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venerdì 23 agosto 2019

6 - "Svanita nel Nulla" ("She Faded into Air", 1941) di Ethel Lina White

Copertina dell'edizione pubblicata nei
Classici del Giallo Mondadori n. 1422
Il notevole successo di vendite che, fin dalla loro comparsa tra le fila della crime story classica, hanno riscosso i romanzi delle women in jeopardy (o "donne in pericolo") è cosa ormai assodata. Come la loro forza magnetica nei confronti del pubblico: caratterizzati da scenari notturni e figure di infaticabili infermiere-segugi, e da ambigui individui a caccia di fanciulle indifese che si credevano protette da pericoli del genere, essi sono riusciti a costruirsi, a partire dai primi anni del Novecento, una fedele cerchia di affezionati lettori e lettrici; soprattutto nel luogo in cui sono nati, in America, grazie all'operato di scrittrici come Mary Roberts Rinehart e Mignon G. Eberhart, le quali hanno intrattenuto per molto tempo gli appassionati di suspense e dato vita a una vera e propria Scuola, la cosiddetta "HIBK School" che ruota attorno all'assioma "Se solo avessi saputo...". Invece, il fatto che questa tendenza a narrare le peripezie di intraprendenti e giovani signorine, pur sviluppatasi maggiormente dall'altra parte dell'Atlantico, si sia imposta in qualche modo anche in Inghilterra viene spesso trascurata; eppure, è un fatto che qualcosa di simile ai libri delle Regine del Brivido americane sia comparso anche qui, nella Vecchia Europa, e abbia sortito una certa popolarità non molto tempo dopo l'apparizione sul mercato di opere quali "La Stanza n. 18" o "Il Pipistrello"Grazie alla celebrità di cui aveva goduto il romanzo vittoriano nel corso dell'Ottocento, infatti, nei primi anni del secolo successivo si vide una sorta di riscoperta di quel tipo di letteratura in chiave "criminosa" da parte di alcune scrittrici di sesso femminile; e se certi tratti peculiari di romanzi come quelli di Jane Austen (quali lo spiccato gusto per il gotico e la presenza di figure femminili spesso centrali nelle vicende raccontate, in comune con i mysteries di Rinehart ed Eberhart) vennero riproposti tali e quali a come erano stati impiegati nel passato, è pur vero che ad essi fu affiancata una spiccata componente delittuosa, legata soprattutto agli stilemi del thriller.

Per le autrici in questione fu un modo di ripercorrere la strada che le loro colleghe d'oltreoceano avevano già tracciato, pur dando maggiore risalto a "signorine omicidi" come zitelle e giovani impiegate, che riscontrò una modesta popolarità e permise loro di affermarsi. Tra queste vanno sicuramente ricordate Gladys Mitchell e Patricia Wentworth; ma la prima a raggiungere il successo in questo campo fu la gallese Ethel Lina White la quale, oltre ad inserire nei suoi libri la marcata componente di suspense delle trame americane, si impegnò a mescolarla agli enigmi delle detective novels, dando così vita a gialli diversi da quelli della sua epoca, seppur aderenti alla tradizione. Tra le altre, "Svanita nel Nulla" (Classici del Giallo Mondadori n. 1422, 2019) è forse l'opera più rappresentativa di questa sua concezione della crime story (ancor più del riconosciuto capolavoro dell'autrice, "Qualcuno ti Osserva"), poiché vede la sparizione impossibile di una ragazza all'interno di un palazzo vittoriano, corredata di personaggi sospetti e ambigui e la costante presenza di un pericolo dietro l'angolo per la coppia di protagonisti; insomma, un sapiente mix tra il giallo della Golden Age e la corrente innovativa delle women in jeopardy.

La trama si snoda proprio dal momento in cui Evelyn, la figlia del magnate americano Raphael Cross, scende dalla limousine del padre di fronte a Pomerania House, un imponente caseggiato costituito da enormi saloni e imponenti scalinate in piena Londra. Si è recata laggiù in un nebbioso pomeriggio d'ottobre per ordinare un paio di guanti presso la famosa Madame Goya, un donnone bardato di scialli e con la fama di possedere doti di chiaroveggenza, e non immagina assolutamente che, entro qualche minuto, sarà destinata a scomparire nel nulla. Con tutta tranquillità saluta Pearce, il portiere, gli chiede un fiammifero per accendere una sigaretta e poi si allontana verso l'ingresso in direzione del padre e del proprietario dello stabile, il maggiore Pomeroy. Quando l'usciere torna al suo posto, scorge la ragazza e i due uomini salire le scale che portano al piano di sopra, dove ella farà il suo ingresso nelle stanze di Madame Goya. E se, secondo le testimonianze, Evelyn varcherà di sicuro la soglia del numero 16 per entrare, altrettanto non si potrà dire per uscire; poiché né suo padre né il maggiore, appostati proprio sul pianerottolo, né la chiaroveggente avranno la minima idea di dove ella possa essersi cacciata o essere stata imprigionata, dopo aver ordinato i guanti ed essersi diretta verso l'uscita dell'appartamento. Sembrerebbe proprio che la ragazza sia svanita dalla faccia della terra, che si sia dissolta nell'aria o si sia mescolata alla nebbia che preme contro le finestre di Pomerania House, e a nulla servirà l'intervento dell'investigatore privato Alan Foam o il letterale smantellamento dell'appartamento di Madame Goya.

Anche se vuol dare l'idea di considerare l'accaduto come una scappatella della figlia, Raphael Cross teme si tratti di un rapimento di stampo ricattatorio, simile a quello cui sono fortunatamente scampati alcuni suoi amici, i signori Stirling e la loro figlia Beatrice, residenti a Londra proprio nei giorni in cui Evelyn è scomparsa; quindi esclude il coinvolgimento della polizia e attende, nervoso e trepidante, notizie dai rapitori o da Evelyn, tra una chiacchierata confortante con gli Stirling, un velato flirt con la giovane Viola Green, affittuaria di Pomerania House, e un pranzo elegante. Tuttavia, quando Nell Gaynor, vecchia amica di Raphael, viene investita e uccisa pochi giorni dopo averlo incontrato nella capitale inglese, Foam inizia a sospettare che le cose non potranno far altro che peggiorare e decide di mettere in guardia Viola, la quale nel frattempo è diventata la dama di compagnia di Beatrice; e quando arriverà finalmente la richiesta di riscatto per Evelyn, i consigli frettolosi che saranno rivolti a Cross porteranno in modo inevitabile a che si verifichi la tragedia che tutti quanti hanno temuto fin dall'inizio. Ma non sarà finita lì, poiché dovrà passare ancora molto tempo prima di scoprire come un essere umano in carne ed ossa sia riuscito ad essere sottratto da un luogo chiuso e a ricomparire da tutt'altra parte.

Dipinto raffigurante "Londra nella Pioggia", come poteva
essere la città in "Svanita nel Nulla"
Come di consueto, con "Svanita nel Nulla" Ethel Lina White si impegna a costruire un thriller in cui non manchi, tuttavia, qualche elemento da giallo tradizionale. Infatti, come aveva già fatto in "È Scomparso un Caro Ometto" (dove un uomo finge la propria morte per truffare l'assicurazione) o in "The Elephant Never Forgets" (una sorta di spy story ambientata in Unione Sovietica), anche in questo romanzo unisce la suspense caratteristica dei libri delle women in jeopardy a un'indagine di tipo prettamente classico, con una scomparsa impossibile alla maniera di John Dickson Carr. Questa unione un po' forzata, legata al fatto che lei non seppe creare un investigatore fisso per i suoi gialli come Agatha Christie o lo stesso Carr, ha probabilmente portato al graduale oblio di cui l'opera della White è stata purtroppo protagonista; eppure al tempo stesso le ha permesso di variare e sperimentare, pur rimanendo ancorata ad alcuni aspetti comuni nelle sue trame. Così, mentre il brivido resta la sua cifra distintiva, di volta in volta si è cimentata nel "mistero-da-villaggio-di-campagna" (con "Fear Stalks the Village"), in quello universitario (con "The Third Eye") oppure in una variante del giallo con serial killer (con "Qualcuno ti Osserva"), senza rinunciare ad elementi gotici quali infermiere, scene notturne e luoghi solitari, i quali ne hanno fatto un'insolita discepola della scuola della Rinehart. È riuscita a creare una sorta di narrazione duplice, dove non solo i contenuti ma anche gli elementi strutturali di questi sottogeneri del giallo si equilibrano (quasi) alla perfezione gli uni con gli altri, come se il suo modo di raccontare (e a maggior ragione nel caso di "Svanita nel Nulla") si potesse paragonare a un castello di carte, in cui ogni aspetto possiede la caratteristica di essere complementare all'altro.

Per quanto riguarda le atmosfere e le ambientazioni, ad esempio, l'autrice accosta l'aura nebbiosa e tormentata che pervade la lettura dall'inizio alla fine all'indagine di Alan Foam, dove la logica e il rigore giocano un ruolo non secondario; oppure ci descrive gli enormi saloni di Pomerania House, gli appartamenti drappeggiati e illuminati da lampade e fa rimandi al mobilio vittoriano in modo da dare un grande senso di solennità alle vicende e conferire loro pure una certa aria di irrealtà, per poi inserire la demolizione delle stanze di Madame Goya, come se intendesse scacciare i fantasmi dai luoghi che ha descritto e mostrarceli per quello che sono davvero, secondo l'ottica razionale che l'investigatore rappresenta. Lo stile è molto simile a quello impiegato dalle Regine del Brivido, con numerosi momenti a effetto e finali di capitoli in cui il lettore si trova a trattenere il fiato; eppure esso risente della tradizione solida e caratteristica del romanzo vittoriano, dove il dettaglio e l'aderenza alla realtà erano molto spiccati. Anche l'enigma, pur ispirato da chiare influenze legate al thriller, viene delineato in modo da rappresentare come meglio si può la tradizione del giallo classico all'inglese, con tanto di indizi forniti al lettore. L'apparenza e la sostanza sono i concetti base su cui si fonda la crime story in generale; ciò che sembra e ciò che è, i tentativi di nascondere la propria natura e le maschere che le persone indossano appaiono familiari ai lettori di gialli. In "Svanita nel Nulla", questa duplicità non si applica solo ai temi e alle azioni dei personaggi, ma anche all'impianto formale e pare propendere leggermente verso ciò che è reale, con un'indagine orientata più del solito verso il mystery tradizionale: ci sono trucchi da prestigiatore, oggetti rinvenuti nei pressi della scena del crimine, allusioni e tracce nascosti nelle parole dei sospettati. Tuttavia, ancora una volta, entra in gioco l'influenza esercitata dal romanzo di suspense e questi elementi vengono talmente complicati dalla necessità di creare mistero sulla sparizione di Evelyn Cross, da ritrovarli come immersi nella nebbia, con i contorni sfocati e inutilmente esagerati per il lettore deciso a seguire un ragionamento del tutto logico per giungere alla soluzione. Ecco, forse è questa la critica più grande che si può fare a questo romanzo, e il motivo per cui esso può venire solo accostato a quelli di Carr. Anche quest'ultimo, infatti, fece la propria fortuna grazie all'unione tra pragmaticità e "fenomeni soprannaturali"; ma a differenza di Ethel Lina White, egli riuscì ad essere sempre credibile, chiaro e a infondere qualcosa in più nel suo modo di narrare e porre enigmatici quesiti.

Ethel Lina White, nata nel 1876 e
morta nel 1944
Pur avendo goduto di un certo successo mentre era in vita, al giorno d'oggi non sappiamo granché sul conto di Ethel Lina White. Come ha osservato Mauro Boncompagni in un'introduzione a uno Speciale del Giallo Mondadori, su di lei esistono solo alcune menzioni sparse qua e là, citazioni stringate e un saggio molto breve in "20th Century Crime and Mystery Writers" (poi tolto dalle edizioni successive a quella del 1980). Per qualche tempo, addirittura, si è stati indecisi sulla sua vera data di nascita, la quale venne poi stabilita dal critico Jack Adrian all'anno 1876. Non stupisce, quindi, che tanti particolari sulla sua esistenza siano rimasti avvolti dal mistero. Di certo, White nacque ad Abergavenny, una cittadina antichissima del Galles meridionale, figlia di un inventore e della sua seconda moglie; visse prima in una casa a Frogmore Street (dove in seguito venne posta un targa commemorativa) e in seguito a Londra, e lavorò in città per qualche tempo al Ministero delle Pensioni; impiego che lasciò solo negli anni Venti, per dedicarsi completamente alla scrittura fino alla morte, avvenuta nel 1944. L'unico altro particolare sicuro sulla vita di Ethel Lina White, oltre ai romanzi di genere giallo e non che scrisse, è dato dal suo testamento: redatto in modo da lasciare alla sorella nubile (unica parente di cui si abbia conoscenza) tutto quanto possedeva, esso specificava una condizione davvero insolita affinché ella potesse acquisire i suoi averi; ovvero, che chiamasse un medico e gli ordinasse di trafiggere con un punteruolo il cuore della sua salma, per accertarsi che non ci fossero più tracce di vitalità. Una circostanza un po' macabra e agghiacciante, simile a quelle descritte nei suoi libri i quali, come abbiamo visto, pur forniti di elementi da detective novel si possono iscrivere al genere suspense e delle women in jeopardy. Da essi possiamo ricavare altre informazioni sulla sua personalità; soprattutto se analizziamo i personaggi femminili, che risultano essere sempre molto ben sviluppati. Anche se in "Svanita nel Nulla" non c'è una vera e propria protagonista come, ad esempio, avviene in "Qualcuno ti Osserva" (prima la vicenda è concentrata su Evelyn, poi si sposta su Viola e l'impatto positivo che ha il suo rapporto con Beatrice), le ragazze e le donne sono spesso raffigurate come energiche, pur in costante pericolo (ancora la duplicità cui accennavo sopra); sono persone che si impegnano per guadagnarsi da vivere, che si oppongono agli ostacoli che incontrano e agli individui che tentano di metterle in difficoltà facendo affidamento sulle proprie risorse, quali la maestra di "The Third Eye", la ragazza alla pari di "Qualcuno ti Osserva", la giornalista di "Delitto al Museo delle Cere", la governante di "La Signora Scompare". La stessa White probabilmente dovette far fronte alla necessità di sopravvivere con le sue sole forze: il censimento inglese del 1921 mostrava come le donne fossero un milione e tre quarti più degli uomini dopo la Grande Guerra, e questo fatto impediva loro di pensare a un futuro fatto di sicurezza finanziaria e matrimonio; quindi esse erano costrette a diventare infermiere o segretarie pur di sopravvivere. Ecco, anche Viola Green (come la stessa Ethel Lina) si trovò in una situazione simile, costretta a svolgere un'occupazione tediosa o precaria (vedasi a proposito pp. 41-42 e 51-53, ma anche p. 70 e 104), a cui andavano aggiunti gli effetti nefasti della Depressione e, a volte, il dovere di sostenere congiunti di ogni tipo.

Questa simpatia che White nutrì verso i suoi personaggi femminili la rese una scrittrice apprezzata e avanti sui tempi, tanto più che così si dimostrava molto tollerante verso i costumi dell'epoca, i quali vedevano la figura della donna ancora come marginale all'interno della società e la figura dell'investigatore come un essere umano privo di particolari emozioni. Lo stesso Alan Foam, infatti, è un prodotto originale all'interno della narrativa di genere: vuole apparire come un duro, uno di quei detective da hard-boiled che hanno visto le brutture del mondo e sono ormai disincantati nei confronti di un futuro roseo; eppure, sotto sotto, è un essere umano capace ancora di provare dei sentimenti, di guardare alla vita con un barlume di speranza e, soprattutto, di amare. Lui e Viola sono la vera coppia protagonista di "Svanita nel Nulla"; giovani, innamorati, decisi a trovare il proprio posto nel mondo e a raggiungere la felicità, assomigliano un po' a Tommy e Tuppence di Agatha Christie (come ha sottolineato Mike Grost in The Rinehart School), e lo sviluppo della loro relazione risulta tra gli elementi più importanti di tutto il romanzo, insieme al taglio cinematografico che Ethel Lina White seppe dare ad ognuno dei suoi libri. Non a caso, da "La Signora Scompare" e "Qualcuno ti Osserva" sono stati realizzati due film di successo, diretti rispettivamente che da Alfred Hitchcock (con titolo omonimo) e da Robert Siodmak (col titolo "La Scala a Chiocciola"); mentre dal suo "La Casa dell'Oscurità" fu scritta una co-sceneggiatura da Raymond Chandler e dal racconto "An Unlocked Window" furono tratte le basi per uno dei più memorabili episodi della serie "L'Ora di Hitchcock". Proprio quest'ultimo, grazie alla presenza di due infermiere, una finestra che non viene chiusa per la notte e una gran dose di brivido, può essere considerato come un tipico esempio della concezione di crime story che aveva questa insolita scrittrice, per la quale personalmente nutro una grande ammirazione. Christine Poulson ha osservato che "se c'è qualcosa che Ethel Lina White conosceva, quello è la suspense"; io non posso essere che d'accordo con le sue parole, e sono convinto che la sua decisione di mettere insieme il tradizionale giallo all'inglese con la corrente delle women in jeopardy le abbia assicurato un posto di tutto rispetto all'interno della narrativa di genere.

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