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venerdì 10 gennaio 2020

20 - "Un Piccolo Omicidio di Natale" ("Another Little Christmas Murder", 1947) di Lorna Nicholl Morgan

Copertina dell'edizione pubblicata
dalle Edizioni Lindau
Dopo l'enigma in "Quando l'Amore Uccide", i personaggi in "Natale con Delitto" e lo stile in "Sotto la Neve", eccoci giunti all'ultimo tra i punti che caratterizzano il "Christmas Murder Mystery": ovvero, l'ambientazione. Di tutti e quattro, questo è forse quello più debole, poiché necessita di essere affiancato ad almeno un altro elemento della narrativa gialla per poter esprimere al meglio il proprio potenziale. Infatti, non basta certo inventare una storia calata in uno scenario da sogno, come un'isola dei Caraibi o una casa isolata dalla neve nella campagna inglese, per evocare qualcosa di indimenticabile oppure originale e immergere chi legge all'interno della vicenda: pur costruendo suggestive rappresentazioni di luoghi immaginari, magari in parte prese in prestito da altri scrittori e sfruttate come punto di partenza per le loro trame, ciò non toglie che, se il resto non funziona perché i personaggi sono scialbi oppure si muovono in modo disordinato dentro un mistero insulso o narrato con uno stile troppo grezzo, allora sarà servita a ben poco un'attenta descrizione degli ambienti in cui la storia si svolge. Ultimamente, ad esempio, mi è capitato di leggere un thriller moderno, che è stato spacciato come "nella migliore tradizione del giallo alla Agatha Christie". All'apparenza, tutto faceva presagire che si trattasse di una lettura affascinante e di spessore; ma quando sono arrivato alla fine del libro, ho dovuto constatare che le premesse non erano state affatto mantenute, tanto da farmi rinunciare a scrivere una recensione. E non pensate che, tra i romanzi contemporanei, non ci sia ben più di qualche romanzo del mistero che merita l'attenzione degli appassionati di giallo classico! In questo caso specifico, però, il thriller è stato costruito più sul risalto che avrebbe dato il suo scenario e sulla psicologia, che sugli indizi messi a disposizione del lettore (come accade nella maggior parte delle volte); e su personaggi calati in una narrazione fatua e dalla coscienza fin troppo contorta, tanto da farli sembrare fantasmi inconsistenti invece di persone reali. L'unico elemento che si salvava era proprio l'ambientazione invernale di uno chalet di montagna, circondato dalla foresta innevata e silenziosa: ecco, quello sì che richiamava la tradizione di Agatha Christie, con luoghi affascinanti e misteriosi, ma non è certo stato abbastanza per compensare una storia dallo stile tanto moscio.

Il risultato restituito al lettore, quindi, a mio parere è stato quello di aver dato fin troppa importanza ai luoghi in cui si è svolta a vicenda, senza mettere loro accanto qualcosa d'altro a rinforzo e tralasciando il perfezionamento dell'indagine. Eppure sarebbe stato sufficiente un racconto più solido oppure un mistero maggiormente classico, mescolato ad essa, per rimediare a scivoloni grossolani e per dare vita a un mystery intrigante e, allo stesso tempo, di grande effetto scenico; come "Sotto la Neve" di Farjeon, dove il racconto e l'ambientazione riescono in parte a sopperire alla fragilità dell'enigma in fatto di fair play, oppure i thriller ideati da Ethel Lina White, in cui spesso il dualismo tra tradizione (nelle descrizioni dei luoghi) e modernità (nella trattazione del mistero) riesce a dare vita a storie in cui il lettore non può fare a meno di immergersi completamente. Un discorso simile a quello fatto per il thriller che ho preso ad esempio si potrebbe fare anche per il romanzo che recensisco oggi, nel quale lo scenario in cui si muovono i personaggi occupa una parte forse troppo larga della storia. All'interno di "Un Piccolo Omicidio di Natale" di Lorna Nicholl Morgan (Lindau, 2019), infatti, benché i luoghi appaiano vividi tanto quanto le persone che li popolano, con le loro stanze gelide e ostili e i lunghi corridoi minacciosi e oscuri che ricordano la tradizione delle Regine del Brivido americane oppure la stessa White, essi sembrano sostituirsi ai protagonisti e diventare loro stessi il cardine di una narrazione, di conseguenza, meno centrata e caratterizzata da toni melodrammatici davvero accentuati. In questo modo, purtroppo, soffermandosi su elementi di importanza secondaria, si perde un po' il vero fulcro di ogni romanzo giallo che si rispetti (l'enigma e il suo impatto sui personaggi); anche se, devo ammetterlo, "Un Piccolo Omicidio di Natale" ha riservato anche qualche sorpresa in positivo, riguardo alcuni temi e aspetti della trama.

Una grande casa isolata e immersa nella neve, simile a
Wintry Wold
La storia inizia presentandoci Dylis Hughes, un'entusiasta agente di commercio che sta viaggiando per lavoro in giro per uno Yorkshire abbondantemente innevato. Benché la sua auto non sia del tutto in sesto e le previsioni meteo abbiano annunciato un'imminente bufera di neve, infatti, la ragazza intende svolgere il proprio compito e raggiungere la vicina cittadina di Raggden, così da pubblicizzare i prodotti della ditta di cui è orgogliosamente socia e concludere qualche vendita vantaggiosa. Tuttavia, proprio mentre sta tentando di orientarsi nel bel mezzo del paesaggio candido e gelido, ecco che la temuta tempesta si abbatte sulla piccola auto e sulla sua passeggera, costringendole a bloccarsi sul ciglio dell'Harry's Hole (un pericoloso precipizio) e impedendo loro di arrivare a destinazione. Dylis ha imparato a non lasciarsi abbattere dalle avversità e, sebbene impensierita, si prepara a trascorrere la notte all'interno della sua automobile; quando l'arrivo tempestivo e fortunoso di un giovane di nome Inigo Brown sembra volgere la sorte in suo favore. Quest'ultimo, infatti, sta dirigendosi verso la villa dello zio, un ricco possidente delle vicinanze che vedrà per la prima volta nella sua vita, e si offre di condurre con sé la ragazza; tanto più che il vecchio signor Brown si è raccomandato con lui di portare a Wintry Wold anche un amico. Laggiù potrà attendere che il tempo si rassereni e le consenta di andare a cercare un carro attrezzi per l'auto impantanata, e nel frattempo trascorrere del tempo con lui e i suoi parenti.

Benché dubbiosa, Dylis decide di accettare l'offerta di Inigo e i due, a bordo della potente automobile di quest'ultimo, raggiungono Wintry Wold. L'enorme edificio, immerso nella luce del crepuscolo calante e del bianco manto della neve, appare simile a un animale addormentato, ma all'erta e pronto a difendersi dalle offensive dei visitatori indesiderati; un po' come la donna che viene ad aprire loro la porta, la quale asserisce di essere la moglie del padrone di casa, Theresa Brown. Allo stesso modo dei domestici (due individui dall'aspetto poco professionale e ancor meno rassicurante) e le altre persone presenti alla villa (un ubriacone di nome Carpenter e un paio di autisti rimasti in panne col loro camion), anche lei dà una strana impressione in Inigo e Dylis: tutti sembrano sul chi vive, per motivi diversi, ma soprattutto Theresa, la quale pare più che intenzionata ad impedire ai due giovani di incontrare il vecchio signor Brown, il quale è costretto a letto da una misteriosa malattia. In breve tempo, altri viaggiatori (un entusiasta salutista, Mr. Howe, e il suo segretario Mr. Raddle, il giornalista Charlie Best e uno strano signore dall'aria distinta di nome Ashley) si aggiungono ai rifugiati di Wintry Wold per scampare alla bufera di neve che imperversa sulla campagna inglese; finché, mentre l'affabilità di Theresa stride sempre più con un curioso atteggiamento scostante e misterioso, la morte verrà a visitare la casa. E se il decesso sembra non riservare alcuna stranezza, tuttavia la scomparsa di alcuni residenti e rumori misteriosi fuori dalla sua porta e lungo gli oscuri corridoi, mescolati al suo naturale atteggiamento risoluto, porteranno Dylis ad intraprendere un'indagine personale e a tentare di capire cosa si cela davvero dietro le facce ipocrite e gli strani comportamenti degli abitanti di Wintry Wold, prima che si verifichi un "piccolo omicidio" in occasione dell'imminente Natale.

Una scala misteriosa...
"Un Piccolo Omicidio di Natale" appartiene a quella folta schiera di romanzi gialli classici che, in Inghilterra, hanno potuto rivedere la luce in seguito a un lungo periodo di trascuratezza, grazie al successo arriso alla ripubblicazione di "Sotto la Neve" di J. Jefferson Farjeon. Dopo la straordinaria scalata di questo titolo alla top ten dei bestsellers nel 2014, infatti, molti editori hanno seguito l'esempio della British Library Crime Classics e, in occasione delle feste natalizie, producono ogni anno almeno un rinomato (dagli appassionati) titolo a tema; un po' come accadeva con il "Christie di Natale", quando Agatha era ancora viva. In Italia, per qualche tempo, lo ha fatto Polillo, e adesso questa consuetudine è stata raccolta da Lindau, il quale ha dato rispettivamente alle stampe "Natale con Delitto" di Mavis Doriel Hay, "Morte nella Neve" di Farjeon (ritraduzione del titolo qui sopra) e proprio il romanzo che recensisco oggi. Tuttavia l'autrice di quest'ultimo, Lorna Nicholl Morgan, rientra nel novero degli scrittori di mysteries tradizionali che non hanno saputo costruirsi una certa fama neppure tra gli appassionati: a differenza di Farjeon, il quale fu molto apprezzato mentre era in vita, lei non ha lasciato segni inconfondibili del suo passaggio all'interno del genere, in modo simile a H.H. Stanners (il cui "Com'è Morto il Baronetto?" ha rivisto la luce soltanto nel nostro Paese, appena un anno fa). E se, nel caso di Stanners, io non sono riuscito a capire perché il suo libro non sia stato riscoperto prima, dopo aver letto "Un Piccolo Omicidio di Natale" credo di poter immaginare le cause per cui l'opera di Morgan non abbia resistito adeguatamente alla prova del tempo.

Pubblicato per la prima volta nel 1947 come "Another Little Murder", questo giallo mi ha infatti dato l'impressione di essere un po' troppo fuori fuoco, per diversi motivi: primo tra tutti, la decisione di aggiungere al titolo la parola "Christmas/Natale" alle rispettive edizioni inglese ed italiana. Se è vero che l'atmosfera generale del libro rimanda al periodo delle feste di fine anno, con tanto di neve in abbondanza e misteri da svelare in gelidi scenari da cartolina natalizia, è pur vero che manca del tutto la presenza di alberi decorati, gaudenti propositi nell'organizzare cene allegre e quei giochi o scenette teatrali che spesso si accompagnano a questa occasione. Capisco che intitolare questo romanzo "Un Piccolo Omicidio Invernale" avrebbe forse fatto meno presa sui lettori; però non trovo nemmeno giusto imbrogliare chi lo compra. In ogni caso, comunque, personalmente questa critica reca meno importanza rispetto ad altre (sapevo già che il Natale non era argomento principale di questo giallo, quindi non ho avuto alcuna sorpresa in questo senso). Tutt'altro discorso, però, riguarda il suo contenuto. Infatti, se per alcuni elementi esso si avvicina a quello di "Sotto la Neve", con un enigma e un racconto in cui contano più le emozioni della complessità e dell'accuratezza dell'indagine, rispetto al tipo del giallo natalizio imperniato sul puro mistero (come "Il Natale di Poirot" oppure "Natale con Delitto"), d'altra parte ho avuto la sensazione che il soggetto di "Un Piccolo Omicidio di Natale" non si possa nemmeno accostare del tutto a quello del libro di Farjeon. Mi spiego meglio.

Quest'ultimo, secondo me, è stato impostato in modo strettamente "inglese", con suggestioni di intimità legate al periodo vittoriano, e ha fatto dell'evocazione di un clima da fiaba il proprio punto focale; mentre il mystery di Morgan assomiglia più al genere di romanzo del mistero che è stato portato alla ribalta dalle Regine del Brivido americane; nella maggior parte dei casi molto buono, per carità, ma pur sempre segnato da accentuali elementi di suspense a discapito del caso. L'impressione finale che ho percepito dalla lettura di "Un Piccolo Omicidio di Natale", dunque, è stata di mettere insieme, in modo un po' goffo e impreciso, caratteri del giallo tradizionale con molti altri di impronta americana; col risultato di creare una sorta di thriller ingentilito, contraddistinto da uno spiccato senso del melodramma e da una protagonista femminile molto risoluta (a differenza della classica woman in jeopardy), in cui si vuole far coesistere un dualismo "alla White" ma senza riuscirci. A differenza dell'uso che se ne fa nella narrazione di White, infatti, in questo libro gli elementi del giallo di suspense sono molto più accentuati e l'effetto che se ne ricava è quello di dare vita a un racconto che si potrebbe definire "freddo" e affilato; nel quale l'atmosfera non è più quella "calda", familiare e intima di salotti confortevoli e il clima tutto sommato disteso, suggestivo e privo di bruschi sbalzi, ma piuttosto ostile verso i personaggi e fin troppo algido, in cui il brivido non manca in tutti i sensi. Personalmente preferisco il taglio adottato da Farjeon a quello di Morgan, ma probabilmente chi va matto per il mystery da brivido trarrà soddisfazione da questo libro.

Copertina della recente edizione
pubblicata da Sphere, in Inghilterra
Perciò, dato questo lungo discorso in gran parte negativo, leggere "Un Piccolo Omicidio di Natale" si è rivelato una totale perdita di tempo? Affatto. Tenuto conto delle imprecisioni innegabili dell'enigma e della sua storia un po' banale, infatti, non si può certo nascondere il fatto che questo romanzo abbia riservato anche qualche sorpresa in positivo. Non fatevi ingannare dal fatto che esso sia stato ripubblicato per la prima volta solo dopo sessant'anni o che in pochi conoscessero la sua autrice: ciò non è dovuto del tutto alla sua inesperienza o alla povertà intrinseca della sua opera, ma pure dal fatto che di lei non si conosce quasi nulla. Come era stato per H.H. Stanners, infatti, di Lorna Nicholl Morgan si sa soltanto che fu una scrittrice di gialli degli anni '40 e che pubblicò, nell'arco di quattro anni, altrettanti volumi: "Murder in Devils' Hollow" (1944); "Talking of Murder" (1945), in cui il membro di un esclusivo club muore alla vigilia di Capodanno; "The Death Box" (1946), dove la vicenda è incentrata su di un corpo rinvenuto all'interno di una scatola e sulla scomparsa di una giovane signora; e "Un Piccolo Omicidio di Natale" (1947). Un vero peccato che le notizie sul suo conto siano tutte qui. Ma siccome non mi va di liquidare troppo in fretta l'elusiva figura di questa scrittrice, dopo i suoi sforzi per imporsi al mondo, vorrei intraprendere una sorta di indagine, alla maniera di quella fatta per Stanners, e provare a ricavare dalle informazioni contenute nel suo libro (l'unico da me letto finora) qualche elemento della sua personalità.

Per iniziare, prenderei in esame i personaggi, ritratti con una certa dose di asetticità ma dotati di un netto carattere e tratteggiati con attenzione, oltre ad essere molto vari. Tra tutti, mi hanno colpito soprattutto Ashley (col suo particolare metodo di "indagine", pp. 112-115, 177, 181), Howe e Raddle, a causa delle loro sciocche manie salutiste, e ovviamente Dylis. Ognuno di loro potrebbe lasciar trapelare un pezzetto della loro creatrice e dare l'idea di come fosse: discreta, forse interessata alle malattie e i loro rimedi salutisti, ma soprattutto forte, determinata, intelligente ed entusiasta come la protagonista (pp. 7-12, 18, 66, 99, 132, 145, 156, 176-177, 180), dotata di un forte ottimismo e dalla personalità spiccata, la quale viene esaltata nel trio di caratteri centrale nel romanzo, costituito assieme a quelli di Inigo e Theresa. Con quest'ultima viene messo in scena un forte contrasto: una è fatua, capricciosa, un po' inconsistente; l'altra, invece, è indipendente, coraggiosa (a volte fin troppo) e curiosa. Inoltre Dylis ha intrapreso una carriera (quella del commesso viaggiatore) che spesso viene ricollegata agli uomini, dando prova della sua voglia di osare e di mettersi in gioco per sovvertire i ruoli (devo ammettere, insomma, che in questa scelta ho visto un po' di femminismo, da parte di Morgan). Ma non solo; oltre alla sua passione per le cure e le diete naturali (pp. 45-47, 49-54, 56, 74-75, 94-96, 115, 128-129, 158, 186-189, 263-266), insolita all'interno della letteratura del mistero della Golden Age (anche se bisogna ricordarsi del detective salutista di Victor Whitechurch, Thorpe Hazell), l'autrice si è distinta in questo romanzo per aver inserito un tema scottante per il tempo: ovvero, quello della pornografia! Si tratta di un elemento curioso, che dimostra come lei intendesse mettersi alla prova grazie ai suoi libri e avesse deciso di sfruttare la rigidità delle leggi britanniche a riguardo, per costruire il proprio mistero. Mistero che, per qualche vago cenno, assomiglia a quello di "Trappola per Topi", dove un gruppo di estranei si ritrova bloccato in un luogo chiuso e deve convivere con il timore di essere ucciso nel sonno da uno degli altri viaggiatori. Stavolta, però, il caso viene lasciato andare senza grande attenzione ai particolari e risulta banale; probabilmente nemmeno Morgan credeva fino in fondo alla storia che stava scrivendo, la quale appare come un qualcosa di già visto, desolata e senza quel mordente caratteristico dei capolavori del giallo. Tuttavia, la resa dell'atmosfera (pp. 28-30, 34, 36-42, 47-50, 52-59, 96-98, 108-110, 120-125, 131-136, 142-143, ma non solo), con sinistri passi lungo i corridoi, i rumori scricchiolanti della casa e le presenze spettrali, genera un piacevole senso di brivido lungo la schiena, che monta mano a mano mentre passa il tempo; fino al momento in cui il sospetto diventa insopportabile e la tensione si spezza (cap. 13).

Una cosa, dunque, è certa: Morgan sapeva scrivere in modo da catturare i sensi del lettore e suscitare suggestione, grazie a uno stile ricco di humor (esempio pp. 105-107), dove il divertimento si mescola a un potente tono melodrammatico e sinistro (in questo è molto simile a quello di Farjeon in "Sotto la Neve"), e a un senso dell'ambientazione che rende perfettamente l'aura minacciosa dell'antica dimora in cui Dylis e gli altri viaggiatori sono capitati e il pericolo costituito dalla bufera di neve (simile a quello corso dall'Inghilterra e dall'Europa tra la fine del 1946 e il 1947, pp. 8-12, 21-22, 32-33, 41, 61, 63-67, 79-80, 129, 243). In conclusione, dunque, "Un Piccolo Omicidio di Natale" è risultato un po' più debole rispetto ad altri letti durante queste feste di Natale; però non mi ha deluso. Mi aspettavo una storia giocata sul fascino e la suggestione da brivido, benché con un enigma più articolato, ed è ciò che, tutto sommato, ho trovato: una lettura simpatica e per certi versi sorprendente, da riservare per i momenti in cui si è al caldo, sotto le coperte. Sono curioso di leggere altro di Lorna Nicholl Morgan, per vedere se il giudizio complessivo sull'opera può migliorare; chissà che non ci si riesca in futuro.

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