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venerdì 14 agosto 2020

42 - "La Morte Cammina per Eastrepps" ("Death Walks in Eastrepps", 1931) di Francis Beeding

Copertina dell'edizione pubblicata
dalla Polillo Editore

All'interno della crime story in generale, classica o contemporanea che essa sia, il sottogenere del giallo sul serial killing (ovvero sull'uccisione indiscriminata di persone in rapida successione) è forse uno tra i più battuti dagli scrittori di genere. Soprattutto se applicato al thriller, come è accaduto negli ultimi tempi, esso viene declinato in innumerevoli forme, nonostante la qualità dell'enigma si sia via via sempre più concentrata sugli aspetti deviati della psicologia dell'assassino, tralasciando l'elemento del fair play e una costruzione di indizi a portata del lettore atta a permettergli di scoprire la verità per conto suo. In ogni caso, al pubblico di appassionati questa mancanza (tanto grave per i fan del romanzo del mistero tradizionale e i puristi del rompicapo) pare non preoccupare più di tanto, vista la mole di carta stampata che viene pubblicata al giorno d'oggi a riguardo; forse ciò sarà in parte dovuto alla mera fantasia degli autori, ma sono convinto che loro non sarebbero tanto prolifici se i lettori si fossero stufati di divorare le loro opere. Il giallo del serial killer, quindi, al giorno d'oggi gode di una grande popolarità che non smette di sorprendere e non accenna a diminuire; e ciò fa ancora più specie se si considera che questo tipo di romanzo ha origini ben più datate di quanto si possa pensare. Infatti, come riporta Martin Edwards nel suo "The Story of Classic Crime in 100 Books", la letteratura fittizia ha iniziato ad occuparsi delle uccisioni in massa e indiscriminate ben prima dell'avvento della Golden Age. Addirittura prima dei delitti di Whitechapel, nonostante siamo ormai abituati ad affiancare la figura di Jack lo Squartatore a quella del primo individuo che si sia prodigato nel compiere crimini efferati e azioni delittuose in sequenza, il serial killer era una creatura conosciuta; anche se non veniva certo definito in questo modo.

Sempre secondo l'ottima guida di Edwards (che vi consiglio di recuperare, assieme a "The Golden Age of Murder"), era infatti già celebre la serie di assassinii di Ratcliffe Highway, nel corso della quale vennero attaccate due famiglie separate e trovarono la morte ben sette persone; tanto che questa fornì l'ispirazione a Thomas de Quincey per il suo "L'Omicidio come una delle Belle Arti". Inoltre, apparteneva alla storia fin dalla metà del diciannovesimo secolo pure l'audace serie di delitti perpetrati da William Palmer, la quale venne citata in esempi di letteratura del mistero quali il racconto "La Banda Maculata" di Arthur Conan Doyle e "Bellona Club" di Dorothy L. Sayers, e fornì alcuni aspetti peculiari del caso in "Il Sospetto" di Francis Iles e "Murderer at Large" di Donald Henderson. Nonostante ciò, tuttavia, furono gli omicidi dello Squartatore a catturare l'attenzione della fiction letteraria, dal momento che posero per la prima volta la questione sul fatto se la psicologia dell'omicida fosse del tutto preda di istinti selvaggi, oppure fosse essa governata da un movente razionale che si sposasse in qualche modo con la brutalità delle uccisioni. Fu questo aspetto del caso che fornì l'ispirazione agli autori della Golden Age (e ad alcuni giallisti d'oltreoceano, come Ellery Queen e Patrick Quentin) per immaginare una declinazione dell'indagine su un pazzo adatta alle loro storie; e il risultato fu che effettivamente qualcosa poteva nascere da una simile riflessione, tanto che in molti riuscirono a dare vita a storie spettacolari, pur senza rovinare la sorpresa del lettore con l'indicazione di un un assassino palese. Tra gli altri, visto che siamo in tempo di vacanze, oggi voglio concentrarmi su "La Morte Cammina per Eastrepps" di Francis Beeding (Polillo Editore, 2005), un romanzo che tratta una storia di questo tipo ma non si limita a fare ciò. Oltre al terrore serpeggiante nella cittadina sul mare che si ritrova preda di un maniaco omicida, all'atmosfera di tensione e di sospetto che grava sui personaggi del caso e alla sensazione che tutti covino sentimenti poco lusinghieri, è la questione sulla pazzia e su come essa viene trattata dal prossimo ad occupare il fulcro delle vicende; oltre a una pungente critica alla giustizia che non riesce sempre a svolgere il compito che le viene assegnato, a causa dell'influenza del sentimento nel rigido scorrere dei propri ingranaggi.

Bathing Machines, Aldeburgh (Suffolk), Eric Ravilious, 1938,
il quale potrebbe raffigurare la spiaggia di Eastrepps in seguito
al fuggi fuggi generale suscitato dal Mostro

La trama si apre con una scena alla stazione di Fenchurch Street, a Londra. Il signor Robert Eldridge, direttore di una società londinese, siede in uno scompartimento da solo e sta recandosi in tutta segretezza fino ad Eastrepps, una cittadina sul Mare del Nord, dove conta di trascorrere la consueta serata del mercoledì con la sua amante, Margaret Withers. Finché la donna non riuscirà ad ottenere l'affidamento della figlioletta e il divorzio alle proprie condizioni (cosa che, se ella si è resa colpevole di adulterio, non è possibile nell'Inghilterra del tempo), i due innamorati devono mantenere tutti all'oscuro delle loro manovre per vedersi; pertanto, Eldridge ha elaborato un complicato piano che prevede la sua permanenza in città un solo giorno, invece che due, e la costruzione di un alibi fasullo che metta a tacere le chiacchiere dei compaesani di Margaret. Ormai sono sei mesi che la faccenda si protrae, e tutto pare andare per il meglio; una bella soddisfazione per l'uomo, il quale ha trascorso molti anni lontano dall'Europa a causa di una bancarotta fraudolenta, per la quale non ha mai scontato alcuna condanna e molti personaggi di Eastrepps hanno patito delusioni e ingenti perdite di denaro. Eppure, il rapporto tra Eldridge e Margaret è destinato a subire più di uno scossone: infatti il cugino della donna, Dick, ha scoperto la tresca tra i due e intende ricattarli, sia per racimolare facilmente più denaro possibile senza faticare, sia per riportare accanto a sé la donna di cui è innamorato da sempre.

Ma non è finita qui; la sera in cui Eldridge si reca a Eastrepps in incognito, la signorina Mary Hewitt viene assassinata in un boschetto poco lontano dalla casa di Margaret. La scoperta del cadavere, il mattino seguente, getta la cittadina nel terrore e i poliziotti del posto, l'ispettore Protheroe e il sergente Ruddock, nel panico più totale, dal momento che fattacci del genere accadono piuttosto di rado da quelle parti. La poveretta non aveva nemici; quindi deve trattarsi di un assassinio dovuto a un pazzo, pensano i concittadini della vittima, a partire dalla gentile signora Dampier, che nelle sere d'estate siede sempre nel suo giardino. Così, ognuno fa la propria parte per dare una mano nelle indagini; persino il baronetto Alistair Rockingham, affetto da un fortissimo esaurimento nervoso, non vede il motivo per cui qualcuno dovrebbe sottrarsi al fare il proprio dovere; soprattutto se ciò gli permette di mettersi in bella mostra col gentil sesso. Peccato che la situazione degeneri ben presto: alla signorina Hewitt, succederanno una seconda vittima, e una terza, e una quarta, e una quinta; tutte legate tra loro dal fatto di essere state truffate da Robert Eldridge... Finché la situazione diventa insostenibile e la gente si rinchiude in casa, mentre i turisti accorsi ad Eastrepps fuggono a gambe levate e una ronda pattuglia le strade. Solo i giornalisti assediano ancora la cittadina, alla ricerca di un Mostro che pare imprendibile anche da Scotland Yard, impersonata dall'ispettore Wilkins. Riuscirà la polizia ad arrestare il colpevole, o consegnerà alla corte un innocente e lo farà impiccare per colpe che non ha commesso?

Pianta di Norwich Road, Eastrepps, dove si trova la casa in affitto del
baronetto Alistair Rockingham

C'è qualcosa di magnetico nelle storie con i serial killer; meglio ancora se contenute in romanzi appartenenti alla tradizione classica. Esse sono capaci di avvincere chi legge e permettono di entrare nella mente dell'assassino per scoprire perché senta l'impulso di uccidere la gente secondo uno schema preciso. "La Morte Cammina per Eastrepps" non è stato il primo giallo di questo tipo che ho letto; nel mio caso, prima sono venuti "I Delitti di Praed Street" di John Rhode e "La Morte è Impazzita" di Philip MacDonald. Eppure è stato il romanzo di Beeding a restarmi più impresso tra questi tre, a causa della questione principale che esso ha sviluppato. Infatti, se nel caso di Rhode l'elemento dominante della trama era dato dai metodi con cui gli omicidi venivano perpetrati (oltre che dalla presenza di un gettone d'osso sulle vittime, usato come marchio dell'assassino, primo esempio di questo tipo in assoluto nell'immaginario del crimine) e in quello di MacDonald, curiosamente dello stesso 1931 di "La Morte Cammina per Eastrepps" ma molto diverso nel risultato, si trattava di una partita personale del colpevole contro la polizia e l'ordine costituito, continuamente messi alla prova e sfidati per il gusto del rischio, oltre che ridicolizzati; nel romanzo di Beeding invece la faccenda viene trattata in modo differente, soffermandosi soprattutto su come un assassino seriale possa essere mosso da una pazzia fino a un certo punto lucida, insospettabile a prima vista, e capace di dare vita a un piano diabolico per incastrare gli innocenti. In questo ultimo caso, a cui appartiene non solo il romanzo che recensisco oggi, ma pure "Delitti di Seta" di Anthony Berkeley, "L'Enigma dell'Alfiere" di S.S. Van Dine, "Il Gatto dalle Molte Code" di Ellery Queen, "Presagio di Morte" di Patrick Quentin e il celeberrimo "Dieci Piccoli Indiani" di Agatha Christie, è la psicologia dell'individuo a farla da padrone nello sviluppo della trama; quell'affascinante e terrificante insieme di impulsi ed emozioni che si palesano nel colpevole solo di tanto in tanto, al momento delle uccisioni, per poi tornare a nascondersi dietro la maschera, in attesa della prossima vittima.

Vittima che, bisogna precisare, all'interno del romanzo giallo classico non viene (quasi) mai scelta a caso, senza un fine preciso. A parte in un caso, infatti, mi sono sempre imbattuto in indagini che poi hanno portato alla scoperta di un assassino il cui movente poteva trovare una logica spiegazione. Pertanto, gli autori della Golden Age del giallo riuscirono a trasportare storie di ordinaria e sconclusionata follia all'interno di schemi in cui le azioni dei loro colpevoli psicopatici potevano essere spiegate; e lo fecero attraverso due strade: semplicemente nascondendo la pazzia dei malvagi sotto un'apparenza di civiltà, oppure dando a questi ultimi un movente abbastanza razionale da mettere in primo piano l'intelligenza necessaria alla riuscita del piano, piuttosto che la confusione di una mente stravolta dal delirio. Qualcosa del genere trova una chiara applicazione in "La Morte Cammina per Eastrepps", dove la pura Follia trova un'applicazione insospettabile e letale non soltanto grazie al proprio operato, ma addirittura sfruttando la Giustizia che avrebbe il compito di limitarla e condannarla. Si tratta di un discorso molto complicato, ma che trovo affascinante nel risultato che scaturisce dal romanzo di Beeding. In esso, infatti, a prima vista parrebbe che l'operato del Mostro di Eastrepps sia dettato da un arbitrio senza senso, dove l'importante è trovare una vittima qualunque per soddisfare la propria sete di morte e sangue. Non sembrerebbe esistere alcun legame tra i morti, nonostante ci venga suggerito nel sottotesto che essi un tempo sono stati truffati da Robert Eldridge alias Selby; però noi abbiamo letto come questi si sia recato a casa di Margaret, mentre la povera signorina Hewitt è stata brutalmente uccisa nel boschetto di Coatt, e pertanto lo escludiamo dai sospettati. In sintesi, insomma, il colpevole dovrebbe agire secondo un movente inconsistente ai fini dell'indagine classica, la sua "serie infernale" (per citare un romanzo su questo genere di Christie) è basata su uno schema in cui regna il caos e il cui fine non trova alcuna spiegazione logica. Tuttavia, come in un romanzi giallo classico che si rispetti, nella realtà dei fatti le cose non rispecchiano le apparenze: scopriamo infatti che la serie dei delitti ha uno scopo ben preciso, nasconde una motivazione più diabolica e sottile di quanto immaginassimo in un primo momento.

Certo, esiste pur sempre un fondo di sfida aperta con le forze dell'ordine costituito; ma non nel senso che uno potrebbe intendere fin dall'inizio. C'è un metodo terrificante nelle azioni dell'assassino, che contrasta con il concetto del serial killer a cui uno potrebbe essere abituato: non solo il movente trova una spiegazione simil-razionale al momento della spiegazione/confessione finale, tanto agghiacciante nella sua freddezza quanto comprensibile sotto alcuni aspetti, ma pure la scelta delle vittime mette in luce quanto possa essere lucida la pazzia, nonostante essa resti maligna e diabolica (pp. 58-63, 73-74, 114, 121-126, 129-133, 267-279). Ne consegue, dunque, che dalle pagine di "La Morte Cammina per Eastrepps" emerga una crudeltà impressionante, la quale si abbatte sugli innocenti e viene incarnata un po' da tutti i personaggi del caso. Badate, soltanto uno di essi esprime e in qualche modo orchestra la malvagità in modo totale, sebbene riesca a non farsi scoprire; però quello che ho colto dalla lettura è stato un generale senso di malessere. Anche individui che appaiono per poche pagine, come il colonnello Hewitt, la signora Dampier e Dick, si fanno portavoce di una società incattivita, gelosa e snob che si cura del proprio benessere e pare godere nel rigirare il coltello nella piaga. Ad esempio, le vittime del Mostro sono già state colpite dalla bancarotta dell'Anaconda Ltd. di Selby; eppure, proprio per questo, vengono pure uccise dopo più di dieci anni. Lo stesso Eldridge, tormentato dalla propria coscienza, ha intrapreso un percorso di miglioramento personale grazie a Margaret e (questa è una mia impressione) probabilmente avrebbe risarcito i suoi ex-azionisti una volta sposatosi; tuttavia, trova un'aperta ostilità da parte dei suoi concittadini, i quali decidono di condannarlo a morte non tanto per i sospetti di omicidio che gravano su di lui, quanto per i rigurgiti della vicenda della bancarotta fraudolenta, come se intendessero sostituirsi alla giustizia divina e colpirlo senza pietà. Lo stesso fatto che la testimonianza di Margaret in tribunale, decisa a salvarlo al costo di perdere l'affidamento della figlia, venga ribaltata sfruttando un'immagine di infedeltà coniugale distorta e puritana, mette in luce quanto possa essere traviato il cittadino incattivito e reso cieco. Pertanto, in questo romanzo viene messo in luce non solo quanto la Follia possa essere incanalata in un piano logico e schematico, ma anche come essa riesca a manipolare la mente di chi le sta intorno e il giudizio espresso dalla gente, attraverso l'esasperazione e la frustrazioni a cui uno può essere sottoposto. Le persone sono pedine funzionali al processo finale, sembra suggerire l'autore; innocenti pedinati, osservati, usati e mossi per raggiungere uno scopo terribile, ben preciso, e inquadrate in un progetto di strage grazie alle disgrazie che hanno patito. Sfruttando pure la Giustizia, se è il caso, e la polizia stessa per dare vita a un colpevole ideale; colpevole non tanto reale in quanto tale, ma piuttosto verosimile e apparente.

John Leslie Palmer, nato nel 1885 e morto nel 1944, e Hilary Aidan St.
George Saunders, nato nel 1898 e morto nel 1951, alias Francis Beeding

La psicologia e la capacità nel riuscire a pilotare il prossimo sono temi che vengono ripresi più volte all'interno della produzione crime di Francis Beeding. Probabilmente fu un interesse che accomunò la coppia che si nascondeva sotto questo pseudonimo; già, visto che furono John Leslie Palmer (1885-1944) e Hilary Aidan St. George Saunders (1898-1951) a costituire le due metà della ditta. Incontratisi a Ginevra alla Lega delle Nazioni, dove entrambi erano impiegati (Saunders vi arrivò dopo un periodo al Balliol College di Oxford e un'esperienza nelle Welsh Guards durante la guerra, mentre Palmer era a capo dell'organizzazione), i due divennero presto amici e decisero di intraprendere una collaborazione letteraria congiunta. Nella creazione di uno pseudonimo, entrambi fecero la loro parte: "Francis" era il nome con cui Palmer si sarebbe voluto chiamare, mentre "Beeding" era un villaggio del Sussex dove Saunders aveva un tempo posseduto una casa. Con questo nome diedero alle stampe numerose opere firmando, a partire dal 1925, diciassette spy stories con protagonista il colonnello Alastair Granby e quattordici romanzo gialli. La maggior parte dei libri contiene un numero all'interno del titolo ("The Six Proud Walkers", "The Four Armourers", "The Three Fishers"...), ma sono stati soprattutto i volumi privi di esso a passare alla storia del genere crime: "The Norwich Victims", il quale ha la peculiarità di essere corredato da vere e proprie fotografie dei personaggi principali; "La Morte Cammina per Eastrepps" e "Io ti Salverò", ambientato in un manicomio in Francia e dal quale Hitchcock trasse ispirazione per dare vita all'omonimo primo film sulla psicanalisi.

Con Palmer che creava personaggi e scriveva vivaci dialoghi, e Saunders che si curava delle parti descrittive, i due proseguirono per molti anni nel loro sodalizio, anche quando intrapresero carriere differenti: il primo si occupò per conto suo di opere teatrali, mentre il secondo, a partire dal 1938, divenne assistente bibliotecario alla Camera dei Comuni e durante il secondo conflitto mondiale lavorò presso il Ministero dell'Aeronautica, per poi tornare alla Camera dei Comuni. In ogni caso, i migliori romanzi gialli che scrissero furono quelli del primo periodo, "Io ti Salverò", "The Norwich Victims" e appunto "La Morte Cammina per Eastrepps". Quest'ultimo, in particolare, ha attirato le lodi di numerosi critici: Ellery Queen e Howard Haycraft lo definirono una pietra miliare e lo inserirono nella loro lista dei cento migliori romanzi del mistero, mentre il saggista Vincent Starrett lo giudicò nientemeno che uno dei dieci migliori gialli di sempre. Forse quest'ultima affermazione è un po' esagerata; ma resta il fatto che il libro rappresenta qualcosa di originale e innovativo per il tempo in cui venne scritto. Non soltanto per la rappresentazione della lucida Pazzia dell'assassino (a differenza di quella malata dell'invalida protagonista di "Murder Intended" e quella delirante di "Io ti Salverò", dove i malati del manicomio francese vengono indotti ad interpretare una sorta di culto satanico), ma anche per altri temi affrontati e uno stile capace di catturare l'attenzione come non mai. La cosa che mi ha colpito fin da subito di "La Morte Cammina per Eastrepps", infatti, è stata la grande attenzione conferita alle ambientazioni, essenziali ma evocative, che vengono tratteggiate nei momenti di assassinio (pp. 13-16, 22-23, 25, 31-32, 60-63, 67-68, 95, 99-102, 124-126, 137-138, 148-150, 164-169, 189-192, 258-259). Grazie ai continui cambi di punto di vista, invece di sentirci spaesati e confusi, riusciamo a farci un'idea delle vicende come se stessimo guardando una pellicola; osserviamo lo scorrere dei fotogrammi e ci sentiamo parte delle scene (non senza un pizzico di terrore, nel percorrere i viali deserti di Eastrepps oppure i campi coltivati immersi nella notte oscura). Il ritmo mantiene un alto grado di mistero e suspense senza diventare melodrammatico; e gli autori sono stati molto bravi in questo, poiché sono riusciti a trasmettere il senso di ansietà crescente e terrore dilagante man mano che le vicende si snodano (pp. 106-109, 118-119, 122, 142-143, 145-147, 164-169, 256-261). Ci sono tanti personaggi diversi: chi sarà il prossimo a morire? Questa è una domanda che finirà per tormentarvi, nonostante i caratteri che emergono dai protagonisti potrebbero non spingervi a dispiacervi troppo per loro (almeno, per alcuni è stato così). Come avevo già accennato, infatti, gli attori sulla scena sono delineati in modo da risultare sia vittime sia carnefici, in un dualismo equilibrato che non riesce a pendere mai da una parte precisa. Si tratta di una rappresentazione spesso tragica, dove gli individui sono preda di passioni ed emozioni inconfessabili, di segreti timori e recondite paure.

Robert Eldridge è spaventato, innamorato, astuto, spietato (pp. 103-106); Mary Hewitt idealista, povera e invidiosa (pp. 18-19, 22); la signora Dampier ricca, cortese e snob (pp. 31-32, 108-109); Ferris competente, fin troppo curioso; Ruddock ambizioso e capace (pp. 117-120, 136, 174-175); Protheroe collerico, incapace e instancabile (pp. 64-67, 79); Dick innamorato e geloso (pp. 245-250); Margaret prudente e fedele (da notare un certo femminismo ante litteram). Ognuno di loro è "orgoglioso della propria chiusura mentale" (pp. 87, 127, 133, 136, 205, 215-219, 231-236, 242-243) e troverà una sorte molto amara, alla fine del racconto; specchio della società frustrata e malata di cui fa parte. Perché, se c'è qualcosa che viene messo in luce oltre alla Pazzia, è proprio il fatto che non esista una Giustizia in questo mondo. L'enigma riflette appieno questo assioma: è tanto innovativo, con il suo movente agghiacciante (dove può arrivare l'orgoglio dell'uomo!), quanto divisivo, nella sua soluzione accusata di aver spezzato più una regola del Decalogo di Knox. Da parte mia, credo ancora in un giusto giudizio da parte degli organi preposti al compito; eppure sono consapevole del fatto che non sempre si riesca ad agire e fare del bene. Ne è un esempio tutta la parte ambientata nel tribunale, con il processo al presunto Mostro (pp. 47-49, 159-162, 166-168, 185-239, 205-223): in quel caso, infatti, nonostante di fatto l'imputato si sia reso colpevole di azioni riprovevoli, esso viene messo alla gogna per qualcosa che risulta essere una vendetta esacerbata dal tempo. In una corte contano i fatti, questo è ciò che viene ripetuto per gran parte dell'istruttoria; ebbene, più di una volta entriamo nella testa degli spettatori e troviamo giudizi affrettati, già stabiliti prima di aver ascoltato tutte le prove e aver preso visione degli indizi. Addirittura, pure durante la consulta della giuria leggiamo commenti dettati da rancori personali e influenzati da una visione impura. Il risultato di tutto ciò, pertanto, non può che essere un madornale errore, o un convinto metodo per trasformare la Giustizia in uno strumento a proprio uso e consumo. Si realizza così lo scopo criminale del Mostro di Eastrepps, con la complicità di un responso feroce da parte di esseri umani ridotti alla stregua delle bestie, che rispondono con una fucilata a un morso. È questa la visione dell'opinione pubblica che scaturisce da "La Morte Cammina per Eastrepps" e contribuisce a rendere questo romanzo ancora attuale: estremamente negativa e cattiva, influenzata dal pregiudizio e da mille pensieri che si sovrappongono l'uno all'altro. Beeding qui trascende il semplice romanzo d'evasione, e con la sua storia straordinaria in tutti i sensi (visto che racchiude più generi insieme) fa una potente critica sociale al sistema e alla sua espressione più inflessibile: la pena di morte. Perché in questo ha fallito miseramente il suo scopo (in modo simile a quanto accaduto in "Signori della Corte" di Edgar Lustgarten), dopo aver rischiato in un'altra occasione di compiere lo stesso sbaglio. Infatti, anche con l'accusa al baronetto Alistair Rockingham, affetto suo malgrado da un esaurimento nervoso, la Giustizia e il suo strumento, la polizia (pp. 96-98, 117-121, 152-160, 170-173, 176-184), si erano avvicinati in modo pericoloso a un verdetto di colpevolezza che avrebbe costretto il giovane ad essere rinchiuso a vita in un manicomio. Bisogna ammettere che, al momento in cui il romanzo fu scritto, la follia veniva vista come una malattia molto più grave di quanto accada al giorno d'oggi; non c'era pietà per i poveretti affetti da turbe mentali e se si poteva li si usava come capri espiatori. Però resta il fatto che la leggerezza con cui vengono stabilite la colpevolezza di un imputato e la successiva condanna fanno specie: sembra quasi che chi deve decidere lo faccia svogliatamente, senza curarsi del ruolo che ricopre (pp. 205, 220).

Ciò è spaventoso, se uno ci pensa con attenzione. Potremmo essere tutti Robert Eldridge, colpevoli perfetti a discapito delle azioni compiute. Potremmo essere accusati di qualunque cosa dalla polizia, e magari vederci condannare in un processo solo perché non andiamo a genio alla giuria o al giudice incaricato di istruire i dodici rappresentanti del popolo. Nemmeno lo testimonianze utili potrebbero servire, perché capovolte a nostro svantaggio. Se ci imbattiamo in un giudizio privo di consistenza giuridica, perché amorale e prevenuto, Dio ci salvi. Questo sembra dire Beeding, in una buona imitazione dell'oscura vena di Francis Iles, col suo finale oscuro: in "Il Caso dei Cioccolatini Avvelenati", infatti, Berkeley/Iles osservò come sia facile costruire un castello di accuse contro un innocente, se uno ne ha le capacità e soprattutto la determinazione. Mi ha dato molto su cui riflettere, "La Morte Cammina per Eastrepps", e penso che non mi toglierò dalla testa tanto facilmente la sua triste storia.


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