Copertina dell'edizione pubblicata nei Classici del Giallo Mondadori n. 591 |
Tutti questi non sono forse progetti degni di lode? Purtroppo, la mia lentezza e il fatto di essere ancora un principiante non mi permettono di prendere parte a queste iniziative; però non escludo di riuscire a farcela in futuro. Dopotutto, limitarsi a possedere una pagina web non è una brutta cosa; però è sicuramente molto più divertente riuscire a entrare in contatto con altre persone da cui si può imparare sempre qualcosa. Soprattutto se con esse condividi una passione comune. Perciò voglio provare fin d'ora a sfidare me stesso, in previsione della mia aderenza ad alcune delle challenge di cui ho parlato sopra; e per questo ho deciso di compiere il passo di accettare l'invito di Shanmei, amministratore di Liberi di Scrivere, a creare un post in qualche modo dedicato alla figura di Hercule Poirot, l'investigatore belga nato dalla penna di Agatha Christie in "Poirot a Styles Court" nel 1920. Esso entrerà a far parte di un progetto chiamato "The Hercule Poirot Centenary Blogathon", una sorta di maratona spirituale che avrà il compito di gettare quanta più luce possibile sul personaggio di Christie. Non che ci sia chissà quale bisogno di sforzarsi per imporlo all'attenzione dei lettori, dal momento che da solo riesce benissimo a continuare ad occupare un posto di primo piano non solo negli scaffali delle librerie, ma pure nei cuori di ognuno di noi; però fa sempre bene sottolineare quanto egli sia divertente, intelligente e straordinario. Pertanto, chiunque voleva partecipare a questa iniziativa aveva il compito di trattare un argomento a piacere, purché quest'ultimo non fosse stato già accalappiato da chi lo aveva preceduto: erano inclusi articoli su romanzi, racconti, temi come "Poirot al cinema" e tanto altro. Da parte mia, visto il periodo e la natura di Three-a-Penny, avrei puntato sulla recensione di "Poirot e la Strage degli Innocenti", ambientato ad Halloween, oppure mi sarei anticipato in vista del Natale analizzando "Assassinio sull'Orient-Express", o ancora mi sarebbe piaciuto dire la mia proprio sul libro in cui Poirot esordì esattamente cento anni fa, "Poirot a Styles Court". Purtroppo, però, tutti questi argomenti allettanti erano già stati prenotati. Come fare, allora? Ho pensato che, se dovevo scegliere qualcosa per celebrare l'omino dalle cellule grigie, sarebbe stato meglio puntare a un romanzo capolavoro, uno di quelli che mettevano in mostra l'abilità e le caratteristiche di Poirot nel risolvere i casi che gli venivano affidati. E ovviamente doveva essere un libro la cui traduzione non fosse rimasta quella ridotta degli anni '50. Così, passando in rassegna l'enorme quantità di titoli di Christie che possiedo, alla fine mi è capitato tra le mani "Carte in Tavola" (Classici del Giallo Mondadori, 1989) nella traduzione integrale di Grazia Griffini. Ho capito subito che si trattava delle scelta perfetta: ambientato a novembre, cupo e ironico all'occorrenza, con un Poirot in forma smagliante che raccoglie indizi psicologici con i suoi metodi un po' eccentrici ma rivelatori, questo romanzo giallo sarebbe stato perfetto per il mio contributo alla challenge. Inoltre, dagli appassionati esso è considerato come uno dei più straordinari esempi dell'arte dell'onesto inganno di Christie, dal momento che vede un'indagine basata su una complessa ricerca della verità tra partite di bridge e tuffi nel passato.
Furlongs (Glynde, East Sussex, South Downs), Eric Ravilious, 1935, simile al cottage in cui vivono Anne Meredith e Rhonda |
Otto invitati, di cui quattro rappresentanti della legge e quattro cittadini. Sembrerebbe proprio che Shaitana facesse sul serio, quando ha detto a Poirot di conoscere alcuni assassini rimasti impuniti. E ora pare che il padrone di casa abbia l'intenzione di mettere gli uni contro gli altri, in una sorta di gara tra gatti e topi, dove i primi devono smascherare i secondi. Già durante la cena, egli ha fatto qualche piccolo accenno al delitto, con la conseguenza che su tutto il gruppo è sceso un pesante silenzio imbarazzato e la tensione si è alzata. Proprio così, Poirot non ha quasi più dubbi. Ma in fondo non si può avere alcuna certezza sul conto di sospetti, tanto più se nemmeno Shaitana è riuscito a trovare abbastanza prove da portarli davanti a una corte (cosa che egli avrebbe senza dubbio fatto, anche solo per godere del proprio operato). Così l'investigatore decide di dimenticare la faccenda e, assieme a tutti gli altri ad eccezione del padrone di casa, si immerge nel gioco del bridge. Nel fumoir i segugi sono impegnati in una partita a quattro, gli altri ospiti nel salone si dedicano a fare altrettanto, mentre Shaitana sonnecchia su di una poltrona davanti al fuoco. Non vola una mosca fino a tarda ora, nonostante tutti si alzino dal tavolo a turno per versarsi da bere oppure mettere un po' di legna sul fuoco; poi Poirot e gli altri rappresentanti della legge tornano nel salone, dove l'altro gruppetto sta ancora giocando a carte, e scoprono l'orrenda verità: Shaitana è stato pugnalato nel sonno. Senza alcun dubbio, le indagini preliminari di Battle mettono in chiaro che soltanto uno degli ospiti più aver commesso il delitto; ma chi può aver avuto un'audacia tale da ammazzare un uomo davanti a tre testimoni? Roberts, Despard, la signora Lorrimer e la signorina Meredith sono tutti quanti sospettabili allo stesso modo, soprattutto perché già indicati dalla vittima come potenziali assassini e perché si sono alzati dal tavolo in solitudine. Però nessuno li ha visti compiere l'atto scellerato. Anche le testimonianze e gli interrogatori incrociati sortiscono alcun effetto significativo; così la signora Oliver propone agli altri tre di mettersi in società, per scoprire qualcosa di più sulle loro prede. Ognuno compirà i passi necessari per approfondire la conoscenza di Roberts, Despard, Lorrimer e Meredith, seguendo i propri metodo e istinto, e alla fine si riuniranno tutti insieme per tirare le fila del discorso e mettere le carte in tavola, proprio come nel bridge. A malincuore, Battle accetta con la condizione che spetterà a lui compiere qualunque incriminazione ufficiale, e incarica gli altri di scoprire a turno qualche segreto sui sospettati. E la faccenda darà i suoi frutti, mettendo in luce quanto di più oscuro si cela nelle vite passate dei quattro imputati. Sarà però Poirot a mettere la parola fine alla faccenda, grazie al suo intuito e alla sua conoscenza della natura umana, la quale si rivela sempre nelle piccole cose.
Biglietti su cui sono stati segnati i punteggi delle partite di bridge nella sera fatidica della morte di Shaitana |
Con il caso di "Carte in Tavola", si può esprimere perfettamente questa divisione dei pareri. Da una parte, infatti, esso è stato incluso in una lunga serie di liste di critici influenti ed esperti come uno tra i capolavori della Regina del Giallo (ad esempio, Patrick del blog "At the Scene of the Crime" lo considera il suo preferito, oppure Martin Edwards lo colloca al quinto posto della sua classifica, mentre nel blog The Passing Tramp sono riportate numerose liste in cui esso compare). D'altra parte, tuttavia, secondo alcuni questo giallo in particolare si è rivelato essere noioso e fin troppo macchinoso, oppure confuso e astruso nella spiegazione dell'indagine di Poirot volta alla scoperta dell'assassino. E a ben vedere c'è un pizzico di verità in ognuna di queste considerazioni. Ad esempio, penso al fatto che il caso ideato da Christie appaia a prima vista quanto mai convenzionale e conforme, fin quasi troppo strutturato e quindi poco "sentito" dal lettore. Dopotutto, esso è basato soprattutto sull'interpretazione del gioco del bridge, il quale non si può proprio dire sia esaltante oppure sconvolgente (a meno che tu non sia un appassionato sfegatato di questo passatempo!). Inoltre, a mio parere la spiegazione finale sembra un po' tirata, dal momento che essa viene data da Poirot in base alle considerazioni psicologiche che egli ha colto nel corso dell'indagine, e suffragata da un espediente non del tutto corretto ai fini del gioco pulito. Tutto appare molto veloce e forse un po' superficiale rispetto a quanto ci ha abituato Christie, poiché alcune aree di "Carte in Tavola" potevano forse essere approfondite ed ampliate per esaltare i brillanti colpi di scena che sono al suo interno; tra tutte la figura di Shaitana, la quale avrebbe avuto il potenziale giusto per diventare un antagonista più durature dell'investigatore belga. Insomma, anche secondo me questo non è il più bel romanzo giallo scritto da Agatha Christie. Però voglio sottolineare il fatto che, pur non essendo il migliore, "Carte in Tavola" si può benissimo piazzare tra i primi cinque esemplari in un'ipotetica classifica. Infatti, avrete notato che qui sopra ho usato verbi che rimandano al condizionale, come "apparire" e "sembrare"; ed è proprio questa la chiave del successo di questo romanzo e dei mysteries di Christie: ogni cosa viene dipinta in modo da avere un sapore attenuato, senza che ci siano chissà quali esternazioni sensazionali a condire il racconto, ma nasconde dietro le righe un mondo di oscurità e profondità emozionale strabiliante. Non a caso l'autrice è riconosciuta in tutto il mondo come quella che meglio ha saputo sfruttare gli elementi fondamentali del genere, tanto da dare l'impressione di averli inventati lei. Il villaggio di campagna inglese accanto alla figura di Miss Marple, il viaggio in treno di "Assassinio sull'Orient-Express" e la vacanza funestata dal delitto in "Corpi al Sole", sono tutti associati alla sua figura, nonostante pure altri autori si siano cimentati nella creazione di storie ambientate in tali luoghi. Però il fatto sorprendente è che, spesso, l'idea di modestia che il lettore si fa prima di entrare nella storia, immaginandola caratterizzata con semplicità e ordinarietà, viene disillusa con una franchezza sorprendente. Se poi aggiungiamo il fatto che lo stile di Christie, grande sostenitrice dell'economica enunciazioni su carta di fatti e dialoghi, è sempre stato molto scarno e fin troppo essenziale, al punto di diventare un suo marchio si fabbrica, tutto tenderebbe ad indicare che anche il mistero e l'enigma siano semplice e ordinari; se non fosse che, come non mi stancherò mai di ripetere, nella narrativa gialla niente è come appare.
Fotografia raffigurante un tipico bus inglese a due piani, simile a quello su cui conversano Poirot e il maggiore Despard |
In sé, il mistero di "Carte in Tavola" è molto intelligente e prende spunto della partita durante l'ultima sera di vita di Shaitana per approfondire il carattere di ognuno dei protagonisti, così da permetterci di farci un'idea ben precisa su ognuno dei sospettati e degli investigatori (dilettanti e non). Le figure del sovrintendente Battle (che farà altre quattro apparizioni, di cui due come protagonista), del colonnello Race (apparso in "L'Uomo Vestito di Marrone" e in futuro in "Poirot sul Nilo" e "Giorno dei Morti") e di Ariadne Oliver (spalla dell'investigatore belga in altre cinque occasioni e solista in una soltanto) occupano un ruolo di primo piano nella scoperta della verità: chi più, chi meno, tutti contribuiscono alla risoluzione dell'enigma e permettono a Poirot di scoprire la verità. Sono figure che agiscono e tengono alta l'attenzione del lettore, nonostante siano pochi gli attori complessivi sulla scena, mentre la tensione del racconto viene in qualche modo esercitata dai sospettati: quattro protagonisti e quattro antagonisti, con i loro compiti distinti e inscindibili per fare in modo di creare la giusta alchimia che si ritrova in "Carte in Tavola", dove queste emozioni vengono sollevate e mantenute in equilibrio tra disagio e conforto. La psicologia è ciò che più importava porre sotto i riflettori per Christie, la quale non si abbandona mai a frivolezze fini a se stesse ed è sempre credibile (pp. 18-20, 64-68, 97-99, 112-118, 144-151, 155-157, 192-193). Magari descrive Hercule Poirot e i suoi atteggiamenti, eccentrici quanto quelli della signora Oliver, come se ne volesse fare una caricatura; ma sotto sotto ogni azione è calcolata ai fini della scoperta della verità e lei ragiona su come ingannare il suo pubblico, fornendo in aggiunta osservazioni per nulla banali sulla menzogna, sul concetto di verità, sul sesto senso femminile (quanto si sofferma su questo particolare tema, a ragione, la signora Oliver!). Accanto a tutto ciò, inoltre, bisogna pure sottolineare come l'autrice si impegni a mettere in scena i metodi adottati dalla polizia, stando attenta a rispettarne le caratteristiche (pp. 63-68, 97-99). Un momento: questo significa forse che abbiamo sbagliato a considerare "Carte in Tavola" un giallo psicologico e a giustificare le sue carenze dal punto di vista dell'inchiesta pragmatica? Affatto: come si dimostrerà, infatti, le informazioni raccolte dai segugi attivi nel campo delle ricerche geografiche, Battle e Race, non riusciranno ad inchiodare il personaggio colpevole, ma saranno i sospetti e le certezze basate su sensazioni e idee immateriali a far emergere dal gruppo dei sospetti la figura dell'assassino. Perché il delitto non è sempre eseguito in base a schemi prestabiliti; molto spesso, l'omicidio può raggiungere forme d'arte impossibili da imprigionare se non utilizzando gli stessi mezzi di cui esso stesso è fatto (pp. 9, 16-18, 25-26, 45, 49-59, 132-134, 169-171, 176-177). In conclusione, quindi, Christie riesce nel complesso a dare vita a un romanzo giallo pieno di "divagazioni" e congetture che, se considerate nel complesso, non risultano mai superflue alla soluzione finale; anzi, proprio attraverso il magistrale uso dei silenzi, più che delle parole, riesce a svelare solo ciò che desidera sia svelato e a nascondere ciò che, invece, intende mantenere segreto, in ogni frase del libro. Forse è questo il segreto di Agatha Christie, quello che le ha permesso di sviluppare una maniera tutta sua di incantare il lettore, mettendolo alla prova ma con leggerezza. Quella stessa maniera che la signora Oliver si sforza di sfruttare e mettere in pratica, ogni volta che si siede davanti a una macchina da scrivere per iniziare una nuova impresa letteraria.
Agatha Mary Clarissa Miller, alias Agatha Christie Mallowan, nata nel 1890 e morta nel 1976 |
In ogni caso, resterà per sempre un mistero insoluto, poiché nemmeno prima di morire lei rivelò la verità. Anche del suo rapporto con gli altri membri del Detection Club, l'associazione di giallisti di cui fece parte per molti anni, non racconta nella sua autobiografia; tuttavia, in questo caso possiamo sfruttare le lettere e i documenti che proprio i suoi compagni ci hanno lasciato, i quali ci tramandano un'immagine vitale e disponibile della Christie, fatta di sostegno reciproco e condivisione di interessi, oltre che di amicizia e sacrificio; come nel momento in cui lei, nonostante la timidezza, accettò di assumere la carica di Presidente del Club, poiché nessun altro possedeva le specifiche capacità richieste dal ruolo. La modestia fu sempre una delle sue caratteristiche principali, tanto che odiava rilasciare interviste (non si fidava della stampa, dopo che essa l'aveva gettata in pasto alla gente al momento della sua scomparsa) e non riusciva a spiccare parola davanti a un pubblico o ad eseguire correttamente un pezzo al pianoforte, se le premesse si facevano terribilmente ufficiali; ma il tratto caratteriale che a mio parere l'ha saputa contraddistinguere maggiormente è stata soprattutto la sua grandissima gioia di vivere, la quale le permise di coltivare un carattere solare, purché venato a volte da qualche ombra, che lei riversò nei suoi personaggi, rendendoli più vivi che mai e, in questo modo, facendoceli amare anche nella loro imperfezione. Mentre osserviamo i ritratti sfaccettati e le chiacchiere a volte frivole, a volte piene di sottintesi inquietanti, che i sospettati dell'omicidio di Shaitana scambiano con Poirot, passiamo attraverso dialoghi dove traspare una forte corrente sotterranea di disagio e di sofferenza e osserviamo l'evoluzione dei sentimenti che si agitano nei cuori dei protagonisti, ci rendiamo conto di come noi stessi potremmo essere i protagonisti delle sue trame, in procinto di affrontare le nostre sfide e di rialzarci ogni volta che cadiamo. Tutti loro non sono mai come sembrano, attori di un romanzo giallo che ingannano il lettore; cosa dire allora di noi stessi, che indossiamo ogni giorno una maschera diversa? Agatha Christie l'aveva capito, ed era riuscita a trasportare questa consapevolezza (e la Vita reale, come gli altri Grandi) sulla carta per farne materiale da usare allo scopo di sviare il lettore; senza mai barare, per giunta. Perché se c'è qualcosa che non possiamo proprio rimproverare alla Signora del Delitto, quello è proprio il suo Onesto Inganno: ovvero, fornirci tutti gli indizi che ci servono (nonostante non sempre sia rispettato un rigido fair-play inteso in senso tradizionale) e, allo stesso tempo, menarci per il naso con una classe a tutt'oggi ineguagliata, tra false piste e "aringhe rosse". Indizi che, oltre ad essere in minima parte di natura materiale nei foglietti col punteggio delle partite a bridge, in "Carte in Tavola" prendono la forma di emozioni, sensazioni e impalpabili sospetti. Perché a Christie ciò che più importava era lo studio della natura umana, con tutti i suoi pregi e difetti, e per questo l'aspetto che più viene approfondito nei suoi romanzi, man mano che passano gli anni, diventa la caratterizzazione degli attori sulla scena e il loro comportamento. A differenza della solita critica sulla vacuità dei personaggi di Christie, infatti, l'autrice riesce a dare vita a un microcosmo di relazioni che forniscono a Poirot manifeste prove da interpretare per giungere alla verità: prove impalpabili, certo, ma indispensabili per interpretare la mente dell'assassino e scoprirne i punti deboli.
Alexander Siddig nella magistrale interpretazione di Shaitana nell'episodio "Carte in Tavola" della meravigliosa serie TV "Agatha Christie's Poirot" |
Questo discorso, pertanto, porta a un'analisi degli investigatori e dei sospettati, ognuno influenzato dalla figura ambigua di Shaitana e dalla sua fine. Su Battle e Race, in realtà non c'è molto da dire: sono i tipici poliziotti che seguono la routine per tentare di risolvere il caso e fanno affidamento sulle loro conoscenze e capacità pragmatiche. Forse si può riscontrare una particolare intelligenza soprattutto nel primo, il quale astutamente riesce a raccogliere alcune informazioni dando prova di un ingegno sottile (penso alla scena con la segretaria del dottor Roberts o con gli abitanti di Wallingford). Tra i quattro, tuttavia, ad eccezione di Poirot, è la signora Oliver il personaggio più interessante, dal momento che, come dicevo sopra, è stato ricalcato sull'esistenza della stessa Christie (pp. 10-11, 14, 18, 20-21, 27-28, 34, 57-59, 83, 91, 119-124, 130, 200). Si tratta di una figura molto divertente, capace di strappare qualche risata al lettore nonostante l'atmosfera cupa che regna quasi sempre in "Carte in Tavola"; che non si fa prendere troppo sul serio ma dimostra comunque uno spiccato senso dell'osservazione e della comprensione di ciò che la circonda. Ciò la porta a cambiare continuamente le proprie opinioni, certo; però allo stesso tempo le permette di cogliere sensazioni che altri ignorano e di capire più a fondo le persone. Pertanto, è intuitiva e crede nel sesto senso femminile, proprio come la sua creatrice, e ovviamente scrive romanzi gialli il cui protagonista è un finlandese dal nome impronunciabile (uno dei quali è intitolato non a caso "C'è un Cadavere in Biblioteca"). Il suo prendersi in giro in continuazione la rende un personaggio simpatico da leggere, e le osservazioni che fa sul suo lavoro non possono che rimandare alle tribolazioni che Christie affrontava ogni volta nella stesura di un nuovo mystery. Vede ogni cosa come un gioco, anche il delitto, ed è grazie a lei (e al suo spirito intraprendente e un po' ficcanaso) che la polizia decide di dare inizio a un'indagine condivisa tra più elementi. Indagine che è concentrata su un numero incredibilmente ristretto di possibili assassini: il dottor Roberts, la signora Lorrimer, il maggiore Despard e la signorina Meredith. Ognuno di loro è una persona diffidente, che mostra una maschera alla società perbene e si tiene stretti i propri segreti, fingendo disinvoltura. Non hanno nulla a che fare con Shaitana; eppure non sfigurano nel suo salotto, sono capaci di immedesimarsi nel ruolo richiesto grazie alla lunga pratica della menzogna sviluppata nel tempo. Il dottore (pp. 12, 15-16, 22, 28-33, 39, 44, 48, 54, 60-63, 69-71, 73-76, 115, 134-137, 142, 184-185, 197-200) ha un atteggiamento forse fin troppo disinvolto, per un tizio sospettato di aver compiuto un crimine, e un gusto per il rischio che non possono non insospettire il lettore; ma all'apparenza non c'è alcuna ragione per presumere che egli sia uno spietato omicida. La signora Lorrimer (pp. 12-13, 16, 18, 23, 29, 33-39, 44, 48, 55, 78-83, 124-127, 137-138, 142, 167-180, 182-183, 187), d'altro canto, avrebbe la giusta mentalità della Lucrezia Borgia, capace di calcolare un assassinio a sangue freddo come se fosse un ballo in maschera o una partita a carte; se non fosse che conoscesse appena Shaitana. Il maggiore Despard (pp. 13, 16, 23, 33, 39, 44, 46-49, 54-55, 92-97, 105-111, 131-133, 141-142, 147-150, 152-155), invece, sembrerebbe nutrire del rancore verso la vittima ed è vissuto al di fuori della civiltà abbastanza per sollevare qualche interrogativo; però allo stesso tempo non si sarebbe sporcato le mani con una faccenda tanto disonorevole. Infine, la dolce e gentile Anne Meredith (chiamata così per un riferimento velato a Beatrice Lucy Malleson, la giallista che si nascondeva dietro il nome di Anthony Gilbert), che vive in un cottage lontano dagli sguardi curiosi della gente (pp. 13-15, 23, 33, 35-45, 48, 54, capp. 12-13-14, pp. 122-123, 126-129, 138-142, 158-166, 189-192, 194-196). Potrebbe aver compiuto lei il misfatto? Le apparenze giocano a suo sfavore; ma chi può basare il proprio giudizio su una semplice faccia? Tutti potrebbero averlo fatto, in base alle loro mentalità depravate, ma non ci sono prove. Allora bisogna tornare al passato: infatti, cosa importante, i quattro cittadini sono sospettati di essere assassini scampati alla giusta colpa. Se sono colpevoli, riusciranno a sfuggire alla Legge ancora una volta, oppure sconteranno la pena? Mi è piaciuto molto il concetto di Giustizia che Christie ha messo in luce in "Carte in Tavola"; forse è proprio uno dei motivi per cui questo libro è tanto celebrato.
In un post del suo blog, inoltre, Kate Jackson ha osservato come le caratteristiche di questo romanzo assomiglino molto a quelle di "Dieci Piccoli Indiani"; tanto da restituire quasi una sorta di riflesso allo specchio. E francamente trovo che ci sia molto di vero in questa tesi. Dopotutto, Christie non ha mai nascosto il fatto di riuscire a rimescolare sempre gli stessi elementi in innumerevoli forme; per cui, come mai dovrebbero cambiare le cose? In "La Serie Infernale" (citato a p. 14) aveva addirittura anticipato la trama dello stesso "Carte in Tavola", facendo descrivere al buon Hastings la configurazione ideale della risoluzione di un delitto da parte di Poirot! E quest'ultimo l'aveva accolta con gioia, dal momento che esso richiedeva una deduzione puramente psicologica per essere risolto. Torniamo quindi al discorso che facevo sopra: cioè al fatto che l'indagine sulla morte di Shaitana sia da considerare secondo un punto di vista un po' particolare, rispetto ad altri gialli della Regina del Crimine. In un crescendo di tensione e suspense, immersa nell'atmosfera cupa di un novembre londinese e nei falsamente confortevoli spazi domestici (pp. 19-20, 22-25, 77, 83-84, 97-100, 119-124, 180-181), le riflessioni e gli scontri su chi tra i quattro sospettati abbia commesso il delitto evocano fantasmi e supposizioni che infestano le persone, dando luogo a un'indagine del tutto basata su elementi poco tangibili, tra pregiudizi e sospetti. Christie gioca con tutto ciò e induce il lettore a credere a qualunque cosa, affermando e negando con rapidità ogni convinzione, capovolgendo le certezze e le idee; ma allo stesso tempo approfondisce ogni vissuto dei protagonisti e, seguendo la corrente che avrebbe presto portato allo sviluppo del giallo psicologico, fa un ottimo lavoro nel dimostrare l'abilità di Poirot nello svelare man mano la verità sui personaggi. Passo dopo passo, partendo dalle allusioni durante la cena e dalle parole ermetiche di Shaitana, l'autrice inizia a stuzzicare le impressioni di chi legge e degli inquirenti; poi ci consegna i primi giudizi (tra cui quelli della signora Oliver) generati dagli interrogatori subito dopo il fattaccio e le curiose domande di Poirot, le quali paiono non avere senso. In seguito, permette ad ognuno di noi di entrare in contatto col mondo dei sospettati, sollevando veli su veli, fino a indicarci un'identità precisa. Ma sarà tutto così facile? Nella crime story classica (in particolare quella di Agatha Christie) niente è come sembra, e "Carte in Tavola" dimostra il concetto al meglio, intrattenendo il lettore e andando allo stesso tempo in profondità per sondare la malvagità e la colpa. Forse non ha ottenuto la stessa fama di "Assassinio sull'Orient-Express" (citato a p. 162) e "Dieci Piccoli Indiani" perché non ne è mai stata fatta una trasposizione fedele, oppure perché l'idea di un delitto durante una partita a bridge non stuzzica l'appetito. Però io vi voglio assicurare che questo è un capolavoro nel suo genere, pieno di contrasti e con un enigma diabolico, giocato su un trucco tanto astuto quanto semplice. Il Diavolo-Shaitana ha sfidato la sorte, e quest'ultima lo ha punito; ma si sa che la Fortuna è cieca, per cui l'assassino dovrà stare molto attento a come muoversi per depistare le sue tracce.
P.S. Ecco qui la mia recensione per la maratona di Liberi di Scrivere. Mi ha molto divertito prendervi parte, e mi auguro di ripetere l'esperienza in futuro. Grazie a Shanmei per l'opportunità!
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