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venerdì 17 aprile 2020

30 - "Qualcuno ti Osserva/La Scala a Chiocciola" ("Some Must Watch", 1933) di Ethel Lina White

Copertina dell'edizione pubblicata dalla
Polillo Editore
Nell'arco dell'ultimo mese e mezzo, con l'incursione in alcuni titoli selezionati della classica crime story, abbiamo visto come esistano tanti tipi di romanzo giallo in riferimento all'isolamento che l'essere umano si auto-impone oppure subisce dal prossimo; soprattutto se inteso dal punto di vista della sua mente. I personaggi di "Morte al Telefono" oppure di "Una Torre per il Profeta", infatti, hanno illustrato al meglio come l'individuo finisce per imprigionare e chiudere la propria personalità al resto del mondo, cadendo in preda alla pazzia e alla paranoia (sentimenti in parte condivisi e riflessi dalla condizione in cui noi stessi ci troviamo, in questo periodo di frustrante semi-isolamento che stiamo vivendo, da quando è scoppiata la pandemia di Coronavirus). Essi sono stati espressione dell'incerta realtà del tempo vissuta dal mondo di metà Novecento, segnata dalla profonda analisi della psiche della persona, dallo straniamento e dalle sue sensazioni e ossessioni nascoste, della quale il mystery fu l'interprete e la chiave di lettura che con più risultati riuscì a comprendere e diffondere la richiesta d'aiuto (in quel momento come al giorno d'oggi, poiché la frustrazione gioca un ruolo importante nella vita della gente). Eppure, benché questo tipo di narrativa del mistero, giocato sulla maggiore importanza data alla psicologia rispetto all'azione e propria non solo della scuola hard-boiled (col racconto dei fatti nudi e crudi della realtà di ogni giorno), ma pure del giallo all'inglese (fatto perlopiù di rilevamenti di indizi materiali sulla scena del crimine) sia molto popolare tra i lettori appassionati di questo genere letterario, non bisogna dimenticare che questa sensazione di prigionia ed isolamento dell'uomo può essere interpretata anche in un modo un po' diverso, dal quale si sono sviluppate trame altrettanto intriganti e originali. Sto parlando del caso in cui i personaggi si ritrovano ad essere confinati in luoghi chiusi o lontani dalla civiltà in senso "materiale", all'interno di castelli o avite dimore arroccate su picchi inaccessibili. Forse non sembra, ma pure così ci troviamo di fronte a una sorta di quarantena dalla società, a volte addirittura più pericolosa di quella attinente alla sola psicologia che ho sintetizzato sopra. In quest'ultimo caso, infatti, oltre ad essere costretto a combattere contro lo stesso nemico invisibile dei tipici romanzi psicologici della metà del Novecento (il proprio Carattere che è Destino), l'eroe o l'eroina si ritrova a giocare una partita rischiosa a causa dell'ambiente circostante ostile, il quale accentua la sensazione di claustrofobia già esacerbata dalla precedente condizione "mentale". La "giustizia parallela" a quella del resto del mondo (incarnata molto spesso dal padrone di casa) instaura un regime non meno temibile di quello esercitato dal Fato avverso, e la gerarchia sociale della casa il più delle volte non privilegia l'importanza dell'individuo agli occhi del grado che egli possiede, ma piuttosto è il ruolo incarnato da esso all'interno del gruppo a definire la sua posizione di vantaggio o svantaggio.

Quindi, il pericolo diventa doppio a causa della sensazione di angoscia suscitata dall'unione di disagio psicologico e fisico, e ciò aumenta la tensione complessiva all'interno di queste storie di famiglie o gruppi di persone costretti a vivere in luoghi ristretti e a contatto l'uno con l'altro, mentre le correnti sotterranee dei loro sentimenti e delle loro gelosie si scatenano e danno vita a intrecci di grande effetto, sullo sfondo di un'ambientazione suggestiva e d'atmosfera che infonde un tocco in più di fascino alla faccenda. Personalmente, a me piace molto questo tipo di romanzo giallo. Possiedo quello che si potrebbe definire "un animo melodrammatico", quindi non posso evitare di apprezzare i misteri claustrofobici, pieni di individui teatrali, impulsivi, vicini eppure lontani, e capaci di trasmettere un fortissimo senso di inquietudine e di suspense; benché sia consapevole che non a tutti essi vanno a genio. Così, cogliendo l'occasione di inserire una variante del "delitto della prigionia" per la mia rassegna ai tempi dell'isolamento da Coronavirus, non ho potuto esimermi dallo scegliere per la recensione di oggi la crime novel appartenente a questa categoria che preferisco in assoluto: "Qualcuno ti Osserva" di Ethel Lina White (Polillo Editore, 2017). Pubblicato anche col titolo di "La Scala a Chiocciola" (Mondadori), esso è un libro pieno di oscurità (in senso letterale e non), dove la tensione si taglia con il coltello, la suspense non scende mai sotto alti livelli e le emozioni e i sentimenti occupano uno spazio ingente della trama. Il suo stile elegante e d'impatto, capace di raffigurare al meglio i contrasti che possono nascere alla presenza del Male, suscita spettri gotici all'interno di un enigma giocato sui colpi di scena e sul continuo stimolo della sensazione di terrore; e sebbene quest'ultimo sia forse poco attinente al fair play, le vicende riescono comunque a regalare tutti i brividi che il lettore di gialli desidera.

Corn Stooks and Farmsteads of Hill Farm, Capel-yffin (Wales),
Eric Ravilious, 1935, raffigurante il tipico paesaggio selvaggio
del Galles, simile a quello della tenuta di Summit
L'intera storia si svolge nei dintorni e all'interno della tenuta di Summit, un'isolata dimora in stile vittoriano sita al confine tra Galles ed Inghilterra. Laggiù vive un ristretto gruppo di persone, composto dalla famiglia Warren, da un paio di domestici di vecchia data e dalla giovane Helen Capel, la protagonista del romanzo. Quest'ultima è una ragazza alla pari, una di quelle giovani che spesso vengono impiegate nelle case signorili per svolgere piccoli lavoretti oppure per badare ai bambini, così da fare esperienza e imparare un mestiere utile per il futuro. Minuscola, con un sacco di capelli rossi e una spiccata immaginazione che le permette di svagarsi, nonostante abbia un impiego piuttosto monotono, Helen è soddisfatta della propria posizione: le è permesso mangiare allo stesso tavolo dei suoi datori di lavoro, viene pagata con un salario dignitoso (soprattutto se si tiene conto della difficile situazione che l'Inghilterra vive in seguito alla guerra, quando tanti uomini e donne non se la passano bene) e un pomeriggio alla settimana può andare a passeggiare nei dintorni della tenuta, in mezzo alla natura selvatica del posto, immaginando di vivere avventure straordinarie. Tuttavia, da qualche tempo una minaccia offusca i suoi momenti di libertà: infatti, un maniaco omicida ha già ucciso ben quattro ragazze, avvicinandosi sempre più a Summit e incutendo timore non solo in lei ma pure negli altri abitanti di Summit, apparentemente più che decisi a tenerla al sicuro. In ogni caso, Helen è convinta che tragedie come l'essere strangolata non potrebbero mai accadere a una ragazza insignificante come lei; e anche quando rientra dalla consueta passeggiata e scorge un'ombra nascosta dietro a un albero, non dà peso alla cosa e liquida la faccenda come l'ennesimo frutto della sua immaginazione. Perché l'assassino dovrebbe prendere di mira proprio lei, che non si allontana quasi mai dal suo luogo di lavoro? Sarebbe una fatica inutile sforzarsi di attirarla in trappola o fuori da una fortezza impenetrabile come Summit; tanto più che lei ha dalla sua parte più di un amico.

Il professor Sebastian Warren e sua sorella Blanche (i padroni di casa), benché scienziati alteri e privi di calore umano, hanno tutte le ragioni per non lasciarsi sfuggire i suoi preziosi servigi; il triangolo amoroso composto dallo studente Stephen Rice, da Newton (il figlio del professore) e dalla sua focosa moglie Simone, non si cura di Helen in condizioni normali, figurarsi complottare per eliminarla; il signor Oates e la sua signora, rispettivamente autista e cuoca della casa, dimostrano un affetto nei suoi confronti fin troppo evidente, per dare adito a gelosie segrete. Forse soltanto la fumantina Lady Warren, l'anziana matriarca della famiglia, con la sua indole istintiva e sarcastica e la reputazione di aver assassinato il marito, potrebbe costituire una minaccia per Helen (tanto più che la ragazza nutre un'irresistibile curiosità nei suoi confronti e intende fare di tutto per conoscerla). Eppure, quando scoppia un improvviso temporale e Summit (dopo il ritorno di Oates in compagnia della nuova infermiera) si ritrova isolata dal resto del mondo, in balia delle passioni ed emozioni che si stanno scatenando nel gruppo che ospita, Helen inizia a sospettare che nelle ore della notte qualcosa andrà storto. In breve tempo, infatti, tutti i componenti del gruppo iniziano a comportarsi in modo strano e a scontrarsi tra loro, mentre nei bui corridoi della casa si sentono passi furtivi e scricchiolii inquietanti; soprattutto lungo la stretta scala a chiocciola che collega il seminterrato e la cucina con i piani più alti di Summit. Possibile che qualcuno si sia introdotto in casa prima che iniziasse a piovere e si sia nascosto da qualche parte, in attesa di sferrare l'attacco mortale nei confronti di Helen? La ragazza se ne convince sempre più, fino a diventare consapevole che il pericolo si trova proprio accanto a lei, nascosto negli anfratti oscuri della notte: non è affatto al sicuro, e dovrà combattere contro l'occhio che la sta osservando insistentemente per poter sperare di rivedere il giorno.

Immagine tratta dal film "La Scala a Chiocciola"
diretto da Robert Siodmak, 1946
Come ho già avuto occasione di rivelare, il romanzo giallo che preferisco in assoluto è "Il Segreto delle Campane" di Dorothy L. Sayers. Non credo ci sia niente di tanto umano e terribile e spensierato e complesso come la storia che esso racconta, benché questo non significhi che non apprezzi grandemente anche altri indiscussi capolavori della classica crime story. Tuttavia, se mi venisse chiesto quale libro del mistero rappresenta al meglio la mia idea di "storia criminale" (intesa come quella che vorrei aver scritto io, se soltanto fossi capace di farlo), ebbene io sceglierei proprio "Qualcuno ti Osserva". Fin da bambino, infatti, sono sempre stato affascinato dall'idea dell'eroe chiuso in una casa misteriosa, mentre fuori imperversa la tempesta e un pericolo senza nome si staglia su tutto l'insieme. Lui guarda da una finestra la pioggia che cade, i lampi che strappano il cielo nero e il tuono che brontola in lontananza, rimbombando sopra di lui; è al sicuro, ma non si sa mai cosa può accadere in una notte del genere. Da qui lasciavo a briglia sciolta la mia immaginazione, simile a quella di Helen, mentre aggiungevo un dettaglio dopo l'altro alle vicende: magari qualcuno bussava al portone (amico o nemico?), oppure dalla cima delle scale si sentiva un rumore che nessuno poteva aver prodotto (non c'era anima viva lassù). Sono andato avanti per anni a trastullarmi con questo concetto non molto originale, adesso me ne rendo conto, ma che non riusciva mai ad andarsene definitivamente dalla mia testa; finché, quando già avevo iniziato a leggere romanzi gialli da diverso tempo, mi sono imbattuto in questo romanzo di Ethel Lina White. La prima volta che l'ho iniziato, non riuscivo a credere che esso raccontasse proprio di un mistero così simile a quello che era nato nella mia mente eccitabile di bambino: la casa isolata, la tempesta che si abbatteva su di essa e impediva ai suoi abitanti e alle poche persone del circondario di entrare in contatto tra loro, la presenza di rumori sinistri lungo i corridoi bui; tutto questo veniva sfruttato per dare vita al "caso perfetto", quello che si basava sulle mie fantasie. Inutile dire che questo fatto mi ha reso felicissimo e mi ha indotto ad innamorarmi subito di questo libro più volte giudicato come imperfetto, ma che per me riesce a mettere in scena una vicenda straordinaria, dominata da uno spiccato tono teatrale e piena zeppa di contrasti.

Questa convivenza di elementi che entrano in conflitto tra loro è forse la caratteristica più prepotente dell'opera letteraria di White: a partire dalla commistione di thriller e giallo tradizionale, infatti, in essa ritroviamo una narrazione duplice nei confronti di molti tra i suoi aspetti. Come era avvenuto in "Svanita nel Nulla", infatti, pure in "Qualcuno ti Osserva" l'autrice si impegna a costruire una vicenda in cui vengano unite la suspense caratteristica dei libri delle women in jeopardy e un tipo di indagine improntata sul classico giallo della Golden Age inglese (benché con risultati più grezzi di quelli ottenuti da Christie e colleghi). Mentre il brivido resta la sua cifra distintiva, di volta in volta ciò le ha permesso di cimentarsi nel "mistero-da-villaggio-di-campagna" (con "Fear Stalks the Village"), in quello universitario (con "The Third Eye") oppure in una variante del giallo con serial killer proprio con "Qualcuno ti Osserva", senza per questo rinunciare ad elementi gotici quali infermiere, scene notturne e luoghi solitari, i quali ne hanno fatto un'insolita discepola della scuola della Rinehart. È riuscita a creare una sorta di "equilibrio" in cui i contenuti e gli elementi strutturali dei suoi romanzi gialli si sostengono (quasi) alla perfezione gli uni con gli altri, come se il suo modo di raccontare si potesse paragonare a un castello di carte, in cui ogni aspetto possiede la caratteristica di essere all'incirca complementare all'altro. Prendiamo, ad esempio, le ambientazioni in cui il lettore si trova immerso in "Qualcuno ti Osserva": non solo il parco di Summit (pp. 7-8, 10-14), con la sua magnificenza in quanto a numero di piante e grandezza, ma anche la casa stessa (pp. 25-26, 30-32, 47-48, 61, 66, 84, 198), labirintica e lussuosa, serba in sé uno scontro interiore perfetto, poiché alla luce del giorno entrambi appaiono sotto una veste amichevole e, alla notte, assumono i contorni di luoghi infestati, selvatici e ostili. Le camere (compresa quella della quarta vittima del maniaco), da stanze intime e confortanti, dove trascorrere del tempo libero in pace, si tramutano in posti dove ci si trova da soli a combattere, in balia del pericolo e dell'ansia montata dalla solitudine. Il giardino, dove di solito ci si reca per prendere una salutare boccata d'aria e scaldarsi sotto qualche raggio di sole, diventa il campo di caccia di spietati assassini, intrico arboreo che offre al predatore innumerevoli nascondigli, dove gli alberi si muovono ed aggrediscono gli ignari passanti. Addirittura la cucina, focolare domestico che costituisce il cuore pulsante della casa e della famiglia, assume contorni inquietanti se le togliamo la stufa accesa, la massaia intenta a tagliare le verdure per la cena, le chiacchiere quotidiane.

Questo conflitto equilibrato tra luce e buio, inoltre, viene sottolineato anche dallo scontro tra l'esterno di Summit, tormentato dalla bufera e simbolo del mondo terrorizzante abitato da spettri e da mostri partoriti dalla pazzia, e l'interno illuminato (sempre meno, mentre il pericolo si fa più pressante) dalle lampadine, pieno di voci amichevoli e individui vivi, capaci di darsi man forte in caso di necessità. Se mai dovesse trovarsi in difficoltà, Helen è sicura che ci sarebbe sempre qualcuno disposto a proteggerla (la faccenda viene ribadita più volte all'interno della storia); tuttavia, come scopriamo man mano che andiamo avanti a leggere, la realtà si rivelerà ben diversa, dal momento che ognuno dei personaggi dimentica la promessa fatta, in favore del proprio tornaconto personale, dando vita all'ennesimo conflitto complementare del romanzo. Ognuno di questi individui complessi, teatrali, lunatici e soggetti a una vasta gamma di emozioni (pp. 7-8, 17, 20-22, 33, 47, cap. 5, 60-61, 74-75, 89-90, 131, 147-149, 152, 155-157, 171-172, 189, 200-201, 206, 212, 219, 226, 254), spesso contrastanti tra loro e definibili per cliché (la vecchia inquietante, l'infermiera equivoca, la cuoca amabile), mostra una faccia all'apparenza amichevole ed equilibrata, privo di difetti e ossessioni; ma ben presto il lettore si accorge che le cose non stanno come sembrano e che i veri volti dei protagonisti sono differenti da come appaiono. Alcuni di loro risulteranno degni di pietà, altri di disappunto, altri ancora di benevolenza; perché ancora una volta ciò che appare stride contro ciò che è celato agli occhi, e i buoni si riveleranno egoisti e cinici, mentre i cattivi potranno forse sperare in una redenzione finale.

L'apparenza e la sostanza sono i concetti base su cui si fonda la crime story in generale; anche in "Qualcuno ti Osserva", ciò che sembra e ciò che è, i tentativi di nascondere la propria natura e le maschere che le persone indossano appaiono importantissimi, benché essi non riescano del tutto a celare i loro impulsi. Infatti, le passioni (capp. 8, 16, pp. 18, 93, 95, 107, 211) e l'amore in primis dominano all'interno di questo romanzo in un perfetto gioco di ruoli: la frustrazione del triangolo Simone-Newton.Stephen, la delusione e gelosia dell'infermiera Barker, l'idillio tra Helen e il dottor Parry muovono in sincrono alcune delle pedine sulla scacchiera dell'assassino; assieme ai vizi e alle paure innate dell'onesta Mrs. Oates, dei signori Warren e dell'anziana Lady bloccata nella camera azzurra. A questo proposito, sono convinto che non sia un caso che la stanza della matriarca sia stata chiamata così: se ci facciamo caso, è proprio lassù, in quel luogo pieno di terrore e pericolo (capp. 29-31) che stride con l'immagine suscitata dal suo nome, che si risolverà definitivamente il caso, mentre fuori dalla finestra imperversa inesorabile la tempesta. Come vedete, i contrasti sono sempre al centro della scena, perfettamente orchestrati per costruire il mistero: nelle ambientazioni, nei personaggi, nel meteo, nei sentimenti e, addirittura, nell'enigma (cap. 13), dove l'impianto strutturale appare simile a quello del giallo tradizionale declinato nel sottogenere del "delitto del serial killer", ma allo stesso tempo immerso nelle atmosfere tipiche del romanzo americano delle women in jeopardy. L'aura tormentata, enfatizzata dall'uso della luce, della natura e dell'immagine delle finestre aperte sulla notte e il vento, che pervade la lettura dall'inizio alla fine (pp. 33-35, 42, 57, 63-64, 110-112, 144, 176-178, 203-210, 213, 221), funziona alla grande per far montare la tensione, fino alla conclusone concitata e frenetica, ed evoca scenari appartenenti al mondo vittoriano, alle camere in cui si mosse Jane Eyre, descrivendo enormi saloni lussuosi e pareti drappeggiate e illuminate da lampade fioche, care alle storie in cui conta più il fattore psicologico rispetto alla logica e al rigore scientifico. Una pesante solennità, farcita di citazioni cinematografiche e letterarie (come non pensare agli alberi che avanzano e al Macbeth, leggendo le pp. 83-84?) e a volte inframmezzata da piacevoli intermezzi ironici (soprattutto quando è presente sul palcoscenico Mrs. Oates o ci viene presentato il capitano Bean), conferisce una certa irrealtà ai fatti raccontati; White ha provato ad equilibrare ancora una volta il pragmatismo del giallo all'inglese con la suggestione, ma stavolta non ci è riuscita in pieno: i fantasmi, infatti, non vengono mai scacciati del tutto, sebbene questo non abbia impedito a "Qualcuno ti Osserva" di diventare la materia perfetta per un film divenuto celeberrimo, "La Scala a Chiocciola" di Robert Siodmak, in cui (qui sì!) la detection e la suspense convivono all'unisono, sopperendo all'unico difetto del romanzo.

Per chiudere questa riflessione, mi soffermo su un altro paio di aspetti che rispecchiano l'equilibrio su cui giocano, al punto giusto, i conflitti dentro "Qualcuno ti Osserva". Innanzitutto, lo stile è molto simile a quello ambiguo impiegato dalle Regine del Brivido, con numerosi momenti a effetto e finali di capitoli in cui il lettore si trova a trattenere il fiato; pur risentendo della tradizione solida e caratteristica del romanzo vittoriano, dove il dettaglio e l'aderenza alla realtà erano molto spiccati. In secondo luogo, però, voglio sottolineare soprattutto come la duplicità di ambientazione, azioni dei personaggi e quanto altro, sia perfettamente rispecchiata anche nei temi trattati. Quello della disoccupazione e dell'impiego delle donne come manodopera al posto degli uomini, costretti a rinunciare a lavorare a causa del gentil sesso, si rivela dannoso per Helen, invece di essere un'opportunità per lei (pp. 7-8, 13, 20, 71-72, 250); quello del travestitismo (tematica scottante ancora ai giorni nostri, punto focale pure del racconto "The Unlocked Window"), costituisce un paradosso simile a un caleidoscopio, tanto esso prima suscita e poi placa i nostri sospetti sull'infermiera Barker (è un essere infelice oppure un'aguzzina?); quello del dualismo scienza contro fede (cap. 11, pp. 155-157) e della battaglia tra il punto di vista spirituale di Helen, attaccata al suo crocifisso in legno e convinta di essere protetta dalla Provvidenza, e quello materiale della famiglia Warren, cinica e disillusa. Entrambe queste convinzioni portano avanti una tesi suffragata da prove, e non stupisce come ancora una volta il conflitto tra esse non si risolva con una vittoria netta: se da una parte, infatti, le convinzioni del nucleo famigliare vedono una realizzazione nel piano dell'assassino, convinto di riuscire a manipolare i propri simili grazie agli impulsi biologici e chimici cui essi sono soggetti (pp. 103, 108, 161-162, 173-174, 184, 231, 248-250), dall'altra quegli stessi impulsi finiscono per decretare la sua sconfitta. Una perenne lotta, ecco cosa mette in scena "Qualcuno ti Osserva" e in generale l'opera di Ethel Lina White; forse un po' troppo forzata per riuscire a resistere alla prova del tempo, ma sicuramente utile per permetterle di variare e sperimentare, pur restando ancorata ad aspetti comuni nelle sue trame.

Ethel Lina White, nata nel 1876 e
morta nel 1944
Pur avendo goduto di un certo successo mentre era in vita, al giorno d'oggi non sappiamo granché sul conto di Ethel Lina White. Come ha osservato Mauro Boncompagni in un'introduzione a uno Speciale del Giallo Mondadori, su di lei esistono solo alcune menzioni sparse qua e là, citazioni stringate e un saggio molto breve in "20th Century Crime and Mystery Writers" (poi tolto dalle edizioni successive a quella del 1980). Per qualche tempo, addirittura, si è stati indecisi sulla sua vera data di nascita, la quale venne poi stabilita dal critico Jack Adrian all'anno 1876. Non stupisce, quindi, che tanti particolari sulla sua esistenza siano rimasti avvolti dal mistero. Di certo, White nacque ad Abergavenny, una cittadina antichissima del Galles meridionale, figlia di un inventore e della sua seconda moglie; visse prima in una casa a Frogmore Street (dove in seguito venne posta un targa commemorativa) e in seguito a Londra, e lavorò in città per qualche tempo al Ministero delle Pensioni; impiego che lasciò solo negli anni Venti, per dedicarsi completamente alla scrittura fino alla morte, avvenuta nel 1944. L'unico altro particolare sicuro sulla vita di Ethel Lina White, oltre ai romanzi di genere giallo e non che scrisse, è dato dal suo testamento: redatto in modo da lasciare alla sorella nubile (unica parente di cui si abbia conoscenza) tutto quanto possedeva, esso specificava una condizione davvero insolita affinché ella potesse acquisire i suoi averi; ovvero, che chiamasse un medico e gli ordinasse di trafiggere con un punteruolo il cuore della sua salma, per accertarsi che non ci fossero più tracce di vitalità. Una circostanza un po' macabra e agghiacciante, simile a quelle descritte nei suoi libri (a partire da "La Vittima è Presente") i quali, come abbiamo visto, pur forniti di elementi da detective novel si possono iscrivere al genere suspense e delle women in jeopardy.

Da essi possiamo ricavare altre informazioni sulla sua personalità; soprattutto se analizziamo i personaggi femminili, che risultano essere sempre molto ben sviluppati e di maggior peso rispetto alla controparte maschile del gruppo (cap. 1, pp. 92, 95, 130). Lady Warren è una donna impetuosa, inquietante ma franca, la quale domina dall'alto della sua stanza i piccoli uomini che si scontrano tra loro; Simone la tipica famme fatale viziata e capricciosa, ma dotata di determinazione e di una passione travolgente; Mrs. Oates è invece la matrona amorevole, la domestica perfetta che incarna l'ideale della cuoca di ogni romanzo, con l'ironica schiettezza e i piccoli vizi rappresentativi; la Barker un'individuo geloso, freddo e competente come ci si aspetterebbe da ogni infermiera diplomata. Helen Capel, infine, può essere considerata un alter ego dell'autrice, con la sua grande capacità inventiva (non solo dal punto di vista dell'immaginazione, ma anche da quello pratico) e una latente dedizione al dramma che ne avrebbe fatto un'ottima scrittrice; è spesso raffigurata come energica, pur in costante pericolo (ancora la duplicità cui accennavo sopra); è una persona che si impegna per guadagnarsi da vivere, che si oppone agli ostacoli che incontra e agli individui che tentano di metterla in difficoltà facendo affidamento sulle proprie risorse, in modo simile alla maestra di "The Third Eye", alla giornalista di "Delitto al Museo delle Cere", alla governante di "La Signora Scompare" e alla Viola di "Svanita nel Nulla". La stessa White probabilmente dovette far fronte alla necessità di sopravvivere con le sue sole forze: il censimento inglese del 1921 mostrava come le donne fossero un milione e tre quarti più degli uomini dopo la Grande Guerra, e questo fatto impediva loro di pensare a un futuro fatto di sicurezza finanziaria e matrimonio; quindi esse erano costrette a diventare infermiere o segretarie pur di sopravvivere. Ecco, anche Helen (come la stessa Ethel Lina) si trovò in una situazione simile, costretta a svolgere un'occupazione tediosa o precaria, a cui andavano aggiunti gli effetti nefasti della Depressione e, a volte, il dovere di sostenere congiunti di ogni tipo.

Questa simpatia che White nutrì verso i suoi personaggi femminili (spesso innamorati, ma non tratteggiati in modo troppo sdolcinato o con rapporti sentimentali invadenti) la rese una scrittrice apprezzata e avanti sui tempi, tanto più che così si dimostrava molto tollerante verso i costumi dell'epoca, i quali vedevano la figura della donna ancora come marginale all'interno della società e la figura dell'investigatore come un essere umano privo di particolari emozioni (ne sono un esempio "È Scomparso un Caro Ometto", storia di un uomo che finge la propria morte per truffare l'assicurazione, e "The Elephant Never Forgets", una sorta di spy story ambientata in Unione Sovietica). Lo sviluppo della relazione tra eroina e innamorato risulta tra gli elementi più ricorrenti nella sua opera, insieme al taglio cinematografico che ella seppe dare ad ognuno dei suoi libri. Non a caso, da "La Signora Scompare" e "Qualcuno ti Osserva" sono stati realizzati due film di successo, diretti rispettivamente che da Alfred Hitchcock (con titolo omonimo) e da Robert Siodmak (col titolo "La Scala a Chiocciola"); mentre dal suo "La Casa dell'Oscurità" fu scritta una co-sceneggiatura da Raymond Chandler e dal racconto "An Unlocked Window" furono tratte le basi per uno dei più memorabili episodi della serie "L'Ora di Hitchcock". Proprio quest'ultimo, grazie alla presenza di due infermiere, una finestra che non viene chiusa per la notte e una gran dose di brivido, può essere considerato come un tipico esempio della concezione di crime story che aveva questa insolita scrittrice, per la quale nutro una grande ammirazione ed affetto. Soprattutto con "Qualcuno ti Osserva", a mio parere White è riuscita a costruire una trama intrigante, farcita di colpi di scena dosati e di una tensione ipnotica. L'ambientazione è il punto più intrigante del romanzo, con la natura che sembra possedere vita propria e un'atmosfera da brividi. Anche se non ci troviamo di fronte a un vero giallo deduttivo, poiché i pochi indizi presentati non vengono poi sviluppati in modo da poter arrivare da soli alla soluzione, questa resta un'opera davvero notevole, che merita di essere conosciuta e di avere grande fortuna. Christine Poulson ha osservato che "se c'è qualcosa che Ethel Lina White conosceva, quello è la suspense"; io non posso che essere d'accordo con le sue parole, e sono convinto che la sua decisione di mettere insieme il tradizionale giallo all'inglese con la corrente delle women in jeopardy le abbia assicurato un posto di tutto rispetto all'interno della narrativa di genere. Forse le sue storie non sono perfetti meccanismi ad orologeria, ma di sicuro regalano il giusto brivido a chi voglia lasciarsi suggestionare, magari durante una notte di tempesta trascorsa alla luce fioca della lampada da lettura.

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