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venerdì 17 luglio 2020

39 - "L'Alibi Perfetto" ("The Perfect Alibi", 1934) di Christopher St. John Sprigg

Copertina dell'edizione pubblicata dalla
Polillo Editore
La crime story in generale può subire innumerevoli variazioni e affrontare e approfondire i temi più disparati, declinandosi secondo la tradizione britannica dell'enigma puro e classico; secondo l'innovativo sottogenere della crime novel di stampo psicologico (thriller) che tanto successo ha avuto in America e adesso anche in Europa; oppure secondo le contaminazioni con altri tipi di narrativa, da quella avventurosa (per capirci, la saga di Jack Reacher può essere un esempio) a quella scientifica "alla Kay Scarpetta". Eppure, qualunque sia la natura del libro che un appassionato di letteratura crime decida di leggere, alle fondamenta della vicenda ci dovrà essere sempre un aspetto inscindibile del mistero che essa tratta: l'indagine basata sulla verifica degli alibi dei sospettati e, di conseguenza, sulla scoperta dell'inganno perpetrato dal colpevole per proteggersi. Questo è il fulcro vero e proprio di ogni romanzo del mistero che si consideri tale, e forse l'elemento che più viene tenuto in considerazione dal vastissimo bacino di lettori che ama tale genere letterario. I miei stessi compagni e amici lettori, infatti, tendono perlopiù a giudicare la qualità di un giallo in base alla solidità e all'astuzia con cui l'enigma viene presentato; e se esso non risponde ai loro standard, pur essendo accostato a una caratterizzazione straordinaria dei personaggi, a un'ambientazione suggestiva e a uno stile arguto e ironico, non si fanno problemi a bocciarlo in toto senza pietà. Da parte mia, sono convinto che la crime novel ideale non si limiti a raccontare un mistero, ma riesca a restituire a chi legge un assaggio della vita e della società nelle quali essa viene calata; non per niente, la mia preferita è "Il Segreto delle Campane" di Dorothy L. Sayers, con il suo suggestivo racconto della vita di campagna inserito perfettamente nell'indagine.

Quindi, diciamo che io sono più incline a perdonare qualche divagazione di troppo o qualche piccola imperfezione a favore del risultato complessivo, nonostante a volte mi renda conto di non trovarmi davanti a uno straordinario capolavoro, ma "solo" a un libro nella norma. In ogni caso, questo non significa che per me il caso investigativo sia, all'interno di un giallo, qualcosa di meno importante del resto, e capisco benissimo quanti possano restare delusi da un eventuale enigma scadente. Finché ci capita di trovarci di fronte a un mistero con qualche piccolo errore, possiamo ancora passarci sopra; ma se ci accorgiamo di aver capito chi sia l'assassino prima della metà della storia e alla fine scopriamo di essere stati nel giusto, magari senza aver goduto di alcuna aggiunta significativa alle vicende, allora sì che è un peccato e una delusione! Spesso è proprio la natura del delitto che ci spinge a provare un nuovo libro, e per questo esso dovrebbe soddisfare le aspettative che ci costruiamo. Per fortuna, nella classica crime story ciò accade di rado, poiché i giallisti della prima metà del Novecento sapevano fare molto bene il loro lavoro e sviare con abilità l'attenzione e i sospetti del pubblico, pur fornendo soluzioni adeguate alle premesse; soprattutto sfruttando la primigenia natura "meccanica" del giallo della Golden Age. In quest'ultimo, infatti, la maggior parte delle indagini verteva su finti alibi e inganni perpetrati dall'omicida di turno, in modo da procurarsi un'ancora di salvezza e un paravento da eventuali dubbi del poliziotto e dell'investigatore dilettante dediti alla soluzione del caso. Certo, si trattava di un metodo che, dando un maggior peso al "come-era-stato-fatto", spesso metteva in secondo piano la sorpresa dovuta alla scoperta dell'identità del colpevole; oppure dava vita a una narrazione in cui i fatti venivano trattati in un modo molto secco e senza fronzoli. Penso, ad esempio, all'opera di Freeman Wills Crofts e dei cosiddetti autori "Humdrum", dove i delitti assomigliano a congegni ad orologeria in quanto a costruzione, sviluppo e soluzione, ma essi vengono inseriti in contesti dove lo sviluppo psicologico dei personaggi non viene molto contemplato. Oppure ad alcuni romanzi di Christopher Bush e di John Rhode, in cui la meccanica del delitto gioca un ruolo di primo piano nella trama, a discapito degli altri elementi.

Ogni tanto, tuttavia, sono accaduti piccoli miracoli. Esistono romanzi gialli che mettono insieme una leggera, ironica pennellata nella descrizione del colore locale e nella rappresentazione del carattere dei personaggi, con magistrali parti mentali in fatto di omicidi efferati e delitti straordinari ma fittizi. Questi libri, tra cui includerei "Gli Occhi Verdi del Gatto" di Sayers (ancora "di transizione" rispetto agli altri suoi capolavori) e quello che recensisco oggi, "L'Alibi Perfetto" di Christopher St. John Sprigg (Polillo Editore, 2012), riescono a giocare sulla sottile linea che separa il romanzo puro, inteso in senso vittoriano e rappresentante la società, da quello del mistero più classico, considerato alla stregua di un cruciverba o un rebus da sciogliere con l'uso della tecnica. In particolare, il libro di Sprigg tratta una storia originale, in cui l'occhio del lettore non si sofferma su un solo punto di vista, ma cambia di volta in volta pur senza abbandonare mai l'indagine che sarà risolta dal giovane giornalista e segugio dilettante Charles Venables. Il fulcro della vicenda si focalizza sul decesso di Anthony Mullins, un ricco ingegnere, e sulle innumerevoli possibilità che potrebbero spiegare la sua morte violenta: incidente, suicidio e omicidio, ad opera di una, due, tre persone, vengono presi in considerazione in tutte le loro declinazioni, simili a tessere di un mosaico da incastrare al posto giusto, permettendoci di comprendere quante possano essere le alternative pratiche che la polizia si trova a dover affrontare. Eppure, nonostante questo, non viene meno un sarcastico e divertente ritratto delle persone coinvolte nel caso e della fauna che popola i tipici sobborghi dell'estrema periferia di Londra, il quale tratteggia con maestria le originali personalità che circondano la figura elusiva di Anthony Mullins.

Shepherd’s Cottage, Firle, East Sussex by Eric Ravilious,
1934, simile a The Turrets di Fairview Estate
La trama, come dicevo, è incentrata sulla morte di questo ricco ingegnere, socio di un'enorme stabilimento specializzato nell'invenzione e produzione di armi di distruzione di massa. Un bel mattino, mentre nei dintorni di Fairview Estate (ex Hake End) tutti quanti sono impegnati in faccende personali, il garage di The Turrets prende fuoco all'improvviso e, nel corso dello spegnimento delle fiamme e della confusione creata dai pompieri e dalla folla che si è radunata nel vasto cortile, un corpo carbonizzato e appena riconoscibile viene rinvenuto al volante dell'auto in esso contenuta. Le testimonianze del socio in affari e della bellissima giovane moglie di Mullins lasciano pochi dubbi riguardo l'identità del morto; ma se l'identificazione può sembrare il passo più difficile da compiere in queste circostanze, ben presto la polizia si rende conti di essere soltanto all'inizio di un'indagine complessa e strana. Infatti, se in un primo momento il decesso ha tutta l'aria di essere la conseguenza di un incidente (causato da un cortocircuito del sistema elettrico delle luci esterne) oppure un suicidio messo in atto dallo stesso Mullins, disperato a causa della presunta infedeltà della moglie con il giovane nipote, la scoperta di un proiettile nella testa del cadavere apre una nuova serie di possibilità alle congetture degli agenti. Ma non è finita qui, poiché grazie al fugace intervento di Charles Venables (impegnato in un'altra indagine, ma incuriosito dagli eventi di Fairview Estate), poco dopo viene scoperto un ingegnoso congegno predisposto a creare appositamente un cortocircuito nell'impianto di accensione delle luci della baracca in cui era contenuta la macchina dei Mullins. Certo, questo può avvalorare l'ipotesi del suicidio; ma allora che fine hanno fatto la chiave che ha chiuso la porta del garage e la pistola che ha esploso il proiettile fatale, visto che non sono state ritrovate assieme al corpo?

Sembrerebbe proprio che qualcuno si sia impegnato a mascherare il proprio violento operato. E i sospetti riguardo questo qualcuno, fin da subito, ricadono su Patricia Mullins e Ralph Holliday, le persone più vicine alla vittima e che dovrebbero essere destinatarie della fortuna di Mullins. Peccato che il magnate avesse da poco cambiato testamento, escludendo del tutto lui e anche la donna nel caso in cui egli fosse morto per cause non naturali, e lasciando ogni cosa al segretario di uno stabilimento ingegneristico, tale James Constant. In tutto questo, dunque, l'ispettore Trenton e il giovane agente Laurence Sadler non riescono a trovare una pista decente da seguire: tutto pare portare a un vicolo cieco, dalla mancanza di un movente che potrebbe aver guidato la mano di Mrs Mullins e del suo amante (il quale sembra diventato inafferrabile), alla presenza di alibi inattaccabili per tutti gli individui coinvolti nel caso e che potevano ottenere un vantaggio alla morte di quel piccolo borioso di Anthony Mullins. La gente dei dintorni, tra cui un Pari decaduto sempre in bolletta e dedito alla promozione delle sue terre (Lord Overture), un dottore appassionato di misticismo e filosofia esotica (il dottor Marabout), un'anziana zitella che ha messo su una scuola per pugili professionisti (Mrs Murples), un perfetto padre di famiglia (Eyton) e un artista dal temperamento focoso (Frank Filson), sembra avere un'idea precisa sui fatti accaduti a Fairview Estate, che si riconduce al carattere violento del morto: contro ogni logica, deve per forza essersi ucciso. Tuttavia Sandy Delfinage, la proprietaria di un maneggio dedita alla coltivazione del pettegolezzo locale, nutre qualche dubbio e decide di aiutare il suo amico Sadler a scoprire la verità. Insieme a Venables, in procinto di partire per una nuova indagine nei Balcani, i due giovani si troveranno davanti a un caso diabolicamente astuto e quasi inestricabile, il quale metterà a dura prova la loro pazienza e li porterà a mettere in dubbio ogni alibi all'apparenza inattaccabile. Perché di una cosa sono certi: qualcuno è riuscito a ingannare tutti quanti e a nascondere agli occhi della mente un movente insospettabile, il quale apparirà chiaro solo al momento della soluzione finale.

Copertina dell'edizione pubblicata da
Moonstone Press
A differenza di "Sei Oggetti Misteriosi", il suo ultimo e anomalo romanzo, "L'Alibi Perfetto" incarna in pieno il tipo di libro che Sprigg scrisse nel corso della maggior parte della sua carriera. Infatti, se nel tratteggiare il caso della morte violenta del medium Michael Crispin, l'autore aveva già adottato una fede politica severa e cinica, la quale considerava la realtà secondo un punto di vista cupo e disilluso, e l'analisi di alcuni temi aveva assunto la priorità sulla costruzione di un enigma del tutto valido, al momento dell'ideazione del "Mistero del Garage Incendiato" egli teneva ancora in alta considerazione la letteratura di genere giallo e il suo intento era chiaramente quello di dare vita a storie divertenti e ingegnose. Pertanto, come vediamo in "L'Alibi Perfetto", in un contesto caratterizzato dall'ironia e da una narrazione piena di dettagli e colore locale, troviamo un enigma complesso e pieno di sfaccettature, che non si limita a dare vita a un'indagine che viaggia su un solo percorso, ma genera attorno a sé tanti altri piccoli misteri che in qualche modo abbelliscono quello principale. Qualcosa del genere era accaduto anche in "Omicidio a Kensington", dove l'uccisione della proprietaria di un albergo che dava sui Kensington Gardens si intrecciava con i loschi movimenti di alcuni tra i personaggi, tra cui un sinistro orientale e un'anziana signora con la mania dei gatti, i quali provocavano equivoci su equivoci che distoglievano l'attenzione di Venables. Eppure, in quel frangente, la complessità del caso centrale non si avvicinava per niente al vero e proprio tour de force che il lettore si ritrova ad affrontare in "L'Alibi Perfetto". Penso sia proprio questa la caratteristica che permette a quest'ultimo di spiccare in mezzo all'opera complessiva dell'autore: la sua capacità di dare vita a un indagine in cui praticamente ogni possibile sfaccettatura del crimine può essere in qualche modo inserita, affrontando ogni ipotesi che possa venire in mente a un lettore di gialli. Mi spiego meglio.

All'inizio, quando scopriamo che il garage ha preso fuoco e che Mullins temeva il fatto che la moglie avesse intrecciato una relazione clandestina con il nipote, all'ispettore Trenton (e implicitamente a noi lettori) viene il dubbio che l'ingegnere si sia potuto togliere la vita per vendetta nei confronti della consorte fedifraga. A dare man forte a quest'idea, poi, scopriamo che egli aveva cambiato il testamento a favore di una tra le tante società che si occupano di invenzioni e scoperte scientifiche e che popolano la società, diseredando gli accusati nel caso egli fosse stato eliminato in modo violento. Quindi, in un primo momento, viene presa in considerazione la probabilità di un suicidio legato ai rapporti sentimentali tra Anthony Mullins e Patricia. Tuttavia, poco dopo ci viene fatto notare che la mancanza della chiave del garage e della pistola (pistola che ha senza alcun dubbio sparato un colpo in testa al cadavere, nonostante esso sia stato quasi carbonizzato dalle fiamme) mettono fuori gioco questa prima ipotesi, oltre al fugace pensiero che il caso possa ricondurre a un incidente. Infatti, poteva essersi trattato di una pura coincidenza, il fatto che Mullins si fosse sparato un colpo mentre maneggiava l'arma; ma alla prova della probabilità, quest'idea deve essere scartata. Pertanto, nel giro di pochi capitoli, abbiamo già affrontato un paio di ipotesi che, prese una alla volta, potrebbero costituire una parte considerevole di un delitto inteso in senso comune. Voglio dire, sia l'incidente sia il suicidio avrebbero potuto essere accostati all'omicidio e dare vita a una storia a parte. Eppure, Sprigg ha deciso di metterle insieme per complicare la situazione e, come apprendiamo non appena esse vengono messe da parte, si fa in avanti aggiungendo pure l'unica possibilità che resta agli investigatori: l'uccisione volontaria della vittima per mano di terza persona.

Ipotesi ideale per il racconto di un'indagine da romanzo giallo, essa apre alla solita domanda: chi avrebbe potuto farlo, e per quale motivo? E qui, dove le cose sembrerebbero sbrogliarsi un po' in seguito alla confusione generata dal pasticciato sospetto suicidio-incidente, la faccenda diventa ancor più astrusa e complicata. Già; perché ci accorgiamo tutti noi, assieme all'ispettore Trenton, Sadler e Venables, che le possibilità all'improvviso si riducono a zero, in quanto a possibili colpevoli. Paradossalmente, ce ne erano di più quando si pensava che avesse fatto tutto da sé Mullins. Nel corso delle indagini, infatti, veniamo a sapere che tutti (ma proprio tutti) i possibili sospettati di un certo rilievo e importanza possiedono un alibi di ferro, che sembra impossibile da sciogliere. E anche nel momento in cui alcuni di questi alibi vengono meno, sembra proprio che il caso non riesca a proseguire, poiché si dissolvono la possibilità materiale di commettere il delitto oppure i moventi che all'inizio avevano tutta l'aria di essere solidi. Nella costruzione della storia si nota benissimo l'inventiva (molto apprezzata dagli appassionati del romanzo del mistero) che Sprigg possedeva nella creazione degli intrecci e il sottile acume che lo distingueva dall'uomo comune; non solo nell'ideazione, verifica e conferma/demolizione degli alibi dei sospetti, dove egli ha dimostrato di non essere da meno degli autori della corrente "Humdrum" come Crofts, Rhode e Connington, ma anche nella straordinaria e apparente scioltezza con cui aggiunge congegni tecnici e nozioni di balistica, scienza, ingegneria, grafologia e aeronautica alle vicende, dando vita a trame ricche di dettagli che risultano dense e davvero complesse da comprendere e tentare di sciogliere. Inoltre, la serrata attività della polizia descritta in ogni dettaglio, con i continui dubbi che si affacciano nella mente degli inquirenti, contribuisce a restituire un ritratto veritiero del lavoro dei poliziotti e a rafforzare questo senso di stabilità delle vicende, imprimendo al caso quell'implicita somiglianza con il rebus e il cruciverba enigmistici e risolvibili con l'uso della logica.

Anche per questo motivo Sprigg può essere considerato come una sorta di epigono di Crofts e i suoi colleghi, poiché indubbiamente il fine ultimo del racconto che emerge dalla lettura si focalizza sulla risoluzione dell'enigma. Tuttavia, allo stesso tempo, non si può fare a meno di notare come l'autore si sia impegnato ad alleggerire e controbilanciare quest'indagine forse fin troppo severa e massiccia. Se avesse trattato la morte di Mullins concentrandosi sempre e solo sul lavoro degli agenti, probabilmente la storia sarebbe risultata monotona e pesante da digerire per il lettore. Così, invece, pur senza rinunciare all'ingegnosità di un indagine strutturata in modo simile a una partita a scacchi (forse per alcuni soporifera, ma di sicuro all'altezza delle aspettative di un appassionato di romanzo giallo), Sprigg ha inserito un racconto ironico, addirittura sarcastico, del colore locale di Fairview Estate e di una piccola parte di Londra, soffermandosi con precise digressioni non solo sugli aspetti tecnici del delitto, ma pure sulle personalità dei personaggi e sui luoghi in cui sono ambientate le vicende. La leggerezza dei dialoghi, delle descrizioni delle persone e delle personalità originali ed eccentriche dei protagonisti e delle comparse della storia, riescono a smorzare l'oppressione della serrata attività della polizia, mentre il divertimento che traiamo dal vivace resoconto delle avventure vissute dagli abitanti della periferia di Londra ci permette di tirare un sospiro di sollievo. Con la costruzione dell'enigma, l'ironia è l'altra grande caratteristica dell'opera di Sprigg; tanto insita nella sua narrazione, che nemmeno in "Sei Oggetti Misteriosi" l'autore riesce a tenerla a freno, benché la colori di toni più cupi e cinici. In conclusione, la spensieratezza e una certa audacia incosciente fanno da contraltare alla solidità dell'indagine, riuscendo a smorzare i toni seriosi della routine della polizia grazie ai tentativi maldestri di Sadler e Sandy di sondare il pettegolezzo locale, oppure attraverso le vicende che vedono protagonisti gli originali abitanti di Fairview Estate. Si verifica un sorta di piccolo miracolo, poiché il caso resta intricatissimo e centrale nonostante la presenza di piccole interruzioni di carattere spensierato e leggero.

Christopher St. John Sprigg, nato nel 1907 e
morto nel 1937

Lascia l'amaro in bocca che un autore tanto divertente come Christopher St. John Sprigg, negli ultimi anni della sua vita, abbia affrontato una trasformazione tale da risultare quasi irriconoscibile.
 Nato nel 1907 a Putney, nella zona sud-ovest di Londra, dopo aver lasciato la scuola a quindici anni, a causa del licenziamento del padre dalla redazione del Daily Express, egli divenne prima giornalista per lo Yorkshire Observer, ed in seguito direttore di un giornale per conto proprio: l'Aircraft Engineering, una testata che si occupava di aviazione, argomento del quale lui era un grande appassionato. Lettore voracissimo, versatile romanziere, scrittore di poesie e opere teatrali, oltre che di trattati filosofici, scientifici, critici e ovviamente romanzi gialli, all'età di 27 anni Sprigg si appassionò alle teorie marxiste ed iniziò a studiarle a fondo, segnando la sua vita nel bene e nel male. Impiegò un decennio prima di pubblicare, sotto lo pseudonimo di Christopher Caudwell, il suo primo saggio a riguardo, "Illusione e Realtà", dove accostava la sua visione della società a quella dell'impegnata cerchia di poeti guidati a W.H. Auden; nel frattempo, tra un volume di poesie e un saggio sugli aerei, tra il 1933 e il 1937 si dedicò alla pubblicazione di sette crime novels, la maggior parte caratterizzate da uno stile brillante e personaggi vivaci che gli procurarono gli elogi di altri colleghi quali Dorothy L. Sayers (con la quale intrattenne uno scambio di corrispondenza per un breve periodo), Michael Innes e Nicholas Blake. Con quest'ultimo condivise l'impegno sociale e politico nel campo della narrativa: oltre a "Illusione e Realtà", infatti, avrebbe dato alle stampe ancora molti manuali e testi di critica in questi ambiti. Peccato che non ne avrebbe visto nessuno: a partire dal 1934, l'attivismo politico iniziò a consumarlo lentamente, tanto da capovolgere le sue idee riguardo le opere fittizie fino a considerarle come "spazzatura" da buttare giù solo per i soldi. Le opere più importanti, secondo lui, erano i tomi pesanti e seri sulla teoria del comunismo. Inoltre, l'attivismo per conto del partito e l'intenzione di lavorare attivamente per la sua Causa lo spinsero a recarsi, nel 1936, fino in Spagna, dove guidò un'autoambulanza e si fermò in modo stabile per essere di supporto ai compagni. Fu laggiù che, un anno dopo, venne ucciso il primo giorno della battaglia di Jarama, nonostante i disperati tentativi del fratello Theodore di convincere il segretario del partito comunista di richiamarlo in patria; ormai si era perso nella sua guerra personale, ma perlomeno morì combattendo per qualcosa in cui credeva con passione.

Lasciò in eredità ai posteri una grande quantità di opere di vario genere, ma al giorno d'oggi le più ricordate sono quelle appartenenti al genere della crime story: "Omicidio a Kensington" (1933), "Omicidio in Fleet Street" (1933), "L'Alibi Perfetto" (1934), "Morte di un Aviatore" (1934), "The Corpse with the Sunburnt Face" (1935), "Death of a Queen" (1935) e "Sei Oggetti Misteriosi" (1937). Si tratta di libri che, fino a poco tempo fa, erano molto rari da ottenere in lingua inglese (figuriamoci in italiano); forse a causa del fatto che Sprigg morì giovane e, come Dorothy Bowers, non ebbe il tempo materiale per promuovere a dovere la propria opera, al fine di evitare che essa venisse ingoiata dal vasto numero di gialli che a quel tempo venivano pubblicati. Il personaggio principale dei suoi gialli fu il giornalista ed investigatore dilettante Charles Venables, spesso affiancato dall'ispettore Bray si Scotland Yard. Tuttavia, in un paio di casi essi occuparono un ruolo secondario all'interno della trama, oppure non vennero nemmeno sfruttati. Un esempio è quello di "Sei Oggetti Misteriosi", dove l'inchiesta viene condotta dall'ispettore Morgan; l'altro riguarda proprio "L'Alibi Perfetto". In questo libro, infatti, l'indagine viene portata avanti dall'ispettore Trenton, ma soprattutto da un terzetto di personaggi insospettabili: l'agente semplice Sadler, la determinata Sandy Delfinage e l'irruento artista Frank Filson. Devo ammettere che, in un primo momento, questo stratagemma mi ha lasciato spiazzato: come era possibile, mi chiedevo, riuscire a tracciare una storia avvincente se Venables, il protagonista e personaggio principale, fa una comparsa veloce all'inizio del libro, investiga un po' per poi abbandonare la partita e torna nel finale per mettere insieme tutti gli indizi e risolvere il caso? Ebbene, Sprigg è riuscito ad essere convincente lo stesso, sfruttando il caso precedente e quello successivo nella cronologia delle indagini del suo segugio dilettante (fino a citarli indirettamente, uno stratagemma che ho molto apprezzato, pp. 21, 111, 167-168, 172, 266-267) e la sua straordinaria capacità di tratteggiare i personaggi con vivacità e descrizioni a tutto tondo, così da farti affezionare a loro. Sono costoro un punto di forza di "L'Alibi Perfetto": infatti non si sente mai troppo la mancanza di Venables, poiché ognuno degli attori in scena è divertente, originale e strano abbastanza per essere ricordato, come ha pure osservato Dorothy L. Sayers in una sua recensione: a partire dalle comparse a Fairview Estate e negli uffici londinesi, come il dottor Marabout, Mrs Murples, Lord Overture, Binns e la folta fauna di inquilini di Annette Vanguard, i quali movimentano la faccenda e danno un tocco simpatico al racconto attraverso le spassose digressioni di cui sono protagonisti, fino ai sospettati principali (Patricia Mullins, Eyton, Holliday, Constant) e agli investigatori improvvisati e non, tra cui Trenton, Sadler, Filson e Sandy, ogni personaggio presenta caratteristiche spiccate e un modo di fare unico e riconoscibile, spesso irruento e spontaneo, il quale conferisce colore alla narrazione e un brio continuo.

Sono tutti vivaci e capaci di trascinarti sulle loro orme senza grandi sforzi, calandoti negli scenari che via via vengono tracciati dall'autore; si muovono con naturalezza in mezzo alle numerose digressioni di carattere tecnico che Sprigg ha disseminato lungo la trama, e sviluppano l'elemento sentimentale dando vita a complessi rapporti (Sadler-Sandy, Sandy-Filson, Patricia-Filson, Sadler-Patricia, pp. 96-100, 112, 210-217). A questo proposito, nel corso della narrazione vengono toccati altri innumerevoli temi, da quello della filosofia (pp. 94-95) a quello della letteratura gialla in senso parodistico (pp. 95, 112, 141, 150, 169, 209, 285, 295), da quello politico a quello ingegneristico; il tutto senza mai abbandonare un tono ironico che permea ogni parola e restituisce l'idea dell'indagine come di una sfida giocata sulla sottile linea che separa la farsa dalla serietà: da una parte stanno Trenton e la macchina inossidabile della polizia professionista; dall'altra, i dilettanti che affrontano con curiosità e inesperienza le indagini sull'omicidio di Mullins. L'insieme che si ricava da quest'unione risulta in un enigma complicatissimo, che sfrutta in modo innovativo il cliché dell'auto in fiamme e degli alibi che sembrano insormontabili, poi vengono abbattuti e poi ancora vengono rimessi in piedi di nuovo, in una girandola di colpi di scena ed elementi indiziari degni dei migliori gialli della Golden Age, dove tuttavia non manca l'abituale sarcasmo dell'autore, che dipinge situazioni paradossali o divertenti ma senza cadere nel ridicolo più becero. Vi sfido a trovare la strada per giungere alla soluzione di questo caso intricato, che metterà alla prova la vostra determinazione e pazienza allo stesso modo degli "Humdrum" e della produzione inarrivabile di John Dickson Carr. Una certa dimestichezza con le questioni tecniche e logiche sono tutto ciò di cui avete bisogno per sciogliere l'enigma: lo stesso Venables osserva, mentre si appresta a rivelare il piano dell'assassino, che "il caso avrebbe potuto trovare soluzione in base ai fatti noti all'inizio delle indagini. Ogni fatto e indizio di cui avevamo bisogno ci era già stato fornito. Era un po' come se ci trovassimo davanti alla storia poliziesca più leale del mondo, quella in cui il lettore dispone di ogni circostanza materiale necessaria a consentirgli di arrivare alla soluzione". Ed è così, se si va a cercare le tracce lasciate dall'assassino lungo il suo cammino. Vi voglio consigliare ancora una cosa soltanto: prestate attenzione all'ingegnoso titolo del romanzo. È vero che gli alibi perfetti (almeno all'apparenza) sono più di uno, ma riflettete a fondo tra le possibilità che vi sono state date e forse riuscirete a capire un po' di più come sono andati i fatti. "L'Alibi Perfetto", infatti, non è perfetto solo nel suo titolo, da pure nei fatti; è uno degli esempi più degni del tradizionale romanzo giallo di stampo anglosassone, in cui tutto è necessario per arrivare alla soluzione, anche gli indizi più piccoli che vengono forniti al lettore e sembrano non avere alcun peso nella storia. Dategli una possibilità e, dopo un iniziale timore dovuto alla quantità di informazioni che vengono presentate al lettore, vi troverete davanti a una magistrale crime novel.

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venerdì 20 settembre 2019

9 - "Sei Oggetti Misteriosi" ("Six Queer Things", 1937) di Christopher St. John Sprigg

Copertina dell'edizione pubblicata
dalle Edizioni Lindau
In Italia, la collana che ha fatto da apripista alla crime story è stata senza dubbio quella del Giallo Mondadori, la quale proprio in questo 2019 compie novant'anni. Fin dagli inizi del Novecento, infatti, essa si è assunta il lodevole compito di presentare ai lettori validi esempi di narrativa del mistero, in una forma accessibile a tutti e, soprattutto, economica. È stato grazie ad essa che scrittori come Agatha Christie, Dorothy L. Sayers, John Dickson Carr, Ellery Queen e Patrick Quentin, hanno avuto la possibilità di raccogliere nuovi seguaci, per cui bisogna essere grati per il lavoro che Mondadori ha compiuto in tutto questo tempo. Tuttavia, se prima dell'avvento del nuovo millennio essa ha giocato in un terreno libero da avversari temibili, negli ultimi quindici anni la sua leadership indiscussa ha ravvisato una risoluta concorrenza da parte di un altro editore, il quale ha esercitato (ed esercita ancora) un ruolo molto importante nella diffusione del giallo tradizionale nel nostro Paese e si è assicurato la gratitudine dei fans più nostalgici ed accaniti; ovvero Polillo. Quest'ultimo, agendo nell'ambito poco sfruttato delle librerie, con la collana "I Bassotti" è riuscito a dimostrarsi al passo con i tempi e a conquistare la fetta di pubblico delusa dalla preponderanza di crime novels di stampo moderno, presenti tra le nuove uscite del suo diretto antagonista, grazie alla centellinata pubblicazione di uno o due titoli al mese, appartenenti all'età d'oro del mystery. In questo modo, ha ridato linfa a un genere che minacciava di venire sopraffatto dalle nuove tendenze e, allo stesso tempo, ha permesso a tanti neofiti (come era a quel tempo il sottoscritto) di addentrarsi in un mondo sorprendente e affascinante. A tutt'oggi, Polillo rappresenta la fonte principale per il recupero del patrimonio costituito dalla crime story della tradizione angloamericana classica, poiché ha riproposto valide traduzioni di romanzi reperibili soltanto nei mercatini dell'usato e (cosa più importante) ha introdotto nel mercato italiano inediti di qualità, facendo proprio il ruolo pionieristico che era stato del Giallo Mondadori e, a volte, riuscendo addirittura a precedere la riscoperta in lingua inglese di alcuni autori.

Un esempio può essere Milward Kennedy, del quale Polillo ha finora pubblicato "Il Mistero del Diario" (il cui titolo originale è "The Bleston Mystery") e "Il Caso della Zitella Acida" ("Poison in the Parish"); H.H. Stanners e il suo "Com'è Morto il Baronetto?", quasi introvabile in edizione originale; oppure Christopher St. John Sprigg. Di quest'ultimo, in particolare, Polillo ha dato alle stampe i suoi due gialli più famosi, per poi passare il testimone a Lindau il quale, a sua volta, ha tradotto altri tre titoli. Si tratta di libri che, fino a poco tempo fa, erano molto rari da ottenere in lingua inglese; forse a causa del fatto che Sprigg morì giovane e, come Dorothy Bowers, non ebbe il tempo materiale per promuovere a dovere la propria opera, al fine di evitare che essa venisse ingoiata dal vasto numero di gialli che a quel tempo venivano pubblicati. Quindi, la loro ripubblicazione risulta ancor più degna di lode di quanto accadrebbe con altri scrittori; anche perché, pur non essendo capolavori, i romanzi di Sprigg appartengono alla Golden Age e, di conseguenza, presentano enigmi deliziosi e ricchi di ironia, con personaggi divertenti ed ambientazioni esotiche. Solamente il suo ultimo sforzo letterario, "Sei Oggetti Misteriosi" (Edizioni Lindau, 2019), si differenzia dalla norma. Esso, infatti, venne pubblicato postumo, dopo che il suo autore adottò una convinta fede politica rigorosa e severa, per cui presenta una visione più cupa della realtà, un'umorismo nero molto spiccato e l'analisi di alcuni temi da un punto di vista tutt'altro che imparziale. In ogni caso, con questo non intendo affatto sminuire la qualità dell'opera; essa affronta argomenti interessanti e presenta comunque un racconto suggestivo, mostrando ancora una volta come il thriller possa essere accostato alla detection classica.

"Seduta Spiritica" di Giuseppe Bossa Kiniggia
La trama di questo romanzo si articola a partire dalla curiosa e inaspettata offerta di lavoro che Michael e Bella Crispin, fratello e sorella impegnati in una sorta di "ricerca" scientifica, rivolgono a Marjorie Easton, una giovane apprendista dattilografa. La ragazza, la quale mal sopporta di dover ancora condividere la propria vita con lo zio bisbetico e ha intenzione di coronare al più presto il sogno d'amore che condivide con il suo fidanzato, Ted Wainwright, sembra essere proprio la persona adatta a occupare il posto di assistente di Michael, tanto da venire letteralmente abbordata in una sala da tè per vedersi proporre di diventare loro socia, senza dover fornire alcun tipo di referenza, ma solo a causa della sua somiglianza con una certa Renée de Varennes. Dal canto suo, Marjorie è un po' dubbiosa: non capisce cosa vedano in lei i Crispin, per dimostrarsi così entusiasti nel caso decidesse di accettare la loro offerta, ma soprattutto sente che deve esistere qualche imbroglio in una faccenda tanto insolita. Infatti, il salario appare troppo sostanzioso per un semplice incarico da segretaria, e le garanzie per la sua assunzione appaiono tali da destare i suoi sospetti. Certo, la possibilità di acquisire una posizione ben pagata, che la impegnerebbe solo per poche ore del giorno e le permetterebbe di passare più tempo con Ted, la tentano come non mai. Tanto più che lo zio ha velatamente suggerito di allontanarla da casa. E poi, in fin dei conti, i Crispin le sono sembrati rispettabili, anche se un po' eccentrici. Lui, ad esempio, ha un aspetto fisico un po' sgradevole, parla pochissimo e ogni tanto assume un atteggiamento scorbutico; lei, invece, presenta un'aria sottomessa e docile, quasi smorta, ma nel momento del bisogno sembra capace di dimostrare una grande praticità. Peccato solo che non abbiano voluto sbilanciarsi troppo sulla natura dei loro studi...

Indecisa e incuriosita dal loro comportamento riservato, Marjorie decide di fare un sopralluogo al n. 7 di Belmont Avenue, dove i Crispin alloggiano, prima di decidere se accettare o meno il posto. Il colloquio con i padroni di casa, tuttavia, si rivelerà fonte di ben più di una sorpresa: laggiù, infatti, dove le stanze sono piene di specchi, strani mobili e drappi per oscurare le finestre, la ragazza scoprirà che Michael agisce come medium, per sedute spiritiche che attirano un gruppo di individui uno più strano dell'altro, mentre Bella si occupa dell'andamento domestico. E quando Marjorie, affascinata dai riti e fiduciosa di poter contare sulle capacità dei Crispin per contattare la madre defunta, si risolverà a mettere da parte i pregiudizi e ad accettare la loro proposta, si innescherà una lunga serie di guai: innanzitutto, la pressione delle sedute porterà la ragazza sul ciglio di un esaurimento nervoso, tanto da spingerla a chiede l’aiuto di uno dei partecipanti ai riti spiritici, il dottor Wood; ma soprattutto, ben presto si verificherà una morte impossibile, la quale implicherà Ted, intrufolatosi nella cerchia degli adepti dei Crispin per scoprire come mai Marjorie sia cambiata in così poco tempo. Toccherà all'ispettore Morgan il compito di sbrogliare la matassa, scacciare gli incubi che si sono addensati sul n. 7 e trovare le risposte che servono per risolvere l'enigma dell'omicidio e per spiegare la presenza, in un cassetto della scrivania della vittima, di sei oggetti misteriosi e insoliti.

Immagine del Grande Sciopero del 1926, a Londra
Tra i romanzi gialli di Sprigg, "Sei Oggetti Misteriosi" spicca in modo netto in mezzo al gruppo. Più che una detective novel tradizionale, esso appare come un qualcosa di sperimentale, una commistione di generi diversi, alla maniera di "Svanita nel Nulla", a cui viene accostato un enigma imbastito in modo da rappresentare una visione della realtà che definire pessimistica risulta quasi riduttivo. Poco prima di scrivere questo libro, infatti, l’autore aveva fatto proprio il severo idealismo marxista; quindi esso non presenta più la spensieratezza caratteristica dei gialli precedenti, ma in qualche modo intende farsi mezzo di diffusione dell'inflessibile credo comunista, usando un tono serio come accadde anche nelle opere di narrativa di Douglas e Margaret Cole, i quali si impegnarono a fondo per affermare il più diffusamente possibile la causa del loro Partito. Il fulcro centrale della narrazione di questo romanzo di Sprigg, in particolare, verte sugli effetti nefasti che l'interesse per i fenomeni immateriali sortisce sulla mente delle persone comuni e dei deboli, traviandola dall'affidabile materialismo predicato dalla sua nuova fede politica in favore di un "mondo spirituale", che ha come scopo quello di confondere e opprimere l'individuo, spingerlo a lasciarsi manovrare dal Sistema e a credere in cose che, in realtà, sono futili e inconsistenti. Si trattava di una battaglia, portata avanti in modo manifesto dal Partito Comunista ancor prima del famoso Sciopero Generale del 1926, che occupava le prime pagine dei giornali ed interessava più o meno tutta quanta la popolazione della Gran Bretagna; per cui Sprigg, deciso a promuovere la causa comune ai suoi compagni, si convinse a scrivere una crime story per dare un'ulteriore spinta alle innovative convinzioni che si andavano diffondendo tra la gente. E per mettere bene in luce la netta differenza tra la “sua” visione della società rispetto a quella degli avversari, non trovò di meglio che ideare una vicenda con cui scagliarsi contro lo spiritismo che furoreggiava in quegli anni, usandolo come capro espiatorio.

Quella dei riti per il contatto con i morti era una vera e propria mania, nata in America nel corso dell'Ottocento e diffusasi in seguito anche in Inghilterra, dove aveva fatto grande opera di proselitismo; soprattutto tra il 1914 e il 1930, quando la perdita di numerosissime vita nelle guerre mondiali indusse non solo il personale sanitario nei campi di battaglia, ma anche i familiari sopravvissuti delle vittime a cercare conforto nelle sedute attraverso cui parlavano con i cari defunti. In un paese scosso dalle conseguenze del conflitto a livello nazionale (non per nulla si parla di "Shell Shocked Britain"), non sorprende che in molti facessero affidamento in tali pratiche al fine di "aiutarsi a sollevare l'onere del dolore sopportato [...] sia a diffondere la "verità" della comunicazione spirituale". E stupisce ancora meno il fatto che molti personaggi pubblici avvalorassero i riti, come ad esempio Arthur Conan Doyle, l'inventore di Sherlock Holmes, attirandosi in questo modo le ire di cattolici e anglicani, i quali accusarono i medium di essere ciarlatani aggressivi; di medici, che consideravano la faccenda come una minaccia che avrebbe favorito lo sviluppo delle psicosi, ed infine proprio dei marxisti. Nell'ottica di questi ultimi, lo spiritismo era raffigurato come uno strumento attraverso cui manovrare gli emarginati e i deboli; una messa in scena che implicava la corruzione morale e andava contro tutti i principi. "Un tentativo di sfruttare gli alienati [...] lo stanno facendo un po’ dappertutto a Londra, se per alienati non intendiamo solo quelli dichiarati tali, ma anche chi ha una mente più o meno debole, i disadattati o chi è emotivamente sconvolto per un grave lutto" osserva a riguardo Sprigg, nella parte finale di “Sei Oggetti Misteriosi”. Quindi, questo aperto attacco allo spiritismo deve essere interpretato come un'accusa consapevole da parte del comunismo contro l'influenza dei cosiddetti "poteri forti" (o "superfurfanti", come li definisce Sprigg nel romanzo). Grazie all'utilizzo di un linguaggio scarno e fatto di nozioni precise, l'autore mette in luce come non ci sia nulla di davvero suggestivo o spiritoso nelle allucinazioni di Marjorie, nelle sedute cui la ragazza partecipa e nella figura di Michael Crispin, come invece avviene in altri romanzi gialli della Golden Age, quali "Un Messaggio dagli Spiriti" di Agatha Christie e "Veleno Mortale" di Dorothy L. Sayers. E non sottolinea affatto il ruolo positivo dei riti spiritici nello smascheramento dei colpevoli: spesso, infatti, questi venivano adottati dagli investigatori al fine di influenzare personaggi suggestionabili; nel suo romanzo, invece, Sprigg conferisce loro una funzione del tutto diversa, quali meri espedienti per fare pressione sulla psicologia degli associati e indurli alla pazzia, così da eliminarli dalla società in quanto incapaci di intendere e di volere (a questo proposito, è significativa la descrizione della vita in manicomio ai capitoli 9, 10 e 11).

Con la storia di Marjorie, egli intende dare un monito al lettore: a partire dal desiderio della ragazza di un'esistenza romantica, lontana dalla monotonia di tutti i giorni, sviluppa pian piano una serie di vicende che intendono illustrare come sia più sicuro (e quindi preferibile) affidarsi a uno stile di vita basato sulla fiducia che deriva da fatti concreti e non da parole e promesse vuote. Ad esempio, viene più volte sottolineato come l'incontro tra Marjorie e i Crispin sembri studiato a tavolino (pp. 20-21); viene messo in evidenza il modo apparentemente affabile attraverso cui i due fratelli conquistano la fiducia della ragazza (pp. 53-55); vengono ribaditi gli inutili tentativi di Ted di riportare Marjorie "sulla retta via", in seguito al contatto con il mondo dello spiritismo (pp. 59-62), come pure il fatto che la ragazza appaia sempre più succube dell'influenza dei Crispin dal momento in cui Ted non costituisce più un punto fisso nella sua vita (pp. 70-73). Sprigg suggerisce che anche l'accettare il supporto di personaggi che ce lo offrono per puro spirito di carità (quali Mrs Threpfall e del dottor Wood) è qualcosa di cui bisogna diffidare, poiché non sappiamo quali possano essere i loro fini reali. Insomma, con questo romanzo Sprigg mette in rilievo come sia pericoloso affidarsi a un mondo che, attraverso facili inganni e speranze illusorie, può cambiare radicalmente la nostra personalità, attuando con fredda crudeltà una sorta di "lavaggio del cervello", e suggerisce che solo la guida di persone consapevoli può "guarire" chi si è assuefatto al "mondo spirituale" tanto odiato dallo stalinismo (vedasi p. 274). Tenuto conto di tutto ciò, dunque, quella di "Sei Oggetti Misteriosi" risulta una storia più complessa di quanto appaia a prima vista: non è soltanto un romanzo ibrido, con una prima parte costruita sul tipo del giallo tradizionale e una seconda impostata più sul genere thriller, ben intrecciate tra loro e caratterizzate da un'accurata gestione della suspense (pur tenendo conto che purtroppo non esiste fair-play e che la spiegazione dei sei oggetti misteriosi non è forse così centrale nella trama); è un libro che, sotto sotto, descrive la società del suo tempo e i cambiamenti che in quel momento erano in atto.

Christopher St. John Sprigg, nato
nel 1907 e morto nel 1937
Lo stesso Christopher St. John Sprigg, negli ultimi anni della sua vita, prese parte ad alcuni importanti avvenimenti della Storia. Nato nel 1907 a Putney, nella zona sud-ovest di Londra, dopo aver lasciato la scuola a quindici anni, a causa del licenziamento del padre dalla redazione del Daily Express, egli divenne prima giornalista per lo Yorkshire Observer, ed in seguito direttore di un giornale per conto proprio: l'Aircraft Engineering, una testata che si occupava di aviazione, argomento del quale lui era un grande appassionato. Lettore voracissimo, versatile romanziere, scrittore di poesie e opere teatrali, oltre che di trattati filosofici, scientifici, critici e ovviamente romanzi gialli, all'età di 27 anni Sprigg si appassionò alle teorie marxiste ed iniziò a studiarle a fondo, segnando la sua vita nel bene e nel male. Impiegò un decennio prima di pubblicare, sotto lo pseudonimo di Christopher Caudwell, il suo primo saggio a riguardo, "Illusione e Realtà", dove accostava la sua visione della società a quella dell'impegnata cerchia di poeti guidati a W.H. Auden; nel frattempo, tra un volume di poesie e un saggio sugli aerei, tra il 1933 e il 1937 si dedicò alla pubblicazione di sette crime novels, la maggior parte caratterizzate da uno stile brillante e personaggi vivaci che gli procurarono gli elogi di altri colleghi quali Dorothy L. Sayers (con la quale intrattenne uno scambio di corrispondenza per un breve periodo), Michael Innes e Nicholas Blake. Con quest'ultimo condivise l'impegno sociale e politico nel campo della narrativa: oltre a "Illusione e Realtà", infatti, avrebbe dato alle stampe ancora molti manuali e testi di critica in questi ambiti. Peccato che non ne avrebbe visto nessuno: a partire dal 1934, l'attivismo politico iniziò a consumarlo lentamente, tanto da capovolgere le sue idee riguardo le opere fittizie fino a considerarle come "spazzatura" da buttare giù solo per i soldi. Le opere più importanti, secondo lui, erano i tomi pesanti e seri sulla teoria del comunismo. Inoltre, l'attivismo per conto del partito e l'intenzione di lavorare attivamente per la sua Causa lo spinsero a recarsi, nel 1936, fino in Spagna, dove guidò un'autoambulanza e si fermò in modo stabile per essere di supporto ai compagni. Fu laggiù che, un anno dopo, venne ucciso il primo giorno della battaglia di Jarama, nonostante i disperati tentativi del fratello Theodore di convincere il segretario del partito comunista di richiamarlo in patria; ormai si era perso nella sua guerra personale, ma perlomeno morì combattendo per qualcosa in cui credeva con passione.

Lasciò in eredità ai posteri una grande quantità di opere di vario genere, ma al giorno d'oggi le più ricordate sono quelle appartenenti al genere della crime story: "Omicidio a Kensington" (1933), "Omicidio in Fleet Street" (1933), "L'Alibi Perfetto" (1934), "Morte di un Aviatore" (1934), "The Corpse with the Sunburnt Face" (1935), "Death of a Queen" (1935) e "Sei Oggetti Misteriosi" (1937), che ho recensito quest'oggi. I suoi personaggi sono sempre vividi e descritti a tutto tondo: ad esempio, Marjorie Easton, da tipica ragazza ingenua e un po' credulona, evolve dalla propria condizione di disperazione, dopo aver sperimentato incubi terribili ed essere stata sull'orlo dell'esaurimento nervoso, in una donna che ha preso coscienza di sé e che "ha imparato la lezione" (p. 274). L'ispettore Morgan, da investigatore per nulla fantasioso, sperimenta l'esperienza di confrontarsi con un caso insolito e si scopre capace di immaginare abbastanza per riuscire a risolvere l'indagine che gli è stata affidata. Ted, alter ego dell'autore, supporta Marjorie nel suo processo di evoluzione e le permette di raggiungere una vita felice. Queste tre figure condividono la scena all'interno del romanzo, affiancati dalla coppia dei Crispin, astuti, strani e insinuanti, ma anche molto affascinanti (una delle caratteristiche di Michael mi ha sorpreso non poco). Lo stile e la descrizione della ambientazioni, infine, danno un tocco di irrealtà alla vicenda, come se fossimo immersi in una sorta di incubo ad occhi aperti, dove la crudeltà la fa da padrone e l'oscurità può inghiottire le persone quasi senza che esse possano ribellarsi. Tutto ciò ho ricavato dalla lettura di questa prova letteraria, interessante ed insolita nel suo insieme all'interno del panorama della classica crime story. Sono i risvolti psicologici e mentali ad interessare l'autore, insieme alle sollecitazioni che vengono dall'esterno e influiscono sul ruolo in società dell'individuo. Grazie al tono cupo e a volte venato da uno spiccato umorismo nero, tutto ciò appare claustrofobico e minaccioso; è proprio un peccato che un autore come Sprigg, dotato di un raro talento nella narrazione e di uno stile tanto brillante, sia morto così giovane; se fosse vissuto e avesse deciso di allontanarsi dal marxismo, forse avrebbe potuto allietarci con altre storie. È proprio vero che le guerre sono deleterie per l'umanità.

P.S. Questo post è dedicato alla memoria di Marco Polillo, scomparso dopo che io avevo già scritto l'introduzione che trovate in cima alla pagina. Grazie ancora per tutto quello che hai fatto per il giallo in Italia.

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