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venerdì 29 maggio 2020

34 - "Il Divorzio non si Addice a Enid Balfame" ("Mrs Balfame", 1916) di Gertrude Atherton

Copertina dell'edizione pubblicata da
Le Assassine

Three-a-Penny sta prendendo sempre più forma e sostanza, col passare del tempo. Tutto è iniziato la scorsa estate per noia e sfida, poi inaspettatamente mi sono ritrovato a superare con i post il 31 dicembre, e adesso il blog è in procinto di addentrarsi in una nuova estate che, per motivi a cui faremmo volentieri a meno, sarà ricordata in futuro. Però c'è una bella differenza rispetto a dodici mesi fa: se con la fine del 2019 sono riuscito a stringere un rapporto di collaborazione con Mulatero Editore (che ringrazio ancora per la fiducia accordatami), da quest'oggi posso aggiungere "Le Assassine" al numero di case di pubblicazioni dedicate alla crime story, le quali si sono dette disponibili a inviare al sottoscritto una copia dei loro nuovi classici romanzi del mistero, affinché li recensisca. Dire che sono euforico è poca cosa, e spero di meritarmelo. Ma bando alle ciance e torniamo a noi. Prima di tutto, qualche parola su "Le Assassine", questa casa editrice di Milano che è stata fondata solo nel maggio 2018 ma ha già occupato un posto importante all'interno del panorama giallo italiano. Già nel corso del 2019 so per certo che essa ha attirato l’attenzione di testate nazionali come il Corriere della Sera, oltre che di media esteri, per la sua peculiare caratteristica: occuparsi esclusivamente di letteratura del mistero estera declinata al femminile, in diverse sfumature. Come ha spiegato una delle fondatrici di "Le Assassine", Tiziana Elsa Prina, l’idea è nata dalla sua passione per la letteratura di questo genere e da un gruppo di persone che da anni lavora sul genere crime e nel mondo dell'editoria, le quali hanno voluto dare espressione di questo interesse condiviso per il giallo, con la creazione di due collane che toccano svariate sfaccettature di questo genere narrativo: dal giallo puro alla suspense, dall'hard-boiled al noir al mystery psicologico, passando per paesi diversi come Malesia, Canada, Germania, Francia, Marocco. In Oltreconfine, infatti, trovano posto quelle autrici contemporanee provenienti da diverse parti del mondo che descrivono la società che le circonda; mentre in Vintage si trovano le scrittrici appartenenti al passato le quali mostrano come il giallo al femminile si sia evoluto nel tempo.

Con stili differenti, fantasiosi, essenziali, sofisticati, "Le Assassine" si è sforzata di trovare un modo per mettere al centro della narrazione la figura femminile nel corso di più di un secolo, di farne un fulcro attorno al quale sviluppare un'identità ben precisa. E a mio parere ci è riuscita benissimo. Ha scelto autrici che hanno ottenuto un discreto successo (per quanto ne sappia) in entrambe le collane, e personalmente auspicherei un incremento delle pubblicazioni, una volta passato questo periodo tremendo che stiamo vivendo. Ha posto l'attenzione su protagoniste che, nel bene o nel male, sono rimaste impresse nella memoria dei lettori, grazie al loro operato e all'incarnazione della società nella quale si sono trovate calate. Così, ha fornito spunti di riflessione sempre importanti per comprendere un mondo che si è evoluto senza sosta, dalla fine dell'Ottocento fino ai giorni nostri, gettando uno sguardo su noi stessi. Da parte mia, però, ammetto di nutrire una particolare predilezione per la collana Vintage, dal momento che sono un accanito fan della classica crime story. Per cui mi dedicherò ad essa, nel recensire i titoli che comprende. E a ben vedere, molto tempo fa mi sono già messo a presentarvi un romanzo edito da "Le Assassine": "Chi ha Ucciso Charmian Karslake?" di Annie Haynes, il quale era risultato essere una piacevole prova di quel giallo tradizionale e senza grandi pretese che ha avuto fortuna intorno agli anni Venti del Novecento. Non è stato un capolavoro di originalità ed innovazione, ma ciò non significa che esso sia stato scadente oppure deludente; anzi, giocando su aspetti formali diversi dal solito, mi ha intrattenuto senza farmi spendere troppe energie mentali né deludendomi. E lo stesso discorso vale per il romanzo che mi appresto a recensire oggi, ultimo uscito nella collana Vintage. Pure "Il Divorzio non si Addice a Enid Balfame" (Le Assassine, 2020) di Gertrude Atherton, infatti, l'ho considerato come un libro che non punta sulla straordinarietà dell'indagine, quanto trova la sua essenza in qualcosa che va al di là della ricerca del colpo di scena. Se nel libro di Haynes il mero processo per arrivare alla verità, senza fare chissà quali riflessioni filosofiche a riguardo, costituiva il fulcro della narrazione, in quello di Atherton l'importanza dell'enigma è venuta in secondo piano, in favore della descrizione di quale fosse la condizione della donna all'interno della società puritana e rigida dell'America dei primi anni del secolo scorso.

Entering a Village, Camille Pissarro, 1863, raffigurante un
villaggio simile a Elsinore
Siamo in America, come dicevo, tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento. La Prima Guerra Mondiale infuria in Europa, e i cittadini USA osservano con malcelato timore i sanguinosi conflitti e le devastazioni che sono in atto dall'altra parte del mondo. Più di tutto, però, essi vogliono tenersi informati sugli sviluppi che possono vederli coinvolti nell'immediato futuro, e per questo si organizzano in modo da invitare a spiegare loro chiunque abbia qualcosa da dire riguardo la guerra. Anche a Elsinore, un piccolo villaggio di provincia, si è presentata una dottoressa proveniente da New York, dietro l'invito della presidentessa del locale Circolo del Venerdì Sera. Quest'ultima, la bella Enid Balfame, può considerarsi a tutti gli effetti la persona più importante della cittadina: è affascinante, intelligente, carismatica e gradevole. Nel suo cuore, però, cova rabbia e un senso di disgusto nei confronti del marito ubriacone e chiassoso, il quale non manca occasione per metterla in imbarazzo di fronte alle amiche e alla gente che la conosce da tanti anni e la ritiene un'esempio di virtù. E la signora Balfame non può nemmeno divorziare e abbandonare il consorte, dal momento che ciò getterebbe sulla sua immacolata figura un velo di disonore che le farebbe perdere qualunque credibilità agli occhi del prossimo! Così, proprio mentre sta ascoltando i resoconti della sua ospite su battaglie terribili svoltesi di là dell'Atlantico, Mrs Balfame si rende conto che l'unica soluzione per poter finalmente liberarsi dell'ingombrante individuo che, giovane sciocca, ha sposato più di venti anni prima, è l'omicidio. Che brutta parola, pensa. Meglio usare una perifrasi per descrivere ciò che ha intenzione di fare: eliminare l'ostacolo che rischia di mettersi tra la sua gloria e la libertà. Così, pian piano inizia ad organizzarsi. Dopo aver congedato le amiche e la dottoressa newyorkese, Enid accompagna l'amica Anna Stauer, dottoressa e medico del villaggio, fino al cottage di quest'ultima, dove la donna le ha rivelato custodire un potente veleno inodore e insapore. In un momento in cui ella è assente, Mrs Balfame si affretta a sottrarre il fatale liquido e a nasconderlo; poi lo porta a casa e decide di tenerlo in serbo per usarlo nell'occasione più propizia.

E questa si verifica proprio poco tempo dopo, quando Mr Balfame si presenta al Circolo mezzo ubriaco per fare una scenata a sua moglie. Piena di vergogna e animata da un odio bruciante, ella fa di tutto per fronteggiare la situazione e restare lucida davanti agli estranei; poi si fa accompagnare a casa dalla dottoressa Stauer e, una volta rimasta sola, in un impeto di rabbia, prepara un bicchiere di limonata per il marito, avvelenandola con la sostanza che ha sottratto alla sua amica. Non ha importanza quello che potrebbe rischiare: ha finto di perdonare quel bruto del coniuge, per allontanare tutti i sospetti, e calcolato ogni cosa per fingere una disgrazia e impersonare la vedova affranta. Così, dopo aver predisposto il suo piano, si prepara a dormire. Ecco, sente che Mr Balfame sta passando lungo la strada, dopo essersi fermato da alcuni amici per smaltire la sbornia: non dovrà fare altro che entrare in casa, bere ciò che lei ha preparato, e cadrà a terra senza alcun suono. Poi Enid laverà via qualunque traccia che possa aver lasciato dietro di sé. Ma cos'è questo rumore che viene dal piano di sotto? Che sia un ladro? La donna si affretta a scendere e ad uscire dalla porta sul retro, fino a raggiungere il bosco; e in quel momento il Fato lancia i dadi del Destino. Mentre lei si trova al buio, qualcuno spara a Mr Balfame, uccidendolo sul colpo e fuggendo a gambe levate. Di corsa, Mrs Balfame si affretta ad eliminare la limonata e a trascinarsi a letto, mentre i vicini danno l'allarme. Inizia così un calvario lungo e doloroso per la bellissima vedova, corteggiata da un giovane avvocato e insidiata dal pettegolezzo del villaggio. Infatti la gente si dice: "La signora è sempre stata un esempio di rettitudine ed è benvoluta; ma cosa può nascondersi nel suo cuore?" Il lettore, però, sa che lei è innocente. Chi può essere l'assassino, allora? Toccherà aspettare la fine di un'indagine piena di gelosia e maldicenza, prima di scoprire la verità.

Dipinto senza nome di Annie Ovenden, raffigurante un
cottage simile a quello di proprietà dei Balfame
C'è una cosa che mi preme subito sottolineare riguardo "Il Divorzio non si Addice a Enid Balfame": non stato il giallo che mi sarei aspettato di leggere. Infatti, le premesse (o almeno le prime pagine che ho scorso prima di fare sul serio) lasciavano presagire come la storia potesse svilupparsi in un modo molto affascinante: cioè ricalcando la narrazione di uno dei massimi capolavori del genere, "L'Omicidio è un'Affare Serio" di Francis Iles. Come potrebbe rendersi conto chiunque inizi questo romanzo, infatti, la storia è narrata tenendo quasi sempre al centro di tutto la signora Balfame, vero motore del racconto, e facciamo una profonda immersione in ciò che emerge dai suoi pensieri e dalle sue emozioni più profonde e nascoste. L'odio per il marito, la brama di celebrità, il timore di vedersi emarginata dagli amici e dalla gente comune... tutto questo mi ha ricordato come l'autore britannico ha descritto gli sforzi del dottor Bickleigh per raggiungere i propri malsani scopi. Tuttavia, purtroppo, bisogna tenere in considerazione che questo mystery di Atherton risale al 1916, molti anni prima che Iles/Berkeley avesse l'illuminazione e sviluppato l'audacia necessaria a proporre a un editore il suo più celebre romanzo psicologico. In America, per giunta, era molto di moda la narrazione incentrata sulla "donna in pericolo", quella corrente delle women in jeopardy che avrebbe trovato in Mary Roberts Rinehart e nelle sue numerose discepole grande fortuna; insomma, qualcosa di completamente differente da quanto avrebbe introdotto Iles alcuni anni dopo. Così, a malincuore, abbiamo alcune affinità con "L'Omicidio è un Affare Serio" soltanto in questo frangente, e per il resto ci troviamo di fronte a uno stile decisamente più "vintage", per restare in tema con il titolo della collana che ospita "Il Divorzio non si Addice a Enid Balfame". Ma non è tutto. Per rincarare subito la dose sui difetti di questo romanzo giallo, voglio aggiungere come a mio parere l'enigma non sia stato affatto tratteggiato con l'accuratezza e la complessità a cui un appassionato è stato abituato. Per dirla tutta, non mi ha fatto impazzire e ha messo in luce una certa approssimazione, in confronto ai trucchi che idearono ad esempio Christie E Berkeley, oppure a quelli di Daly, McCloy e altre colleghe di Atherton, per restare negli USA. Ci sono soltanto quattro sospettati capaci di emergere dal folto gruppo di personaggi che vanno e vengo dalla scena, e questo non aiuta a gettare fumo negli occhi al lettore attento. L'impressione che ho ricavato da questi elementi, insomma, è stata di una certa superficialità, come se l'importante non fosse tanto costruire un giallo con tutti i crismi, quanto una storia che potesse veicolare un messaggio potente senza curare le apparenze della crime novel.

E alla fine penso che sia questo ciò che voleva fare Atherton, nonostante a prima vista possa apparire molto strano. Infatti, con le parole qui sopra, non intendo assolutamente bocciare "Il Divorzio non si Addice a Enid Balfame" (o almeno trasmettervi una totale delusione da parte mia). Infatti, se dal lato prettamente enigmistico questo mystery presenta più di un difetto, dall'altro lascia emergere la trattazione di alcuni temi in un modo che definirei mirabile per l'anno in cui esso è stato scritto. Atherton, come recita la sua biografia, fu una grande femminista e combattente per i diritti civili delle donne; e da questo suo libro ciò appare chiaramente. Sono rimasto colpito dal fatto che ella riuscì a infondere in un giallo questa sua volontà e convinzione: per il 1916, si tratta di un grande passo avanti. Fino ad allora, la stragrande maggioranza di libri era appartenuta al cosiddetto "romanzo ottocentesco", caratterizzato da storie d'amore travagliate, salotti eleganti in cui famiglie aristocratiche prendevano il tè e, nei sobborghi, gli operai e la povera gente faticava ad arrivare a fine mese in mezzo alla miseria e all'inedia. Con "Il Divorzio non si Addice a Enid Balfame", Atherton ha trasportato quel tipo di letteratura all'interno del genere crime che andava evolvendosi e sviluppandosi in America nei primi anni del Novecento: infatti, come dicevo, la sua storia dipende ancora molto dalle dinamiche di un tipo di libro ormai superato, con signore pudiche, gentiluomini col senso dell'onore e dinamiche giocate su affronti da risanare con duelli e simili, pur declinandosi alla crime story. Ma non è tutto. Al posto di figure femminili che si lasciano in qualche modo manipolare dagli uomini, Atherton ha imposto donne e ragazze capaci di tenere testa al "sesso forte". Mi ha affascinato molto questo discorso che, come non mi stancherò mai di ricordare, è stato fatto nel 1916. In "Il Divorzio non si Addice a Enid Balfame" la protagonista ha una personalità forte, contraddittoria a causa del momento storico fondamentale che sta vivendo il suo sesso, ma pure determinata ad affermare se stessa; le giornaliste bistrattate da Jim Broderick, il reporter che sembra godere nel mettere in cattiva luce l'imputata e si accanisce, alla fin fine emergono come le uniche figure capaci di osservare i fatti con obiettività; la giovane Alys Crumley, insicura ma conscia del proprio valore e decisa a mettere a frutto i propri punti di forza, appare in una luce migliore di quella della stessa Mrs. Balfame. Secondo me è questo il vero valore di "Il Divorzio non si Addice a Enid Balfame": riuscire a riportare ai giorni nostri come già all'inizio del secolo, quando le cose sembravano ferme all'età della pietra, le battaglie delle donne per l'affermazione di se stesse e lo sviluppo di un'identità cosciente e decisa fossero a un punto di svolta e già indirizzate verso una meta che, sulla carta, non doveva essere così lontana. Poi, sul fatto che pure nel 2020 ci siano differenze non ancora appianate, riguardo i salari paritari oppure alcune uguaglianze di tipo sociale, quello è un discorso che meriterebbe una digressione a parte, che non sono sicuro di riuscire a fare al meglio e per cui lascio a chi ha più esperienza di me. Ma per tornare al punto e alla recensione del romanzo di Atherton, voglio ribadire ancora una volta come libri quali questo siano necessari per poter approfondire l'argomento, nonostante a volte (come in questo caso) in sottofondo permanga una patina di antichità, pregiudizi e conformismi che rimanda al periodo storico in cui venne scritto.

Gertrude Franklin Horn Atherton, nata nel 1857 e morta nel
1948

A mio parere, "Il Divorzio non si Addice a Enid Balfame" ritrae perfettamente la personalità e quale fosse il ruolo della donna che Gertrude Franklin Horn Atherton auspicava andasse affermandosi all'interno della società americana del primo Novecento. Nata nel 1857 in una famiglia agiata, in cui il padre era un importante cittadino di San Francisco, venne allevata dal nonno, parente del celebre Benjamin Franklin, in seguito alla separazione dei suoi genitori. Fu quest'ultimo a trasmetterle la passione per la lettura, e ben presto la bambina iniziò a frequentare le scuole fino a raggiungere la Sayre School di Lexington. Ribelle e desiderosa di libertà, però, ella dovette ben presto fare ritorno a casa, dove incontrò il giovane George Atherton intento a corteggiare sua madre: fu amore a prima vista tra i due. Al punto che, addirittura, dopo il fidanzamento loro misero in atto una vera e propria fuga d'amore, la quale la portò a vivere assieme alla madre di lui, una signora cilena conosciuta per la sua prepotenza. In breve, la novella signora Atherton si rese conto di quanto sarebbe stata sconvolgente e deludente la sua vita accanto alla suocera; pertanto, si rifugiò nella costruzione di una vita indipendente per sopperire all'infelicità di quella condivisa col coniuge. Vita che la vide affacciarsi su tremendi dolori (perdette sia il figlio George a causa della difterite, sia l'amato marito in un naufragio), ma le permise pure di farsi largo nella carriera di autrice di fiction. Infatti, dopo aver affidato l'altra figlia Muriel proprio alla suocera (in modo che quest'ultima le concedesse l'eredità del defunto George), Atherton iniziò a scrivere romanzi non di genere giallo, assieme a biografie, commedie e sceneggiature cinematografiche, firmandosi a volte con pseudonimi come Frank Lin e Asmodeus. Trasferitasi a Londra intorno al 1880, l'autrice ebbe la possibilità di conoscere Oscar Wilde, che in un primo momento aveva evitato di incontrare pensando che fosse fisicamente ripugnante: la lui trasse alcuni insegnamenti preziosi. Già nel 1890, tuttavia, dovette tornare in California per prendersi cura della figlia, in seguito alla morte del nonno e della suocera. Laggiù, intraprese la carriera di giornalista e scrisse per "The San Francisco Examiner", dove incontrò Ambrose Bierce col quale intrattenne un'amicizia di amore-odio ormai celebre. Da questo punto in poi, iniziò a spostarsi in giro per il mondo, facendo soprattutto la spola tra Londra e New York, dove pubblicò i romanzi che scriveva quando non era occupata a recensire e a buttar giù articoli. Tutto ciò serviva soprattutto per riempire il vuoto che la solitudine stava scavando dentro di lei (confidò a Bierce il proprio sgomento per la necessità di scrive come freelance e la sua avversione per i circoli letterari tanto di moda al tempo). E le sue stesse opere, controverse e forse troppo avanti per il suo tempo, finirono per attirarle rifiuti e critiche aspre. Nel 1899 tornò definitivamente in America, dove risiedette fino alla morte avvenuta nel 1948; ma per quel momento, si era gettata in altri generi come quello delle storie di fantasmi (dove ricevette grandi soddisfazioni) e nella presidenza di alcune associazioni, come la PEN di San Francisco, instaurando la propria fama e la propria concezione sociale a livello nazionale.

Tra le altre cose, Gertrude Atherton fu pure una suffragetta che non credeva nell'uso della militanza per promuovere la causa e sostenne la supremazia bianca; cosa che vista ai giorni nostri lascia stupiti. Inoltre, sviluppò una forte ostilità al comunismo. Ma ciò che soprattutto è rimasto del suo pensiero riguarda altro. Forte sostenitrice della riforma e della promozione di un'identità culturale californiana, paragonata a Henry James ed Edith Wharton, l'autrice Atherton è stata una delle prime femministe che conoscesse la difficile situazione delle donne del suo tempo. Sapeva cosa significava repressione sessuale, quale era il costo della forza richiesta per sfuggire a quest'ultima, le cicatrici che essa lasciava sulla pelle di una donna e la relegavano. Per questo, auspicava una vera e propria uguaglianza sessuale, al punto da "ridefinire il potenziale delle donne". Mise tutto ciò nei suoi romanzi, il bene e il male di quanto era convinta, ma lo fece sempre per provare ad affermare se stessa. Ancora oggi è celebre il suo scontro con un'altra scrittrice di gialli classici americana, Anna Katherine Green: mentre quest'ultima invitava la gente a rifiutare il suffragio universale, adducendo come scusa il fatto che le donne si stessero interessando a faccende riservate agli uomini, Atherton la smentì con un'epocale sberleffo e sostenne la tesi contraria, auspicando una parità dei sessi al più presto. Questa sua urgenza emerge pure in "Il Divorzio non si Addice a Enid Balfame", il quale affronta a riguardo alcuni temi a lei cari in modo straordinario per il tempo in cui esso venne scritto. Sondò l'ipocrisia della società, la quale viene manifestata dai giornalisti capaci di manipolare i fatti a loro piacimento (soprattutto il meschino Jim Broderick, tipico esempio maschilista) e dalla gente comune che gode nel parlare alle spalle delle persone: Mrs Balfame, infatti, viene sostenuta dalle amiche quando esse traggono vantaggio dall'occasione, ma quando lei è lontana loro non si fanno scrupoli a considerarla colpevole. Di conseguenza, la stessa America viene criticata: nelle grandi città, i popoli si sono sviluppati e presentano agli occhi del mondo un'immagine di sé aperta, libera e senza ombre; nella provincia, invece, la situazione è ben diversa, dal momento che imperano ancora bigottismo, pettegolezzo di bassa lega e quanto altro di sbagliato ci può essere, come una gerarchia sociale dettata dal potere e dalle apparenze di un'esistenza puritana. Filtrò secondo il punto di vista di un villaggio americano l'impatto che la Guerra Mondiale stava avendo su uomini e donne, e soprattutto diede la sua interpretazione su cosa significasse "femminismo" per lei. Attraverso la figura di tutte le donne presenti in "Il Divorzio non si Addice a Enid Balfame" (la stessa Mrs. Balfame, Alys Crumley, Anna Stauer), Atherton ha restituito come una ragazza poteva considerare la vita agli inizi del Novecento, immersa in una società in cui dominano i pregiudizi, il puritanesimo, le tradizioni stantie e i legami di sangue impossibili da negare. La stessa Enid vorrebbe emanciparsi da tutto ciò che di sbagliato e antiquato la circonda, ma non ci riesce perché ha paura di quello che la gente potrebbe dire di lei ed allontanarla dai ruoli che a fatica adesso ricopre. Interessante è notare come molte di queste dinamiche siano state demolite, ma altrettante resistano ancora nonostante sia passato un secolo.

Tra vizi e virtù, i personaggi emergono in uno slancio di modernità, pur restando relegati a stereotipi del tempo, divisi tra l'apparire e l'essere. La signora Balfame è da un lato attraente, algida, perfetta e ammirata da tutti, ma dall'altro è cinica e fredda come un blocco di ghiaccio, oltre che determinata a raggiungere la propria meta; le sue amiche pubblicamente la difendono, ma nel privato si domandano quando di innocente ci sia davvero nella loro beniamina; Anna Stauer, lo dottoressa del villaggio, nutre un'insana ammirazione per Mrs Balfame, pur dimostrando una contemporanea attenzione affinché gli uomini non debbano ferire e umiliare le esponenti del suo stesso sesso; Alys Crumley è indecisa, spaventata e disposta a scendere a compromessi per affermarsi, ma ha qualche scrupolo ad accusare Enid per non rischiare di coinvolgere l'amato Rush Dwight, avvocato rampante che incarna il perfetto gentiluomo, pronto a gettarsi in un burrone per difendere l'onore minacciato di una donna, ma indeciso su cosa desideri davvero. Grandi contrasti, insomma, si manifestano in "Il Divorzio non si Addice a Enid Balfame"; un romanzo giallo dove, voglio ricordare, non è tanto importante la parte "enigmistica", la quale risulta carente di mordente e di carattere; quanto tutto ciò che fa da contorno ad essa, tra rappresentazione di una società di provincia con tutti i suoi difetti, tratteggio di figure femminili che spiccano in un mondo dominato dagli uomini (ma ancora per poco, sembra suggerire) e dispiegamento di temi interessanti e trattati con un occhio decisamente moderno per il suo tempo. Un quadro caustico e graffiante, calato in una storia del mistero che forse poteva essere costruita meglio; ma comunque affascinante per chiunque sia interessato a scoprire quali fossero i sentimenti e gli ostacoli che le donne hanno dovuto affrontare (e affrontano tutt'oggi).



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