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venerdì 26 giugno 2020

37 - "L'Inquilino del Piano di Sopra" ("Blue Murder", 1941) di Harriet Rutland

Copertina dell'edizione pubblicata dalla
Polillo Editore
Quando pensiamo agli anni che vanno dal 1939 al 1945, non possiamo fare a meno di concentrare la nostra mente sul conflitto più devastante e sanguinoso di tutta la Storia: la Seconda Guerra Mondiale. E se pensiamo ad esso (e al quello che lo precedette, verificatosi tra il 1914 e il 1918), allo stesso modo non possiamo esimerci dal riflettere sul fatto che le guerre abbiano influito in modo pesante sul modo di vivere delle persone che vi si ritrovarono coinvolte. Chi di noi non ha mai sentito un proprio parente (nonno, prozia, cugino) descrivere le difficoltà, i patimenti e le sofferenze subite? Esse furono una costante del periodo, qualcosa che fece cambiare per sempre le esistenze quotidiane della gente, fonti di grandi dispiaceri e tribolazioni. Eppure, se per molti versi i conflitti portarono con loro molte conseguenze negative (talmente tante che, ancora oggi, ci auguriamo di non dover rivivere mai più un'esperienza del genere), è pur vero che la spinta per l'avanzata del progresso e della democrazia costituì un potente motore per lo sviluppo del cammino del pensiero, della tecnologia e, ovviamente, tutto ciò che riguarda l'arte e la cultura. Tra gli altri, quello della crime story fu forse uno dei campi che meglio riuscì a cogliere vantaggi dalle tristi conseguenze provocate dalla guerra, grazie alla sensibilità di cui sono particolarmente dotati gli scrittori di romanzi gialli: essi, infatti, non solo sfruttarono le drammatiche trasformazioni del conflitto sulla vita quotidiana per rinnovare l'ispirazione per la costruzione delle loro trame e per donare a esse nuove atmosfere e caratteristiche, ma riuscirono anche a dare vita a storie che si avvicinavano all'esperienza del loro pubblico, interpretando le paure che esso pativa ed elargendo un po' di conforto. In America, tralasciando quegli autori che decisero di restare fedeli al modello inglese (come la Elizabeth Daly di "Morte al Telefono" e la Helen McCloy di "Come in uno Specchio", oppure Ellery Queen, con i loro enigmi classici benché psicologici), tutto ciò portò al fiorire della scuola hard-boiled, caratterizzata da individui duri e cinici che, allo stesso modo dei soldati al fronte, affrontavano la criminalità delle strade ed erano consapevoli del fatto che, comunque, la vittoria non era mai una conquista duratura e appagante.

In Inghilterra, invece, oltre alla corrente che vedeva gli investigatori dedicare anima e corpo alla causa nazionale e impegnarsi a una lotta "di frontiera" (come accade in "Quinta Colonna" di Agatha Christie, dove Tommy e Tuppence danno filo da torcere alla suddetta rete di spie), si vide sviluppare una narrativa incentrata maggiormente su quello che si può definire come Fronte Interno: quell'ambito del conflitto che prevedeva una certa organizzazione nel territorio amico, in patria, dove si respirava un'atmosfera non meno terrorizzante di quella della prima linea, e le privazioni e miserie quotidiane coinvolgevano tantissimi cittadini innocenti, sia nelle grandi metropoli sia nelle campagne, spaventati dagli orrori della guerra ma decisi a giocare un ruolo solidale gli uni con gli altri. I romanzi gialli anglosassoni che si sono soffermati sulla minaccia dei bombardamenti improvvisi, sulla crisi e sulla carestia, sui rastrellamenti e sulle difficoltà generate dal clima di paura del periodo, sono forse quelli che più sono rimasti nel cuore di tutti noi, poiché raccontano di un mondo che in qualche modo ci appartiene, dal momento che spesso i ricordi dei parenti di cui dicevo sopra si accompagnano a questo tipo di storie. Ad esempio, "Delitto in Bianco" di Christianna Brand (autrice tra le più celebrate della generazione post-bellica di membri del Detection Club), oltre a presentare un enigma tanto ben elaborato da essere considerato uno tra i migliori di ambito ospedaliero, mostra uno spaccato aderente alla realtà e affascinante di quale dovesse essere il clima nelle campagne dell'Inghilterra, durante i numerosi Blitz della Luftwaffe. Anche John Dickson Carr dedicò più di un suo mystery al giallo del Fronte Interno, prima con "Saper Morire" e poi con "Fantasma in Mare", dove in quest'ultimo caso ambienta le vicende a bordo di una nave passeggeri che deve attraversare la temibile zona degli U-Boot, i sottomarini tedeschi che affondavano le navi che portavano rifornimenti all'assediata Albione.

Ai libri di questo genere, tuttavia, oggi ne aggiungo uno che ha a che fare con il tema del mese (i colori nel romanzo del mistero, ricordate?), ma in senso figurato: infatti qui, a differenza delle volte passate, la tinta non viene intesa come pratica, fisica. In "L'Inquilino del Piano di Sopra" di Harriet Rutland (Polillo Editore, 2017), il riferimento è contenuto nel suo titolo inglese, "Blue Murder", ad indicare sia il senso di desolazione che percorre tutta la sua storia, sia i rumori e i frastuoni insopportabili delle bombe che cadevano sul Paese. Le vicende raccontate in esso ci descrivono una situazione sgradevole, in cui i personaggi si muovo e agiscono in un clima di odio e gelosia repressa e si verificano eventi sempre più agghiaccianti, man mano che le pagine scorrono. La bestialità trasuda dalle parole che leggiamo, assieme alla sensazione di dirigerci verso un finale che (come scopriremo) ci lascerà con il fiato sospeso fino all'ultima riga; non pensavo che un delitto del villaggio di campagna potesse diventare tanto oscuro, eppure sono stato piacevolmente stupito.

Searchlight at Dusk (Newhaven, Sussex), 1941, Eric
Ravilious, raffigurante un avamposto inglese durante la guerra
simile a quelli di Nether Naughton
La prima scena a cui assistiamo, iniziando a leggere il romanzo, è ambientata nello studio di uno tra protagonisti delle tristi vicende che si andranno a svelare davanti ai nostri occhi. Seduti nelle poltrone davanti al fuoco, sono presenti Mr Hardstaffe, il preside della scuola pubblica di Nether Naughton (microscopico villaggio della campagna inglese), un ometto borioso, iracondo, arrogante e, come se questo non bastasse, pure lascivo; e una delle insegnanti dell'istituto, Charity Fuller, giovane ragazza trasferitasi nel paesino da pochi mesi, alla ricerca di approvazione e comprensione. La frustrazione, accumulata negli anni e sommata a un carattere tirannico e suscettibile, ha reso Hardstaffe un individuo odioso alla maggior parte degli abitanti delle vicinanze; ma non a Charity, la quale si è lasciata andare e ha intrecciato una relazione clandestina col vecchio arpagone. Tuttavia, da qualche tempo la ragazza ha l'impressione di essere diventata l'oggetto di malevole voci di corridoio, non solo all'interno della scuola, ma addirittura per le strade del villaggio, e adesso ha deciso di troncare il rapporto intimo che la lega ad Hardstaffe, annunciando davanti al fuoco del caminetto le sue intenzioni. Una scelta, la sua, che non può essere accettata dal preside, il quale ha tutte le intenzioni di mantenere quel minuscolo bagliore di felicità all'interno della propria vita. Per Giove, si dice Hardstaffe, farei qualunque cosa per poterla sposare!... Peccato che egli sia già sposato con lei. A Nether Naughton, infatti, esiste già una Mrs Hardstaffe, una donna lamentosa e ipocondriaca che rende la vita infernale a lui e a Leda, la loro figlia, e che non intende certo mettersi da parte. Inoltre, il preside non è un uomo ricco e rischierebbe per giunta di vedere il proprio nome legarsi a una vicenda scandalosa (come se non si fosse già sporcato abbastanza con la relazione illecita con Charity). Come fare per risolvere la situazione una volta per tutte, accaparrandosi di ché vivere e l'agognata soddisfazione? Tutto sembrerebbe dover prendere una piega sinistra... E infatti, ben presto, nella casa degli Hardstaffe si verifica un decesso violento.

Tutto fa credere che il colpevole possa essere soltanto uno, ma le apparenze a volte possono ingannare. In realtà, ognuno dei personaggi dimostra di possedere quello che si definisce "un carattere sospetto": abbiamo la tipica famiglia disfunzionale da romanzo giallo, con il depravato preside, una consorte bugiarda che gode nel creare guai e una ragazza nubile fin troppo schietta e determinata, la cui giovinezza sta sfiorendo e attaccata solo ai cani di cui si occupa; un corredo di domestici composto da una cuoca esperta, una cameriera efficiente e una sguattera ebrea, rifugiatasi in Inghilterra per sfuggire agli orrori di cui si sta macchiando il regime del suo paese natale e mezza impazzita; e infine un inquilino sfollato dalla grande città, Arnold Smith, il quale fa il romanziere e deve per forza scrivere un nuovo libro, per non rischiare di finire in mezzo a una strada. Quest'ultimo, pian piano, assume il ruolo di personaggio centrale grazie ai discorsi che intavola con uno o l'altro degli attori del dramma: deve scrivere un mystery, e non può esimersi dal tentare la fortuna e catturare ogni sensazione generata dagli attriti tra i suoi affittuari (a costo di suscitarli egli stesso?). Eppure, senza che egli riesca a dominare la situazione, la tensione inizia a salire sempre più fino a culminare in un nuovo decesso violento, tanto che la polizia locale decide di far intervenire Scotland Yard. Riuscirà il poliziotto incaricato del caso, affiancato dal sergente subalterno, a risolvere il duplice omicidio, oppure ci sarà un altro morto prima che la storia sia finita? In una narrazione brutale, caratterizzata da un ritratto spietato della vita quotidiana del Paese nel corso della Seconda Guerra Mondiale, la sfida per l'ispettore Driver è aperta.

Coastal Defences (Newhaven, Sussex), Eric Ravilious,
 1941, raffigurante un altro avamposto inglese durante la
guerra, simile a quelli di Nether Naughton
Come dicevo, "L'Inquilino del Piano di Sopra" è stato uno tra i romanzi gialli che più sono riusciti a trasmettermi una forte sensazione o emozione. Tempo fa, avevo già provato ad affrontare un mystery tutto sommato classico, in cui il tema della guerra era molto sentito: "Il Mondo dopo la Notte" del contemporaneo Charles Todd. In quel caso, ricordo distintamente come l'elemento dominante di tutta la storia (caratterizzata, tra l'altro, da un mistero che si poteva risolvere grazie ad alcuni indizi disseminati tra le righe) fosse stato il forte senso di disperazione e smarrimento che tutti i personaggi si trovavano a fronteggiare e a combattere, per non cadere nello smarrimento di sé e nell'angoscia strisciante che era risultata dai contraccolpi del conflitto sulle coscienze della gente comune. Prima di iniziare a leggere il libro di Rutland, quindi, mi aspettavo più o meno di ritrovarmi a provare quelle stesse sensazioni e di empatizzare con i protagonisti delle vicende; e invece, mi sono trovato davanti a qualcosa di totalmente differente. Forse il titolo originale avrebbe dovuto mettermi in guardia sulla materia prima con cui viene plasmata la storia degli omicidi di Nether Naughton. "Blue Murder", infatti, può sottintendere un discorso incentrato sul colore blu, spesso associato a sentimenti come la tristezza e la depressione, e pertanto indicare come la trama del romanzo sia focalizzata su tali emozioni; ma non bisogna trascurare il fatto che (come ho scoperto alla fine della lettura) la locuzione di cui sopra abbia pure un preciso significato nella lingua inglese, che corrisponde a un "grande clamore, rumore o frastuono orribile", prodotto in circostanze improvvise oppure quando qualcuno si lamenta per qualcosa che non gli piace. In queste poche righe, è racchiusa tutta quanta la sostanza di "L'Inquilino del Piano di Sopra".

Infatti, come scopriamo ben presto, gli elementi su cui si fonda la sua storia sono contrastanti come l'assordante urlo del gessetto sulla lavagna poiché, a un'ambientazione all'apparenza idilliaca (pp. 7, 13, 16, 18-19, 24, 26, 44-47, 53-54...), troviamo spiacevoli trattazioni del tema della guerra, vista come una "spada di Damocle" che pende sulla testa di tutti i cittadini e può scatenarsi da un momento all'altro, causando disastri ingenti (pp. 19-22, 25-26, 28-29, 31, 37-39, 49, 53-54...); dell'ostilità dei personaggi verso il prossimo e dell'insofferenza che essi provano senza riuscire a (o voler) nascondere; delle gelosie, i segreti depravati e le ambizioni che ognuno di essi cova e accarezza, senza curarsi del malessere che quegli possono in questo modo suscitare; del terrore di non essere in grado di raggiungere la meta prefissata. Nel corso delle vicende, ci vengono descritte con amara e sconcertante franchezza le insicurezze della società inglese al tempo della guerra, tra voglia di resistenza e un profondo senso di sospetto e paura. Nei protagonisti, viene calcata la mano sul lato sgradevole e violento delle loro personalità, dipingendoceli come preda delle pulsioni selvagge e di un esaurimento nervoso portato ai propri estremi. A differenza di quanto accade in "Il Mondo dopo la Notte", dove gli esseri umani vengono dipinti come bisognosi di tranquillità e di un ricovero dagli orrori del conflitto appena conclusosi, qui la guerra sembra mettere a nudo il cuore crudele degli uomini e delle donne, fa cadere i freni inibitori che dovrebbero mascherare la follia nascosta nelle profondità della psiche, e mette in mostra il trionfo dell'egoismo più puro e agghiacciante, restituendoci personaggi per i quali fatichiamo a provare pietà. Ecco, è la ferocia ciò che emerge da ogni pagina di "L'Inquilino del Piano di Sopra": dal punto di vista della guerra, che priva gli individui di qualunque tipo di sicurezza (finanziaria, emotiva, quotidiana) e li sottopone a dure prove da affrontare; dal punto di vista della gente del villaggio, la quale disperde nell'aria una sorta di miasma velenoso, fatto di gelosie, malcontento, bisbigli e pettegolezzi della peggior specie; dal punto di vista dei protagonisti, incapaci di provare affetto e comprensione gli uni verso gli altri e risucchiati in un vortice di odio palese.

Nel mistero tracciato da Rutland, sono questi ultimi gli strumenti di cui ci dovremmo servire per comprendere i moventi che hanno portato al duplice delitto di casa Hardstaffe. Grazie alle schermaglie per nulla filtrate tra Mr e Mrs Hardstaffe, riusciamo a farci un'idea del concetto di matrimonio che l'autrice stava sviluppando (sappiamo che, nel momento in cui scrisse "L'Inquilino del Piano di Sopra", ella si trovava sfollata come Arnold Smith, con la sola compagnia del figlio piccolo, e che pochi anni dopo avrebbe divorziato dal marito); siamo in grado di comprendere come il ruolo della donna stesse cambiando, da semplice angelo del focolare a individuo attivo socialmente e da impiegare nell'economia del Paese, osservando con sgomento la determinazione di Leda nell'adottare un piglio fin troppo militaresco nel dominare il ménage familiare e le riunioni delle associazioni locali, oltre all'addestramento dei suoi cani; assistiamo sconcertati all'atteggiamento snobista e razzista adottato dagli Hardstaffe nei confronti della sfrenata rifugiata Frieda, accolta in famiglia "perché non c'è alcuna alternativa", bistrattata con appellativi offensivi e frustrata al punto da farla quasi impazzire; solo perché forestiera, ci viene presentata un'immagine terribile di Charity, tratteggiata da una "signora" (per così dire) di Nether Naughton con un'acredine tanto assurda da superare i limiti di quanto ci aspetteremmo da una pettegola da villaggio di campagna; conosciamo il giovane Stanton grazie alla sua indole ambigua e al puritanesimo di facciata (tramandato dai genitori) che esibisce agli estranei, simile a una copertura per mascherare la sua oscena vacuità. Ognuno di questi aspetti viene trattato attraverso una spaventosa esibizione di violenza mozzafiato (pp. 40-42, 51-52, 66, 87, 99-100, 108-110, 117-118, 126-127, 132-134, 137, 145, 169-170, 225, 251-256, 275-284), la quale è accresciuta dalla sottile descrizione che di essi viene fatta (non c'è una volgare esposizione dei fatti, quanto un soffermarsi sugli aspetti più ripugnanti del caso con candore sagace e agghiacciante). La forza di "L'inquilino del Piano di Sopra" sta proprio in quest'esposizione dei fatti senza filtrarli, in un racconto innovativo e crudo che dà vita a un romanzo di transizione, ricco di acume psicologico e diabolicamente oscuro, dove l'enigma gioca un ruolo di importanza centrale nelle vicende ma, allo stesso tempo, gli indizi non sono più quelli relegati alla scena del delitto e che si possono cogliere da impronte e capelli lasciati dietro di sé dall'assassino (infatti non ci sono prove materiali da catalogare, per Driver e il sergente Lovely), quanto piuttosto un'indagine concentrata sui caratteri dei sospettati e sui rapporti di incontro/scontro nelle correnti sotterranee tra loro.

Copertina dell'edizione inglese,
pubblicata da Dean Street Press

Proprio per merito di questa particolare attenzione alla psicologia che ella dava alle sue storie, Harriet Rutland (pseudonimo di Olive Seers) viene considerata dai più, assieme a Christianna Brand, Dorothy Bowers ed Elizabeth Ferrars, come una tra le ultime brillanti esponenti della Golden Age del giallo classico. Nata nel 1901 a Birmingham e figlia di un imprenditore edile, della sua vita si conosce poco altro. Sappiamo che nel 1926 sposò John Shimwell, un microbiologo e biochimico della sua stessa città, e che nel 1931 la coppia si spostò nei pressi di Cork, in Irlanda, dove lui lavorava presso la fabbrica di birra Beamish and Crawford. La cittadina in cui abitavano era St. Ann's Hill, sede di uno stabilimento idroterapico dalla storia importante, e fu proprio grazie ad esso se Seers, adottando uno pseudonimo, decise di dedicarsi alla stesura di un romanzo del mistero. Infatti l'esordio di Rutland, "Knock, Murderer, Knock!" del 1938, è ambientato in una struttura in tutto e per tutto simile a quella di St. Ann's Hill, alla quale tuttavia l'autrice cambiò nome per non incorrere in problemi con i clienti e il personale dello stabilimento. Mystery satirico e impregnato di black humor, a questo romanzo fece seguito due anni dopo un secondo giallo, intitolato "Bleeding Hooks", in cui l'azione si svolge in un altro ambiente circoscritto, costituito da un albergo per appassionati di pesca sito in un villaggio del Galles. Come nel precedente, l'indagine e la risoluzione dell'enigma sono affidate a Mr. Winkley, un oscuro impiegato di Scotland Yard dalle mansioni non meglio precisate, ma che riesce a trovare il bandolo della matassa con abilità. Entrambi i libri, debitori nei confronti della tradizione ma comunque orientati verso l'analisi della psicologia dei personaggi, furono molto ben accolti da pubblico e critica in Inghilterra e America, tanto che Rutland venne salutata come un astro nascente della letteratura di genere e il critico Howard Haycraft, all'interno del suo saggio "Murder for Pleasure", la inserì fra gli esordienti particolarmente promettenti. Sfortunatamente, tuttavia, il destino dell'autrice non doveva comprendere altre numerose prove d'abilità in campo letterario. Nel 1939, infatti, gli Shimwell si erano trasferiti a Londra, dove era nato il loro primo figlio, e nell'arco di pochi mesi la città si era ritrovata assediata dai tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale. Il Blitz provocò lo sfollamento di tantissime persone, tra cui probabilmente ci furono Rutland e il bambino, e ciò comportò quello che pareva soltanto uno slittamento nella pubblicazione del terzo romanzo giallo, "L'Inquilino del Piano di Sopra", il quale arrivò nel 1942 e si adattava al clima del momento, in quanto a tono.

Eppure, dare alle stampe l'avventura di Arnold Smith e dell'ispettore Driver non servì comunque a conferire la spinta necessaria all'autrice per la pubblicazione di altri libri. Di lì a pochi anni, ella si separò dal marito per risposarsi nel 1948, e si trasferì a Newton Abbot, dove nel 1962 morì. Al giorno d'oggi, forse a causa del loro esiguo numero, le opere di Rutland non vengono celebrate a dovere; eppure dovrebbero essere tenute in considerazione per l'importanza che diedero al genere giallo. Soprattutto con "L'Inquilino del Piano di Sopra", nonostante esso sia più un giallo psicologico che classico ad enigma e si possa leggere anche solo per la trama e i personaggi, l'autrice riuscì con sottigliezza e intelligenza a inserire temi importanti per il periodo storico in cui esso venne pubblicato e a ritrarre il frangente storico in cui esso è ambientato in modo da dare al testo un altro livello di interpretazione. Abbiamo un'ambientazione essenziale, che rappresenta il villaggio di campagna tradizionale, ma vista attraverso gli occhi timorosi della gente in guerra: il clima è tratteggiato in modo ottimo, descrivendo l'aria che si respirava nelle difficoltà, il razionamento e la sfida per procurarsi i viveri grazie alle tessere annonarie, la scarsità di aiuto domestico e la comparsa dei rifugiati dal continente, sebbene gli eventi bellici in sé siano sfiorati in modo marginale (abbiamo solo la scena-lampo del bombardamento a Londra). Tutto ciò mette a dura prova la sensibilità del popolo britannico, il quale si sforza di essere solidale ma non può esimersi dal mettere in mostra un certo provincialismo e dimostrare come il ruolo di tutti quanti stia subendo un capovolgimento. Soprattutto il cambiamento del ruolo della donna nella società anglosassone (p. 205) viene sottolineato in questo romanzo: Frieda è una ragazza focosa, a differenza delle "solite" sguattere che troviamo nei gialli classici, nutre profonde emozioni e non intende farsi mettere i piedi in testa da nessuno; Charity Fuller, da amante che subisce le angherie di Hardstaffe, diventa consapevole di sé e desidera ottenere ciò che merita; Leda vuole prendere in mano la propria vita e allontanarsi dall'idea vetusta della donna "tutta casa e chiesa", iniziando a manifestare la necessità di avere una certa indipendenza, un proprio spazio, e a guardarsi intorno alla ricerca di un buon partito. Tuttavia, non sempre la novità comporta esiti positivi. Il modo di parlare di Leda, spesso atteggiato a tono da propaganda a dimostrazione della sua volontà di aiutare il paese e di cambiare, purtroppo si scontra con la sua insofferenza nei confronti della rifugiata Frieda. Il tema dell'antisemitismo (pp. 25-28, 84, 92-93, 104, 107-111, 123, 130-132, 142, 166) si lega dunque a quello del conflitto visto dagli occhi della gente inglese: tutti appaiono desiderosi di dare una mano, ma in realtà sfogano il proprio risentimento sui poveretti che sono scappati dai campi di battaglia. Gli Hardstaffe, in particolare, vengono dipinti come individui incapaci di compatire la sguattera, poiché la trattano usando epiteti sgradevoli e toni insopportabili, e rappresentano un campionario umano di gran parte del popolo britannico (Smith, ad esempio, è più comprensivo con Frieda).

In questo modo, Rutland ci mostra quale dovesse essere la situazione dei rifugiati e la sofferenza ebraica in quel periodo, e riesce a consegnarci un ritratto tutt'altro che gradevole di alcuni personaggi coinvolti nelle vicende descritte nel suo libro, ma preciso nelle peculiarità di ognuno. Gli Hardstaffe, nella rappresentazione del loro matrimonio allo sfascio e di una vita quotidiana scandita da grossi problemi (curioso come l'autrice abbia colto la stessa ispirazione di Agatha Christie in "Il Mistero del Treno Azzurro", per dipingere il proprio fallimento matrimoniale), appaiono come esseri nauseanti, caratterizzati nel dettaglio da gelosie e odi impetuosi, i cui rapporti interni sono tutt'altro che idilliaci, e desiderosi di mostrare la propria superiorità al resto del mondo con un atteggiamento vittoriano (pp. 9-10, 13, 15, 18, 20, 23-24, 27, 37-38, 57, 194), senza essere capaci di rendersi conto che si stanno rendendo ridicoli. Smith, nella costruzione del suo romanzo giallo (pp. 31-35, 43, 50-51, 57-58, 62-63, 96, 99, 159-163, 189-192, cap. 41) e nella percezione degli eventi filtrata attraverso di essa, oltre a dare una nota sarcastica e divertente col paragone tra sé e il fittizio Noel Delare, a permetterci di osservare come lavora un giallista e a sottolineare i sospetti verso ogni personaggio mentre "indaga" e a suggerire moventi, analizza a fondo le caratteristiche di ognuno e ci consegna precise descrizioni dei loro modi di essere: il preside è un depravato, sua moglie una lamentosa ipocondriaca bugiarda, il figlio un avido puritano e la figlia un generale in gonnella che si diverte a rivalersi sui sottoposti. Pure Charity Fuller e Arnold Smith, attirati nel loro gioco perverso col rischio di non riuscire più ad allontanarsene, costituiscono esempi di personaggi realistici e profondi; il tratteggio di pochi protagonisti, che punta all'esplorazione delle loro dinamiche interpersonali e acuisce l'oscurità attorno a loro, permettendoci ci entrare nel loro profondo e di scorgere le ombre oscene che si celano nelle loro anime, è forse la caratteristica migliore della narrativa di Rutland; quella che la avvicina pericolosamente alla visione diabolica e magistrale di Francis Iles. Insomma, se uniamo questa visione "maledetta" dell'ambientazione e dei personaggi, raffigurati come demoni sulla terra, alla violenza spesso gratuita di cui essi si rendono colpevoli (frustate, bastonate, aggressioni fisiche), a uno stile crudo fatto di umorismo cupo e sardonico (pp. 32-33, 68, 79-80, 82-86) e agli scioccanti colpi di scena disseminati nella trama, duri come pugni in faccia, ci accorgiamo di trovarci di fronte a un romanzo giallo psicologico innovativo e strabiliante, tutt'altro che banale pur non rappresentando il tipico mystery "alla Agatha Christie". Questo libro osa diventare oscuro, col suo finale fulminante e sconcertante, altamente drammatico e d'effetto, che non ti aspetteresti in un enigma ideato nel 1942. Spero che molte persone possano decidere di leggere questa storia e restare colpite dalla sua ferocia e dalla sua conclusione scioccante.


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