Translate

Visualizzazione post con etichetta Ipotesi per un Delitto. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Ipotesi per un Delitto. Mostra tutti i post

venerdì 1 gennaio 2021

57 - "Omicidio a Capodanno" ("Dancing Death", 1931) di Christopher Bush

Copertina dell'edizione pubblicata dalla
Polillo Editore
Se oggi, primo giorno del 2021, guardo indietro all'anno appena finito, posso dire di essere tutto sommato soddisfatto di ciò che mi è stato riservato. Il ché non è certo qualcosa di scontato, visto quante cose poco piacevoli sono successe a tutti noi! Infatti, una pandemia mondiale sottintende come la situazione sia stata prevalentemente frustrante e dolorosa, con tutte le sofferenze che abbiamo patito e le negazioni a cui ci siano dovuti sottoporre e attenere. In tanti abbiamo dovuto convivere con l'idea che alcune persone che ci stavano a cuore non ci sono più, che ci saremmo meritati di trascorrere le giornate a organizzare cose che poi non siamo riusciti a fare, e che in sintesi abbiamo buttato un anno intero della nostra vita. Io stesso, ho vissuto parte del 2020 con l'angoscia nel cuore e con una grossa tristezza. Però mi ritengo fortunato ad essere ancora qua e ad aver raggiunto alcuni obiettivi che mi prefiggevo da tempo. Ho fatto nuove amicizie attraverso il web, cosa che non avrei ritenuto possibile fino ai primi mesi dell'anno: infatti, la mia timidezza cronica e il mio costante senso di essere di troppo mi hanno sempre limitato molto in questo senso. Eppure, ci sono riuscito. Inoltre, cosa non da meno, sono riuscito a dare una certa impronta a Three-a-Penny, scrivendo con costanza e facendo del mio meglio per presentare recensioni e quant'altro abbia a che fare con la classica crime story. Insomma, come dicevo, sono soddisfatto di come sono andate le cose. Adesso, ovviamente, la sfida è riuscire a tenere il ritmo e a continuare su questa strada, per fare in modo di migliorare dove ce n'è bisogno ed essere costante nella pubblicazione di post settimanali. Inoltre, ci sarà una novità a partire proprio da questo inizio dell'anno: l'apertura di un profilo Twitter dedicato interamente al blog, dove posterò le recensioni pubblicate senza per forza usare quello mio personale, e nel quale lascerò qualche messaggio ogni tanto per celebrare ricorrenze e per alcuni avvisi. Se entro la fine del 2021 l'esperimento darà buoni frutti in quanto a visualizzazioni e a popolarità, potrei prendere in considerazione l'idea di sbarcare su altre piattaforme; ma adesso è presto per fare congetture. In ogni caso, questa riflessione esula dall'oggetto della recensione di oggi, 1 gennaio 2021.

Una data particolare, non è vero? Come la settimana scorsa la recensione di "La Mattina del 25 Dicembre" è caduta proprio nel giorno di Natale, quella di oggi viene pubblicata il primo giorno dell'anno. Così, mi sono chiesto se non fosse il caso di scegliere un titolo in particolare per celebrare questa ricorrenza. Sarebbe andato bene qualunque cosa che avesse a che fare con l'inverno, per restare in tema con la stagione in cui siamo entrati da qualche giorno. Meglio ancora, se avesse avuto qualche riferimento a qualche tipo di celebrazione festiva, sarebbe stato perfetto. D'altro canto, non volevo essere troppo prevedibile con qualche titolo semplicemente e puramente natalizio, peggio ancora se inflazionato. Niente Christie, né Sayers, né Berkeley. Volevo puntare a un autore che magari non fosse poi così famoso, al di fuori della cerchia degli appassionati del tradizionale romanzo giallo; ma allo stesso tempo andare sul sicuro e scegliere un libro che mi facesse partire col piede giusto il nuovo anno. Inoltre, doveva essere un titolo che voi tutti poteste procurarvi con una certa facilità; non un Classico del Giallo Mondadori pubblicato negli anni 80' e misconosciuto. Così, ancora una volta, ho puntato ai Bassotti Polillo e, scorrendo la lista dei titoli pubblicati, mi sono imbattuto in "Omicidio a Capodanno" di Christopher Bush (Polillo Editore, 2009). Qui devo fare una piccola premessa. Sia questo mystery, sia "Una Buona Tazza di Tè", li avevo già letti ormai diversi anni fa, quando proprio il secondo era stato inserito nella lista dei Gialli Anglosassoni dal Corriere della Sera. E avevo un vago ricordo che entrambi fossero stati delle letture piacevoli, nonostante ricordassi molto poco al loro riguardo. Questo poteva significare soltanto due cose: o mi ero dedicato alla lettura con una certa leggerezza, senza concentrarmi a cogliere le sfumature della trama, oppure si trattava di storie caratterizzate da elementi poco incisivi e quasi noiose. Inoltre, ricordavo che Bush è stato criticato molte volte proprio per il suo essere tecnico e conformista. Quindi, correvo un bel rischio nel caso avessi voluto leggerlo. Che fare? Alla fine, ha prevalso la mia convinzione che qualunque libro deve avere un lato buono e ho deciso di buttarmi, tra scenari innevati, furti efferati, personaggi con caratteri forti e decisi, delitti al buio e strani indizi incomprensibili, nella storia di "Omicidio a Capodanno". Poche volte mi sono imbattuto in un enigma così articolato e denso, dove i fatti si accumulano l'uno sull'altro fino a dare vita a un caso in cui ogni più piccolo dettaglio influisce sul risultato finale e sulla scoperta della Verità.

Arbirlot Mill, near Arbroath, James McIntosh Patrick, 1959,
raffigurante un gruppo di case simile a Little Levington Hall
e le sue appendici
La trama stessa del romanzo è complessa e impossibile da tratteggiare, senza rivelare troppe cose dell'indagine. Però farò uno sforzo per presentarvela al meglio, iniziando dalla particolare introduzione alla storia. In essa, infatti, il protagonista Ludovic Travers, un giovanotto che divide il proprio tempo tra la direzione di una società pubblicitaria e il fare il segugio dilettante in aiuto di Scotland Yard, viene sollecitato da un amico a narrare il caso Levington, dando al lettore alcune informazioni essenziali per la risoluzione dello stesso. Travers, di conseguenza, descrive in quattro punti alcuni brani all'apparenza slegati tra loro: le lamentele di un ispettore in pensione riguardo le inesattezze nei romanzi polizieschi, l'origliare una conversazione intima da parte di un investigatore privato, uno scambio di battute tra il romanziere Denis Fewne e il suo ospite, l'illustre scienziato Martin Braishe, e un brevissimo estratto della Bibbia sull'episodio di Uria l'ittita. Da questo punto in poi, seguiamo il caso Levington dall'inizio, quando un nutrito gruppo di persone si sta dirigendo verso la sontuosa magione di Braishe, per festeggiare il Capodanno in compagnia ed allegria. Il padrone di casa, con il supporto della cognata Brenda Fewne, ha inoltre organizzato un ballo in maschera al quale parteciperanno una quarantina di persone. Ascoltiamo i discorsi di parte di questa gente come se stessimo origliando dal buco della serratura, tra innocui battibecchi e curiosi scambi di opinioni, e già immaginiamo come la situazione a Little Levington Hall sarà movimentata. Tuttavia, accade un imprevisto: proprio nell'ultima sera dell'anno si scatena una bufera di neve, la quale costringe la maggior parte degli ospiti della festa a rincasare in tutta fretta per non rischiare di finire bloccati con le loro auto. In sintesi, restano alla festa i coniugi Paradine, medico con moglie combattiva la fianco; i giovani Fewne, il romanziere Denis con la moglie Brenda; lo scapolo Tommy Wildernesse, che fa la corte all'attrice teatrale e sorella di Brenda, Mirabel Quest; il disinibito Wyndham Challis, drammaturgo; lo stesso Braishe e, a concludere, Ludovic Travers assieme a un misterioso amico di nome Franklin.

Questi ultimi si ritrovano ospiti non a causa di conoscenze dirette con altri invitati, ma piuttosto per una questione di affari che riguarda un nuovo gas prodotto dalla fabbrica di Braishe e che, nonostante le sue qualità potenzialmente letali se spruzzato nell'aria senza alcuna diluizione, potrebbe fare la differenza nella cura di alcune malattie africane; per questo, il Ministero dell'Agricoltura ha inviato George Paradine e Travers a sondare il terreno, affiancati da un funzionario investigativo come Franklin. Alla fine della festa, tuttavia, iniziano i guai. Prima la neve cade copiosa e, come temuto, isola la casa di Braishe dal mondo esterno; poi la luce va via improvvisamente, proprio mentre tutti quanti stanno per coricarsi. All'apparenza sembra che non ci sia alcun danno, soltanto un bontempone che ha deciso di tagliare i fili del contatore per fare uno scherzo. Al mattino seguente, tuttavia, il risveglio è ben più amaro di quanto chiunque si aspettasse: innanzitutto, quasi tutti gli abitanti di Little Levington Hall hanno subìto un furto; ma nella camera di Mirabel Quest giace addirittura il suo stesso cadavere! L'arrivo di un ospite inatteso, tale Crashaw, il quale è stato sorpreso dalla neve e ha raggiunto la casa per trovare riparo, contribuisce a ingarbugliare una situazione già di per sé complicata; senza contare che il telefono è stato letteralmente divelto dal suo alloggio e un sifone del mortale gas di Braishe è stato trafugato dalla cassaforte. Lontani dal resto della civiltà, gli ospiti decidono di fare gruppo e di tentare di imbastire un'inchiesta, atta a risolvere i crimini perpetrati nella notte; pertanto, Franklin si avventura nella tempesta per avvertire Scotland Yard, mentre Travers inizia a sondare il terreno alla ricerca di indizi che possano risolvere la spiacevole faccenda. Non sa ancora che, nella pagoda poco distante dalla casa, giace un altro cadavere: quello di Denis Fewne, il quale nei giorni passati si era comportato in modo strano, compiendo viaggi in città con destinazioni ignote oppure eccentriche... Mentre attende l'arrivo della polizia, Travers si butta a capofitto nel complesso caso di pluriomicidio con furto, interrogando gli altri ospiti e analizzando tutti gli indizi che l'assassino (o gli assassini?) si è lasciato alle spalle: quello che intende scoprire, infatti, è se il responsabile sia qualcuno dei suoi compagni di prigionia. Sarà così? Lo scoprirà soltanto dopo numerose elucubrazioni e più di un dubbio.

Piantina del primo piano di Little Levington Hall
I fatti qui riassunti probabilmente non riescono a ritrarre appieno il potenziale che si nasconde in "Omicidio a Capodanno", ma fatemi dire subito che Christopher Bush, assieme a Clifford Witting e ad A.G. Macdonell, è stato la mia scoperta di questo sciagurato 2020. O meglio, riscoperta visto che avevo già letto questo romanzo e "Una Buona Tazza di Tè". Perché, nonostante questi titoli siano indubbiamente caratterizzati a un certo pragmatismo a discapito della tanto celebrata psicologia (molto spesso a ragione), non sono stati affatto male. E penso che, dei tre sopra citati, il mystery di Bush sia stato il migliore sotto diversi aspetti. Non capisco le aspre e innumerevoli critiche che sono state rivolte alla sua opera nel corso degli anni. O meglio, fino a un certo punto è comprensibile che qualcuno sia rimasto deluso dal suo modo di scrivere: ci sono alcuni punti della trama e della struttura narrativa che potrebbero essere migliorati, per raggiungere uno stato di capolavoro come alcuni romanzi gialli di autori più celebrati e conosciuti, questo non lo metto in dubbio. Ad esempio, prendendo proprio "Omicidio a Capodanno", avrei da ridire riguardo il modo in cui il finale è stato delineato. Badate bene, il modo in cui l'autore ce lo ha presentato, e non il finale stesso; questo, infatti, è stato sufficientemente sorprendente per essere contenuto in un libro del mistero degli anni '30. Inoltre, c'è qualcosa che non funziona del tutto nel modo in cui Bush ha deciso di impostare l'indagine, puntando moltissimo sul lato materialistico del caso e dando meno risalto alla psicologia. Forse è questa la cosa che ha più irritato i lettori: le riflessioni sui caratteri e sui contrasti scatenati dalle emozioni non sono cambiate nel corso dei decenni e sono rimaste immutate, mentre l'indagine pragmatica, per alcuni, ormai appare fin troppo antica per poter essere presa sul serio. Detto questo, tuttavia, non ho percepito chissà quali disastri. Ritengo si tratti, in fondo, di una questione di gusti che si adattano a un certo tipo di lettori, piuttosto che a un altro. Questa sorte, infatti, è toccata ad altri colleghi dell'autore, i cosiddetti scrittori humdrum del quale già in passato vi avevo parlato. Essi hanno avuto un approccio alla letteratura del mistero che non si è focalizzato sull'analisi della psicologia e della sfera immateriale degli indizi, come ad esempio hanno fatto Christie, Sayers e Berkeley; ma su un metodo d'indagine che dà il suo meglio quando viene messo alla prova attraverso analisi chimiche, rilevamenti sulla scena del delitto e raccolta di prove materiali che possano convincere una giuria della colpevolezza dell'accusato. Christopher Bush, alla pari di John Rhode, Freeman Wills Crofts e Henry Wade, non si è impegnato a tessere trame in cui vengono sondate le passioni ed esternate quelle famose correnti sotterranee che tanto animano di solito un libro del mistero; ma al contrario è come tornato alla scuola di Sherlock Holmes e l'ha interpretata in una chiave che si adattasse al tempo in cui scrisse. E per questo, a mio parere, è stato (ed è tuttora) molto meno considerato di coloro i quali hanno dedicato le proprie energie a dare vita a gialli psicologici.

Piantina del giardino di Little Levington Hall
Diciamo che, rispetto a questi ultimi, i mysteries degli humdrum hanno uno sviluppo meno allettante per un tipico lettore dei nostri giorni, abituato al thriller contemporaneo dove ogni cosa viene ormai spiegata attraverso complicati discorsi sulla mente del criminale e sugli impulsi selvaggi che la governano. Appare quanto meno barbosa l'idea di dover impiegare energie mentali per risolvere enigmi simili a cruciverba. Si è persa la voglia di seguire i ragionamenti "razionali" degli investigatori e della polizia, cioè basati su un percorso che possa essere seguito da chiunque lo desideri, già in libri celebri come quelli di Christie; figurarsi in titoli di autori meno conosciuti! Quindi, come dicevo sopra, comprendo il presupposto da cui parte chi critica questi autori. Però ciò non vuol dire che la loro opera sia da buttare perché scarsa e noiosa. Anzi, spesso a mio parere si può rivelare come la cosa più capace di intrattenere del mondo. Quando uno voleva distrarsi da qualche pensiero desolante, leggere uno di questi gialli era la cosa giusta da fare, dal momento che ti "costringeva" ad applicare le cellule grigie per battere sul tempo l'investigatore di turno e scacciava il focus dalle cose tristi. Inoltre, non è affatto semplice dare vita a questo tipo di mystery, poiché non si può fare affidamento su teorie campate su studi psicologici che, a seconda del bisogno, si possono adattare: qua contano nientemeno che i Fatti nudi e crudi, senza via di scampo. Per cui, io personalmente tendo sempre a trattare con un certo riguardo questo genere di libri. E lo stesso dovette decidere di fare Dorothy L. Sayers, la quale affermò proprio riguardo l'opera di Bush: "[essa è] sempre fatta a regola d'arte e piacevole da leggere". Cosa che può essere pure una critica, dal momento che implica una costruzione fin troppo rigida, ma tutto sommato più un complimento. Anche PuzzleDoctor, nel suo blog, ha considerato Bush come "uno scrittore che sta a metà strada tra John Dickson Carr e Freeman Wills Crofts", consigliando la lettura dei suoi libri e questo "Omicidio a Capodanno". Condivido questo giudizio, dal momento che il libro: presenta una suddivisione specifica in Introduzione, Problema e Soluzione; ha un impianto dove si intersecano numerosi fili rossi e false piste; presenta una serie lunghissima di indizi materiali e prove da rilevare; mette in scena più di un delitto impossibile, spaziando dal classico omicidio nella camera isolata (basti pensare a quanto la morte di Denis Fewne assomigli a quella di Fergus O'Brien in "Quando l'Amore Uccide" di Nicholas Blake e a quella di Marzia Tait in "Assassinio nell'Abbazia" di Carter Dickson) a quello commesso al buio, quando tutti i sospettati sembrano avere un alibi inattaccabile. Lo stesso soffermarsi sulla faccenda dell'alibi perfetto implica una certa pragmaticità nel metodo di creazione delle trame di Bush: non contano tanto i risvolti caratteriali e gli istinti puri, quanto la pianificazione dettagliata di un piano criminoso. Inoltre, ci sono un sacco di altri elementi legati all'ambientazione, allo stile, ai personaggi e all'atmosfera generale che si respira durante la lettura di "Omicidio a Capodanno" che hanno forti legami con questa sentita tradizione del "giallo ad enigma" più pragmatico e materialista. E nonostante questo, tuttavia, è presente una vena di terrore tanto sottile quanto persistente, la quale attraversa la storia nel suo complesso e avvicina i fatti accaduti a quelli che potrebbe narrare il Maestro del Delitto della Camera Chiusa: il senso di claustrofobia generato dall'impossibilità di mettersi in contatto col mondo esterno, l'essere in balìa di un assassino che potrebbe colpire in qualsiasi momento, il ritrovamento di cadaveri immortalati in pose orrende e spaventose o in situazioni tragicomiche che fanno venire la pelle d'oca: tutto ciò fa una certa impressione in chi legge, generando tensione e catturando l'attenzione. Insomma, per quanto mi riguarda "Omicidio a Capodanno" è una perfetta commistione di due modi di scrivere assolutamente agli antipodi, come quello tecnico di Crofts e quello evocativo di Carr, quello tradizionale e quello moderno.

Charlie Christmas Bush, alias
Christopher Bush, nato nel 1885
e morto nel 1973
E pensare che, come dicevo, Charlie Christmas Bush (questo è il vero nome dell'autore) non viene quasi mai menzionato tra gli autori più in vista della Golden Age. Nato in East Anglia nel giorno di Natale del 1885 (questo spiega il motivo del suo particolare secondo nome), egli crebbe in una famiglia di quaccheri che si era stabilita nel Norfolk 400 anni prima e che, tra l'altro, lo aveva adottato dal momento che lui era un illegittimo. Provetto bracconiere come il padre adottivo, il quale gli aveva insegnato a sfruttare tutte le possibilità a disposizione per poter sfamare la propria famiglia, ben presto riuscì a dimostrarsi tanto bravo a scuola da ottenere una borsa di studio, la quale gli permise di diventare insegnante. Prima di allora, tuttavia, non appena aveva preso il diploma, Bush si era sposato. Prima e dopo la guerra, dove ottenne il rango di maggiore, l'autore insegnò come maestro di scuola, ma intrattenne pure una relazione con una sua collega di nome Winifred Chart, la quale ben presto, nel 1920, gli confessò di aspettare un figlio suo. Tuttavia, Bush non volle mai avere nulla a che fare col bambino; e neppure dopo la morte della donna egli volle mai riconoscere come suo il giovane Geoffrey, il quale divenne un noto musicista e un appassionato di romanzo giallo (al punto da scrivere una parodia su Lord Peter Wimsey e partecipare a una storia di Edmund Crispin, altro faro del mystery britannico della Golden Age). Più che alla scuola, in ogni caso, Bush sentiva che il suo destino era legato alla scrittura; così si gettò in questa impresa e, nel 1926, diede alle stampe il suo primo romanzo giallo, "The Plumley Inheritance". Fu però con la sua seconda opera, secondo alcuni la più riuscita, che l'autore riuscì a occupare un posto di primo piano all'interno del genere: "The Perfect Murder Case" si rifà infatti al sottogenere del serial killing e alla vicenda di Jack lo Squartatore, dal momento che la sua trama ruota attorno all'invio di alcune lettere minatorie alla polizia, nelle quali un misterioso Marius minaccia di compiere numerosi delitti se le forze dell'ordine non riusciranno ad impedirglielo. Ad indagare, in questo giallo dedito al fair play, sono alcuni poliziotti affiancati da un investigatore assicurativo di nome Franklin (lo stesso comparso in "Omicidio a Capodanno") e da un giovanotto che si occupa di investimenti, chiamato Ludovic Travers.

Costui è un personaggio che collabora con Scotland Yard, timido, metodico, riservato e diffidente; forse poco caratterizzato, se non per un paio di occhiali cerchiati di corno e definiti "mostruosi". Però bisogna ammettere che riesce a catturare l'attenzione grazie al suo lucido raziocinio, che gli permette di scovare le falle negli alibi dei sospettati in cui si imbatte. Proprio su questo fulcro si snodano le trame dei numerosissimi (più di 60) romanzi del mistero di Bush, i quali sono stati spesso chiamati seguendo la formula del "The Case of the..." e risentono dei trascorsi del loro autore: tra gli altri temi, essi trattano del servizio militare durante la prima e la seconda guerra mondiale, e della sua esperienza come insegnante. I migliori, comunque, sono quelli scritti negli anni '30, come "Cut Throat" del 1932, "The Case of the 100% Alibi" del 1934, "Una Buona Tazza di Tè" del 1934, oltre a questo "Omicidio a Capodanno". L'ultimo, invece, uscì nel 1968, quarantadue anni dopo il suo esordio e cinque prima della sua morte, avvenuta nel 1973. Sul libro recensito in questa sede, oltre a quello di cui vi ho già parlato, si può aggiungere qualche altra informazione, per farvi capire come non sia da lasciarsi scappare. Ad esempio, il tratteggio dell'ambientazione risalta per chiarezza e accuratezza, dal momento che Bush si impegna a descrivere i luoghi e gli scenari così da permettere al lettore di farsi un'idea precisa; inoltre, come ulteriore aiuto, a chi legge vengono fornite addirittura un paio di planimetrie per orientarsi meglio nella lettura: una del primo piano di Little Levington Hall e una del giardino, con tanto di pagoda e sentieri (pp. 33, 36, 41, 48-49, 60, 63, 69, 71, 85, 89-90, 93-95, 98, 107, 165, 182, 217). Lo stile è indubbiamente lento e solido, simile a quello impiegato da Richard Austin Freeman, ma in questo caso non troviamo tantissime digressioni a distrarci dall'indagine, e la lettura non risulta tutto sommato pesante grazie a brevi accenni "romantici", come i riferimenti alla neve che continua a cadere senza sosta, ad alcune citazioni di Travers e poco altro. Questa liricità e poesia che ammorbidisce il piglio pragmatico dell'autore, comunque, mette in luce come Bush sia stato un insegnante esperto nell'uso delle parole e probabilmente amasse molto il teatro. I personaggi, in seguito, sono credibili e ben descritti, nonostante in qualche caso Bush non sia riuscito a dare loro molta vivacità (penso ad esempio a Brenda, la quale resta una figura marginale, fin troppo idealizzata ed estranea alla vicenda, per gran parte della storia). Mi è piaciuto come lui abbia caratterizzato Celia e George Paradine, l'una simile a quelle signore dell'alta società un po' bisbetiche e quasi troppo sicure di sé, quindi molto divertenti, e l'altro come un dottore "vero", padrone di sé nel momento in cui sono necessarie le sue doti mediche ma allo stesso tempo simpatico e leale. Tommy Wildernesse è un giovanotto gradevole, così come Challis si rivela un mascalzone goffo e impacciato. Crashaw si è rivelato una piacevole sorpresa, con il suo misterioso arrivo e la sua professione di insegnante (anche qui, un probabile cenno autobiografico dell'autore, pp. 51-53, 61, 66, 85-87, 124, cap. 23). La parte del leone, tuttavia, è occupata dal terzetto Mirabel-Braishe-Denis Fewne, i quali sono più al centro della storia per motivi abbastanza ovvi (dopotutto, essendo i delitti ambientati nella sua casa, Martin si trova spesso coinvolto nel fattacci che si verificano).

Lo scarabocchio di Denis Fewne, trovato da Travers nella
pagoda di Little Levington Hall dopo l'omicidio
Oltre a loro, però, è ovviamente Travers che gioca un ruolo di primo piano nelle vicende, dal momento che è colui il quale praticamente risolve il caso. Certo, ci sono pure Wharton e Franklin (che non vengono qui ritratti come i soliti poliziotti un po' tonti e duri di comprendonio che spesso popolano la classica letteratura del mistero), ma il giovane direttore della Durangos si trova sul posto ad indagare ben prima che gli altri due suoi compagni riescano a farsi un'idea di cosa sia accaduto a Little Levington Hall. E nonostante non sia poi così originale e avvincente il suo modo di fare, ho trovato che Travers sia un individuo intrigante, che ho voglia di conoscere di più. Trovo interessante inoltre che egli agisca come consulente della polizia, allo stesso modo di Maud Silver di Patricia Wenthorth e Reggie Fortune di H.C. Bailey. Mi ha convinto il suo metodo di approccio al delitto, così poco sicuro di sé e cauto: credo che nella vita reale sia così che chiunque si sentirebbe. Come le sue continue riflessioni. In ogni caso, come dicevo, i protagonisti sono sufficientemente tratteggiati, anche se forse Bush avrebbe fatto più colpo se si fosse sforzato un po' di più (che sia per questo motivo che lui, come gli altri suoi colleghi humdrum, non sia riuscito a resistere alla prova del tempo come Sayers, Christie e co.?). "Omicidio a Capodanno" è stato interessante anche per l'ampio spettro di temi di cui ha trattato, dalla critica letteraria allo spettacolo teatrale, dagli affari alla scienza (pp. 20-22, 49, 53, 82-83, 89-91, 143-147, 163, 203-204): essi hanno riflesso i tempi in cui il libro è stato scritto, gettando luce in funzione della soluzione finale, pur infondendo un pizzico di modernità in fatto di giustizia e ironia della sorte (gli ultimi cinque capitoli del racconto mi hanno ricordato ciò che avrebbe creato Nicholas Blake in "Quando l'Amore Uccide", declinandolo alla psicologia pura). L'atmosfera generale del romanzo, con un certo senso della teatralità e della tecnica, mi ha convinto, pur non venendo meno a suscitare un certo terrore e aura di mistero; nel racconto, la parte principale è occupata dall'enigma, incentrato in un misto di razionalità e irrazionalità, di terrore e metodo, dove tuttavia non mancano le riflessioni (pp. 33-34, 36-37, 40-42, 54, 60, 63, 89-95, 102, 106-107, 127, 137-138). Proprio il mistero è il fulcro di ogni cosa: complesso, insolito nelle modalità di uccisione e nell'intreccio di personalità e prove che si sostengono le une con le altre, costituisce il motivo per cui "Omicidio a Capodanno" dovrebbe essere conosciuto e celebrato. Spesso i giallisti danno vita a enigmi talmente astrusi che, alla fine, il lettore si ritrova a chiedersi come sia stato possibile che l'investigatore sia giunto alla conclusione esatta; ecco, in questo caso Bush spazza via ogni dubbio grazie alle innumerevoli prove ed indizi che riesce a spargere tra le righe. Abbiamo una riproduzione grafica di un messaggio scarabocchiato, palloncini bucati, un manoscritto incompiuto, un pugnale, un telefono divelto, una lampada, orme, un pennino, abiti, un biglietto, un sifone, alcune banconote... Chi ne ha, più ne metta. E tutto ciò è funzionale al raggiungimento della verità. L'unico inconveniente di questa trama complessa, in cui gli ingranaggi si muovono perfettamente per permettere all'investigatore di scoprire l'assassino, dove il fair play viene largamente rispettato, le domande non vengono fatte a caso, la soluzione è tanto semplice quanto sorprendente nonostante l'assassino sia intuibile, e sarebbe stato possibile sviluppare ogni delitto in una storia a sé, è forse costituito dal finale un po' affrettato e dal fatto che l'omicida non venga svelato proprio alla fine. Ma sono disposto a perdonare questa piccola manchevolezza, di fronte a tutto il resto. Bush fa un lavoro ammirevole nel riportare l'ordine nel caos e a separare ciò che serve da ciò che invece è superfluo, e con "Omicidio a Capodanno" riesce a creare un romanzo giallo molto piacevole e coinvolgente, oltre che intelligente e tutto sommato soddisfacente. Il critico Curtis Evans lo ha definito "una sorta di tour de force" della Golden Age, e io mi sento di concordare assolutamente col suo giudizio. Gloria a Christopher Bush, e a presto per una nuova lettura di un suo mystery.

Link a Omicidio a Capodanno su IBS

Link a Omicidio a Capodanno su Libraccio

Link all'edizione italiana su Amazon
 

Link all'edizione in lingua originale su Amazon

venerdì 25 dicembre 2020

56 - "La Mattina del 25 Dicembre" ("Crime at Christmas", 1934) di C.H.B. Kitchin

Copertina dell'edizione pubblicata da
Polillo Editore
Cari lettori e amici di Three-a-Penny, tantissimi auguri di buon Natale! Questo post è stato programmato per essere pubblicato proprio la mattina del 25 (secondo i calcoli dovrei riuscire a pubblicarlo in questa data, e non come accade di solito al martedì seguente) e non so se riuscirete a leggerlo in giornata; ma non volevo saltare nemmeno un'occasione per consigliarvi qualcosa, oltre che per mettere in vetrina le mie recensioni, visto che sono determinato a fare in modo che il blog riesca ad abbracciare ogni giorno di più un ampio bacino di pubblico. Immagino che per tutti noi questo sarà un Natale differente dal solito, e forse avrete un po' più di tempo da occupare. Infatti, diversamente da quanto accade in questo periodo dell'anno, in queste settimane sono stati banditi i cenoni troppo affollati con parenti e amici, con i loro rumorosi brindisi e le chiacchiere frivole; le visite a domicilio per fare gli auguri, dove magari ci saremmo un po' annoiati ma avremmo avuto l'occasione di rivedere persone che durante gli altri giorni sono lontane dalla nostra quotidianità; i capannelli lungo le strade, dove qualcuno canta qualche canzone festosa e gli altri si uniscono in coro. Per tutti, questo sarà un Natale più raccolto, quasi intimo, il cui valore starà nel riflettere su quanto possediamo di prezioso e spesso non ci rendiamo nemmeno conto di avere. Con ciò, però, non voglio certo dire che esso sarà triste. Nonostante ci manchi qualcosa in termini di socialità, potremmo scartare i regali messi sotto l'albero, impacchettati con carte colorate e nastri sapientemente annodati; potremmo dare sfogo alla nostra vena culinaria e cucinare qualche manicaretto speciale, per poi sottoporlo al giudizio degli altri membri della nostra famiglia; e in sintesi avremmo sempre vicino qualcuno su cui contare, fosse soltanto attraverso lo schermo di un PC oppure di un cellulare. Perché, se c'è una cosa che ho imparato in questi lunghi mesi di rinunce, sconforto, frustrazioni e delusione, è proprio il fatto che da qualche parte si trova qualcuno che magari sta avendo i nostri stessi problemi (o comunque sia nel nostro stesso stato d'animo), e non c'è niente di meglio che condividere le proprie angosce e i tormenti con gli amici per ridimensionarli. Pertanto, tornando all'inizio del discorso, ho pensato di pubblicare comunque la recensione di un romanzo del mistero nel giorno di Natale. Sia, come dicevo, per una questione di ritorno puramente visivo, sia per riempire un po' la giornata di ognuno con qualcosa di argomento distensivo e interessante da leggere (o almeno spero lo sia).

Il cosiddetto "Christmas Murder Mystery", infatti, si presta particolarmente ad essere letto in questo momento della nostra Storia, dal momento che conforta e permette di "fare quello che non puoi fare mai", per citare una nota pubblicità dei dolci, almeno nel nostro immaginario. L'Inghilterra, poi, si trasforma in un paese fatato e magico, quando si tratta del Natale: fin dai tempi di Charles Dickens, l'atmosfera che si respira nel periodo natalizio è quanto mai carica di suggestione e fascino, che non vengono mai meno. In questo modo, quindi, mi auguro di farvi abbandonare le occasionali delusioni e la tristezza per una fine dell'anno quasi in solitaria. Immaginate in cosa potreste imbattervi, leggendo tali storie: i Christmas Carols, ovvero quei gruppetti di amici che si incontrano sulle strade per cantare canzoni beneauguranti e si scambiano ramoscelli sempreverdi di agrifoglio e vischio; letterine scritte a Babbo Natale con le liste dei doni che si desidera ricevere, oppure cartoline da spedire ai parenti e agli amici più cari; negozi e case addobbate con luci e festoni; maestosi alberi abbelliti con fiocchi, nastri e decorazioni in vetro, sotto al quale vengono messi i pacchetti colorati con i regali. Secondo la tradizione, la sera della vigilia si va insieme in chiesa per la Messa di Mezzanotte e, tornati a casa, i bambini appendono le calze ai caminetti e lasciano sul tavolo un bicchiere di latte, un mince pie e una carota per Babbo Natale e la sua renna. In questa stessa notte, inoltre, viene bruciato il tradizionale ceppo di Natale, il quale viene fatto durare il più a lungo possibile e se ne conserva un pezzetto per l'anno seguente. Il 25 dicembre, invece, viene dedicato alla famiglia, con un abbondante pranzo a base di tacchino ripieno accompagnato da mirtilli, purè di patate, zuppe e contorni e, ovviamente, quel celebre Pudding che occupa un ruolo tanto importante in un celebre racconto di Agatha Christie. Durante il pranzo, vengono scoppiati i Christmas crackers, piccoli petardi a forma di caramella allungata; il giorno dopo, invece, vengono fatti piccoli regali a quelle persone che si incontrano "per lavoro" durante l'anno, come il lattaio e il postino. Non è assolutamente affascinante tutto ciò? Ebbene, pensate che in un romanzo giallo tradizionale natalizio possiamo trovare numerosi di questi elementi... oltre ad avere servito un enigma che riesca a contrastare e spezzare l'aria di allegria e spensieratezza di questa occasione. Lasciatevi avvolgere dalla magia della classica crime story e tuffatevi in qualche racconto di questo tipo; come, ad esempio, quello che vi consiglio oggi e che, guarda caso, trova il suo fulcro proprio nel giorno di Natale. "La Mattina del 25 Dicembre" di C.H.B. Kitchin (Polillo Editore, 2011), infatti, è una storia classicissima, con tutto ciò che il lettore può richiedere: un circolo di persone sospette, riunite in una grande casa alla periferia di Londra; un'atmosfera di tensione repressa, che trova sfogo in occasionali scontri caratteriali ed emozionali; una serie di fatti raccontati con arguzia e sospesi in un momento eterno, quasi lirici e nebulosi; e un protagonista che si trova suo malgrado coinvolto in un crimine dall'enigma tra il tradizionale e lo psicologico, dove gli equivoci si susseguono uno dopo l'altro.

Landscape, Evgeny Lushpin, raffigurante una strada
cittadina simile a quelle presso Beresford Lodge
Ogni cosa ha inizio il giorno della Vigilia, nel pomeriggio. L'agente di cambio londinese Malcolm Warren (già protagonista di "La Morte di Mia Zia", come egli stesso non manca di farci sapere) sta ultimando tutti i preparativi per lasciare l'ufficio in cui lavora: deve soltanto telefonare a un suo illustre cliente, Axel Quisberg, per chiedergli quante azioni di una certa società deve comprare a nome suo, e poi potrà dirsi in vacanza. Le feste natalizie sono alle porte, e davanti a lui si prospetta un periodo di pace e tranquillità. Non deve neppure prendersi il disturbo di tornare a casa, visto che ha congedato la governante per una settimana e si appresta a recarsi proprio dai coniugi Quisberg, i quali si sono offerti di ospitarlo. Malcolm non avrebbe chiesto nulla di meglio, dal momento che la sua famiglia si trova in villeggiatura nel sud della Francia; e poi gli piacciono i Quisberg. Lui a volte è un po' scorbutico e nervoso, con la sua mania di restarsene a lungo isolato nella casa di famiglia a Hampstead; però sua moglie lo ha sempre trattato con amore e affetto, come se fosse un figlio. Forse ciò è dovuto al fatto che si è sposata tre volte e ne ha avuti da mariti differenti, per cui dispensa il proprio affetto a destra e sinistra. In ogni caso, a Malcolm importa soltanto rilassarsi senza subìre scossoni emotivi: dopotutto, ricorda ancora con timore la triste faccenda della morte della zia... Però, fin da quando arriva a Beresford Lodge, la dimora dei Quisberg, sorgono alcuni intoppi nel regolare svolgimento dei suoi piani. Innanzitutto, Axel e il suo segretario, Harley, devono correre in città per discutere affari urgenti con un magnate del minerale e saranno costretti a trascorrere la notte della Vigilia in uno squallido albergo. Si tratta di uno spiacevole inconveniente; però Quisberg assicura che saranno di ritorno per il pranzo di Natale. Poi, proprio sul cortile di fronte casa, in cima alla collinetta alla fine del vialetto, Malcolm fa la conoscenza del dottor Green, uno strano individuo che sembra sia stato invitato a trascorrere le feste di Natale a Beresford Lodge, proprio come lui. Green è un tipo che parla per allusioni, tutto sorrisi e cervello: Malcolm, più genuino e meno costruito, è allo stesso tempo affascinato e spaventato da quello che l'uomo potrebbe dire o fare per metterlo nei guai.

Inoltre, a peggiorare la situazione, il giovane scopre che in casa alloggiano tutti i figli della signora Quisberg. Clarence James è uno spiantato che si atteggia ad artista e possiede un temperamento tra il passionale e il melodrammatico, il quale mal sopporta il fatto che la madre si sia risposata più volte dopo la morte del primo marito. Amabel Thurston con il fidanzato Leonard Dixon sono una coppia esplosiva a dir poco: ventenne, biondissima ed estremamente sicura di sé lei; un robusto ex piantatore di tè, con un carattere violento e focoso lui. Chiudono il cerchio Sheila Thurston, una diciottenne dal carattere riservato e amabile, al limite della trasparenza ma di buon cuore, e un ragazzo di nome Cyril che è appena stato operato e sta chiuso nella sua camera. Se non si conta la placida Sheila, il miscuglio di temperamenti e caratteri rischia di scatenare odi e gelosie tra i giovani rampolli dei Quisberg; e Malcolm teme qualche scenata (o peggio) proprio durante il periodo delle feste, quando tutti quanti saranno costretti a stare a contatto gli uni con gli altri. Ma niente paura: Warren si convince di potersene stare quasi sempre chiuso nella propria stanza, magari a leggere e a riposare. Certo, non farebbe una bella figura coi suoi anfitrioni, con il dottor Green e con gli altri ospiti di Beresford Lodge, un'infermiera alla quale è affidato il piccolo Cyril e l'anziana madre di Harley. Però lui sente di aver un gran bisogno di stare sulle sue; così si organizza. Peccato che, proprio la sera della Vigilia, Amabel e Dixon abbiano la sciagurata idea di trascinare tutti quanti nel rumoroso gioco delle sedie... con la conseguenza che Malcolm si ritrova con un braccio al collo a causa di una caduta rovinosa. Dopo una notte trascorsa immerso nei confusi miasmi del sonnifero, il giovanotto si sveglia al mattino e si affaccia al balcone della sua stanza, pregustando la bellezza del Natale. Ma cos'è quel fagotto sulla ringhiera? Sembrerebbe proprio un cadavere... Che si rivelerà essere la vecchia signora Harley. Si tratta di una disgrazia causata dal sonnambulismo di cui la poveretta soffriva? O forse di una faccenda molto più complicata? Starà a Malcolm, annoiato e intimorito dalle reazioni degli abitanti di Beresford Lodge, mettere la polizia sulla traccia giusta per scovare l'eventuale colpevole di un omicidio che ha rovinato il Natale di tutti quanti.

Scena di neve ad Argenteuil, Claude Monet, 1875
In quest'analisi desidero partire subito con un'affermazione un po' forte: "La Mattina del 25 Dicembre" non è un massimo capolavoro del genere giallo. O meglio, non appartiene a quella folta schiera di romanzi del mistero che hanno dato una svolta improvvisa e definitiva al mystery tradizionale. Alcuni titoli di Christie, Sayers, Berkeley e Carr sono mille spanne sopra a questo romanzo di Kitchin, per originalità di trama, spessore psicologico, complessità e costruzione dell'enigma. In essi, sono state introdotte novità che ancora oggi lasciano senza fiato; trucchi che non smettono di sorprendere; riflessioni su tematiche che potrebbero essere state pensate e scritte poco tempo fa e possiedono una forza dirompente, nonostante sia trascorso quasi un secolo da quando vennero formulate. Penso sia questo uno dei punti cardine e più importanti quando si affronta in modo sistematico e serio la classica crime story: la capacità di mantenere immutato il proprio messaggio da trasmettere al lettore, enunciandolo in termini innovativi ed eterni. Eppure, mi piace pensare di essere una persona di ampie vedute e di aver raggiunto un'altra consapevolezza per quanto riguarda il giallo tradizionale. Cioè, mi riferisco al fatto che non necessariamente una certa storia debba essere sconvolgente fino al punto da rompere ogni regola e superare ogni limite. Come mi è già capitato di osservare, il mystery della Golden Age è nato soprattutto per distrarre i lettori che si trovavano nel pieno della Prima (e in seguito Seconda) Guerra Mondiale, alla pari di quei cruciverba a cui la gente si aggrappava per svagare la mente e non impazzire di fronte alla follia del conflitto e delle sue conseguenze terribili. Pertanto, ben vengano le grandi trasformazioni nel genere giallo e lo sviluppo di temi scomodi o poco confortevoli; ma allo stesso modo non dispiace imbattersi in qualche serie di eventi, dove il fine ultimo della narrazione è quello stesso racconto della vita e di azioni fittizie il cui fine è di intrattenere. Finora, ad esempio, abbiamo visto come "Chi ha Ucciso Charmian Karslake?", di Annie Haynes, abbia affrontato un'indagine dove non ci sono state chissà quali Grandiose Riflessioni; oppure "Ipotesi per un Delitto" di Clifford Witting abbia sviscerato tematiche ostiche quali il senso di giustizia, il femminismo (il quale all'inizio del Novecento compiva passi importanti), l'identità dell'individuo e la consapevolezza all'interno della società. Tuttavia, essi si sono rivelati essere romanzi stupendi, scritti e caratterizzati meglio di certi altri più pretenziosi. Non bisogna per forza sminuire qualcosa per esaltarne un'altra, secondo me: basta trovare la giusta chiave di lettura ed entrambe si possono apprezzare, al di là dell'insindacabile gusto personale.

Pertanto, tornando all'affermazione con cui ho aperto lo scorso paragrafo, è indiscutibile che il libro di Kitchin sia inferiore ad altri, scritti magari nello stesso periodo e decisamente più articolati sotto alcuni aspetti stilistici e contenutistici; però è pur vero come "La Mattina del 25 Dicembre" non sia per questo imperfetto o scadente, e costituisca una perfetta lettura da fare quando ci si vuole prendere una pausa per rilassarsi. In particolare, a mio parere, l'autore si è impegnato a creare una giusta atmosfera di conforto e suggestione, quasi intima nella descrizione delle azioni prudenti del protagonista e nelle riflessioni che egli cala e spesso lascia libere, mentre si trova in camere riscaldate da caminetti, stanze appena soffocanti per lo sfarzo degli arredi o nel giardino lussureggiante di Beresford Lodge (pp. 123, 128-129, 143-145, 150-154, 159, 168-170). Più che all'indagine, ciò che costituisce il fulcro della narrazione è l'interazione tra i personaggi, con le loro passioni e correnti sotterranee che li legano l'uno all'altro e, allo stesso tempo, li fa scontrare ed allontanare. Il clima di tensione, mantenuto dai costanti timori di Malcolm e dai lievi cenni di inquietudine emersi dalle azioni e dalle parole nervose degli altri protagonisti del caso, viene mitigato da una certa liricità, quando questi stessi personaggi si muovono in uno scenario un po' nebuloso e fissato nel tempo, come se da quella fatidica Vigilia di Natale, fino al giorno 27 in cui ha termine il racconto, non avesse mai termine e fosse sospesa in un momento d'eternità. Ciò che nel complesso si ricava dalla lettura di "La Mattina del 25 Dicembre", dunque, è quella di aver letto un romanzo giallo delineato nel solco più classico della tradizione inglese; nonostante a un'attenta lettura emergano lo stesso piccoli cenni innovativi che lo discostano dall'uso di cliché. Tra gli altri, ad esempio, troviamo sì un gruppo eterogeneo con una prevalenza del nucleo familiare dei Quisberg; ma non c'è alcuna figura patriarcale/matriarcale a dominare la scena, come accade in "Il Natale di Poirot" per citare un titolo. Oppure la decisione di non dare una totale declinazione dell'assetto della storia sul mystery ad enigma puro o su quello di carattere psicologico, ma di farli convivere entrambi: nella prima metà, vi è una prevalenza di riflessioni sull'agire dei protagonisti e una piccola infusione nella comedy of manners, dove qualcuno potrebbe obiettare fin troppa lentezza e logorrea dell'autore; ma nella seconda troviamo un'articolazione dell'indagine da parte della polizia più sentita, basata sull'analisi di indizi più o meno materiali per riuscire ad inchiodare un dato colpevole. Lo stesso capitolo finale, dove gli indizi vengono in qualche modo evidenziati per i lettori più distratti (è forse un caso particolare di cluefinder, uno di quegli schemi che alcuni giallisti includevano in coda ai proprio romanzi proprio a questo scopo?), è una variante al giallo della tradizione più stretta. A parte ciò, comunque, "La Mattina del 25 Dicembre" si può considerate davvero come un classico giallo delle feste, il cui valore (come lo stesso autore ha implicitamente sottolineato) sta nel racconto del caso e nella delineazione di chi lo popola.

Clifford Henry Benn Kitchin, nato nel
1895 e morto nel 1967
Cosa non tanto improbabile quanto sembri a prima vista, a mio parere "La Mattina del 25 Dicembre" rispecchia perfettamente chi fu Clifford Henry Benn Kitchin. Nato a Harrogate nel 1895, egli studiò prima al Clifton College di Bristol e in seguito all'Exeter College di Oxford, dal quale dovette però allontanarsi nel momento in cui scoppiò la Prima Guerra Mondiale. Fu mandato in Francia dove divenne tenente e venne ferito nel 1917, poi l'anno seguente tornò in patria e concluse gli studi per diventare avvocato. Dal 1924, per qualche tempo lavorò come agente di cambio; finché non gli cadde in grembo una provvidenziale e ingente eredità che gli permise di abbandonare qualunque tipo di carriera e di ritirarsi a vita privata. In questo modo, Kitchin poté dedicare tutte le proprie energie alle passioni che prediligeva, tra le quali spiccava la scrittura. Il suo esordio nel campo della narrativa era avvenuto con "Streamers Waving", proprio appena diplomato, ma ora aveva deciso di fare sul serio e, nel 1929, diede alle stampe "La Morte di Mia Zia", il suo primo giallo che venne presto considerato un vero e proprio classico del genere. Negli anni successivi, l'autore alternò la pubblicazione di opere non di genere, come "The Auction Sale" e "Birthday Party" (nonostante quest'ultimo sia stato molto elogiato da Martin Edwards proprio come romanzo del mistero), con altri tre libri incentrati su delitti e crimini: "La Mattina del 25 Dicembre" (intitolato anche "Conciato per le Feste"), "La Morte dello Zio Hamilton" e "The Cornish Fox". In tutti e quattro i suoi canonici mysteries, il protagonista è il givoane agente di cambio londinese Malcolm Warren, una sorta di alter ego dello scrittore, timido, riservato, docile e gentile, ma pure dotato di ironia e acume. Tra le altre cose, inoltre, Kitchin (il quale morì in seguito a problemi cardiaci nel 1967) fu pure un ottimo giocatore di scacchi, un esperto botanico, un musicista di talento, un collezionista di argenti antichi e porcellane di Meissen, non ché un appassionato scommettitore alle corse dei cani di Londra e incallito giocatore ai tavoli verdi dei casinò. Capirete, dunque, quanto di se stesso l'autore abbia riversato nelle sue opere: nello stesso "La Mattina del 25 Dicembre" possiamo trovare numerosi elementi sui quali egli si poteva dire un grande esperto e, quindi, facili da trattare nel momento di vivacizzare un po' le vicende che raccontava.

Ad esempio, troviamo numerose digressioni sui temi più disparati ed innocui, come la Borsa e gli affari economici nella City (pp. 79-80, 83-84), l'arte e la musica (p. 107), la medicina (Freud e Antaronyl), la politica e il giornalismo (pp. 172-174): in questi casi, spesso si tratta di semplici osservazioni fatte da Warren in espressione del proprio snobismo o in aggiunta alle descrizioni che ci vengono fatte dei personaggi e degli scenari. Nonostante ciò, comunque, vi voglio avvertire di non prendere sempre troppo alla leggera qualunque piccolo accenno fatto dal giovanotto o da qualche altro protagonista del romanzo, dal momento che in qualche occasione queste apparenti deviazioni dal sentiero dell'indagine si potranno rivelare importanti nel riepilogo dei fatti utili alla scoperta del colpevole e del modo in cui questa persona ha agito: se nella prima parte esse sono più numerose, non significa che siano tutte estranee al caso; anzi, a volte si riveleranno più utili degli indizi materiali e tangibili snocciolati nella seconda metà della storia. Gli stessi comportamenti degli attori sulla scena, mossi dalla psicologia umana e da ragioni che rientrano più nel campo dell'irrazionale e del campo spirituale, sono essenziali per riuscire a comprendere appieno il movente dell'omicida e come lo ha spinto ad agire. Nel testo sono presenti moltissimi dialoghi, oltre alle riflessioni del narratore-protagonista che punteggiano con costanza ogni capitolo, ed essi costituiscono forse il mezzo principale attraverso cui riuscire a scoprire la verità prima che Kitchin ce la sveli alla fine del racconto. Pure l'aspetto romantico della storia, sebbene Malcolm sia tanto pieno di sé (in senso positivo) da non lasciarsi mai andare del tutto, gioca un ruolo di una certa importanza nello svolgimento del processo di indagine verso l'individuazione del colpevole, oltre ad essere dipinto in modo ammirevole. Ma in realtà, in "La Mattina del 25 Dicembre" c'è ben poco di non superbamente tratteggiato: le vicende sono concentrate all'interno di Beresford Lodge, ma spaziano pure nei dintorni esterni della casa, nel giardino e lungo le strade che la collegano con la civiltà, delineando in tono onirico e lirico le caratteristiche dei luoghi. Ogni tanto ci troviamo di fronte a romanzi gialli che trasmettono così bene un ambiente che il lettore si sente come se ci vivesse dentro, tanto ci si ritrova a navigare tra gli scenari: ebbene, questo è uno di quelli. Se qualche volta ci pare di trovarci di fronte a descrizioni fin troppo dettagliate e quasi noiose, dobbiamo ricordare che esse ci permettono di farci meglio un'idea degli spazi in cui i protagonisti si muovono; pertanto, meglio lasciarsi trasportare dai flashback e dalle descrizioni che in qualche modo rendono la narrazione liscia come l'olio e salda. Magari quello di Kitchin non sarà il libro meglio strutturato in questo senso, ma la caratterizzazione e l'ambientazione sono così ben descritte che il risultato è straordinario (pp. 10, 14-18, 39, 48-49, 73-77, 87-89, 92-94, 97, 99-101, 106-110, cap. 11, 191-199).

Detail 2 from Hunters in the Snow, Pieter
Bruegel The Elder, 1565
"La Mattina del 25 Dicembre" soddisfa le esigenze di un romanzo giallo tradizionale, proprio come lo stesso autore lo concepiva. Nel capitolo finale, dove vengono spiegati tutti gli elementi dell'indagine, il narratore Warren-Kitchin spiega come questo tipo di storie siano studi sul comportamento di persone normali in occasioni che di normale non hanno nulla; quindi, non costituiscono tanto pretesti per dare vita a casi straordinari ed eclatanti, quanto scene con situazioni dove vengono messe alla prova la psicologia e le correnti sotterranee che scorrono e a volte si scatenano tra gli attori sulla scena. Certamente l'elemento dell'enigma è qualcosa che non può esulare dal complesso finale costituito dalla storia; ma questo non significa che esista soltanto quello, a discapito dello sviluppo dell'interazione tra i personaggi. Pertanto, ci sta che il mistero della morte della signora Harley non sia qualcosa di spettacolare: non è questo a cui punta l'autore, quanto sulle conseguenze che scatena questo decesso violento sulle persone che in esso si trovano coinvolte, sulla complessità e sulla visione che il lettore ne ricava. Tra l'altro, mi ha molto colpito come il decesso della povera donna abbia avuto ripercussioni tanto sentite nei suoi compagni. Le dinamiche tra questi ultimi vengono messe sotto i riflettori, assieme alle tante emozioni che si scatenano tutte assieme di volta in volta: percepiamo ognuno di loro come se fossero personaggi che si staccano dalla carta su cui vengono tratteggiati. Malcolm, dal canto suo, è insicuro, un po' snob ma sensibile, con uno spiccato senso di inferiorità quando viene in contatto con uomini più robusti e vigorosi di lui, spesso simpatico e cortese; proprio come se fosse il tipico giovanotto in carriera (cap. 6, pp. 69-70, 72, 84-86, 96, 100-101, 106, 122, 124-126, 141, 143-145, 153, 155-156, 160-162, 185-186, 189-190, 197). D'altra parte, abbiamo una serie di individui dalle caratteristiche contrastanti: i Quisberg sono fin troppo tranquilli e normali di facciata, mentre sotto sotto nascondono timori e preoccupazioni che li agitano; Clarence è romantico ma allo stesso tempo lunatico come i "veri" artisti bohemien; Amabel e Dixon sono giovani scapestrati, insofferenti delle regole della società e alla ricerca del brivido; Sheila una ragazza fin troppo quieta, tanto da confondersi con la carta da parati, ma che può rivelare una certa vitalità se solo lo vuole; il dottor Green è tanto gioviale quanto capace di dimostrare una determinazione tenace; il cameriere Edwins tanto solenne all'apparenza quanto un chiacchierone. Pure l'ispettore Parris, con il suo strano atteggiamento così poco credibile (vista la gentilezza che usa verso i sospettati e i suoi pregiudizi verso gli agenti di provincia) e il suo passato da studioso di teologia, resta impresso nella mente del lettore. In fin dei conti, soltanto Harley e l'infermiera appaiono poco caratterizzati.

Ma non si limita al puro tratteggio dei temperamenti, l'occhio critico di Kitchin. Ho notato una certa abilità, forse dettata dalla propria esperienza, nel descrivere quali siano le azioni che compie l'agente di borsa oppure il finanziere, la quale contrasta con quella più stereotipata di autori più celebrati della Golden Age. Una volta tanto, l'autore ha dimostrato di essere più bravo dei suoi colleghi in qualche frangente. Per quanto riguarda l'enigma puro, invece, Kitchin si è attenuto a uno schema meno articolato ed innovativo, lasciando a una certa casualità alcuni momenti di svelamento che in un altro caso forse sarebbero stati meglio trattati. Ma come dicevo, il bello di "La Mattina del 25 Dicembre" non sta tanto nel fatto che il suo mistero sia straordinariamente innovativo, quanto nel puro racconto degli eventi narrati all'interno della storia. Tutto ciò che accade prima del delitto, tra i giochi da tavolo e quello delle sedie, la cena della Vigilia, le consuetudini al momento di andare a letto e al risveglio, le interazioni tra padroni e servitù, oppure tra ospiti e anfitrioni: ogni cosa trasmette conforto e affascina, all'interno di questo romanzo intelligente e ben strutturato, il quale mette in scena una vicenda movimentata e intrigante, complessa e ben tracciata. Si tratta di una prova esemplare di come non si debba necessariamente ideare un giallo pieno di trucchi mai visti, ma soltanto saper mettere insieme alcuni elementi all'apparenza semplici per dare vita a una serie di eventi che suscitino curiosità e spingano chi legge ad andare avanti. Certo, qualcosa di declinato in modo nuovo serve sempre, ma non occorre sia chissà cosa. Pertanto, ribadisco come "La Mattina del 25 Dicembre" mi sia piaciuto molto. Esso è un eccellente classico minore del giallo di Natale, perfetto per augurarvi ancora una volta un buon Natale.

P.S. Questa recensione è idealmente dedicata a Selene, Martina, Giada, Giorgia, Miriam, Michelangelo, Lorenzino, Antonio, Federico, Flow, Valentina, Chantal, Ana, Fortunato, Viviana, Fabrizio e Andrea. Il 2020 è stato un anno meno pesante grazie a voi. Lo sapete, vi voglio bene.


Link all'edizione italiana su Amazon
 

Link all'edizione in lingua originale su Amazon

venerdì 25 settembre 2020

47 - "Ipotesi per un Delitto" ("Let X Be the Murderer", 1947) di Clifford Witting

Copertina dell'edizione pubblicata dalla
Polillo Editore

Come ho già avuto modo di osservare nell'introdurre la recensione di "Com'è Morto il Baronetto?" di H.H. Stanners, la classica crime story non è fatta di soli capolavori di autori ampiamente riconosciuti. Infatti, accanto a nomi come quello di Agatha Christie, la cui opera è conosciuta non solo all'interno del genere giallo, ma anche tra i lettori occasionali e chi è entrato in contatto col suo nome attraverso canali extra-letterari (con serie TV, film e quant'altro); di Dorothy L. Sayers e di Anthony Berkeley (forse i più celebri tra i giallisti classici, troviamo molto spesso perle letterarie di scrittori considerati illustri sconosciuti al di fuori della cerchia di appassionati di romanzo del mistero. Proprio "Com'è Morto il Baronetto?" si è rivelato essere un perfetto esempio di questo tipo di mystery, con una storia gradevole e (forse) talmente tanti elementi "tradizionali" da apparire fin troppo stereotipato, allo stesso modo esistono pure racconti che non hanno goduto della stessa fama di altri più celebrati, ma per questo non sono meno intriganti e affascinanti. Accanto ai capolavori, si possono meritatamente collocare sporadiche prove di giallisti che magari sono stati mediocri nel resto della loro produzione: mi viene in mente, ad esempio, Joel Townsley Rogers il quale, a parte "La Rossa Mano Destra", non ha prodotto chissà quali eclatanti parti creativi; oppure J. Jefferson Farjeon che, tra una spy story e un libro avventuroso, ci ha lasciato alcune piccole gemme di genere giallo come "Sotto la Neve" e "La Casa dei Sette Cadaveri". Nella maggior parte di questi casi, i loro autori magari hanno goduto di una certa celebrità finché erano in vita e così hanno potuto continuare a scrivere fino alla fine dei loro giorni; ma poi, di punto in bianco, non appena la loro produzione è cessata, le loro opere (sia quelle meno sia quelle più pregevoli) non hanno retto il colpo e sono via via scomparse dalla scena e dalla memoria dei lettori. In questo modo, molti meritevoli romanzi gialli della Golden Age, ma non solo, sono stati dimenticati e trascurati. Chissà qual è stato il motivo di questo spiacevole oblio. Forse essi sono stati dati alle stampe nel momento sbagliato o impiegando cliché inflazionati per il loro tempo, oppure il loro autore non è riuscito a raggiungere la fama che desiderava e nonostante il buon riscontro da parte di una parte del pubblico, complice la delusione, ha smesso di scrivere. Forse si è trattato di qualcosa di semplicemente naturale: infatti, i libri di questo genere sono talmente numerosi che, se qualcuno sfugge alla nostra attenzione, non c'è poi da stupirsene.

In ogni caso, non bisogna arrendersi al fatto compiuto; si deve continuare a fare attenzione e a restare aperti a nuove dritte su romanzo gialli che possono essere passati inosservati per ridare loro ciò che meritano (tra gli altri, mi incuriosisce moltissimo l'opera di Brian Flynn, riscoperta da PuzzleDoctor nel suo blog In Search of the Classic Crime e in corso di ripubblicazione da parte di Dean Street Press: se solo avessi più dimestichezza con la lingua inglese!). Soprattutto a quelli appartenenti a serie in cui il protagonista non è il tanto decantato e carismatico dilettante, con le sue particolari caratteristiche, ma un più prosaico poliziotto. In più di un caso (vedasi proprio l'insieme dei romanzi di Flynn), infatti, con molta probabilità questa caratteristica ha contribuito alla dimenticanza di alcuni mysteries più che riusciti, proprio perché non sono riusciti a imprimere nella memoria del pubblico un particolare personaggio o elemento originale della trama. Un vero peccato, a mio parere, dal momento che un romanzo giallo è molto di più del suo protagonista oppure di un semplice trucco di prestigio da applicare all'enigma. Pertanto, su Three-a-Penny appariranno in futuro, oltre ai già presenti "Com'è Morto il Baronetto?" di Stanners e altri racconti minori del mistero che vi lascio trovare da soli, alcune tra queste opere meritevoli di essere riscoperte; e oggi voglio iniziare tale processo con "Ipotesi per un Delitto"di Clifford Witting (Polillo Editore, 2009). Questo autore, infatti, è quasi sconosciuto (tra le altre cose, la sua biografia è davvero stringata) e ha dato vita a una serie di romanzi in cui il protagonista è l'ispettore Charlton, un poliziotto la cui caratteristica più evidente è una spiccata intelligenza. Se a tutto ciò aggiungiamo il fatto che "Ipotesi per un Delitto" tratti di un tipico caso di "delitto-della-casa-di-campagna", con un certo numero di sospetti che varia dai parenti della vittima ai vicini di casa ad alcuni individui siti in villaggi poco distanti, la familiare figura dell'investigatore seriale e indizi nascosti tra le righe, potremmo avere l'impressione di trovarci di fronte a una storia abbastanza ordinaria e simile a tante altre. Eppure, non è così: in realtà l'indagine tocca temi molto interessanti (come quello della pazzia e quello del matrimonio) e il libro si distingue per uno stile scorrevole, un enigma articolato che intrattiene il lettore e suggestive descrizioni dei luoghi in cui si muovono i personaggi, producendo un risultato gradevole e affascinante.

Downs in Winter (Southdowns, Sussex), Eric Ravilious, 1935
raffigurante il paesaggio descritto in "Ipotesi per un Delitto"
La storia è ambientata nella piccola cittadina di Lulverton, sita a tre miglia di distanza da Southmouth-by-the-Sea, nei South Downs. Laggiù, in un freddo mattino di novembre, all'interno della stazione della polizia, il sergente Martin sta aspettando l'arrivo del suo superiore, l'ispettore Harry Charlton, per aggiornarlo sulle ultime novità riguardo la vigilanza del villaggio; quando all'improvviso suona il telefono. Come scoprirà Martin, all'altro capo del filo si trova qualcuno che sostiene di essere Sir Victor Warringham, in preda a un'agitazione a malapena soffocata. La voce appare confusa e spaesata, ma sostiene con forza di voler chiedere l'aiuto dei poliziotti dal momento che, quella stessa notte, un paio di mani fosforescenti hanno tentato di strangolare sua signoria nel sonno. Il sergente, scettico, tenta di cogliere qualche informazione in più e si affretta a riassicurare il mittente che presto Charlton sarà informato, in modo che egli possa decidere come meglio agire. E una volta aggiornato, l'ispettore decide di sondare il terreno e di recarsi con Martin a Elmsdale, l'enorme villa di proprietà dei Warringham. Giunti laggiù, tuttavia, i due poliziotti si scontrano con il primo problema: nonostante la palese felicità della cameriera nel veder giunti i soccorsi, la governante di casa miss Enid Winter li accoglie con una certa freddezza, tentando di minimizzare le ragioni che li hanno spinti a scomodarsi fino a giungere nella casa fuori dalla cittadina. A suo dire Sir Victor soffre di mal di cuore, ma non potrebbe mai aver deciso di punto in bianco di giocare uno scherzo del genere alla polizia; tanto più che, da qualche ora, egli si trova chiuso nella sua camera a riposare. Ovviamente sarà impossibile per Charlton e Martin incontrarlo, per cui meglio se ripassano un'altra volta. Mentre miss Winters sta rincarando la dose, tuttavia, appare il genero dell'infermo, un tale di nome Clement Harler che sostiene come Warringham sia matto da legare e pericoloso. A suo dire, la governante ha fatto finta che Sir Victor soffra di cuore per non rischiare di farlo entrare in contatto con sconosciuti e allarmarlo senza un motivo valido. Risultato: Charlton e Martin sono costretti ad andarsene. Nel farlo, però, scoprono che Warringham sta aspettando il suo avvocato, il signor Howard, per affidargli un non meglio specificato incarico. Che abbia a che fare col suo discusso testamento?

Come si informa ben presto l'ispettore, infatti, Sir Victon Warringham ha disposto delle sue ultime volontà in modo alquanto bizzarro, senza mai cambiare un documento testamentario che risale a molti anni prima. Secondo quest'ultimo, metà del patrimonio sarebbe dovuto passare alla moglie, Lady Warringham, mentre l'altra metà a Rosalie, la sua amata figlia. Tuttavia, le due donne sono decedute in un tragico incidente che aveva visto coinvolto un ordigno bellico, ai tempi della Seconda Guerra Mondiale; pertanto, la quota della moglie di Sir Victor e quella di Rosalie dovrebbero passare entrambe a Clement Harler, genero e ultimo mebro della famiglia, il quale ha dato dimostrazione di non essere un individuo alla mano non solo per il suo atteggiamento con Charlton (spingendolo praticamente fuori dalla porta e dicendo di non dare adito ai vaneggiamenti di un pazzo secondo i quali un fantasma avrebbe tentato di ammazzarlo), ma anche per il fatto di aver portato a Elmsdale un'altra donna, una femmina fatale di nome Gladys. Tutto ciò, quindi, farebbe pensare che gli Harler stiano tramando un brutto scherzo a Warringham, così da fargli perdere del tutto la ragione e internarlo per impedirgli di fare alcuna modifica al testamento, per assicurarsi il denaro. Charlton è convinto di questa teoria e, nonostante non lo abbia mai incontrato di persona, non crede che Sir Victor sia matto: a sostenere questo fatto sono gli Harler e un dottore dalla cattiva reputazione, mentre dicono il contrario Howard e le altre due persone che hanno a che fare con il malato: un bambino di dieci anni, John Campbell, nipote di miss Winters, e Tom Blackmore, affittuario di un cottage all'interno della proprietà e conoscente di vecchia data del padrone di Elmsdale. Però non può fare nulla, finché gli eventi non si saranno spalancati davanti a lui e ai suoi sottoposti. Così assiste impotente al delitto che si verifica la notte seguente proprio in casa di Sir Victor, nuova fonte di guai. Infatti, la vittima non è Warringham, come le premesse farebbero pensare, ma miss Winters. Cosa può aver innescato una donna silenziosa e astuta come quella? Forse c'entra il testamento di Sir Victor? Oppure il movente di tale crimine deve ricercarsi nel passato della donna? Starà a Charlton mettere in pratica le indagini di routine, applicare il suo metodo basato sui fatti  e svelare la verità che si cela dietro l'assassinio.

Coastline Seascape, John Glynn, 1920
circa, raffigurante la costa inglese in cui si
trova Southmouth
Da come si presenta, "Ipotesi per un Delitto" ha tutta l'aria di assomigliare a un problema matematico, come uno dei cruciverba mentali che andavano tanto di moda nei primi anni del Novecento. Fin dalla sua struttura esteriore, infatti, esso mantiene una divisione in parti che ricorda molto da vicino quei teoremi che un po' tutti noi abbiamo studiato a scuola. "Sia ABC un triangolo isoscele" si è soliti recitare come un mantra, quando si affronta la geometria matematica; e anche in questo caso ci troviamo davanti a un postulato che ricalca questa formula, dal momento che il titolo originale del romanzo è proprio "Sia X l'omicida". Inoltre, al suo interno, troviamo uno schema quadripartito, dove ogni sezione porta il nome di una parte del problema: "Teorema", "Ipotesi", "Interpretazione" (che noi chiameremmo "Tesi") e "Dimostrazione". Nella prima parte si prova a capire chi e perché voglia la morte di Sir Victor; nella seconda si sviluppa la ricerca di indizi alternativa al filone finora seguito, dal momento che l’omicidio verificatosi non coinvolge il baronetto, ma la sua governante; nella terza si scava a fondo nelle diverse piste, per scovare chi sia cosa, quando e perché; nell'ultima i nodi vengono al pettine e si scopre chi ha commesso il crimine e il suo movente. In aggiunta a ciò, inoltre, abbiamo tutta una serie di elementi che a primo acchito rimanda a una trattazione del caso in modo alquanto asettico, tradizionale e quasi pedante. Ad esempio, le premesse dell'omicidio (ed esso stesso) ricalcano il classico schema secondo cui tutti gli eventi danno ad intendere che stia per accadere una disgrazia, ma l'investigatore non può far altro che aspettare che si verifichi il decesso della vittima designata, prima di poter raccogliere abbastanza prove materiali per inchiodare l'assassino; oppure la presenza di pochi personaggi, presentati come simili a incognite di un'equazione matematica e caratterizzati da una certa sgradevolezza e aridità, la maggior parte dei quali viene descritta attraverso un complicato schema genealogico. Lo stesso Charlton, a differenza del sornione Poirot, del faceto Lord Peter e del cinico Roger Sheringham, appare freddo per la maggior parte del tempo e intenzionato a catturare il colpevole senza lasciarsi troppo trasportare da distrazioni come le emozioni e le opinioni personali. Legato a ciò, in "Ipotesi per un Delitto" troviamo un metodo di indagine completamente differente da quello che potrebbero mettere in pratica gli investigatori dilettanti: qui ci troviamo di fronte alla solida e inossidabile routine della polizia, la quale deve compiere passi necessari per assicurare un corretto svolgimento del proprio compito verso i cittadini e rispettare una prassi ben precisa, dove non esistono sgarri e iniziative personali da parte degli agenti. Inoltre, uno dei temi principali affrontati nel corso del romanzo è quello della legge, legato alla complicata faccenda del testamento di Sir Victor Warringham; tutto è molto dogmatico e strutturato, i cavilli legali del passaggio delle quote ereditate vengono passati al microscopio più di una volta e i sospetti variano in continuazione proprio in base alla lettura che viene data di ogni nuovo indizio (spesso materiale e non psicologico), tenendo in considerazione le conseguenze che possono derivare dalle scoperte sulla morte di miss Winters (pp. 43-44, 81-84, 114-116, 125-126, 131-133, 136, 156-158, 179-187, 248-250, 256-259, 290-292, 295-305, 311-313).

In sintesi, dunque, tutti questi elementi tendono a dipingere "Ipotesi per un Delitto" come se esso fosse uno di quei fin troppo classici romanzi del mistero che trattano di un delitto in un'antica villa signorile, farcito con la consueta famiglia di parenti-serpenti corredata di conoscenti e amici della stessa natura, una lunga serie di indizi da trovare ed interpretare, un detective che si preoccupa di analizzare questi ultimi per trovare una soluzione, atta ad incriminare un individuo e a portarlo di fronte a una corte di giustizia senza indugio, e una generale aria ironica e un po' retrò a fare da sfondo alle vicende. Insomma, una storia ordinaria che non colpisce e che potremmo scambiare con tante altre. E in parte è così, non si può negare l'evidenza. Dopotutto, sfido chiunque a confutare le affermazioni che ho fatto qui sopra e ad ignorare alcuni commenti che si trovano in rete a riguardo, tra i quali spiccano "[il giallo] è di quelli che definisco "piatti" e poco movimentati, [con una] vicenda [che] non si fa mai molto interessante", "un romanzo abbastanza banale e prevedibile, nonostante le rivelazioni finali. [...] non aggiunge nulla di nuovo ai numerosi romanzi usciti negli anni precedenti. Forse può sorprendere il lettore occasionale di gialli, ma le tematiche e lo svolgimento della trama sono tutti ben noti a chi conosce i romanzi di genere" e "un libro minore". Tuttavia, quello che si fatica a cogliere, a mio parere, è che la storia narrata da Witting non si ferma a questa semplicistica analisi superficiale. In ognuno degli aspetti che ho preso in considerazione, possiamo trovare qualcosa che mette in mostra come l'autore abbia voluto fare un passo in avanti e dare un'interpretazione in qualche modo svecchiata. Lo schema familiare dei Warringham e dei loro conoscenti, ad esempio, è sì incentrato su un complesso sistema che tende a restituire una schematizzazione geometrica dei rapporti tra gli individui, ma in realtà è confuso e sottintende una mancanza di chiarezza che si allontana proprio dall'idea iniziale della struttura ben definita. La incognite che coinvolgono la storia familiare e la questione dell'eredità sono piene di intrighi, bugie e inganni, e rispecchiano una certa imprecisione che stride con l'apparente simmetria del romanzo. Lo stesso schema dell'indagine, che sembra tanto attinente alla tradizione, mostra un'evoluzione che ricalca il parte quella di "Il Pericolo Senza Nome" di Agatha Christie, una tra le più innovative gialliste di sempre. I personaggi, dal canto loro, appaiono sia come figure sgradevoli che ripugnano e che tendono ad essere identificate in incognite geometriche, sia quali attori a tutto tondo (almeno riferendosi ai protagonisti principali delle vicende), i quali danno prova di avere spessore e profondità: infidi come serpenti oppure emotivi, ma pur sempre lontani da macchiette stereotipate. E questo vale pure per Charlton, il quale in un paio di occasioni abbandona l'atteggiamento gelido per mettere in luce una certa compassione per John Campbell e Sir Victor, oltre a lasciar trasparire come non sia così malvagio quando entra in contatto con i suoi sottoposti.

In aggiunta, la legge e il testamento, così importanti all'interno del racconto di "Ipotesi per un Delitto", lasciano intravedere quanto dietro al dogmatismo si celi una grande confusione: non si è mai sicuri di nulla, perché i fatti potrebbero essere capovolti da un nuovo indizio, e i risvolti che scaturiscono da essi sono spesso inaspettati. Il metodo della polizia (pp. 109-110), tanto improntato a seguire una prassi ineluttabile e persino noiosa, mette in luce quanto sia importante l'elemento umano perché esso possa funzionare al meglio: l'interazione tra gli individui è importantissima, a dimostrazione di quanto non sia un'indagine individualista come quella dell'investigatore dilettante, tutt'al più coadiuvato da una "spalla", ed esprime un'aria di cameratismo che è il vero segreto del suo successo (pp. 10-14, 17-18, 25-26, 44-45, 77-79, 81, 86, 95-100, 144-145, 153-170, 207-210, 240-246, 268-270, 279-281); si manifesta grazie alle prove che riesce a portare alla luce, ma viene messa in pratica con un'astuzia e una certa faccia tosta che non possono essere imprigionate e catalogate. Gli stessi indizi, infine, si suddividono tra fisici (in realtà è la mancanza di alcune prove a mettere sull'avviso Charlton) e psicologici; anzi, direi che il fattore della psicologia gioca un ruolo di maggior rilievo, allo stesso modo che nei romanzi gialli di Christie. Insomma, nonostante sia inconfutabile il fatto che "Ipotesi per un Delitto" ricalchi un qualche modo quel tipo di mystery pragmatico che fece fortuna nei primi anni del Novecento, basato su aspetti molto tradizionali e incentrato su di un'indagine che vedeva protagonista la polizia al posto del segugio dilettante, secondo me è sbagliato catalogare senza indugio questo libro in tale definizione. Al suo interno c'è molto di più di quanto sembri: non solo abbastanza elementi per confutare in parte le critiche da esso rivolte, ma pure un'attenzione volta a trattare alcuni temi con particolare cognizione, come quello della pazzia e quello del matrimonio.

Rara immagine di Clifford Witting, nato nel
1907 e morto nel 1968, mentre è al lavoro

Proprio per questo motivo è un vero peccato che l'opera di Clifford Witting non sia conosciuta più di tanto e nemmeno tenuta in particolare considerazione. Della sua vita, come dicevo nell'introduzione, non si sa poi molto; forse anche per questo egli non è riuscito a conservare la fama che merita all'interno del genere e a veder perdurare la sua produzione nel tempo. Della sua biografia stringata, si sa che nacque nel 1907 nel distretto di Lewisham, a Londra, e che dopo gli studi all'Eltham College della città, tra il 1916 e il 1924, divenne impiegato alla Lloyd Bank, dove lavorò fino al 1942. Si sposò nel 1934 con Ellen Marjorie Steward, dalla quale ebbe una figlia di nome Clerk, e durante la Seconda Guerra Mondiale prestò servizio come sottufficiale d'artiglieria nei Royal Artillery and Ordinance Corps, da cui si congedò col grado di maresciallo. Prima di allora tuttavia, aveva già dato alle stampe alcuni romanzi gialli, a partire dal 1937 quando pubblicò "Murder in Blue", il quale vede un'indagine sulla morte di un poliziotto. Fin dal suo esordio, il personaggio principale delle sue storie fu l'ispettore Harry Charlton della polizia di Lulverton, un villaggio che si trova nei South Downs a poche miglia dalla costa inglese, assieme ai suoi assistenti: i sergenti Martin e Bardfield, quest'ultimo in seguito promosso a ispettore. Per il resto, sulla vita di Witting si sa che nel 1947 egli fu nominato direttore onorario dell'Old Elthamian, il giornale del suo vecchio college, e che entrò a far parte del Detection Club nel 1958, appena dieci anni prima della sua morte. Questa fu una delle tante stranezze che videro l'autore protagonista: come mai l'invito gli venne esteso soltanto così tanto tardi? E perché è così dimenticato, nonostante abbia dato vita a una produzione narrativa non indifferente? Per quel momento, infatti, aveva già pubblicato per l'editore Hodder & Stoughton ben dodici dei sedici mysteries che firmò a suo nome, i più importanti dei quali furono "Measure for Murder", "Subject: Murder", "Ipotesi per un Delitto", "A Bullet for Rhino" e "There Was a Crooked Man". Oltretutto, Witting ha ottenuto grandi elogi dai critici Barzun & Taylor nel loro "A Catalogue of Crime", al punto che la sua intera produzione è stata inserita in quella guida fondamentale alla letteratura del mistero e la sua abilità definita come debole in partenza, ma poi caratterizzata da una competenza sempre più alta; a dimostrazione di quanto egli avesse una spiccata capacità nel tratteggiare personaggi e situazioni, oltre a saper tenere alto l'interesse del lettore nei confronti del mistero. Anche il critico Nick Fuller ha espresso parole di stima per Witting: "La sua indagine è genuinamente avvincente, e il suo stile ironico anche se poche volte scherzoso. Lui poteva creare molte bene le ambientazioni, come quella dell'esercito in "Subject: Murder". I suoi libri hanno la genuina attrazione del giallo classico. Lui può mettere con abilità il lettore su una falsa pista ("Midsummer Murder") o inventare un genuinamente astuto e semplice metodo per uccidere ("Dead on Time"). Sperimentò con la forma: la vittima a sorpresa di "Measure for Murder" o, nonostante il resto sia debole, la maestria nell'orchestrare l'inverted story in "Michaelmas Goose". In breve, ha sempre offerto qualcosa al lettore e trovato originali idee all'interno delle convenzioni del giallo".

Eppure, come dicevo all'inizio, a parte questi pareri entusiasti e pochissime altre menzioni, l'autore è stato del tutto trascurato. Un vero peccato, se si pensa a quanto sia una buono "Ipotesi per un Delitto". Infatti, sebbene Witting non sia considerato come particolarmente brillante e la sua penna poco abile nell'avvolgere ogni cosa di mistero, da parte mia penso che i suoi siano romanzi gialli meritevoli tanto come polizieschi attinenti alla tradizione quanto come espressione di un genere in evoluzione. Nello specifico del libro di oggi, oltre agli aspetti di cui ho parlato sopra, trovo che le ambientazioni siano molto affascinanti, sappiano calare il lettore nelle vicende con pari calore e glaciale dramma in base alle necessità e costituiscano uno dei punti più alti dello stile dell'autore (pp. 12-15, 18, 28, 37, 67-71, 87, 89, 96-99, 110, 215, 230-233, 261-262, 273, 276, 279-280, 292-294). A questo proposito, mi è sembrato che la narrativa di Witting sia vicina a quella di Herbert Adams, giallista che spesso aggiunge una sorta di sottotrama suggestiva popolata di personaggi minori ma vividi, i quali tendono ad occupare la prima linea della scena mettendo sullo sfondo l'indagine; cosa che va bene solo se utilizzata a piccole dosi, e questo è il caso del romanzo che recensisco oggi, dove fascino e arguzia abbondano e contrastano la violenza (es. pp. 67-71 e 87-90). Molti temi vengono affrontati in modo interessante, dimostrando probabilmente quali fossero le idee dell'autore a riguardo. La pazzia, innanzitutto, vista come qualcosa che non è per niente facile da individuare: spesso la si fa facile, dicendo che chi è malato di mente ce l'ha scritto in faccia, ma in realtà questo tipo di disturbo si cela dietro a maschere all'apparenza quiete e tranquille. Dopotutto, i romanzi gialli e i fatti di cronaca ci insegnano ogni giorno quanto sia invece complicato scorgere i segni di un cervello disturbato; segni che si manifestano il più delle volte nelle piccole cose e nelle azioni che ognuno compie durante una giornata come tante (pp. 20-22, 42, 51-59, 63-65, 82-85, 111-117, 119-128, 159-160, 187-188, 199-200, 253, 259-260, 273-281, 286-289). La stessa scienza, altro punto importante all'interno di un mystery giocato sui fatti e sugli aspetti più pragmatici di un omicidio come "Ipotesi per un Delitto" (pp. 95, 98-100, 126-127, 129-131, 160-163, 168-169, 188-189, 194-195, 210-215, 305-307), può fallire nell'individuare qualcosa che non va in una persona con la mente instabile: a volte un ritardo può non sortire alcuna grave conseguenza, se il paziente manifesta piccole manie; ma se egli tende ad avere comportamenti ossessivi e ad assumere un comportamento violento, le cose possono cambiare in modo drastico. Insomma, c'è molto da fare prima di poter assicurare una diagnosi veritiera.

In secondo luogo, poi, abbiamo una curiosa tendenza da parte di Witting nel dipingere matrimoni che non funzionano per niente: non solo quello degli Harler, complici e nemici l'uno verso l'altra allo stesso tempo, ma anche quello dei genitori del piccolo John Campbell, quello della defunta Rosalie con l'infido Clement e quello tra Tom Blackmore e la sua (ex)compagna infedele (pp. 47-51, 62-63, 70, 81-83, 137-139, 216-217, 297-305). Forse questo aspetto, ripetuto più volte all'interno di uno stesso romanzo, può gettare la luce sulla relazione tra l'autore e sua moglie? Non avendo letto altro di suo, mi riservo di sospendere il giudizio; però è curioso come il rapporto tra uomo e donna sia dipinto in modo tanto negativo. Anche la presenza di un bambino come personaggio chiave della storia è una scelta compiuta da Witting che trova ben pochi altri riscontri all'interno del genere (pp. 28-33, 61-63, 71-76, 79, 116-117, 141-147, 200-203, 237-240, 253-259, 273-278). Ad esempio, a me viene in mente solo "È un Problema" di Agatha Christie, in cui una bambina viene sballottata di qua e di là da individui senza scrupoli, come lo stesso John, e gioca un ruolo di primo piano dentro un poliziesco. Per quanto riguarda gli altri protagonisti principali, invece, ci sono più o meno le solite figure, caratterizzate però a tutto tondo e soprattutto da un forte grado di repulsione. Soltanto John Campbell riesce a mantenere un atteggiamento di ingenuità e tenerezza pressoché per tutto il racconto (nonostante nutra fugaci pensieri letali contro Harler, quando quest'ultimo gli sequestra la pistola giocattolo); gli altri figurano come sgradevoli individui decisi ad accaparrarsi un vantaggio dalla situazione a Elmsdale (presentati soprattutto nella prima parte, oltre alle pp. 148-152, 171-179, 193-196, 216-224, 226-230, 247-250, 264). Al contrario, le figure secondarie come Bardfield, Martin, la signora Gulliver e la giovane Lily Higgins (rispettivamente cuoca e sguattera in casa Warringham) vengono dipinte come gradevoli persone, un po' ingenue ma proprio per questo lontane dai desideri e dalle passioni che divorano i signori aristocratici e snob, e ne decretano la rovina. Ecco, forse solo il dottor Stamford gioca un ruolo dalle apparenze negative tra le comparse; assieme a Gladys Harler, la quale purtroppo compie soltanto fugaci apparizioni e scompare nella seconda metà della storia (peccato, magari poteva interpretare un ruolo di maggior peso negli eventi).

Infine, vorrei spezzare una lancia a favore dell'enigma contenuto in "Ipotesi per un Delitto". Nonostante il fatto che, senza dubbio, al suo interno ci siano delle carenze (la cerchia di sospettati molto ristretta, il continuo spostamento delle luci della ribalta sui sospettati che porta a una graduale eliminazione degli stessi e una certa aridità nell'enunciazione, rispetto a quanto accade in altri romanzi gialli), non me la sento di bocciarlo in pieno. Una persona che conosco e che se ne intende di crime novels ha affermato che il mistero contenuto in questo libro non ha nulla di meno di uno di quelli che si trovano in un romanzo di Christie: forse l'affermazione è un po' eccessiva, ma a grandi linee sono d'accordo. In fondo, quello che richiede un buon mystery è una vicenda che sappia coinvolgere il lettore al punto da catturare la sua attenzione e riesca a mantenere alta la tensione e la curiosità fino alle ultime pagine. Ed io ho ritrovato proprio ciò in "Ipotesi per un Delitto". Qualche colpo di scena non è stato celato proprio benissimo, se si è accaniti divoratori di storie del mistero, ma tutto sommato la vicenda riserva più di una sorpresa per chiunque si appresti a leggerla. Il fair play, inoltre, viene rispettato fino a un certo punto, dal momento che è la mancanza di indizi che, in qualche modo, può suscitare nel lettore alcuni sospetti su chi sia il colpevole. Detto ciò, sento di potermi dire più che soddisfatto della lettura di "Ipotesi per un Delitto" e propenso a provare, nei prossimi mesi, l'altro romanzo di Witting che Polillo ha tradotto per il lettori italiani: "Il Canto di Natale". Ma adesso ho voglia di allontanarmi dall'indagine basata sulla routine della polizia e tornare a concentrarmi sulla figura dell'investigatore dilettante. Tornerò sulle imprese di Charlton quando avrò bisogno di un racconto ben costruito, gradevole e che mi riconcili che il giallo più classico.


Link a Ipotesi per un delitto su Libraccio

Link all'edizione italiana su Amazon