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venerdì 20 dicembre 2019

18 - "Natale con Delitto" ("The Santa Klaus Murder", 1936) di Mavis Doriel Hay

Copertina dell'edizione pubblicata dalle
Edizioni Lindau
Tra le collane sulla classica crime story in lingua inglese, la British Library Crime Classics occupa un ruolo di primo piano; non solo perché presenta agli appassionati un nuovo romanzo circa ogni mese, ma anche per il merito di aver dato inizio alla riscoperta di un genere che, da qualche tempo, era stato trascurato in favore di altri. Come in Italia abbiamo avuto Polillo Editore (che mi auguro riprenderà a sfornare nuovi gialli in collaborazione con un nuovo ed entusiasta gruppo editoriale) a dare l'esempio a Lindau e Le Assassine, così la BLCC ha fatto lo stesso con Dean Street Press e altri marchi britannici, tracciando una strada nuova che, per quanto riguarda la pubblicazione di fiction, si diversifica dalle tendenze che oggigiorno vanno per la maggiore e soddisfa l'appetito di lettori affezionati ad autori come Agatha Christie e Dorothy L. Sayers. Fino ad oggi la collana, che si appresta a continuare la sua opera per molto tempo ancora, ha dato alle stampe 76 libri, tra romanzi e raccolte di racconti curate da Martin Edwards; una decina dei quali mi sono già procurato, poiché hanno saputo incuriosirmi e sarà molto difficile vedere una loro traduzione italiana. "Portrait of a Murderer" di Anne Meredith, ad esempio, è una suggestiva inverted story e si sa che questo tipo di romanzo, in cui il colpevole è chiaro sin dai primi capitoli, può risultare meno appetibile al lettore comune e quindi, al di fuori di Polillo, difficilmente essere preso in considerazione per una pubblicazione in Italia; e un discorso simile vale per "It Walks by Night" di John Dickson Carr, intrigante romanzo pubblicato molti anni fa da Mondadori in una versione tagliatissima, intitolata "Il Mostro del Plenilunio", che potremmo non rivedere mai più nel nostro Paese, a causa di problemi di diritti d'autore.

Tra gli altri, ero intenzionato ad aggiungere alla lista anche il delizioso "The Santa Klaus Murder" di Mavis Doriel Hay, quando Lindau mi ha piacevolmente stupito e lo ha tradotto col titolo di "Natale con Delitto" (Lindau, 2017). Proprio questo romanzo sarà l'oggetto della recensione di oggi, poiché non solo racconta una gradevole storia in tema con il periodo natalizio e le feste imminenti, che merita di essere conosciuta, ma si presta benissimo anche a rappresentare uno degli elementi che caratterizzano il "Christmas Murder Mystery", come "Quando l'Amore Uccide" di Nicholas Blake e i due libri che seguiranno questo post. Se il giallo di Blake era focalizzato su di un complesso enigma psicologico e sulle riflessioni etiche che da esso potevano scaturire, stavolta il fulcro della narrazione ruota attorno ai suoi protagonisti e ai comuni conflitti che nascono di volta in volta tra i membri di un nucleo familiare vecchio stampo, con tanto di capofamiglia, figli, cognati e amici vari al seguito. I personaggi, i quali agiscono nel consueto spazio chiuso di una casa di campagna mezza isolata dalla bufera, popolano dunque una vicenda più convenzionale, nella quale avviene un omicidio tipico della classica crime story, ma certo non banale: infatti, sebbene anche qui la psicologia occupi un posto di rilievo nella soluzione del mistero, tuttavia l’apparente semplicità del caso evoca la sensazione di essere immersi in una di quelle deliziose letture in cui i rapporti tra membri della stessa famiglia e amici, costretti a convivere insieme e con una personalità spiccata, sono caratterizzati da piccole e stuzzicanti gelosie interne; letture in cui traspare l'autentica anima della detective novel del periodo tra le due guerre, la quale aveva il principale scopo di far trascorrere al lettore qualche ora di spensieratezza e divertimento.

Cartolina natalizia dalla quale si è preso spunto
per la copertina italiana di "Natale con Delitto"
La storia si svolge quasi tutta a Flaxmere, la dimora avita della famiglia Melbury. Lì, nei giorni che precedono il Natale, il parentado al completo si riunisce all'anziano patriarca Osmond, alla sua segretaria e alla figlia più giovane Jennifer per celebrare in allegria la tradizionale festa con i congiunti: gli altri eredi del vecchio (George con consorte e figli, la vedova Hilda con la figlia Carol, Eleanor con il marito Gordon e prole al seguito, Edith con lo scontroso David), la vecchia zia Mildred col suo carattere pungente, l'attore Philip Cheriton, il posato Oliver Witcombe e servitù assortita, tra cui l'autista Bingham e il maggiordomo Parkins. Dietro la facciata di gioia che tutti quanti ostentano in occasione del Natale in comunione, tuttavia, si celano forti rancori, paure e gelosie che accrescono la tensione che già si respirava a Flaxmere ancor prima che tutti fossero arrivati a destinazione: Jennifer, infatti, desidererebbe lasciare definitivamente la casa del padre per farsi una vita propria e poter sposare il proprio amato, Cheriton; eppure Osmond Melbury si oppone con tutte le sue forze e minaccia di lasciarla senza alcuna dote. A ciò, va aggiunta la fredda accoglienza che Edith, Eleanor, Hilda e George ricevono una volta giunti a Flaxmere. La prima, infatti, viene ancora una volta accusata di essere incapace di mettere al mondo la prole che il vecchio si aspetterebbe da lei; la seconda, pur avendo sposato un uomo di rango adeguato secondo il volere del padre, viene accusata di essere incapace di frenare il temperamento bonario di quest'ultimo, imbarazzante in occasioni mondane; alla terza, invece, poiché ha disobbedito ad Osmond in modo plateale, sposando un artista che poco dopo l'ha lasciata vedova e con una figlia da crescere, viene rinfacciata la propria sconsiderata audacia; per non parlare di George, considerato alla stregua di uno sciocco incapace.

Come se tutto ciò non bastasse, inoltre, la presenza in casa di un'avvenente segretaria, Miss Portisham, non passa certo inosservata e contribuisce ad esasperare gli animi degli eredi, rimescolando le carte su chi sarà il fortunato prescelto a ricevere il grosso dell'enorme eredità che il vecchio si appresta a stabilire, proprio in occasione della riunione di famiglia per le feste. Insomma, non si preannuncia una bella settimana per i Melbury, costretti a fare buon viso a cattivo gioco e ad assecondare il vecchio Osmond per non rischiare di essere esclusi dal testamento; soprattutto quando quest'ultimo decide di voler mettere in scena una recita per i bambini, con tanto di Santa Klaus a distribuire i regali. Una bella seccatura, questa sceneggiata; che si trasformerà in tragedia quando, in seguito all'apparizione di Babbo Natale, lo stesso Osmond verrà trovato morto nel suo studio. La faccenda appare chiara fin da subito: a commettere il delitto può essere stato solo qualcuno che si è introdotto nella stanza per vie traverse, magari travestito per non essere riconosciuto; e chi meglio di Santa Klaus, impegnato a movimentare il teatrino inscenato per intrattenere i piccoli di casa, avrebbe avuto l'occasione per farlo? Eppure il colonnello Halstock, incaricato di condurre le indagini, capisce che qualcosa non va per il verso giusto: i numerosi indizi che iniziano ad essere raccolti sembrano suggerire che la soluzione sia ben diversa da quella ipotizzata, con un finestra aperta sul freddo dell'inverno e una fuga precipitosa che suggerisce la presenza di un estraneo sul luogo della tragedia. Toccherà indagare molto più a fondo, intorno alla strana sparizione di un costume da Babbo Natale e di un testamento ambiguo, prima di riuscire a fare luce sul mistero. Cosa che avverrà anche grazie all'aiuto di Kenneth Stour, attore col pallino per le indagini e con una cotta per la tranquilla Edith Melbury.

Mappa di Flaxmere in inglese
Mi rendo conto che, da come viene descritto nell'introduzione qui sopra, "Natale con Delitto" appaia molto simile a "Quando l'Amore Uccide" di Nicholas Blake. In entrambi i casi, infatti, l'enigma all'interno del racconto si basa sul fattore psicologico del carattere dei personaggi ed evolve in base agli indizi che, più o meno allo stesso modo, emergono dall'analisi di quest'ultimo. In un certo senso, questo è vero, visto che tutti e due i libri danno molta importanza al sentimento e alle emozioni manifestate dai personaggi: Blake si concentra sulle pulsioni nascoste dell'animo umano, sulle esplosioni suscitate e sulle ferite inferte dai violenti contrasti tra gli individui e sulla forza di volontà che anima ognuno di noi, nel bene e nel male; mentre in "Natale con Delitto" la bellezza della storia sta nel riuscire a calarci nei pensieri di tutti quanti, prima uno e poi l'altro, così da riuscire a farci un'idea generale di come evolverà la situazione e del clima di tensione che aleggia durante le fatidiche feste di Natale a Flaxmere, quando Osmond Melbury viene assassinato. Eppure, la trattazione psicanalitica della faccenda mi è sembrata decisamente diversa in ognuno dei romanzi, benché entrambi siano del 1936: infatti, se Blake sfrutta il suo complesso caso di omicidio per trattare in modo enfatico temi etici come quello della vendetta e quello della giustizia, ed indagare come la coscienza degli attori sulla scena si possa intersecare a un enigma, nel suo libro Hay fa invece un discorso molto più leggero e attinente alla tradizione, con un'indagine imperniata sulla trattazione classica dell'enigma sullo stile di Haynes in "Chi ha Ucciso Charmian Karslake?". In parole povere, sebbene gli ospiti di Flaxmere provino senza alcun dubbio le stesse forti emozioni degli abitanti di Dower House, ho avuto l'impressione che il fattore "introspettivo" dell'indagine sia stato sondato soltanto fino a un certo punto, senza sconfinare nel giallo psicologico che negli anni '30 stava iniziando a prendere piede.

L'enigma in sé, ad esempio, tratta di uno di quei convenzionali casi che si ritrovano spesso all'interno della crime story della Golden Age, dove il patriarca di una famiglia numerosa oppure un individuo che esercita un forte potere su alcuni subordinati viene ammazzato (cap. 1 e pp. 55-64): la scoperta del colpevole viene perseguita attraverso una ricerca di tipo "attivo", grazie all'utilizzo di molti indizi materiali come guanti, peli, foglietti, sopracciglia, impronte su macchine da scrivere e davanzali; alla quale tuttavia si combina un'attenta analisi dei rapporti tra membri della stessa famiglia Melbury oppure con i loro congiunti, dove Halstock si ingegna per capire quali siano le fonti di odio, invidia ed egoismo che lambiscono quelle terre inesplorate che sono per lui i caratteri più profondi dei protagonisti (cap. 1, pp. 10, 31, 37, 40-41, 44, 51-52, 57, 60, 70, 81-82, 88-94, 146, 239). Sebbene lui conosca da molto tempo i Melbury come amico di lunga data, di punto in bianco si ritrova a dover trattare ognuno di loro da un punto di vista professionale e ciò gli permette di notare come alcuni covino emozioni sotterranee che fino a quel momento non aveva compreso appieno. Si tratta pure in questo caso di importanti indizi, alla pari di quelli che è riuscito a ricavare dai sopralluoghi in giro per Flaxmere; e lui ne è consapevole, tanto da impegnarsi ad interrogare più volte la stessa persona per riuscire a scoprire cosa si celi sotto la maschera superficiale che ogni personaggio indossa (pp. 14-21, 44-45, 63, 131-138); ma in questo caso l'interesse per lo svelamento degli impulsi nascosti non serba alcun sottinteso melodrammatico o troppo calcato, poiché le sensazioni (pp. 265-266) conservano un'interesse limitato al caso in sé, senza la pretesa di voler sfruttare l'enigma e il rapporto tra i personaggi per fare discorsi seriosi sulla morale o indagare implicazioni elevate su tematiche importanti, come invece era stato il fine di Blake nel suo giallo.

A differenza di quanto accade in "Quando l'Amore Uccide", Hay mette in scena una vicenda più ridimensionata, dove il mistero viene considerato come un corollario dei personaggi (non il contrario) ed esso risulta privo di lirismo o ambizione a trattare argomenti complessi come la vendetta o l'elargizione di un qualche tipo di giustizia; semplicemente, nel suo romanzo giallo la psicologia viene sfruttata per giustificare il comportamento dei personaggi e dare loro moventi per cui agire, senza essere impiegata per esplorare a fondo la coscienza dell'individuo, con il fine di narrare una consueta storia di delitto famigliare, senza strafare e facendo il giusto per intrattenere il lettore (ne è un sintomo anche il fatto di aver raccolto, nelle pagine finali, una sorta di cluefinder, tabella che indica quali sono i passaggi indispensabili per comprendere chi sia l'assassino, usata anche da J.J Connington e Charles Daly King). Insomma, "Natale con Delitto" si potrebbe collocare in uno stadio intermedio tra il giallo tradizionale e quello psicologico; poiché nelle intenzioni assomiglia a "Chi ha Ucciso Charmian Karslake?" di Annie Haynes, sebbene Hay faccia un passo avanti nel tratteggio dei protagonisti della sua storia: rispetto ad allora, infatti, il suo stile a più voci, orientato comunque al passato e al giallo della Golden Age e mescolato a un certo gusto per il pettegolezzo (pp. 58-59, 215), che aiuta a seminare cattiveria (pp. 247-248, 270-272, 284) e ad esaltare istinti nascosti, affianca il tipo di indagine più "attiva" dell'ispettore Rousdon e risulta utile per delineare meglio ogni individuo dal punto di vista della psicologia (interesse che non era presente nel romanzo di Haynes), pur tenendo allo stesso tempo le distanze dal giallo psicanalitico di Blake.

Copertina dell'edizione inglese di "Natale
con Delitto", pubblicata dalla BLCC
La narrativa del mistero di Mavis Doriel Hay ha riottenuto una certa fama dopo che la British Library Crime Classics ha ripubblicato i suoi gialli. Fino ad pochi anni fa, infatti, poche persone si ricordavano dei libri di narrativa scritti da questa autrice, tanto che anche la sua biografia in terza di copertina dell'edizione italiana si limita a cinque righe stringate. In realtà, si conosce qualcosa di più su di essa (anche se non sono riuscito a trovare una sua fotografia). Mavis Doriel Hay nacque a Potters Bar, una cittadina del Middlesex, nel 1894. Dopo aver vissuto nei primi anni della sua vita a nord di Londra e aver frequentato il St. Hilda’s College di Oxford, nello stesso periodo in cui Dorothy L. Sayers si trovava a studiare al vicino Somerville College, divenne un’esperta di artigianato rurale: prima di assumere, una volta rinunciato alla narrativa, il ruolo di ricercatrice presso il Rural Industries Bureau ed incoraggiare le industrie artigianali in aree svantaggiate (si diceva che avesse tanti agganci vantaggiosi da poter organizzare conferenze addirittura nelle case dell'aristocrazia), condusse infatti numerose ricerche in questo ambito e pubblicò diversi libri per esporre le sue conclusioni, tra cui "Rural Industries of England and Wales", per il quale collaborò con Helen Elizabeth Fitzrandolph. Nel 1929 sposò proprio il fratello di Helen, Archibald Menzies, membro della RAF che morì in un incidente aereo nel 1943, durante la seconda guerra mondiale. Fu questa una delle tragedie che segnarono tristemente l'esistenza di Mavis: il più giovane dei suoi fratelli fu ucciso quando il suo aeroplano Tiger Moth si schiantò nella giungla Malese nel 1939, un altro affondò con la sua nave durante la Battaglia dello Jutland nel 1916, all'età di 19 anni, mentre nel 1940 un terzo fratello perse la vita lavorando nella famigerata linea ferroviaria Thailandia-Burma, dopo essere stato catturato dai giapponesi. Nel 1979, l’autrice si spense nel villaggio di Box, nel Gloucestershire, dove aveva risieduto per gran parte della sua vita da adulta; prima di allora, tuttavia, fra il 1934 ed il 1936 scrisse tre romanzi gialli che furono enormemente apprezzati sia dal pubblico che dalla critica: "Murder Underground" (1934), "Death on the Cherwell" (1935) e “Natale con Delitto". Ognuno di essi rientra nel canone del giallo tradizionale della Golden Age, con un'interesse particolare per la psicologia: sono convito che lei preferisse il classico schema della crime novel del dopoguerra in cui lo stile e l'enigma, con tanto di deliziosi e astuti depistaggi e l'eleganza caratteristica dei romanzi di un tempo, sono i punti forti (pp. 95-98, 100-102, 109-110, 182-186, cap. 20).

Molti sono gli elementi che si rifanno a questo tipo di fiction: l'abituale famiglia riunita per le feste di Natale in un'ambientazione sufficientemente d'atmosfera (p. 267), la casa isolata, un anziano scorbutico che ha deciso di cambiare il proprio testamento (pp. 152-153), la mappa dettagliata della scena del crimine, il sovrintendente determinato ma garbato che viene affiancato al detective dilettante, la presenza di indizi materiali da incastrare nel mosaico dell'indagine (come un frammento di carta con alcuni calcoli sull'eredità), un certo classismo che emerge dai discorsi dei personaggi (pp. 20, 41, 50-51, 66-67, 118-119, 254) e il rispetto della tradizione (pp. 73-73). Il racconto della storia nei primi e ultimi capitoli, descritti secondo il punto di vista di alcuni dei protagonisti come era avvenuto in "La Pietra di Luna" di Wilkie Collins, assieme alla presenza di numerosi tipi di testo diversi, riesce a dare una visione del delitto diversa dal solito, e al tempo stesso consente agli attori sulla scena di rivelare meglio, attraverso la funzione della scrittura come mezzo di indagine (pp. 137-139, 145-146), la propria personalità, nel caso in cui omettano di volta in volta alcuni aspetti della vicenda. Qualcosa di simile ha fatto anche Agatha Christie nel suo "Il Natale di Poirot". Ogni membro del gruppo ha un movente per il delitto e, sebbene all'inizio si faccia fatica a star dietro alla grande quantità di sorelle e declinazioni dei loro nomi (Edith-Ditte-Lady Evershot, ad esempio), riesce a conservare una propria personalità che nel corso della storia si fa sempre più marcata. A spiccare tra gli opportunisti e i sospettati, sono soprattutto le figure di Ashmore, l'autista (pp. 27, 243-245, 266-267); di Jennifer (pp. 47-48, 59, 65, 241-242, 227-239), Hilda (pp. 30-34, 285), Edith (capp. 1, 3-5, 7, 15), le figlie di Osmond; di Carol (capp. 1-3, 12-13, 17, 19-20), la figlia di Hilda; e di David Evershot (13, 59-64, 110-114, 196-197, 199, 201-202 285), il marito di Edith. Ognuno di loro dipinge un complesso ritratto che rimanda a uomini e donne vissuti molti anni fa, ma in qualche modo attuali: le difficoltà di Hilda e Ashmore di tirare avanti e prendersi cura della propria famiglia; la prigionia di Jennifer e Carol in una società in cui le donne non riescono ancora a provvedere a se stesse; le pressioni di Edith nel sostenere David e l'invalidità psicologica di quest'ultimo; tutto ciò mi ha profondamente commosso. È nei piccoli personaggi che emerge l'abilità di Hay nel tessere le sue trame, piene di colpi di scena, stratagemmi e bugie ben nascoste. Il tutto, inoltre, viene descritto con grazia e chiarezza, che rendono questo romanzo molto gradevole e ironico. Non bisogna dimenticare che Hay era ancora alle prime armi, quando decise di dedicarsi al romanzo giallo; quindi, se anche potremmo notare qualche imperfezione (come il copioso numero di sospettati oppure una certa ingenuità nella soluzione del caso), penso che esse siano perdonabili al netto del risultato. Tutto l'insieme riesce a dare vita a un libro originale, che soddisfa le aspettative del lettore e lo accompagna durante il periodo del Natale, dimostrando ancora una volta che, anche in occasioni del genere, il delitto e la gelosia non sono mai bandite del tutto.

P.S. Questo è l'ultimo post prima di Natale, quindi approfitto per farvi tantissimi auguri. Spero che possiate passare delle buone feste felici e dedicarvi a molte nuove letture!

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