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venerdì 11 giugno 2021

74 - "Panico" ("Panic", 1944) di Helen McCloy

Copertina dell'edizione pubblicata dalla
Polillo Editore
Tra i romanzi gialli classici che preferisco, di sicuro figurano quelli ambientati in luoghi impervi e isolati da qualche circostanza più o meno accidentale. Non per niente, infatti, ho già recensito positivamente titoli come "Qualcuno ti Osserva" di Ethel Lina White (la cui trama si svolge nel corso di una sola lunga notte di terrore, all'interno di una casa al confine tra il Galles e l'Inghilterra, tagliata fuori dalla civiltà da una furibonda tempesta notturna) oppure "Il Gatto e il Topo" di Christianna Brand, nel quale una ragazza si ritrova a combattere contro tutti quanti per dimostrare come, dentro a una dimora di montagna, venga celata una giovane donna. A ben guardare, in realtà, dovrei dire che prediligo particolarmente quelle storie che appartengono al sottogenere perlopiù americano delle woman in jeopardy, dove esponenti del gentil sesso si ritrovano a incorrere in ogni sorta di pericolo, minacciate da loschi individui oppure da complotti orditi contro di loro; in questo genere di racconti, infatti, è più probabile trovare atmosfere sinistre e claustrofobiche. Eppure, sono fin troppo consapevole del fatto che, in queste vicende, l'elemento dell'enigma puro venga spesso trascurato proprio per esacerbare ed evidenziare il "brivido lungo la schiena" da far provare al/alla lettore/lettrice di turno, con la conseguenza che ciò che rimane, una volta terminata la lettura, è una mera sensazione di scombussolamento emotivo estraneo alla soluzione più o meno logica del mistero. Pertanto mi concedo di divorare questo tipo di libri soltanto di tanto in tanto, nonostante mi piacciano moltissimo, dal momento che non vorrei finire per annoiarmi per la scarsa variazione su un tema trito e ritrito.

Detto ciò, ogni tanto capita di imbattersi in qualche mystery capace di mettere insieme un'ottima atmosfera da incubo, claustrofobica in più sensi, e un'enigma di prim'ordine corredato da un abile fair play e da un contesto solido, capace di resistere al passare del tempo. Ad esempio, penso a "La Rossa Mano Destra" di Joel Townsley Rogers che, per quanto sia un romanzo giallo americano sotto tanti aspetti, traduce su carta un incredibile incubo ad occhi aperti che ancora oggi non smette di sorprendere per accuratezza e logicità. In questo specifico caso, la dimora dello psicologo criminale MacComerou rappresenta perfettamente quel tipo di ambientazione chiusa e spaventevole di cui parlavo sopra (senza dimenticare il terrore che suscita l'intera storia, tra boschi e strade notturne e popolate di pazzi). Un altro titolo che mi viene in mente è "Quando l'Amore Uccide" di Nicholas Blake il quale, pur essendo meno d'impatto dal punto di vista dell'atmosfera di panico che si associa al libro di cui sopra, non si può certo classificare come confortevole nonostante sia ambientato nel periodo di Natale. Anche qui l'apparato indiziario permette a chi legge di farsi un'idea di chi sia il colpevole, ma allo stesso tempo non mancano parti della storia in cui il tono è decisamente depresso, vuoi per un senso di disillusione oppure per qualcosa di più potente e letale. Tra questi mysteries a dir poco sorprendenti e potenti, si può includere pure quello che recensirò oggi per voi: "Panico" di Helen McCloy (Polillo Editore, 2010). Esso infatti riprende al meglio il modello presentato circa dieci anni prima da "Qualcuno ti Osserva", con una giovane costretta dalla necessità di sopravvivere a stabilirsi in una casa isolata dal resto del mondo. Stavolta, però, l'enigma non si traduce in un semplice esasperare di emozioni fini a se stesse, con un caso che viene svelato al lettore senza permettergli di mettersi alla prova più di tanto: nel libro di McCloy l'indagine si presenta come un vero e proprio esercizio crittografico logico, in stile enigmistico, di difficoltà non indifferente. Anzi, forse fin troppo esagerata.

A Birch Grove, Arkhip Kuindzhi, 1880
La storia prende avvio con il decesso improvviso dell'anziano e insigne grecista Felix Mulholland, il quale lascia in eredità ai giovani nipoti Alison e Ronnie un patrimonio esiguo in fronte a quanto entrambi si aspettassero. La casa stessa in cui vivono da molti anni dovrà essere venduta assieme al mobilio, per pagare le tasse di successione e gli stipendi dei domestici, e tutto ciò che resta agli eredi sono appena tredicimila dollari. Ma le sorprese non sono finite qui. Poche ore dopo il triste rinvenimento del corpo adagiato sul letto, alla porta di casa Mulholland si presenta un sedicente colonnello Armstrong a chiedere conto di una certa documentazione riguardo un codice cifrato che Felix aveva ultimato da poco e che, secondo le parole del suo inventore, era praticamente impossibile da spezzare o decifrare. Alison, che svolgeva il ruolo di segretaria dello zio, non ha la minima idea di che cosa intenda Armstrong: lo zio si chiudeva ore ed ore nello studio da solo e a lei non è stata fatta alcuna confidenza. L'unica cosa un po' strana che la ragazza abbia visto è un foglietto con scritti sopra alcuni gruppi di lettere senza senso... Ma è stato buttato via. Deluso, Armstrong se ne va e Alison deve decidere cosa fare della propria vita: deve trovare un lavoro al più presto, ma la tosse e la debilitazione causate dalla vita frenetica in città la stanno mettendo a dura prova. Pertanto, su consiglio di Ronnie, la ragazza decide di andare a trascorrere qualche settimana ad Aultonrea, sui monti Adirondacks, per cambiare aria e schiarirsi le idee. Giunta sul posto, tuttavia, Alison si rende conto di quanto esso sia lontano dal mondo civilizzato e da qualsiasi forma di comodità moderna: non c'è nemmeno la luce elettrica, le serrature si potrebbero spezzare con una certa facilità e il telefono deve essere appositamente allacciato.

Tutto sommato, comunque, la ragazza non si lamenta: è proprio la tranquillità ciò che le serve per ricaricare le batterie... Peccato solo che, non appena scende la notte, fuori dalla casetta si inizi a sentire qualche rumore sospetto, come se qualcuno stesse camminando nel sottobosco. Alison si ripete che deve trattarsi di qualche animale, ma la sua educazione classica le suggeriscono una spiegazione al fenomeno molto più terribile: se fosse il dio Pan, con il suo aspetto a metà tra la bestia caprina e l'uomo avvenente, a zufolare tra gli alberi? Dopotutto, lo stesso Felix e la precedente inquilina di Aultonrea, una signora che finì per impazzire, avevano affermato di "sentire" cose quando cala il buio. Inizia così un periodo pieno di terrore, panico (inteso non solo nel senso comune del termine ma pure in quello letterale) e di sospetti per Alison, la quale si ritrova circondata da persone eccentriche e pericolose: l'amato Geoffrey, in licenza dal servizio militare per un sospetto esaurimento nervoso; sua sorella Yolanda, una virago pronta a tutto per tenersi stretto il fratello e continuare a vivere nell'agiatezza; un uomo di nome Matt che assomiglia a un pellerossa e consegna merce col suo furgoncino; miss Phillmore, un'anziana dall'aria mascolina che ha tentato di farsi assumere alle sue dipendenze con la chiara intenzione di spiarla; una coppia di coniugi che vedrebbe di buon occhio il passaggio di Aultonrea sotto la loro ala. E poi, come se non bastasse, all'improvviso dalla tasca della vestaglia della ragazza, in una notte di pioggia battente e di tempesta, ecco che ricompare il foglietto che desiderava ottenere il colonnello Armstrong... Forse nasconde davvero qualche segreto inconfessabile, qualcosa che lo zio Felix desiderava non venisse letto da qualche malintenzionato? Starà ad Alison venire a capo del mistero, applicandosi a calcoli matematici e a teorie complesse sulla sostituzione di cifre e lettere.

Esempio di codice presentato in "Panico"
Quello che rende grande "Panico" penso sia ciò di cui parlavo sopra, e cioè il fatto che riesca ad essere un romanzo giallo capace di restare in equilibrio su due piani che di solito faticano a convivere equamente, dentro una stessa opera: quello dell'enigma puro e quello del contesto in cui esso viene calato. Nella sua storia, McCloy dimostra di essere in grado di mettere in piedi un mistero per nulla banale, dove si intersecano quesiti filosofici, citazioni letterarie e teorie matematico-pratiche di livello avanzato (in modo molto simile a quanto aveva fatto in "Come in uno Specchio", se al posto del calcolo inseriamo l'elemento dell'impossibilità fisica nel compiere un assassinio), assieme a una cornice in cui l'elemento soprannaturale la fa da padrone, manifestandosi sotto forma di fenomeni naturali come i temporali e innaturali quali edifici abbandonati e sinistre figure nell'oscurità legate al mito classico. Fin dall'inizio, quando facciamo il nostro primo incontro con Alison, ci troviamo in una situazione a dir poco terribile: la ragazza viene svegliata nel cuore della notte da una telefonata che la mette in agitazione. Non bisogna dimenticare che siamo in periodo di guerra, per cui le notizie che non possono aspettare la luce del giorno per essere comunicate devono essere gravi. Ecco, con questa introduzione ci viene presentato il tono che pervaderà tutto il racconto: una costante tensione mista a terrore accompagnerà la ragazza fino allo svelamento della verità sul finale. Da New York ad Aultonrea sugli Adirondacks, una forza temibile e misteriosa la perseguiterà in modo simile a uno spettro, allo stesso modo del doppelganger di Faustina. La narrativa di McCloy è spesso caratterizzata da questo elemento di persecuzione, di incertezza e di velata minaccia, probabilmente suggerito all'autrice dal periodo storico in cui la sua produzione migliore si concentrò: quello della Seconda Guerra Mondiale e degli anni di depressione e desolazione che seguirono, i quali misero a dura prova lo stato mentale e morale della gente.

A questo clima oppressivo e poco confortevole, McCloy accostò un'indagine che spazia a sua volta su più livelli, dando vita a un complesso castello di carte che si erge a partire da fondamenta niente affatto scontate. Le premesse appaiono tutto sommato nella norma: c'è questo cifrario misterioso che è scomparso e una probabile potenza straniera oppure agente nemico che potrebbero essere interessati alla faccenda. Nei romanzi di spy story qualcosa del genere si verifica di continuo, non è una grossa novità. Ciò che sorprende, invece, è il modo attraverso cui l'autrice tratta tutto quanto, declinandolo in una forma che sta tra il thriller (il quale richiama proprio i racconti delle spie e degli agenti segreti "alla Le Carré") e il giallo ad enigma puro, dotato di indizi decifrabili da parte del lettore. Se da un lato non ci viene mai fornito il messaggio in codice intero su cui mettere alla prova le nostre capacità di crittanalisti, d'altro canto tra le righe possiamo scorgere qualche prova del fatto che la vittima e le circostanze della sua morte indichino inequivocabilmente una certa persona come il colpevole dei terribili eventi che si stanno scatenando attorno alla figura di Alison. E non paga di ciò, McCloy si ingegna pure per seminare falsi indizi e suscitare più dubbi possibili nella mente di chi legge, infilando nella storia riferimenti alla storia recente (come il fascismo, la guerra che si stava combattendo in più parti del mondo tra Pearl Harbor e l'Europa), riflessioni sulla psicologia dell'individuo (con tanto di eonismo) e sullo stato d'animo dell'America, letteratura classica greca e latina con precise spiegazioni che dimostrano l'indubbia cultura dell'autrice. A coronare il tutto, infine, a spezzare il ritmo vertiginoso e ansiogeno dell'abisso in cui rischia di cadere Alison, ci vengono presentate lunghe e dettagliate parti della storia dedicate esclusivamente a trattare il tema della crittanalisi: tabelle piene di numeri e lettere, teorie su come una certa chiave possa essere spezzata con facilità, approfondimenti su personaggi vissuti nella realtà e che hanno contribuito a rendere più o meno ostica la cifratura oppure la decifrazione, giocando con chiaro ed indice. Il risultato degli sforzi di McCloy è "Panico", un romanzo dove sovrannaturale mitologico e logica stringente di stampo matematico si incontrano per dare vita a una storia originale e fuori dal comune.

Helen Worrell Clarkson McCloy, nata nel
1904 e morta nel 1994
Tutto ciò lascia intendere come Helen Worrell Clarkson McCloy (era questo il nome intero dell'autrice, nata a New York nel 1904) fosse una persona istruita ed acculturata: i continui riferimenti all'antica Grecia e al mito dell'antichità (pp. ); i discorsi su filosofia, naturalismo, matematica comparata, nonostante siano spesso solo accennati, lasciano intendere una vasta conoscenza sviluppata durante gli studi in Europa e proseguiti in America. Inoltre, cosa non da poco, è molto approfondita l'analisi psicologica tout court dell'individuo (essendo il suo investigatore seriale, non presente nel romanzo recensito oggi, il primo segugio-psichiatra della storia non ci aspetteremmo niente di meno): numerose teorie crittanalitiche come quella di Vigenère, di Bazeries, di Kasiski e Kerckoffs, vengono prese in considerazione con serietà e praticità per mostrare al meglio al lettore quanta strada si sia fatta nel corso dei secoli per perfezionare l'arte del codice segreto, così che il lettore possa comprendere fino in fondo le possibili implicazioni dell'indagine; l'attività del subconscio dell'essere umano, della corruzione della sua personalità e degli sforzi della memoria cosciente per mettere a freno gli impulsi e l'istinto la fanno da padrone per tutta la lunghezza della storia; come pure la suggestione, la psichiatria, le manie e le ossessioni, mescolate in un sapiente calderone e impostate per instaurare un clima di tensione sempre crescente, che impedisce di annoiarsi e spinge a continuare la lettura. La guerra in corso infesta il racconto, restando in sottofondo per la maggior parte del tempo ma emergendo con insistenza a più riprese, in mezzo ad altri discorsi e ad osservazioni che sono focalizzate sul mistero del codice criptato oppure su quello del decesso improvviso di Felix Mulholland.

A questo proposito, è interessante notare come ancora una volta torni il soprannaturale come punto cardine attorno a cui sviluppare la trama: in "Come in uno Specchio" avevamo la teoria del doppelganger quale pretesto per fare le ipotesi più strabilianti sulla spiegazione dell'enigma; qui, la possibilità remota che un essere bestiale abbia preso vita dal mito arcaico e si sia nascosto nei boschi degli Adirondacks e della mente umana. Non per niente John Dickson Carr fu una delle ispirazioni per l'autrice, tanto che "Alias Basil Willing" fu dedicato proprio a lui e alla moglie Clarice. Manca, invece, l'elemento del delitto impossibile che Helen McCloy ha affrontato in numerosi romanzi proprio per esasperare l'atmosfera irreale delle sue storie, accompagnato da uno spiccato senso per la suspense. Esse possono essere considerate come dei piacevoli ibridi, che mescolano intelligentemente gli elementi del giallo all'inglese con quelli tipici del romanzo psicologico americano: una caratteristica, questa, che li ha resi graditi agli estimatori di entrambi i sottogeneri, e che ha contribuito ad affermare la sua autrice come la più grande scrittrice americana di gialli. Sposata con Davis Dresser, l'autore noto con lo pseudonimo di Brett Halliday e creatore del detective privato Mike Shayne, la McCloy fu, tra le altre cose, direttrice del New York Evening Sun per diciotto anni e il primo presidente donna dell'associazione dei Mystery Writers of America, prima di spegnersi a Boston, nel 1994. Per quel momento aveva contribuito al genere con una trentina di meravigliosi gialli: numerosi furono gli stand-alones proprio come "Panico", ma sono ricordati soprattutto i tredici romanzi con protagonista Basil Willing, tra cui "La Stanza del Silenzio", "Omicidio a Scena Aperta" e "Come in uno Specchio". Su "Panico" vorrei aggiungere soltanto un'ultima considerazione, prima di terminare. Come dicevo, si tratta di un romanzo giallo straordinario sotto molti aspetti; però vale la pena avvertire il lettore che le spiegazioni sulla crittanalisi sono talmente complesse da risultare un po' indigeste. Non aspettatevi una lettura di facile comprensione; per affrontare questo romanzo ci vuole una certa concentrazione.

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