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venerdì 28 febbraio 2020

26 - "La Rossa Mano Destra" ("The Red Right Hand", 1945) di Joel Townsley Rogers

Copertina dell'edizione pubblicata dalla
Polillo Editore
Se ricordate, nell'introduzione alla recensione di "Presagio di Morte" di Patrick Quentin, mi ero soffermato sul fatto che la classica crime story, soprattutto di stampo britannico, viene da sempre considerata come qualcosa di prevedibile e confortevole al limite del nauseante, mescolato a un'altezzosità che rasenta lo snobismo. Tra le altre cose, le è stato imputato di mostrarsi distante dalla realtà odierna, di narrare vicende noiose e soporifere e di sfruttare stereotipi stantii, con toni pedanti al limite della pignoleria e attraverso temi insulsi; soprattutto in Italia, forse a causa dalla grande popolarità che, all'interno del genere, ha indirettamente ottenuto Agatha Christie rispetto al resto dei suoi colleghi: i suoi romanzi, infatti, spesso si concentrano sullo sfruttamento di luoghi comuni (benché declinati in modo innovativo ed originale) e risultano ambientati in classici scenari come villaggi di campagna e case signorili, in cui vivono famiglie perlomeno agiate, con il conseguente risultato che il lettore occasionale si fa l'idea che tutta la letteratura di questo tipo ruoti attorno a tali elementi. Eppure, una simile considerazione della crime story della Golden Age non può essere accettata dal lettore appassionato e consapevole: anzi, benché fino a poco tempo fa anche fuori dal nostro Paese il "giallo" venisse considerato come qualcosa di estremamente convenzionale (in Inghilterra, ad esempio, erano soprattutto le Crime Queens Dorothy L. Sayers, Margery Allingham, Ngaio Marsh e Agatha Christie a dominare la scena editoriale, grazie ai loro libri all'apparenza espressione del mystery più tradizionale, prima delle riscoperta di altre opere più ciniche, destabilizzanti e sconcertanti come quelle di Anthony Berkeley), chiunque abbia letto numerosi romanzi gialli può confermare che niente potrebbe essere più distante dalla realtà.

Il più delle volte, infatti, se si presta la dovuta attenzione, ci si rende conto che il mystery viene declinato secondo criteri inattesi, che si concentrano su aspetti cinici e poco confortevoli della vita quotidiana ma ancora attuali ai nostri giorni, introducendo elementi di rottura con le aspettative di chi legge e trattando argomenti "scomodi" e spiacevoli, i quali vanno al di là delle impressioni superficiali che ci si può fare in un primo momento. Addirittura, alcuni autori sono riusciti a dare vita a romanzi del mistero insoliti e curiosi, spesso ignorati dal largo bacino dei lettori perché troppo in anticipo sui tempi ma, senza dubbio, di grande impatto; libri "leggendari, perduti, riemersi poco a poco dalle sabbie del tempo", come recita una definizione che ho letto qualche anno fa, scritti nella prima metà del Novecento ma da considerare come indispensabili nel dare vita al thriller moderno. Abbiamo già citato Anthony Berkeley, il quale ha creato alcune delle opere più innovative di questo genere come "Il Caso dei Cioccolatini Avvelenati"o, sotto lo pseudonimo di Francis Iles, "L'Omicidio è un Affare Serio"; oppure Patrick Quentin e il suo "Presagio di Morte": entrambi sono tipici esempi di come storie ambientate in tipici villaggi di campagna o secondo criteri consueti, in realtà presentino caratteri che provocano disagio e turbamento molto forti. Potremmo aggiungere anche i libri di Norman Berrow, ormai introvabili pure in lingua originale; quelli di alcuni autori francesi, pubblicati una sola volta negli anni '30; quelli di alcuni autori giapponesi, i "nuovi maestri" del genere; tutte opere speciali, nate da intuizioni al limite dell'impossibile e del paranormale e talmente originali da aver creato una sorta di mito. A questa ristretta cerchia, a mio modesto parere, appartiene pure "La Rossa Mano Destra" (Polillo Editore, 2005), il secondo romanzo scritto da Joel Townsley Rogers e che verrà ripubblicato dalla Penzler Publishing nel corso dell'anno. Si tratta di un vero e proprio tour de force, uno dei quei pochi romanzi (americani e non) che a ragione possono essere definiti perfetti, in cui il giallo classico si mescola al romanzo psicologico americano per creare un ibrido che cattura l'attenzione, grazie a una scrittura fortemente ipnotica e a un impeccabile enigma di tipo tradizionale; venato tuttavia da un'atmosfera psicologica oscura e inquietante, in cui l'orrore va di pari passo con l'inspiegabile.

"Dove Cottage, Grasmere" di Norman Wilkinson
(1878-1971), simile alla vista sullo studio di Adam
MacComerou
Siamo in America, sulle colline a nord del Connecticut, a un centinaio di miglia da New York. L'ambientazione è quella di una casa di montagna, modesta e immersa nella notte più profonda, all'interno della quale un giovane medico chirurgo, il dottor Riddle, sta provando a schiarirsi le idee riguardo alcuni strani fatti di cui è stato testimone o, per meglio dire, non è stato testimone. Infatti, come spiega fin dalle prime righe, l'auto con a bordo un piccolo demonio dagli occhi di fuoco e un passeggero dall'aria moribonda deve essergli passata accanto, mentre si trovava fermo lungo l'isolata Swamp Road, con l'auto in panne. Eppure il dottore, un uomo con i piedi ben piantati a terra, non ha visto niente del genere. Com'è possibile? Mentre malediceva la propria disponibilità a riportare un'automobile noleggiata in città e armeggiava con il motore ingolfato, egli aveva assistito al passaggio di un uomo a piedi, un individuo che gli aveva ricordato quegli spiriti indiani tanto famosi nell'immaginario della gente in America, e lo aveva visto svoltare a un bivio in direzione di un vicolo cieco; questo è sicuro. Ma di automobili lanciate a folle velocità non se ne parla. Tuttavia, è difficile (per non dire impossibile) che quasi dieci persone stiano mentendo oppure siano state vittime di un fenomeno di allucinazione collettiva, tra le quali si contano lo stimato professore di psicologia criminale Adam MacComerou, una ragazza spaventata ed emersa dai boschi di nome Elinor, una famiglia riunita attorno a un cane morente, il surrealista mezzo matto Grigori Unistaire e il direttore dell'ufficio postale della vicina cittadina Quelch. Tutti costoro hanno visto distintamente il corpo forse già privo di vita dell'inerme e mite S. Inis St. Erme sporgersi dal finestrino, e subìto la furia della corsa spericolata della macchina guidata dal piccolo "Doc" Cavaturaccioli, l'omino con le gambe corte e storte, lo sguardo omicida, il cappello a falda dentellata e il linguaggio forbito ma osceno; insomma, non c'è alcun alcun dubbio sul fatto che l'automobile dai sedili di pelle rossa e la carrozzeria chiara sia reale.

Ma il dottor Riddle, il nostro Doc, è consapevole che da qualche parte, all'interno dei fatti accaduti quella stessa notte, la quale non è ancora terminata e sembra ritardare a congedarsi, ci sia la risposta alla contraddizione che lo tormenta, qualcosa che non quadra nella ricostruzione della polizia e dei testimoni coinvolti. In questo modo, mentre la polizia batte i dintorni della casa in cui si trova e i luoghi dei delitti che hanno costellato le ultime ore, decide di trascrivere tutto quanto è successo dal momento in cui Inis St. Erme, assieme alla sua promessa sposa Elinor, ha deciso di sposarsi e di fuggire insieme a lei. Il nostro narratore, intervallando il proprio resoconto con osservazioni personali e la trascrizione di tutti gli elementi e indizi del caso, riassume il loro viaggio, come abbiano incontrato il dotto Cavaturaccioli, come siano stati aggrediti e come egli stesso sia entrato nelle terribili vicende che intende riassumere; in che modo si sia dovuto fermare alla casa del professor MacComerou e come, insieme a lui, abbia scoperto il primo di una lunga serie di cadaveri, l'ultimo dei quali addirittura senza la mano destra. Un dettaglio che lo tormenta, questo, assieme al fatto che il corpo sia stato sfigurato con i suoi attrezzi da chirurgo. Mentre siede nello studio di MacComerou a sondare i propri pensieri, raccontando i fatti nel pieno di un flusso di coscienza all'apparenza inarrestabile, Riddle si domanda come abbia fatto il misterioso assassino ad eludere i tentativi messi in atto per catturarlo: quest'ultimo appare sempre più come un misterioso fantasma, un'entità che si manifesta a tratti, che appare e scompare proprio come in un incubo. Deve essere reale, per aver investito il povero John Flail, il giardiniere di MacComerou che si stava dirigendo a casa per accogliere il fratello. Eppure, pian piano, rivangando tutti i dettagli più piccoli delle vicende di cui è stato protagonista suo malgrado e sistemandoli in modo giusto, ecco che il dottore inizia a intravedere la verità; una verità che è sempre stata sotto agli occhi di tutti, non solo i suoi, che nessuno si sarebbe aspettato ma che mette d'accordo tutti gli elementi del caso. Compreso l'impossibile passaggio di un auto a tutta velocità proprio lungo il bivio in cui Doc Riddle si era fermato, in quella Swamp Road che sembra appartenere sempre più a un sogno ad occhi aperti.

Copertina dell'edizione in uscita per i
tipi di Penzler Publishing
Spero che la trama, tratteggiata in questo modo, vi abbia suscitato ben più di una semplice curiosità (io ho fatto del mio meglio!). Comunque, se ancora non lo aveste capito, sarò più chiaro: questo giallo straordinario merita tutta la vostra attenzione. All'interno della mia classifica personale di gradimento, ben pochi mysteries possono vantare un posto al di sopra di questo; e probabilmente in fatto di sorpresa, terrore mescolato a mistero, scrittura ipnotica e sensazioni generate dalla soluzione dell'enigma, "La Rossa Mano Destra" occupa in assoluto lo scalino più alto. Eppure, è doveroso un avvertimento: come quasi tutte le più grandi crime novels, del tipo di "Il Segreto delle Campane" di Dorothy L. Sayers, questo libro può risultare talmente "solido" da sfiorare la pesantezza, in quanto a scrittura e a vicende narrate; è inutile nasconderlo. Si tratta, in qualche modo, della diretta antitesi della narrazione "alla Agatha Christie", agile e fulminea, e sfido chiunque ad iniziarlo (nonostante l'incipit elettrizzante) e a sentirsi fin da subito disposto ad arrivare alla fine del lungo, lunghissimo flusso di coscienza che caratterizza la storia, visto che non esistono capitoli veri e propri, e a voler districarsi nei continui flashback e nella miriade di dettagli che il buon (?) dottor Riddle si appresta ad enunciare a voi lettori. Però (e questa è la caratteristica che è riuscita a trasformare opere prolisse come il romanzo di Sayers sopra citato e lo stesso "La Rossa Mano Destra" in racconti godibilissimi) ben presto accade qualcosa che non ci saremmo aspettati: ci rendiamo conto di non riuscire più ad allontanare lo sguardo dalla pagina, perché il caso ci ha completamente rapito, come se fossimo stati ipnotizzati dalle parole dell'autore. Sulle copertine del Giallo Mondadori, un tempo, si era soliti ripetere a mo' di mantra: "Questo giallo non vi farà dormire!" oppure "La soluzione vi farà impazzire!". Ecco, possiamo prendere in prestito questo slogan e applicarlo anche al romanzo di Rogers, capace di attaccare il lettore alla sedia, tanto esso assomiglia a uno di quei suggestivi radiodrammi che un tempo venivano trasmessi dalle radio, che la gente irretita ascoltava mentre era seduta in poltrona o accanto alla stufa a preparare da mangiare, lasciandosi cullare dalle parole e trasportare in un mondo parallelo.

In ogni caso, non dovete pensare che sia tutto qui e che questo sia soltanto un racconto del terrore o una semplice storia adatta a distrarvi e a tenervi compagnia durante gli sconfortanti tempi che corrono. Quella che ci viene dipinta, infatti, è una vicenda ben più complessa, una sorta di incubo ad occhi aperti calato nella realtà allucinata di tutti i giorni, dove le apparenze contano fino a un certo punto e si deve scavare a fondo nella trama e nei suoi aspetti più reconditi per riuscire a comprendere la sua grandezza. A ragione, "La Rossa Mano Destra" è stato definito un'opera superba, un racconto che confonde, oscuro, terrificante e sempre pronto a stupire con un colpo di scena, calato in un miscuglio di generi che non si limita a comprendere il romanzo hard-boiled americano della prima metà del Novecento e il giallo tradizionale alla maniera inglese. Esso tocca una quantità incredibile di temi diversi, trattandoli con uno stile impressionante e sconcertante che, attraverso la voce narrante del nostro Doc, sembra portare in vita gli eventi che si verificano e mantenerli pregni di suspense e avvincenti fino alla fine. La desolazione e un certo cinismo, mischiati a uno strano tono sognante, pervadono qualunque riga del libro, conferendo un risvolto poetico ai terribili e sconvolgenti accadimenti della lunga notte estiva in cui l'opera è ambientata, e dando vita a un romanzo giallo indimenticabile, eccentrico, che combina qualcosa di complesso e meraviglioso allo stesso tempo, simile a "una cavalcata da brivido che farà impallidire i thriller moderni". E proprio al thriller moderno è stato accostato "La Rossa Mano Destra", poiché ne è stato antesignano e precursore forse ancora più dell'opera di Berkeley/Iles: è stato capace di giocare con le regole del mystery della Golden Age, benché si sia addentrato in un territorio allora inesplorato che metteva insieme caratteristiche all'apparenza inconciliabili, mettendo così d'accordo sia i cultori del giallo classico e quelli del romanzo più violento.

Se prestiamo attenzione ai tantissimi dettagli, importanti o meno a prima vista, con cui è stato impreziosito questo libro, possiamo osservare che nulla è stato lasciato al caso: come se ci trovassimo avvolti da una nebbia penetrabile solo a tratti, immersi in un sogno dai contorni brutalmente reali e caotico, man mano che procediamo nella lettura diventiamo consapevoli che ogni cosa viene riflessa come se fossimo davanti a uno specchio, parola d'ordine per riuscire a trovare il bandolo della matassa in cui il dottor Riddle si trova invischiato. Sebbene sia impossibile cogliere tutte le sfumature della vicenda (in parte a causa della confusa e continua ricerca del protagonista e narratori di trovare un senso al caos di fronte al quale si ritrova), vorrei soffermarmi sul fatto che davvero niente è come appare; a partire dall'ambientazione (pp. 34-35, 66-69, 83-84, 87-90, 105-107, 120-124, 199-202) ambigua e lussureggiante, tratteggiata in lunghe descrizioni e tangibile, benché onirica e goticheggiante, la quale descrive la vita di campagna e in particolare i boschi (come non pensare al celebre ritornello "Chi ha ucciso Laura Palmer?") con un tratto sinistro ma vivace, seducente eppure brutale ed inattaccabile, che impedisce di essere sicuri di sapere quando quanto ci viene presentato sia reale oppure fittizio, in una spirale che mescola indizi veri e altri offuscati. Come in un incubo, inoltre, veniamo guidati nel procedere della trama da una prosa poetica che stride, ostica ma suggestiva, con una propria logica peculiare e fatta di numerosissime coincidenze, la quale ci incanta ed inebria ma allo stesso tempo vorremmo respingere per istinto, lungo un percorso di "pseudo-flusso di coscienza" senza divisione in capitoli (solo paragrafi), simile a un fiume in piena, che sembra seguire quello della nostra mente quando sogniamo: infatti, dopo averci spiazzato nelle prime pagine (1-16), le quali ci introducono nello Stadio 1 del nostro originale sonno, e aver presentato al lettore la situazione e il Grande Dilemma ("Che fine ha fatto la Mano Destra di S. Inis St. Erme?"), nelle pp. 17-101 ripercorriamo lo speranzoso viaggio dei due promessi sposi fino al suo tragico finale (Stadio 2) in base al loro punto di vista; in seguito, passiamo ad osservare la storia seguendo la persona del dottor Riddle (pp. 101-165, Stadio 3), dal momento in cui si allontana dalla casa del suo ultimo paziente fino a quello in cui incontra Elinor che fugge dal bosco e dal Mostro; per raggiungere lo Stadio 4 costituito dall'unione dei punti di vista (pp. 165-205) e dal momento di riflessione finale, ed infine la conclusione (pp. 206-257) con la scoperta e lo scontro col colpevole, culminante in una constatazione che ha il sapore amaro del risveglio. Il tutto farcito di digressioni sugli argomenti più disparati (pp. 28-30, 52-72, 75-77, 80-85, 101-105, 108-115, 142-145, 188-195), dalle assicurazioni sulla vita alle abitudini bancarie degli americani della metà del Novecento, dall'arte surrealista al lavoro di un ufficio postale di provincia, fino a giungere al tema più importante di tutti: la psicologia, declinata secondo ogni sfaccettatura e applicata alla mente umana, in forma di pazzia e di istinto di sopravvivenza, di inganno e di ossessione (pp. 20-21, 78-79, 94-99, 124-127, 147-148, 160-161, 206-212, 215-216).

A questo proposito, va segnalato che ogni personaggio di "La Rossa Mano Destra" soffre di qualche complesso: il dottor Riddle è un cinico disilluso, Inis un eterno bambinone, Elinor un'insicura, MacComerou un pessimista, Dexter un uomo fin troppo sognatore e incapace di adattarsi alla vita, Unistaire un paranoico esaltato, Quelch un perfezionista ossessivo-compulsivo, Cavaturaccioli uno sconfitto che tenta di dare un senso alla propria esistenza e Rosenblatt un poliziotto di provincia che si è trovato a fronteggiare una sfida inedita secondo gli schemi che ha assimilato. Tutti loro, dotati di nomi tanto pittoreschi quanto le loro personalità (pp. 22-23, 37-39, 40-44, 46-49, 73-74, 77-78, 81-82, 85-87, 96-97, 107-108, 131-135, 168-169, 175-176, 178-179, 188-195), agiscono nel caos creatosi all'interno della storia, tentando di tenere in piedi quanto li riguarda, e finiscono per assistere al crollo delle aspettative, circondati dal terrore e l'inquietudine che trasudano dalle pagine e dalle coincidenze che li vedono protagonisti loro malgrado. In mezzo ad animali uccisi barbaramente, continui riferimenti al sangue e ad altre cose raccapriccianti che includono la medicina (altro tema di riferimento), assistiamo a un fenomeno unico all'interno del genere giallo, in cui tutto sembra tornare e le coincidenze iniziano a diventare qualcosa di più. Non voglio anticipare troppo, ma vi consiglio di prestare attenzione alle somme di denaro che vengono menzionate nel corso della vicenda, ai nomi di persone e luoghi che appaiono a più riprese, ai personaggi stessi che si dimostrano legati l'uno all'altro più di quanto si pensi a prima vista, ai delitti e alla psicologia che si cela dietro ad essi e agli oggetti ricorrenti. Forse l'autore sta tentando di rendere a parole la complessità della società oppure di dirci qualcosa? Chissà. Di sicuro, in mezzo a tutti questi elementi, si trovano false piste e gli indizi necessari a scoprire cosa sia accaduto a S. Inis St. Erme e come un auto sia diventata invisibile per qualche ora; per cui, lettori, in guardia! Tocca a voi districare la matassa e individuare dove appare chiaramente la soluzione dell'indagine; dopotutto, Riddle non ha mai visto né l'assassinato, né l'assassino, né l'automobile incriminata (altro risvolto inedito della storia), se dobbiamo dargli fiducia e credere alle sue stesse parole. Sin dalla prima riga, l'autore non vi concederà pace e vi condurrà passo dopo passo sulla sottile linea dell'ambiguità e dell'imprevedibilità, agghiacciandovi e gettandovi a più riprese fumo negli occhi, in una frenetica ricerca della verità in cui i padroni della scena sono sempre il Terrore e la Morte; ricerca che vi lascerà come ipnotizzati, grazie a un linguaggio stilisticamente spezzato e surreale, la ripetizione ossessiva di motivi ricorrenti e un ritmo inarrestabile.

Joel Townsley Rogers, nato nel 1896 e morto
nel 1984
Fa sensazione pensare che "La Rossa Mano Destra", osannato a destra e a manca, non abbia permesso al suo autore di diventare famoso mentre egli era in vita. Joel Townsley Rogers, infatti, non riuscì mai a godere del successo e ad ottenere un riconoscimento per la sua opera totale grazie ad esso. Nato nel 1896 a Sedalia, nel Missouri, manifestò fin dall'adolescenza uno spiccato interesse per la scrittura ed ebbe l'opportunità di assecondare questa passione mentre frequentava l'università di Harvard. Laggiù, prima di partire come aviatore per combattere nella Prima Guerra Mondiale, si cimentò nella stesura di poesie (questo forse spiega il lessico vario e particolare che utilizzò per "La Rossa Mano Destra"), editoriali e racconti di vario genere per i giornali universitari. Appena congedato, nel 1919 iniziò a scrivere per alcuni periodici e per tre anni diresse una rivista specializzata sui libri, ma in seguito al duraturo matrimonio con Winnie Whitehouse abbandonò l'impiego e iniziò a scrivere una quantità enorme di storie sul volo e sugli aviatori con lo pseudonimo di Roger Curly, forte della propria esperienza bellica. Nel 1922, in cambio della direzione della rivista Brentano, aveva ottenuto di poter dare alle stampe il suo primo romanzo, "Once in a Red Moon", una storia tra il pulp e il romantico; ma il campo che più gli si addiceva restava quello del racconto breve. All'interno di questo genere raccontò di tutto, dalla fantascienza all'avventura e al poliziesco; e fu proprio grazie a una storia mystery che venne notato da Lee Wright, editor della Simon & Schuster. Quest'ultima, in una lettera, gli confidò di essersi innamorata di quel particolare embrione di "La Rossa Mano Destra" e di volerlo pubblicare ampliato nella sua collana. Nel 1945, quindi, esso venne dato alle stampe e ottenne un grande successo, diventando inoltre oggetto di numerosi studi critici. Eppure, la fortuna non arrise per molto a Rogers, il quale tentò di continuare su quella strada scrivendo altri due romanzi, "Lady with the Dice" del 1946 e "The Stopped Clock" del 1958, ma ottenendo in cambio un rifiuto per il primo (che fu poi pubblicato da un altro editore) e per il secondo recensioni molto negative; con la sola accezione di quella che confezionò Anthony Boucher, grande autore di giallo classico e massimo studioso e critico del mystery tradizionale.

Nonostante il giudizio di quest'ultimo, quindi, Rogers decise di tornare alla scrittura di racconti e proseguì in questa strada fino al 1984, quando morì a Washington D.C., completamente al verde. Incredibile, se si pensa quanto sia stato unico e grande il suo contributo al giallo, non è vero? Eppure, in epoca moderna, in pochi si ricordano di lui, a parte gli stretti appassionati del genere giallo e alcuni dei suoi più grandi autori, come Donald E. Westlake ed Ed Gorman. Tuttavia, ciò non deve scoraggiare: a mio parere, ci sarà sempre qualcuno che spenderà volentieri qualche parola di lode nei confronti suoi e del suo "La Rossa Mano Destra": un testo straordinario, con un enigma fatto di mille giravolte e di altrettanti colpi di scena, capace di strabiliare ancora dopo tanti anni grazie all'aura di mistero che lo circonda (pp. 7-8, 15-16, 36-37, 72-73, 99-101, 134-139, 150-152, 155-158, 165-167, 186-188, 217-218, 225-226). Rogers riuscì a mettere insieme talmente tante cose che sorprende pensarle tutte assieme: la detective story di matrice classica, poiché presenta un apparato indiziario di prim'ordine, logico e assolutamente ineccepibile benché tortuoso al limite del magistrale; il thriller psicologico di stampo americano, con l'atmosfera di terrore che aleggia simile a una nebbia mefitica (pp. 25-26, 31-35, 68-70, 94-99, 152-154, 158-160, 162-167, 171-174, 181-186, 201-205, 207-213); il romanzo hard-boiled, perché caratterizzato dalla violenza, dal ritmo e da una brutalità senza pari; il noir, grazie al suo essere torbido e sfuggente come un'anguilla; il giallo di suspense, poiché gioca con la tensione e tiene i nervi del lettore sotto una spietata raffica di colpi martellanti. Un gioco di luci e ombre in cui niente è lasciato al caso, dove abbassare l'attenzione significa perdere un tassello importante per giungere alla verità, dove la febbre sale sempre più, tra mutilazioni e fughe nella notte, e tutto torna senza sbavature. Un viaggio nella pazzia e nella notte della mente, che avrebbe potuto benissimo implodere in se stesso a causa della quantità di elementi  bizzarri che lo costituiscono, ma che risorge come l'araba fenice e trionfa nel riuscire a consegnare una soluzione soddisfacente da punto di vista razionale. L'unica cosa che si poteva aggiungere? Una piantina per avere del tutto chiara la faccenda. Eppure anche così ci troviamo di fronte a un vero Capolavoro, a quello che il critico Roland Lacourbe definì come “un roman d’un brio éblouissant e l’un des deux ou trois grand chefs-d’oeuvre incontestables et incontestés de toute la littérature policièr”, a un testo di culto che chiunque appassionato di crime novels dovrebbe affrettarsi a procurarsi. Nella prefazione all'edizione in lingua originale del 1997, Edward D. Hoch commentò a proposito di questo romanzo: "Se questa è la prima volta che lo leggete, è un'esperienza che sinceramente vi invidio"; voi cosa state aspettando?

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