Copertina dell'edizione pubblicata dall'Editore Mulatero |
Eppure, ho notato come spesso le persone con cui vengo in contatto si sentano sconfortate da questa situazione straordinaria che ci è toccato vivere. Mi dispiace per questi amici, costantemente abbattuti, e ho intenzione di fare qualcosa per aiutarli a superare questo momento difficile (forse anche con un post più esteso? Vedremo). Quest'oggi, dunque, vorrei continuare a recensire come al solito, concentrando però le mie forze nell'analisi di un libro che rispecchia molte bene il concetto con cui ho aperto la riflessione esposta qui sopra: la capacità di regalare ai lettori qualche ora di distrazione e svago, trasportandoli lontano. E quale posto può incarnare al meglio l'idea dell'isolamento, delle lunghe distanze e dell'eremo, della catena montuosa dell'Himalaya, in Tibet? L'oggetto della recensione di oggi, infatti, è "Un Cadavere al Campo Due" (Mulatero Editore, 2019) di Glyn Carr: la sesta avventura di Abercrombie Lewker, l'investigatore dilettante appassionato di alpinismo ed escursionismo in alta montagna, e terzo titolo dell'autore pubblicato dalla casa editrice torinese, ambientata sulle vette più alte del mondo le quali, come scoprirete, non sono scampate alla sconfinata fantasia dei giallisti classici. Pure lassù, infatti, in mezzo alle nuvole, si verificherà un omicidio impossibile che Lewker dovrà risolvere; prima di scoprire la soluzione, però, assisteremo alla preparazione della spedizione e al lungo e teso cammino che la carovana dovrà percorrere per raggiungere la meta; costellato di incidenti, liti, bugie e segreti nascosti agli occhi dei partecipanti ma non a quelli della mente del nostro pomposo capocomico.
Fotografia raffigurante una tipica carovana in spedizione in montagna, nella prima metà del Novecento |
Quindi, Lewker ha tenuto un lungo e intenso discorso sulla sua passione più grande, e adesso si trova a casa propria, assieme all'amata moglie, a riflettere sul fatto che l'avanzare dell'età non lascia scampo a nessuno e che lui non è più l'energico e vigoroso giovane che si è dedicato alla conquista dei monti più famosi d'Europa e del mondo intero. Anche a lui sarebbe piaciuto accompagnare John e il resto della spedizione fin sull'Himalaya, visto che molto probabilmente quella sarebbe stata la sua unica occasione per poter raggiungere quote tanto elevate; eppure, non può farci niente: in cuor suo sa di essere ancora in grado di compiere un'ultimo sforzo, ma Malnik non vuole rischiare di veder andare a monte il lavoro che ha faticosamente compiuto fin lì. Tuttavia, proprio quando meno se lo aspetta, suo nipote John gli comunica che il regista designato per dirigere le scena ad alta quota non è più disponibile e, quindi, serve un sostituto con breve preavviso. Quale occasione migliore, per Filthy, che mettere a disposizione la propria esperienza come commediografo e capocomico, per rientrare nel ristretto gruppo della spedizione? In questo modo, dunque, Abercrombie si unisce alla carovana che viaggerà attraverso parte dell'Asia Centrale, tra distese sterminate di erba secca e arida e altissime cime innevate, assieme agli altri componenti; ognuno con la propria personalità esplosiva, i propri segreti e i propri rancori sopiti, ma capaci di infiammarsi in un attimo. La tensione, infatti, monterà sempre più, mentre gli scontri e gli incidenti durante la scalata delle catene montuose si moltiplicheranno fino a culminare nell'omicidio di Gregor Malnik, al campo due dell'ascesa del Chomolu. Chi può essere in responsabile dell'omicidio? E chi avrebbe potuto mettere in atto tale proposito, dopo aver percorso chilometri e chilometri, proprio in un luogo dove la civiltà non è mai arrivata? Toccherà a Lewker, tra una ripresa e l'altra, scoprire chi sia il colpevole e assicurarsi che questo personaggio non metta in pericolo la vita degli altri membri della spedizione e permetta loro di tornare sani e salvi alle loro confortevoli case.
Dopo aver letto "Morte Dietro la Cresta" e "Assassinio sul Cervino", doveva arrivare anche questo momento: ovvero, quello in cui mi sono imbattuto in un giallo di Glyn Carr che mi è piaciuto meno del solito. È un vero peccato, visto che speravo sarebbe giunto più in là e non proprio col titolo in cui le vicende si svolgono in Tibet e sulle vette himalayane, le quali personalmente mi affascinano davvero tanto. In generale, credo che stavolta, rispetto agli altri due titoli, il problema maggiore abbia riguardato il mistero dietro alla morte di Malnik, che non riesce ad essere all'altezza delle aspettative: in "Un Cadavere al Campo Due", infatti, il delitto vero e proprio si verifica a tre capitoli dalla fine del libro, il ché non aiuta a suscitare il giusto livello di attenzione nel lettore che si aspetterebbe di imbattersi nel cadavere molto prima di allora. L'intera faccenda dell'indagine da parte di Lewker, inoltre, a mio parere viene trattata in modo molto più superficiale che nelle indagini raccontate nelle altre storie dell'autore: il fair play quasi non esiste, tanto che la rivelazione di Filthy mi è sembrata cadere un po' dalle nuvole, senza che ci fosse un solido apparato indiziario a sostegno della sua tesi sulla soluzione, e l'identità del colpevole appare un po' forzata, come se Carr avesse deciso di scegliere quel personaggio senza aver prima costruito una storia credibile e fosse stato costretto a tirare fuori un assassino in fretta e furia, col solo scopo di generare un potente colpo di scena per chiudere la storia. Come se questo non bastasse, inoltre, anche il personaggio di Abercrombie Lewker, solitamente a proprio agio nei panni dell'investigatore dilettante e dell'istrione, appare un po' appannato, come se non fosse in forma smagliante: ho avuto l'impressione che fosse come un pesce fuor d'acqua, meno brillante del solito e sentisse sulle proprie spalle un peso che lo ha frenato, come se davvero avesse dovuto percorrere chilometri e chilometri per raggiungere il Chomolu, oppure fosse invecchiato sul serio come temeva all'inizio della storia.
Immagine di una delle pareti dell'Everest, sulla catena montuosa dell'Himalaya |
In quanto all'enigma e al mistero, dunque, stavolta Glyn Carr ha fatto cilecca e ha dato vita a una crime novel molto più fiacca di quanto ci avesse abituato con gli altri suoi titoli. Eppure, con questo non intendo bocciare completamente "Un Cadavere al Campo Due". Fin dalla recensione di "Notti di Halloween" di Leo Bruce, credo che abbiate capito come io cerchi sempre di vedere il bicchiere mezzo pieno pure in opere meno riuscite, ma pur sempre soddisfacenti se considerate nel loro insieme; per cui, vorrei fare lo stesso con questo romanzo e spezzare una lancia a suo favore. Perché, se teniamo da conto anche gli elementi di contorno di "Un Cadavere al Campo Due", ci rendiamo conto di come esso possa ritenersi un libro perfetto da leggere mentre siamo costretti a casa, a causa del Coronavirus. Come ho già spiegato nelle altre recensioni dei mysteries di Glyn Carr, se c'è qualcosa per cui essi vengono ricordati ed elogiati, quello è il loro contenuto in fatto di descrizioni dell'ambientazione in cui vengono calati. Dopo il Galles e il Monte Cervino, stavolta tocca ai picchi della catena dell'Himalaya e a tutta una serie di scenari sbalorditivi, che spaziano dalle larghe pianure in cui corrono i treni al confine settentrionale tra l'India e il Nepal, ai passi montuosi e alle salite di ripidi crinali, tra rocce e fiumi descritti sempre con l'occhio attento dell'alpinista. Ancor più del solito, addirittura, stavolta mi è sembrato di sfogliare una vera e propria guida, come se i paesaggi che venivano di volta in volta dipinti dalle parole nelle nostre menti fossero stati tracciati da una guida del posto. In questo modo, dunque, questo romanzo giallo potrebbe benissimo svolgere la funzione di catapultarci in luoghi esotici e capaci di distrarci dalla noiosa routine quotidiana. Ma non solo. Anche i passi sull'alpinismo e sulla sua storia (soprattutto dall'arrivo al pianoro del campo base, sotto al Chomolu) assumono il tono del saggio narrato dall'escursionista professionale, con i riferimenti alle azioni che si metterebbero in pratica nella realtà, se uno decidesse di arrampicare davvero una parete, e ci trasportano accanto ai personaggi, proprio come se ci trovassimo all'aria aperta. Senza dimenticare, infine, il racconto delle riprese e quello che ci viene fatto del rapporto tra gli Sahib e i portatori nativi della regione indo-nepalese, nel corso del quale acquisiamo familiarità con gli usi e costumi degli uni e degli altri nella prima metà del Novecento.
Tutto questo riesce a trasmettersi al lettore, permettendogli di impersonare ogni attore sulla scena e calarsi nelle vicende come se egli ne fosse parte attiva; facendogli capire quanto fosse faticoso mettere in piedi una spedizione di almeno quaranta o cinquanta persone, ognuna con proprio compito e con rigide regole da rispettare, tutte impegnate a far fronte ai problemi che potevano sorgere da un momento all'altro, in qualsiasi ora del giorno o della notte, e costrette a vivere l'una accanto all'altra in grande scomodità e in un clima spesso teso e.nervoso. A questo riguardo, bisogna ammettere che l'autore è riuscito a rappresentare al meglio gli stati d'animo dei suoi personaggi (benché ancora un po' aderenti agli stereotipi in voga, come i giovani ilari e i vecchi scorbutici, oppure i dottori ambigui e gli americani scanzonati): in un capitolo diverso della storia, ognuno ci viene presentato con le proprie caratteristiche, le proprie convinzioni e le proprie paure; in che modo entra in contatto con gli altri; le reazioni quando si trova in situazioni di tensione e i sospetti che genera in Lewker. Ma anche l'ironia che ognuno di loro (tranne Malnik) manifesta, a partire dallo stesso Filthy, il quale non rinuncia nemmeno stavolta alle numerose citazioni su Shakespeare e su altre opere (oppure su celebri casi come quello di Crippen) che sono un po' il suo marchio distintivo. La digressione sull'Abominevole Uomo delle Nevi o Yeti, infine, sebbene rechi strascichi di un certo tono denigratorio per poter essere presa sul serio e non venga sfruttata al meglio poiché lasciata andare troppo in fretta, aggiunge una piacevole nota al racconto rendendolo più interessante. Insomma, sebbene non sia un capolavoro, penso che "Un Cadavere al Campo Due" si possa rivelare come una lettura perfetta per trascorrere qualche ora spensierata; soprattutto nel periodo che stiamo vivendo in questi giorni.
Frank Showell Styles (alias Glyn Carr), nato
nel 1908 e morto nel 2005
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La serie fu accolta favorevolmente in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, soprattutto per la capacità dell'autore di descrivere con doverosa attenzione le scene di arrampicata e i luoghi in cui esse si svolgevano. Dopo "Fat Man Agony" (1969), Styles concluse le avventure di Lewker per dare il via a un'altra serie, il cui protagonista divenne un ufficiale della marina britannica al tempo delle guerre napoleoniche; nel frattempo, tuttavia, continuò a scalare e a fare escursioni, oltre a scrivere una quantità enorme di guide, manuali e racconti sulla montagna (in totale furono circa 160), finché non morì nel 2005. I romanzi di Abercrombie Lewker (in parte ripubblicati dalla Rue Morgue Press, secondo la quale pare esista un romanzo inedito andato perduto) sono storie leggere, divertenti e facili da leggere, proprio come voleva scriverle Styles: ognuna presenta un delitto apparentemente impossibile, alla maniera di quelli creati da John Dickson Carr con la stanza chiusa trasformata in un ambiente impervio e pericoloso, caratterizzato da pregi e difetti. Come abbiamo visto, "Un Cadavere al Campo Due" rappresenta finora il punto meno alto tra le avventure di Lewker, in fatto di enigma e mistero; eppure, voglio ribadire ancora una volta come, ogni tanto, anche un racconto meno concentrato sugli aspetti delittuosi del caso e maggiormente attento alle sue premesse possa regalare qualche ora piacevole, al lettore che si accontenta. Soprattutto se si è chiusi in casa e si abbia una voglia matta di uscire, almeno con la mente, dalle quattro pareti che ci circondano e di dirigerci in luoghi esotici e affascinanti.
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