Copertina dell'edizione pubblicata da Polillo Editore/Rusconi |
Oggi, invece, passo a qualcosa di totalmente differente, con "Uno Dopo l'Altro" di Macdonell, pubblicato a suo tempo sotto lo pseudonimo di Neil Gordon (Polillo Editore/Rusconi, 2020). Infatti, vi avevo già anticipato come questi due titoli siano molto diversi tra loro; non solo nella forma stilistica e nel modo in cui certe tematiche vengono affrontate, ma pure nei temi e nell'interpretazione della psicologia dell'individuo (non necessariamente il colpevole). Se proverete a confrontarli tra loro, scoprirete che essi si approcciano al delitto come se fossero mondi agli antipodi, con pochissimi punti di contatto: il libro di Kennedy va a soffermarsi su una sorta di indagine in cui contano le cose non dette e ciò che emerge dallo scontro dialogico-ideologico tra i sospettati e i protagonisti, mettendo il luce l'incomprensione che regna sovrana tra gli esseri umani e l'impetuosa corrente sotterranea di passione, odio, violenza ed emozione che intercorre tra loro; "Uno Dopo l'Altro", invece, vuole mettere in scena come l'investigatore, sia professionista sia dilettante, affronti il proprio compito come una battaglia tra il Bene (che egli incarna) e il Male (impersonato dall'assassino), dove il caso viene analizzato in base a fatti ben definiti, a un'implacabile ricerca attiva che non conosce momenti di pausa, e a un approccio logico e del tutto schematico, senza lasciare spazio a riflessioni fantasiose che possano influenzare la Verità delle Prove Materiali. Poi certamente c'è l'elemento di casualità, di pazzia incontrollabile che influenza fin dall'inizio l'indagine di Dewar e Bone; ma è proprio il contrasto tra l'agire senza alcun tipo di regola dell'omicida, e le azioni strutturate delle forze di polizia, improntate su metodi legati alla routine e a una forte pragmaticità, a dare importanza a queste ultime. Detto così, qualcuno potrà credere che quest'ultimo tipo di giallo sia quanto mai noioso e pedante; ma non sottovalutate le capacità dei giallisti della Golden Age britannica. Se alcuni (oggi dimenticati, tra l'altro) esagerarono nel portare la tediosa quotidianità all'interno di una storia fittizia che dovrebbe intrattenere, altri riuscirono a mescolare queste cose in modo da non far rimpiangere lo scandagliare della psiche umana e le riflessioni sulle conseguenze che la perversione umana suscitano nelle persone dei grandi capolavori del tempo. La routine e la tensione suscitata dal caso in "Uno Dopo l'Altro" riescono a tenere alta e a catturare l'attenzione come altri più rinomati esempi di giallo all'inglese; provare per credere.
Case di Contadini, Eragny, Camille Pissarro, 1887 |
Il giovane ispettore Dewar, coadiuvato dal sovrintendente Bone, viene quindi incaricato di svolgere le doverose indagini sul caso di questo atipico serial killer; e ciò che emerge dai suoi ragionamenti e da quelli del suo superiore è qualcosa di sconcertante: probabilmente, ad essere stato ucciso è stato il Maddock sbagliato. Infatti, tanto Oliver è stato un tizio tranquillo, dedito all'insegnamento e in seguito ritiratosi a vita privata per studiare antichi tomi in una sorta di roccaforte scozzese, quanto suo fratello Henry ha avuto una vita segnata dalla disonestà e dalla violenza. Quest'ultimo, col suo carattere arrogante e modi bruschi al limite del manesco, si è attirato l'antipatia di chiunque gli stia attorno, a parte forse i figli; per cui, agli agenti appare chiaro come sia molto probabile che l'assalitore abbia sbagliato mira e colpito la vittima errata. A convincerli di questa cosa, inoltre, gioca un ruolo importante il fatto che, a collegare Skinner e Henry, ci sia il Sudafrica. Sia l'uno che l'altro, infatti, hanno intrattenuto dei rapporti d'affari in tale continente, prima di fare ritorno in Inghilterra. Sembra proprio che la chiave dell'enigma si trovi laggiù, e così Dewar inizia una serrata caccia all'uomo che coinvolge non solo le forze dell'ordine di tutta Europa, ma pure polverosi archivi, sornioni presidenti di banche e di società londinesi, ricordi di vecchi soldati e qualunque pista gli si venga presentata, spostandosi in tutta l'isola britannica e seguendo la buona ed infallibile routine. In tutto ciò, però, i passi avanti si fanno attendere: la quantità di indizi non manca, quello è sicuro; ma il fatto che nessuno di loro riesca ad incastrarsi con gli altri esaspera e frustra gli sforzi di Scotland Yard. Forse stanno sbagliando qualcosa? E se fosse così, cosa? E dove sono le vittime "Uno" e "Due"? Un ulteriore tentativo di uccidere il Maddock sopravvissuto rafforza le convinzioni degli agenti, e il reo confesso ha tutta l'aria di essere la persona giusta a cui addossare gli omicidi del famigerato killer. Tuttavia Dewar, che non segue mai le proprie fantasiose teorie per disciplina impartita, sente che Henry nasconde qualcosa e, facendo pressione su Bone, riesce ad ottenere un mandato per scavare nel giardino di Greenlawns, trovando... Se pensate che ci siano fin troppe sorprese a questo punto, sappiate che ancora dovete scoprire il bello; in questa storia che non lascia un attimo di respiro ma, al contempo, ha il potere di rilassare il lettore grazie al lento lavorio della polizia e il suo incedere implacabile verso un assassino che non si lascerà vincere facilmente.
Copertina dell'edizione originale di "Uno Dopo l'Altro" |
Copertina dell'edizione più recente di "Uno Dopo l'Altro" in lingua originale |
La routine si è trasformata in una serie di passaggi i quali, al posto della prosaica descrizione che ci viene propinata di solito, hanno assunto la forma di esaltanti cacce all'uomo o al documento, di ricognizioni su scene del crimine, di interrogatori dove i sospettati si trasformano in sfingi a cui l'agente deve cavare le informazioni con le tenaglie. La visione di Scotland Yard che emerge da "Uno Dopo l'Altro" è quella di un'organizzazione in cui ognuno gioca un ruolo minore per il bene della comunità: non esistono capi, nonostante al suo interno ci sia una gerarchia effettiva, perché ognuno potrebbe essere quel "qualcuno" che serve nel momento del bisogno. Ad indagare sono esseri umani, con tutte le loro afflizioni ed emozioni e pressioni sociali, decisi più che mai ad aiutarsi l'un l'altro, a condividere esperienze comuni. Il rapporto che nella tradizione viene incarnato da un paio di individui come il protagonista investigatore e la sua spalla (pensate ad esempio a Poirot e Hastings), qui viene tratteggiato su scala più larga a includere personaggi che magari fanno un'apparizione fugace in un paio di scene e poi svaniscono, ma non significa che esso sia meno importante di quello tra due persone; anzi, se possibile viene sottolineato quanta importanza esso incarni per riuscire ad arrivare a una degna conclusione. Tutto ciò, almeno all'apparenza, sembra sia lontano anni luce da quanto troviamo di solito dentro un romanzo giallo; e invece dimostra quanti elementi comuni siano alla base di questo genere letterario capace di ramificarsi e dare vita a molteplici sottogeneri. E tutte quelle critiche che in un primo momento uno vorrebbe fare a libri come "Uno Dopo l'Altro" si dissolvono quasi del tutto. Lo schematismo che potrebbe intimidire e scoraggiare la lettura si trasforma in un elemento che va a sostegno di uno stile narrativo in cui è essenziale la logica; anzi, conferisce maggiore chiarezza al tutto. Predomina l'azione sul lavorio mentale, questo è vero; ma allo stesso tempo essa ci impedisce di annoiarci e, almeno in questo caso specifico, fa da contraltare in modo eccellente a quel poco di psicologia che viene sondato. L'uso della polizia come organizzazione che indaga, l'ho detto sopra, trova un'applicazione che restituisce le stesse sensazioni che avremmo se il caso fosse stato conferito a un dilettante e al suo Watson personale, dal momento che essa affronta di base la stessa missione contro il Male impersonato dall'assassino. Insomma, nonostante personalmente continui a preferire il giallo che si basa sullo studio della psicologia, come quelli di Berkeley e Christie, o quello che tratta un racconto di costume e approfondisce temi sociali quale quello di Sayers, inizio a nutrire un sincero rispetto per il mystery puro e incentrato sull'indagine logica vera e propria, introdotto da Arthur Conan Doyle e il suo Sherlock Holmes. Dopotutto, Macdonell non ha fatto altro che applicare l'approccio del segugio di Baker Street al punto di vista della polizia metropolitana di Londra, senza farci rimpiangere il romanzo più classico improntato sull'interpretazione dei comportamenti dei sospettati e delle loro passioni, rispetto a questa valida variazione del genere in cui sono i fatti pragmatici ad avere l'ultima parola.
Archibald Gordon Macdonell, nato nel 1985 e morto nel 1941 |
La sua fu comunque un'esistenza piena di soddisfazioni, la quale influì sul suo modo di scrivere; e "Uno Dopo l'Altro" riflette proprio questo aspetto. Si tratta infatti di un libro ironico, come solo un grande della satira come lui poteva produrre, con i numerosi momenti in cui i personaggi vengono messi in ridicolo e una sottile vena critica verso i loro comportamenti più comici; dove non manca una buona dose di azione ma senza che questo aspetto prenda troppo il sopravvento, e nel quale l'enigma trova uno sviluppo che al tempo dovette sorprendere più di una persona, nonostante un piccolo intoppo causato dal Fato avverso. Dovete sapere, infatti, che agli inizi del Novecento il giallo sul serial killing, di cui questo "Uno Dopo l'Altro" è uno straordinario esempio, non era così diffuso come lo è ai giorni nostri. Nella nostra epoca, ormai, questo sottogenere è stato del tutto sdoganato, forse fin troppo; ma allora romanzi del mistero di questo tipo si contavano sulle dita di una mano. Come riporta Martin Edwards nel suo "The Story of Classic Crime in 100 Books", i delitti di Whitechapel attribuiti a Jack lo Squartatore (peraltro citati alle pp. 86 e 146) e gli omicidi di Ratcliffe Highway (per non parlare della vicenda del dottor Palmer) avevano già posto l'attenzione sul cosiddetto assassino seriale, pur non chiamando costui in tale modo, e spinto la letteratura fittizia ad occuparsi di uccisioni di massa indiscriminate ben prima dell'avvento della Golden Age; però era pur vero che in pochi avevano compreso la potenzialità di questo sottogenere del giallo. Giocare sul dilemma se la psicologia dell'assassino fosse del tutto preda di istinti selvaggi, oppure governata da un movente razionale, non si poteva ancora fare al meglio. Pertanto, come dicevo, i pochi che provarono ad esplorare questo tipo di giallo seguirono necessariamente strade simili; e alla fine si verificò proprio quello che gli scrittori temevano: due di loro si ritrovarono ad aver sfruttato lo stesso aspetto peculiare per spiegare il movente del loro omicida. Cosa che, come penso avrete capito, coinvolse Macdonell, il quale scoprì con disappunto come John Rhode, appena una anno prima, gli avesse soffiato l'idea senza volerlo. Se confrontiamo "Uno Dopo l'Altro" con XXXXX (non farò il nome per non rovinare la lettura a chi avesse già affrontato Rhode), infatti ci rendiamo conto di quanto entrambi giochino su una svolta caratteristica della trama, pur distanziandosi l'uno dall'altro nella resa complessiva. Detto ciò, non intendo affatto sminuire quanto sia comunque affascinante il romanzo di Macdonell: esso gareggia in modo eccellente proprio col libro di Rhode e i due ne escono alla pari, un po' al di sotto di "La Morte Cammina per Eastrepps" all'interno del sottogenere del serial killing ma con dignità.
Waterloo Place, London, 1899 (foto di Leonard Misonne) |
Una cosa, tuttavia, mi preme sottolineare per concludere: si tratta del tratteggio dei personaggi, legato proprio a questo elemento poliziesco. Nonostante siano un po' tutti quanti ritratti come macchiette sarcastiche o individui a volte poco, a volte troppo originali per essere del tutto credibili, nelle loro azioni i membri di Scotland Yard, in particolare, assumono un ruolo totalmente diverso. Le caratterizzazioni dimostrano lo sforzo che Macdonell fece per infondere loro una minima parvenza di vitalità: fece esprimere loro gioie e dolori, frustrazione e delusione per essersi fatti gabbare dall'assassino, dinamismo nello svolgere il proprio gravoso compito, ligi al dovere, sicuri di sé davanti ai superiori ma segretamente dubbiosi. Sono esseri umani in carne ed ossa, i quali si sforzano per aiutarsi tra colleghi e battibeccano coi i capi, sentono la pressione della stampa sulle loro spalle e si impegnano a rispettare i protocolli senza abusare del proprio potere, e soprattutto agiscono come un sol uomo. Mi è piaciuto che l'autore abbia compiuto un'azione del genere, poiché avvicina il lettore alle difficoltà del poliziotto e gli fa comprendere come la sua non sia una figura da schernire, quanto da compatire. Nonostante abbiano prodotto romanzi più riusciti dal punto di vista dell'enigma, J.J. Connington e Clifford Witting (coi loro Sir Clinton Driffield e ispettore Charlton) non sono riusciti a rendere tanto bene quanto Macdonell come la macchina della giustizia di Scotland Yard sia composta da tanti ingranaggi che si muovono tutti assieme. Infatti, sulla carta il protagonista è Dewar (pp. 45-46, 68, 83-84, 91-92, 111-112, 121-123...), ma in realtà non c'è mai un battitore libero che orchestra gli sforzi degli altri agenti per catturare il colpevole (nemmeno Bone ci riesce): finora la polizia era stata incarnata da un deus ex machina capace di catalizzare su di sé l'attenzione e mettendo in ombra i sottoposti (vedasi i poliziotti sopra citati), invece in "Uno Dopo l'Altro" è la comunità a garantire il successo dell'impresa. Se proprio volessimo trovare qualcuno da far spiccare sul gruppo, potremmo prendere in considerazione proprio l'ispettore e i sovrintendente, antitesi l'uno dell'altro ma indispensabili tra loro per riuscire a concludere l'inchiesta. Il primo è giovane, vigoroso, rigoroso, inesperto, scozzese; il secondo saggio, sedentario, acuto, londinese e più anziano. Si prendono in giro l'uno con l'altro, si sostengono di fronte ai superiori, avanzano ipotesi diversissime e si sfidano per trovare la soluzione, in una sorta di gara dove il vincitore deve essere Dewar, dal momento che Bone è "già arrivato". Formano una coppia stupenda e una grande squadra, la quale muove tutto ciò che sta intorno e impedisce di annoiare: sono a caccia e fanno sul serio.
Insomma, per tirare le fila del discorso e mettere un punto a questo lungo flusso di coscienza. "Uno Dopo l'Altro" soffre di sicuro di alcuni difetti che impediscono di collocarlo tra i capolavori del genere giallo. Come dicevo, i cliché e la vena avventurosa forse un po' troppo calcata allontanano il romanzo da quella perfezione a cui ci hanno abituato i Grandi Autori della Golden Age. Inoltre, il cardine della storia non è originale per la "questione Rhode" e la storia non si sofferma molto sull'indagine interiore del lato psicologico del delitto, come all'assassino non viene data quella profondità caratteristica dei colpevoli più diabolici e astuti. Però non mi sento di condannare l'approccio con cui il caso è stato intrapreso. Su Internet mi è capitato di leggere che quest'ultimo è stato paragonato a quelli delineati da Freeman Wills Crofts, il quale è rimasto famoso nel tempo per la cura nei dettagli e per l'ossessiva strutturazione delle indagini che inventava; ecco, in un certo senso anche Macdonell ha compiuto un'operazione del genere. C'è del metodo nella ricerca di un modo per collegare la morte di tante persone così diverse tra loro, nello sfruttamento delle complete forze di polizia e nel far quadrare una certa svolta del caso fino a metà del racconto. "Uno Dopo l'Altro", alla fin fine, è un romanzo solido e leggibile, che intrattiene e fa passare il tempo molto velocemente, tanto che io stesso mi sono stupito della rapidità con con l'ho portato a termine. Bisogna considerarlo più come la narrazione di un processo fluido, in cui accadono atti casuali e commessi da un pazzo il cui movente non è da ricondursi a cause strabilianti e particolarmente profonde, rispetto a un giallo dove gli indizi vengono forniti di fair play. Questo è il segreto per poterlo apprezzare al meglio. Da parte mia, ribadisco come abbia apprezzato comunque il risultato finale: emozionante, ironico e arguto. E condivido il giudizio che i critici Barzun & Taylor diedero a "Uno Dopo l'Altro": "Un primo e impressionante esempio di routine poliziesca, pieno di legittima azione e completo di contrasto tra superiore e subordinato. La varietà e la sorpresa negli incidenti mantengono un alti grado di tensione e l'individuazione è solida quanto la spiegazione, che viene in mente al lettore pochi secondo prima dell'ispettore scozzese Dewar. Quando arriva, essa costituisce quello che è probabilmente un primo esempio del suo utilizzo [NB. non è così]: nel complesso un libro da amare per il suo valore e il suo ingegno".
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