificano).

Lo scarabocchio di Denis Fewne, trovato da Travers nella
pagoda di Little Levington Hall dopo l'omicidio
Oltre a loro, però, è ovviamente Travers che gioca un ruolo di primo piano nelle vicende, dal momento che è colui il quale praticamente risolve il caso. Certo, ci sono pure Wharton e Franklin (che non vengono qui ritratti come i soliti poliziotti un po' tonti e duri di comprendonio che spesso popolano la classica letteratura del mistero), ma il giovane direttore della Durangos si trova sul posto ad indagare ben prima che gli altri due suoi compagni riescano a farsi un'idea di cosa sia accaduto a Little Levington Hall. E nonostante non sia poi così originale e avvincente il suo modo di fare, ho trovato che Travers sia un individuo intrigante, che ho voglia di conoscere di più. Trovo interessante inoltre che egli agisca come consulente della polizia, allo stesso modo di Maud Silver di Patricia Wenthorth e Reggie Fortune di H.C. Bailey. Mi ha convinto il suo metodo di approccio al delitto, così poco sicuro di sé e cauto: credo che nella vita reale sia così che chiunque si sentirebbe. Come le sue continue riflessioni. In ogni caso, come dicevo, i protagonisti sono sufficientemente tratteggiati, anche se forse Bush avrebbe fatto più colpo se si fosse sforzato un po' di più (che sia per questo motivo che lui, come gli altri suoi colleghi humdrum, non sia riuscito a resistere alla prova del tempo come Sayers, Christie e co.?). "Omicidio a Capodanno" è stato interessante anche per l'ampio spettro di temi di cui ha trattato, dalla critica letteraria allo spettacolo teatrale, dagli affari alla scienza (pp. 20-22, 49, 53, 82-83, 89-91, 143-147, 163, 203-204): essi hanno riflesso i tempi in cui il libro è stato scritto, gettando luce in funzione della soluzione finale, pur infondendo un pizzico di modernità in fatto di giustizia e ironia della sorte (gli ultimi cinque capitoli del racconto mi hanno ricordato ciò che avrebbe creato Nicholas Blake in "Quando l'Amore Uccide", declinandolo alla psicologia pura). L'atmosfera generale del romanzo, con un certo senso della teatralità e della tecnica, mi ha convinto, pur non venendo meno a suscitare un certo terrore e aura di mistero; nel racconto, la parte principale è occupata dall'enigma, incentrato in un misto di razionalità e irrazionalità, di terrore e metodo, dove tuttavia non mancano le riflessioni (pp. 33-34, 36-37, 40-42, 54, 60, 63, 89-95, 102, 106-107, 127, 137-138). Proprio il mistero è il fulcro di ogni cosa: complesso, insolito nelle modalità di uccisione e nell'intreccio di personalità e prove che si sostengono le une con le altre, costituisce il motivo per cui "Omicidio a Capodanno" dovrebbe essere conosciuto e celebrato. Spesso i giallisti danno vita a enigmi talmente astrusi che, alla fine, il lettore si ritrova a chiedersi come sia stato possibile che l'investigatore sia giunto alla conclusione esatta; ecco, in questo caso Bush spazza via ogni dubbio grazie alle innumerevoli prove ed indizi che riesce a spargere tra le righe. Abbiamo una riproduzione grafica di un messaggio scarabocchiato, palloncini bucati, un manoscritto incompiuto, un pugnale, un telefono divelto, una lampada, orme, un pennino, abiti, un biglietto, un sifone, alcune banconote... Chi ne ha, più ne metta. E tutto ciò è funzionale al raggiungimento della verità. L'unico inconveniente di questa trama complessa, in cui gli ingranaggi si muovono perfettamente per permettere all'investigatore di scoprire l'assassino, dove il fair play viene largamente rispettato, le domande non vengono fatte a caso, la soluzione è tanto semplice quanto sorprendente nonostante l'assassino sia intuibile, e sarebbe stato possibile sviluppare ogni delitto in una storia a sé, è forse costituito dal finale un po' affrettato e dal fatto che l'omicida non venga svelato proprio alla fine. Ma sono disposto a perdonare questa piccola manchevolezza, di fronte a tutto il resto. Bush fa un lavoro ammirevole nel riportare l'ordine nel caos e a separare ciò che serve da ciò che invece è superfluo, e con "Omicidio a Capodanno" riesce a creare un romanzo giallo molto piacevole e coinvolgente, oltre che intelligente e tutto sommato soddisfacente. Il critico Curtis Evans lo ha definito "una sorta di tour de force" della Golden Age, e io mi sento di concordare assolutamente col suo giudizio. Gloria a Christopher Bush, e a presto per una nuova lettura di un suo mystery.

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