Copertina dell'edizione pubblicata
nei Classici del Giallo Mondadori
n. 836
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Le crime novels, grazie alle loro caratteristiche peculiari, sono prodotti letterari che si adattano molto bene alle trasposizioni in diverse forme di intrattenimento. Infatti, pur nascendo in veste di storie lunghe o di racconti brevi ed essendo apprezzate per la capacità di tenere costantemente alta l'attenzione del lettore, mentre le pagine scorrono sotto i suoi occhi, esse riescono a catturare anche l'interesse degli appassionati di film televisivi e riduzioni radiofoniche quando, grazie a qualche ritocco, vengono trasformate in un'opera teatrale, in forma di commedia o di tragedia a seconda dei casi; in un radiodramma, da recitare davanti a un microfono; oppure in una vicenda raccontata su pellicola, in cui il mistero prende forma fisica e i suoi attori si muovono davanti agli occhi dello spettatore. Tutto sta nel talento dei loro autori, capaci di reinventare qualcosa che essi stessi o altri hanno scritto: tra i copioni scritti per il teatro, ad esempio, uno dei più famosi (e il mio preferito in assoluto) è quello di "Trappola per Topi" di Agatha Christie, tratto dal racconto "Tre Topolini Ciechi" dall'autrice stessa, in cui un variegato gruppo di ospiti si rifugia in una pensione nel bel mezzo della campagna inglese, gestita da una giovane coppia di sposini, per poi scoprire di essere isolati dal resto della civiltà a causa di una furiosa tempesta di neve e prede di un maniaco omicida. Il racconto "originale" rappresenta una tipica prova della Regina del Mistero, poiché capace di stregare il lettore pur senza dilungarsi in descrizioni dettagliate o presentare trame complesse e dense di avvenimenti; la riduzione teatrale, però, conta sull'atmosfera e la tensione generate dal sospetto e dal talento degli attori nel dare l'impressione di ambiguità ad ogni loro gesto, così da sopperire all'impossibilità di un cambio di scena con un racconto giocato maggiormente sulle personalità dei personaggi e le parole che pronunciano. Tra le celebri pellicole tratte da altrettanto rinomati romanzi, invece, a mio parere spiccano "Assassinio sull'Orient-Express" di Sydney Lumet e "Testimone d'Accusa" di Billy Wilder (derivati anche questi da opere omonime della Christie, ma ad opera di sceneggiatori differenti), dove il primo può essere designato come un esempio di adattamento rigoroso della trama letteraria, mentre il secondo mostra come una vicenda, utilizzata per un semplice racconto, possa articolarsi in una trama ben più complessa grazie alla fantasia degli adattatori.
Infine, per quanto riguarda gli adattamenti radiofonici, restano celebri nella storia della crime fiction i pezzi che John Dickson Carr ("I Morti hanno il Sonno Leggero") ed Ellery Queen ("Le Falene Assassinate e altri racconti") scrissero nel corso della loro carriera per questo mezzo di intrattenimento: vicende tese, capaci di dare più di un brivido grazie all'uso di attente e sapienti voci che si spandono nell'aria. Proprio la suspense, a mio parere, si è rivelata essere un carattere fondamentale di queste tre forme di svago; non c'è dubbio, infatti, che sia grazie ad essa che gli sceneggiatori e i drammaturghi riescano a tenere incollati gli spettatori e gli ascoltatori alle loro poltrone. Uomini e donne come Alfred Hitchcock e gli autori sopra citati capirono ben presto come far leva sulle emozioni dell'essere umano, e di conseguenza crearono delle situazioni dove esse venivano solleticate di continuo, come in film quali "La Signora Scompare" e "Psycho", oppure commedie del tipo di "L'Ospite Inatteso", "Il Rifugio" o "La Tela del Ragno" della Christie. Nel 1948, in America, anche una scrittrice di gialli radiofonici decise di scrivere un'opera di questo tenore, traendo ispirazione da un pezzo che aveva precedentemente composto, in seguito a un casuale incontro per la strada. Il suo nome era Lucille Fletcher, e il risultato dei suoi sforzi fu "Il Terrore Corre sul Filo" (Classici del Giallo Mondadori n. 836 del 1999), una vicenda in cui dominano gli elementi del giallo delle women in jeopardy, come la caratterizzazione psicologica dei personaggi e il senso dell'ambientazione essenziale ma d'atmosfera, la quale divenne ben presto oggetto dell'attenzione della Paramount (la quale ne fece un film di successo con Burt Lancaster e Barbara Stanwyck).
Articolo di presentazione del film "Il Terrore Corre sul Filo",
tratto dall'omonimo romanzo dal regista A. Litvak
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La storia si svolge nell'arco di un paio d'ore di una calda serata
estiva a New York, durante le quali Leona Stevenson, una ricca donna nevrotica
e inferma, tenta con ogni mezzo di mettersi in contatto col marito che tarda a
rincasare. Lei si trova in casa da sola, poiché le domestiche hanno ottenuto il
permesso di uscire, e non si sente per niente a proprio agio, imprigionata tra
le quattro mura della sua camera da letto, pur possedendo un telefono pronto ad
esaudire qualunque chiamata intenda fare; tanto più che tale apparecchio
risulta inutile, poiché il suo Henry si ostina a non rispondere dalla linea del
proprio ufficio, che lei continua a farsi passare dalla telefonista di turno.
Nel corso della sua vita, Leona ha sempre evitato qualsiasi responsabilità le
si sia parata davanti e ha sviluppato un carattere capriccioso e sgradevole,
peggiorato da una malattia che l'ha resa attenta solo ai propri desideri e
sorda a quelli della gente intorno a sé; quindi non capisce perché le
addette al centralino non vogliano esaudire le sue richieste per contattare
Henry e monta nei loro confronti ridicole accuse, con un'arroganza cieca
alle difficoltà che loro vanno incontro per soddisfare i suoi bisogni. Henry
non la farebbe mai agitare in modo simile, quindi deve essere
colpa loro se lui non le risponde. Infastidita dalla faccenda, la signora
Stevenson decide di assillare le povere impiegate finché la sua richiesta non
sarà realizzata; finché, quando chiede per l'ennesima volta di essere messa in
contatto con suo marito, all'improvviso all'altro capo del telefono risponde
una voce: che sia Henry, finalmente? Ben presto, però, Leona realizza che
a parlare non è suo marito, ma un individuo di nome George il quale, insieme a
un altro tale e ignaro che un'estranea si sia infilata nella loro linea, sta
progettando nientemeno che un omicidio a sangue freddo, ai danni di una
sconosciuta.
Allarmata e consapevole di aver ascoltato una minaccia reale, la
signora Stevenson tenta di scoprire l'identità del fantomatico assassino con
l'aiuto delle telefoniste e, in seguito, di dare l’allarme presso la polizia, ma
nessuno vuole credere alla fantastica storia di un’isterica apparentemente
confusa come lei. Inoltre, il tempo passa e Henry, l'unico che potrebbe
aiutarla a salvare la vita della sconosciuta destinata a morire, tarda ancora a
tornare. In un disperato tentativo di capire cosa gli sia successo, Leona
interpella la segretaria del marito e scopre che lui ha staccato prima dal
lavoro per uscire con una giovane donna, la signora Sally Lord. Forse si tratta
di un'amante; in quel caso, la signora Stevenson decide che deve saperne di più
e, accecata dalla gelosia, si mette in contatto con questa supposta rivale in
amore, scoprendo in lei una vecchia amica. Che coincidenza! Però è un caso
anche che il signor Lord sia un investigatore e che sia sulle tracce di Henry?
In un crescendo di tensione, tra boccette di sali e medicine prescritte dai
dottori, la curiosità di Leona cresce e il suo umore volubile degenera sempre
più, mentre apprende fatti sorprendenti sul marito e il telefono continua
a squillare nel silenzio della grande casa vuota, portando con sé storie di
sventura e di morte. Riuscirà a guarire se stessa e, in una disperata
corsa contro il tempo, a cambiare un destino che sembra già segnato prima del
frenetico finale della notte?
Il Terrore Corre sul Filo", per quanto mi riguarda,
occupa un posto singolare all'interno della narrativa di genere, poiché
rappresenta un'insolita variazione del giallo delle women in jeopardy,
e incarna alla perfezione il concetto di paradosso. Di norma, in ogni giallo
che si rispetti almeno un aspetto dell'indagine si rivela essere il contrario
di quanto si credeva in realtà (la vera natura del colpevole, soprattutto);
stavolta, invece, gli elementi che si vengono a capovolgere sono molto più
numerosi. La sua forma, gli atteggiamenti dei personaggi, lo stile,
l'ambientazione; tutto quanto appare normale a prima vista, alla fine si rivela
ribaltato. Ad esempio, il romanzo non è molto lungo: conta meno di 130 pagine e
si può tranquillamente leggere in una sola notte; eppure, a conti fatti, riesce
comunque a provocare una sensazione forte nel lettore, allo stesso modo del
film nello spettatore, come se si estendesse ben oltre i suoi confini materiali
e invadesse altre aree. Inoltre, ci aspetteremmo che la resa finale non sia più
di tanto valorizzata da questa brevità, quando invece è indubbio che lo
svolgimento "in tempo reale", tra la 21:30 e le 23:15, riesce a
conferire un ritmo irresistibile a una trama la quale, pur stringata, scorre
davanti ai nostri occhi come se fosse una pellicola, con le intestazioni dei
capitoli in forma di orari che scandiscono il numero di minuti rimanenti
all'assassino per colpire. In questo caso, pertanto, la brevità diventa un carattere
a favore dello svolgimento, in cui contano soprattutto l'urgenza e il senso di
tensione, e la profondità del carattere di Leona e degli altri personaggi non
viene sacrificata a vantaggio della frenesia; anzi, ci permette di conoscere i
tratti essenziali di tutti i protagonisti senza dilungarsi troppo.
A questo
proposito, poi, troviamo un nuovo aspetto paradossale di "Il Terrore Corre
sul Filo", che riguarda la personalità di tutti gli attori sulla scena. La
nevrotica protagonista (pp. 7-10, ma non solo), circondata dal lusso e dal
potere, antipatica fin dall'inizio al lettore per il suo carattere viziato e
noioso, astuta e instabile, alla fine risulta essere una vittima chiusa come in
una gabbia dorata (pp. 22-23), bisognosa di affetto e che trascorre l'esistenza
come in un carcere, tradita dai familiari e dalla falsa concezione del mondo
che è andata costruendosi nel corso della vita; suo padre, Jim Cotterell, da
potente affarista e pragmatico uomo d'azione, degno della stima dei suoi pari,
si rivela essere uno zerbino e il tipico esempio di sprezzante e ottuso parvenu, convinto
che solo il denaro faccia la felicità e che gli affetti siano superflui (pp.
24-28); la signora Jennings, zelante segretaria sul posto di lavoro, lascia
emergere una natura pettegola che la fa paragonare a un uccello non solo nella
descrizione (pp. 30-35); Henry Stevenson, all'apparenza intelligente e
integerrimo vicepresidente della società di Cotterell, in realtà dimostra di
essere ingenuo, vanesio (pp. 100-101), spregiudicato, orgoglioso, molto
determinato e troppo esigente; Sally Lord sembra una dolce madre di famiglia,
ma non prova alcun rimorso nell'abbandonare Leona all'incertezza sul destino
del marito (p. 68), come pure Mr. Evans, il quale nasconde una natura debole e
la coscienza sporca dietro futili scuse (p. 93). Tutti costoro, insomma,
appaiono agli occhi del lettore sotto una certa luce la quale, man mano che il
tempo scorre e le 23:15 si avvicinano, cambia e li trasforma negli opposti di
quanto credevamo, tanto da farci affezionare anche alla protagonista,
nonostante i suoi difetti, e a condividere i suoi timori nel parossismo di
tensione che genera la trama.
Fino alla fine restiamo accanto a
Leona, ci poniamo i suoi stessi quesiti, proviamo il suo enorme egoismo (tema
centrale del romanzo, assieme a quello della famiglia malata e dei rapporti che
ne scaturiscono (p. 24-26), raccontati da Charlotte Armstrong in opere come
"L'Insospettabile"),
seguiamo il suo cammino verso una vita irrealizzabile e assurda, nutriamo pietà
per lei, scaviamo nella storia grazie alle sue telefonate e ai
numerosi flashback, che ritraggono gli ambienti con essenziale
cura, e ricaviamo scampoli di un'esistenza futile e infelice e le informazioni
che lei stessa ottiene dai suoi interlocutori, alla ricerca di un omicida che
prima o poi, ne siamo certi, dovrà pur comparire sulla scena. E invece, cosa
quasi impossibile in un romanzo dove i ladri e gli assassini sono necessari per
la riuscita finale del prodotto, questo colpevole non si vede
(quasi) mai: non sappiamo nulla di lui, non abbiamo alcuna descrizione fisica
e, anche al momento in cui egli entra in scena, ci viene fornito come carattere
distintivo soltanto la sua voce roca. Ecco un altro aspetto paradossale di
questo piccolo capolavoro della suspense: probabilmente l'idea di
usare tale connotato intangibile è derivato dal fatto che "Il Terrore
Corre sul Filo" sia nato come pezzo radiofonico; tuttavia, bisogna
ammettere che esso si è dimostrato un originale espediente per
contraddistinguere questo romanzo del mistero (e il suo omicida) dai suoi
numerosi compagni. E se l'uomo che sferra l'attacco fisico resta nell'ombra, il
mandante (l'individuo di cui George e l'altro tizio parlano quando Leona
intercetta la loro telefonata) appare chiaro fin dall'inizio, almeno agli occhi
dei lettori smaliziati dei nostri giorni; un doppio paradosso, forse
inconsapevole, ma che non influisce sulla resa finale del libro, come pure in
quella del film di Litvak. Anche in quel caso, infatti, il "colpo di
scena" non sortisce gli effetti che deve aver prodotto negli anni '50,
quando entrambi vennero presentati al pubblico, poiché nemmeno la pellicola ci mostra
mai come sia in realtà il fantomatico George; eppure non posso fare a meno di
pensare che tutti e due restino una prova superba di quanto si possa fare per
produrre grandi risultati, pur impiegando pochi mezzi, e rappresentino opere
esemplari in entrambi questi campi.
Lucille Fletcher, nata nel 1912 e morta nel 2000 |
Non bisogna dimenticare, però, che "Il Terrore Corre sul
Filo" nacque come radiodramma e anche in quel caso guadagnò ampi
riconoscimenti. Facente parte della serie "Suspense", tra il
1943 e il 1960 venne ripreso ben sette volte, con protagonista Agnes Moorehead
ogni volta (l'attrice resta famosa per la sua collaborazione con Orson Welles,
il quale la fece debuttare sul grande schermo come la madre di Charles Foster
Kane, il protagonista del suo capolavoro "Quarto Potere", ma anche
per le interpretazioni in "Piano... piano, dolce Carlotta" di Robert
Aldrich e nella sitcom "Vita da Strega"). Lo stesso
Welles definì il copione del dramma come "la più grande sceneggiatura di
un singolo pezzo radio di tutti i tempi", e oltre alla trasposizione per
il grande schermo (che ottenne una nomination all'Oscar per la Stanwyck), esso
fu adattato nel 1959 e vinse un premio Edgar. Insomma, ottenne un successo
a dir poco strepitoso, se si pensa che la sua autrice ebbe il cosiddetto
"lampo di genio" mentre si trovava in un negozio di generi
alimentari. Lucille Fletcher (1912-2000) nata a Brooklyn e moglie del celebre
compositore Bernard Herrmann, infatti, stava aspettando il suo turno in coda e,
come ha raccontato una delle sue figlie, fu colpita dall'atteggiamento rude e
scostante che una donna vestita di visone aveva assunto nei confronti delle
altre persone. Da quell'incontro casuale nacque l'idea di usare come
protagonista una signora maleducata e insopportabile, ma con crucci segreti, la
quale venne umanizzata ma non ammorbidita dalla stessa Fletcher e dal suo
collega Allan Ullman (1908-1982) nella figura di Leona Stevenson: ciò che
rimase dai loro sforzi congiunti fu una persona reale e viva, ma che giaceva da
sola nell'oscurità, in preda alla paura della Morte. In seguito, Lucille
Fletcher si impegnò a scrivere altri drammi radiofonici e dieci romanzi, tra
cui "La Morte aveva i suoi Occhi" e "Ossessione Senza
Fine", mentre Ullman divenne editore e scrittore di libri a nome di Sandy
Alan; tuttavia nessuno dei due ottenne tanto successo come con il frutto della
loro prima collaborazione. "Il Terrore Corre sul Filo" è una variazione perfetta del thriller sullo
stile di quello di autrici come Rinehart ed Eberhart, in cui tutto si svolge in
pochissimo tempo e spazio, che mette in luce le illusioni di una donna degli
anni '40 in un mondo ostile, che nutre desideri impossibili (pp. 77-80) e vuole
soltanto raggiungere la felicità senza sacrificare nulla (pp. 53-54, 68, 81), e
immerso in un clima di tensione ben poche volte raggiunto o superato da altri
libri di questo genere. Consigliato per una lettura a letto, con luci abbassate
e totale silenzio: ne vale davvero la pena, credetemi.
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