Copertina dell'edizione pubblicata dalla Polillo Editore |
Per fortuna, negli ultimi anni tali scrittori misconosciuti stanno tornando alla ribalta sia in lingua originale sia in traduzione estera. Non solo Moonstone Press, Dean Street Press e Fonthill, ma pure le italiane Lindau, Le Assassine e Polillo/Rusconi hanno avviato una campagna di recupero di queste opere dimenticate, riproponendole ai lettori affinché la loro memoria non venga cancellata e loro possano ancora godere delle storie che tali autori hanno lasciato in eredità. Si tratta di un'operazione che riceve tutta la mia approvazione, dal momento che penso sia meraviglioso avere a disposizione da leggere cose sempre nuove e non soltanto ristampe periodiche di titoli già editi. A questo proposito, proprio nei mesi scorsi, Rusconi ha mandato in stampa un quartetto di romanzi gialli che ha visto la luce in lingua italiana per la prima volta: il sopracitato "Il Rompicapo" di Lee Thayer (che non mi ha convinto del tutto, pur essendo stato interessante sotto alcuni punti di vista), "Delitto in una Camera Chiusa" di Michael Crombie, "Delitti al College" di Clifford Orr e "La Scatola Mortale" di Basil Godfrey Quin (Polillo Editore, 2021). Premesso che recensirò presto i romanzi di Orr e Crombie, oggi mi voglio soffermare sull'ultimo perché presenta una caratteristica molto particolare: su Internet e in generale nel dibattito tra critici e appassionati, è praticamente inesistente. Voglio dire, fino a un anno fa non esistevano studi su di esso; poi PuzzleDoctor di "In Search of the Classic Mystery Novel", in occasione del suo 1200° post, ha recensito proprio "La Scatola Mortale". Quindi, capirete quanto fosse raro trovare questo libro finché Rusconi non lo ha pubblicato nella nostra lingua. E perché mai questo romanzo è così sfuggente? Si tratta forse di un ingiusto oblio come è accaduto per Sprigg, Stanners, Haynes e Durham? Mi sentirei di rispondere: sì e no. Suona strano, lo so, ma dopo averlo letto credo che sia stata un'operazione tanto meritevole quella di rendere di nuovo disponibile un giallo tanto raro, quanto tutto sommato poco incisiva dal punto di vista dell'impatto che esso ha avuto su di me. In parole povere, non è stato qualcosa di esaltante, originale e innovativo in quanto ad enigma e narrazione; però mi ha intrattenuto e il suo lavoro lo ha svolto, per cui ve lo presento.
Apple Trees, Sunset, Eragny, Camille Pissarro, 1896, raffigurante un paesaggio simile a quello del giardino e della brughiera di Ellingham-Place |
Rothman, incuriosito dalla faccenda e deciso a scoprire come mai quei cinque uomini avevano violato la sua proprietà, ha raccolto il contenitore e lo ha portato a casa, chiudendolo in cassaforte in attesa di consultare Clarkson-Parry sul da farsi. L'investigatore gli consiglia di liberarsi del fardello il prima possibile, dal momento che le intenzioni dei membri di quella società non lasciano presagire nulla di buono, ma Rothman vuole arrivare in fondo alla faccenda e insiste per assoldare il suo ex-commilitone. Così Clarkson-Parry, insieme al fidato Harvey, dopo aver preso gli accordi necessari ed essersi congedato da Rothman si reca a cena da quest'ultimo per visionare la fantomatica "Scatola della Morte"... scoprendo che l'altro è stato ucciso nel suo studio, con una pugnalata al cuore. Quello che appare chiaro fin da subito è che la società segreta di cui era venuto a conoscenza Rothman deve c'entrare qualcosa: la cassaforte, infatti, è stata svuotata e due ciclisti sospetti sono stati visti fuggire a gambe levate dalla casa del signorotto. Eppure, nel nucleo familiare di quest'ultimo si annidano più sospetti di quanto si creda: sua moglie, l'attrice May Manners; la cameriera Clara Morris, il segretario Nelson e il maggiordomo Knowles potrebbero essere complici della banda oppure membri della stessa, sotto mentite spoglie? Secondo Clarkson-Parry, tutto è possibile. Anche scoprire come le vicende si possano ingarbugliare fino a costituire una matassa informe e inestricabile, mettendo insieme indizi e piste che forse servono solo a confondere le acque. L'ispettore Tom Thompson, incaricato di eseguire le indagini sull'omicidio, ha le idee confuse e pecca dell'immaginazione necessaria per trovare gli intoppi all'interno del caso; per cui toccherà alla coppia Clarkson-Parry/Harvey sforzarsi per scoprire quale sia la verità dietro al delitto, tra inseguimenti in auto e a piedi, rapimenti nel cuore della notte, travestimenti per incursioni armate e qualche partita a golf per distendere i nervi. E capire soprattutto se l'associazione della "Scatola della Morte" abbia qualcosa a che fare con la morte di Rothman.
Le Repas des Pauvres, Alphonse Legros, 1877, raffigurante alcuni signori riuniti attorno a un tavolo come i membri della Società della Morte |
Ciò che invece ha influenzato maggiormente lo stile e la narrativa di Quin è stato Arthur Conan Doyle. Si percepisce benissimo come l'autore abbia esercitato un'ascendente sul suo collega (pp. 42, 99, 104, cap. 12, pp. 135-136): oltre alle mere citazioni che si possono riscontrare dentro la vicenda, la stessa coppia agisce proprio come il segugio di Baker Street e il fido Watson. Clarkson-Parry è sempre avanti a Harvey in quanto a ragionamento e astuzia, la pianificazione delle mosse da mettere in atto sono spesso nascoste all'assistente e addirittura poco approfondite, la misoginia espressa dai protagonisti maschili e soprattutto da Clarkson-Parry (il quale considera le esponenti del gentil sesso come sirene ammaliatrici che distolgono l'attenzione dai focus della vita e inducono a compiere errori, pp. 56, 163-166, 185-186, 239-245)) e la tendenza a sfruttare lo sport e il passatempo come strumento per rilassarsi e trovare ristoro dalle fatiche mentali quotidiane. Tutto questo mi ha riportato alla mente le interazioni tra Holmes e il suo assistente; per non parlare poi del fatto che Harvey sia spesso ritratto come una sorta di cagnolino che si affretta ad eseguire gli ordini del suo superiore e guardi a lui come a una divinità che cammina sulla Terra (pp. 39, 47, 61, 71, 74, 80, 124, 173). Molte volte l'assistente si interroga sul comportamento strano del suo superiore, tenta di anticiparlo con ragionamenti contorti e riflessioni, ma Clarkson-Parry è sempre un passo avanti... e si ritrova a spiegare il proprio comportamento con una spiegazione un po' didascalica. Tra l'altro, qualche volta racconta azioni che non si sono svolte sul palcoscenico accessibile al lettore, ma di nascosto ad esso; quindi, non rispetta del tutto il fair play. Questa abitudine a dare per scontato alcune cose e a trattare l'enigma come se fosse una sorta di apocrifo holmesiano mi ha un po' deluso: dopotutto, erano passati quasi dieci anni da "Poirot a Styles Court" e il giallo si era evoluto dalla formula approntata da Doyle. Formula che, oltretutto, non rispecchia quello che io considero il "vero" giallo classico. Infatti, proprio ispirandosi alle gesta di Holmes, Quin ha seguito il modello che vedeva l'inserimento di una componente avventurosa necessaria a smuovere un po' le acque del ragionamento fin troppo analitico e scientifico del segugio di Baker Street, cadendo nella trappola di dare vita a una storia più simile a quelle di Edgar Wallace, con tanto di complotti e scorribande, invece di esplorare il lato "enigmatico" della storia come, ad esempio, ha fatto Hilda Lawrence (pp. cap. 2, pp. 30, 115-118, 124-126, 130-131, cap. 14, pp. 154, 174, 192-195, 197-200, 223-231). Questo è stato un grave errore, che ha pregiudicato la riuscita del romanzo per i puristi della crime story della Golden Age. Da parte mia, come dicevo, ho apprezzato comunque gli sforzi di Quin e mi sono divertito a leggere "La Scatola Mortale"; però non lo considero un capolavoro perduto della narrativa del mistero. Ci sono state troppe cose "già viste", nonostante l'autore abbia tentato di dare una svolta originale alla vicenda.
Basil Godfrey Quin, nato nel 1891 e morto nel 1968 |
Questo è tutto quanto riguarda la vita di Quin. E sui suoi libri, cosa altro si può aggiungere oltre a quello che ho già detto sopra? L'ambientazione viene raffigurata con maestria, anche se non ci sono moltissime descrizioni e il fulcro restano i dialoghi e le azioni dei personaggi (pp. 36-37, 40-41, 46-47, 56, 86-87, 95-96, 119-120, 124-126, 192-193, 211-212). In gran parte dei casi essa è data dalla cittadina fittizia di Novocaster, che fa il verso alla Newcastle in cui l'autore ha vissuto. Lo stile è buono, anche se nella traduzione di Rusconi si contano innumerevoli errori di battitura e di traduzione (sul serio, saranno quasi una cinquantina abbondante): la parte del leone è occupata dagli scambi tra Clarkson-Parry e Harvey, dove il primo agisce da insegnante per il secondo e lo istruisce direttamente oppure attraverso le sue azioni. Ad esempio, in qualche occasione Charles tenta di fare qualche osservazione intelligente per aiutare nelle indagini e il suo mentore lo corregge oppure smentisce con ironia. Un'altra caratteristica della narrativa dell'autore, sempre legata allo stile e ai temi dei suoi libri, si può riscontrare nel fatto che in essa spesso vengono inseriti militari, soldati di vario genere e riferimenti alla vita nell'esercito: il racconto di Harvey all'inizio della storia, i continui rimandi alle sortite notturne durante inseguimenti di sospettati e incursioni armate, ma anche affettuosi ricordi di vita condivisa con i compagni in un momento tragico della storia dell'umanità. Gli stessi faccia-a-faccia con gli assassini vengono caricati di significati che rimandano alla guerra e all'esperienza al fronte di Harvey che altro non è se non un alter ego dello stesso Quin; per non parlare delle difficoltà condivise, del cameratismo, della ricerca di un bene comune e di un senso di scopo che possa avvicinare gli esseri umani. Un certo gusto per la rappresentazione delle classi sociali si può rilevare benissimo in "La Scatola Mortale": i Rothman vengono dipinti come personaggi di alto lignaggio, soprattutto la moglie che viene rappresentata come una sorta di regina dalla quale bisogna guardarsi e che deve essere rispettata in qualunque occasione; il rapporto che si instaura tra Thompson e la donna è chiaramente subordinato dall'estrazione di nascita, come quello tra lei e Clarkson-Parry, aristocratico e quindi "pari" nelle interazioni con May Manners. Per non parlare dei camerieri, delle dame da compagnia e dei segretari che devono stare al loro posto: molto classista (pp. 56-58, 79, 81-82, 128-129).
Un altro aspetto della storia che avevo già menzionato sopra riguarda la misoginia: le donne sono rappresentate come esseri tra l'angelico e la virago, pronte a sollevare gli uomini dalla miseria in cui si trovano ma altrettanto disposte a rigettarli da dove li hanno raccolti. Ciò implica una certa patina di irrealtà nella raffigurazione dei personaggi, che non emergono mai del tutto dal ruolo che è stato loro imposto; a parte forse Clarkson-Parry e Harvey, oltre all'ispettore Thompson (e all'assassino, che nella confessione dimostra una passione ardente e toccante). Sono gli investigatori ad occupare sempre la scena, mentre i sospettati vengono interrogati e compaiono sul palcoscenico per interpretare la loro parte con una certa superficialità. Ed è il rapporto tra Clarkson-Parry e Harvey ad aver colpito i miei pensieri per gran parte della durata della lettura; ho notato un affetto particolare tra i due, nonostante il primo sia più freddo e compassato del suo amico (anche in questo c'è un ennesimo paragone con Sherlock e Watson). Forse è stata soltanto una mia impressione, una cosa che ho immaginato. In ogni caso, Harvey spende anima e corpo per il compagno e non esita a farsi avanti per risparmiargli fatica e preoccupazioni, da vero amico qual è. E credo sia stato questo il pregio più grande di "La Scatola Mortale": mettere in scena l'interazione tra investigatore e spalla nel miglior modo possibile. L'enigma in sé, infatti, non è dei migliori dal momento che include un sacco di cliché e digressioni che poco hanno a che fare con il genere al suo meglio: non solo ricatti, ma pure nascondiglio segreti, inseguimenti, rapimenti, travestimenti e una quantità di avventure che meglio si adattano a un romanzo di Wallace che a uno di Doyle (pp. 31-32, 34, 89-91, 114-115). In ogni caso, come dicevo, la lettura di questo libro non mi è pesata al contrario di altre fatte quest'anno (leggasi Weymouth); per cui mi sento di consigliarvi la lettura con l'aspettativa di assaporare una storia con poche pretese e che vi faccia trascorrere qualche ora in leggerezza, per staccare la mente da pensieri troppo cupi in favore delle rocambolesche vicende che il "misterioso signor Quin" (per citare un personaggio di Agatha Christie) ha predisposto per voi.
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