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venerdì 13 settembre 2019

8 - "L'Insospettabile" ("The Unsuspected", 1946) di Charlotte Armstrong

Copertina dell'edizione pubblicata
nei Classici del Giallo Mondadori
n. 1391
Come ho osservato nella recensione di "Svanita nel Nulla" di Ethel Lina White, fin dai primi decenni del Novecento il sottogenere letterario delle women in jeopardy ha annoverato numerose discepole femminili tra gli ammiratori della sua formula, e ha riscontrato un largo consenso soprattutto in America. Proprio in questo Paese, infatti, esso era nato dai romanzi gialli di Mary Roberts Rinehart, con le sue infaticabili zitelle o fanciulle innamorate che rivivono i pericoli in cui sono incorse attraverso la filosofica frase "Se Solo Avessi Saputo...!", e nel corso degli anni ha saputo giungere a una piena evoluzione grazie all'opera di una nuova leva di autrici più o meno abili e originali, le quali, seguendo la strada tracciata dalle pioniere della suspense come Rinehart e la sua illustre collega Anna Katharine Green, hanno mantenuto con rispettosa deferenza i tratti fondamentali che le loro ispiratrici avevano stabilito, ma allo stesso tempo hanno impresso un marchio personale ai propri thriller, esaltando l'uno o l'altro di quegli stessi topos a seconda del proprio estro creativo e necessarie esigenze e iniettando linfa fresca alla crime story americana. Attraverso tale processo di innovazione, infatti, scrittrici come Mignon G. Eberhart, Helen Reilly e Dorothy Cameron Disney hanno operato grandi cambiamenti e prodotto molteplici risultati nel giallo delle "donne in pericolo", in modo tale che esso si è pian piano sviluppato dal circoscritto ambiente delle infermiere-segugio e degli aristocratici fino a comprendere un campo d'azione più vasto, spesso medio-borghese, popolato da personaggi meno artificiosi che vivono situazioni inattese e affascinanti, pur in qualche modo simili tra loro, e ha potuto conoscere un periodo di grande splendore; almeno finché la società non ha iniziato a cambiare punto di vista e l'attenzione si è spostata sul racconto della realtà di ogni giorno, con toni decisamente meno romantici.

In ogni caso, prima che ciò si verificasse inevitabilmente con il mutare dei tempi, queste donne risolute e talentuose riuscirono ad imporsi all'attenzione del pubblico e a radunare attorno a loro un largo numero di appassionati (tra i quali posso essere contato anch'io). E se la celebrità ha arriso più ad Eberhart e Reilly e ai loro detectives, senza dubbio una certa fama come autrice di suspense psicologici è riuscita ad ottenerla pure Charlotte Armstrong, della quale oggi recensisco "L'Insospettabile" (Classici del Giallo Mondadori n. 1391, 2016). Ripubblicato l'anno scorso in lingua originale dai tipi di Penzler Publishers, questo romanzo presenta i principali elementi del giallo delle women in jeopardy, tra cui la presenza della fanciulla in pericolo, dell'eroe che la salva, del "cattivo" subdolo e astuto che vuole dividerli e un'ambientazione familiare simile a un nido di serpi. A tutto ciò, tuttavia, Armstrong aggiunse uno studio mirato del tema della menzogna, delle sue manifestazioni e di come essa possa apparire verosimile quando inscenata da talentuosi artisti della finzione, e concentrò ancora una volta la propria attenzione sull'indagine dei sentimenti dei suoi protagonisti dal punto di vista psicologico ed emozionale, legandola agli enigmi puri del giallo americano, come aveva già sperimentato con la serie di MacDougal Duff. In questo modo, riuscì a tratteggiare i personaggi in maniera più veritiera del solito e, agli occhi del lettore, diede loro maggior spessore di carattere, infondendo un'impronta originale alla storia e, a lungo andare, al genere stesso di cui ho sopra discusso.

Scena tratta dal film "The Unsuspected", tratto dall'omonimo
romanzo
Tutto inizia con l'incontro in un ristorante di due persone, una signorina chiamata Jane e un giovanotto di nome Francis i quali, come si scoprirà, nonostante abbiano quasi la stessa età, sono zia e nipote. Sembrano una coppia come tutte le altre: lui è appena tornato dall'esercito, stanco e abbattuto dagli orrori della guerra; lei è una moglie affettuosa e premurosa. Eppure, fin da subito scopriamo che, dietro gli affettuosi saluti che si scambiano tra loro, si cela l'ombra di un pesante lutto: Rosaleen Wright, fidanzata di Francis e intima amica di Jane, si è da poco impiccata nello studio del suo principale, il famoso regista teatrale Luther Grandison. Ha lasciato un biglietto, come accade di solito, e le apparenze del caso, insieme alle testimonianze degli abitanti della casa, raccontano una storia che, per quanto triste, ha soddisfatto la polizia e i giudici. Anche Francis ha ormai affrontato la realtà: si è costretto a mettere il cuore in pace, e ha accettato di incontrare di nuovo la zia soltanto per capire il motivo del gesto estremo di Rosaleen. Tuttavia, Jane non ha risposte da dargli; anche lei non riesce a comprendere cosa abbia spinto la sua amica a togliersi la vita. Tutto quanto è assurdo, inspiegabile: la nota d'addio non sembra nemmeno scritta da lei, tanto lo stile è pretenzioso e ridondante, e i sottintesi nell'ultima lettera che la poveretta le ha scritto lasciano intendere che avesse dei progetti per il suo futuro con Francis. In compenso, però, Jane ha avuto l'opportunità di vedere di persona il grandioso Luther Grandison, quando si è recata con una cugina a Dedham per prendere in carico le spoglie di Rosaleen, e non si può proprio dire che quello le abbia fatto una buona impressione.

Certo; tutti conoscono l'uomo che ha messo in scena I morti non parlano, con Lilian Jellico, e il suo aspetto è apparso come quello che ci si sarebbe aspettati; però qualcosa non tornava nella sua aria tragica, da commediante, che sembrava studiata a tavolino per fare scena, tanto da indurre la ragazza a fingere di non essersi potuta recare fin laggiù e chiedere per sé, sotto falso nome, il posto lasciato vacante dalla sua amica. Francis, spazientito, non riesce a capire dove voglia andare a parare sua zia e teme di star perdendo il proprio tempo; finché Jane non cattura la sua attenzione accennando al sospetto che Rosaleen sia stata deliberatamente uccisa da Grandison. Il giovanotto è del tutto spiazzato da questa ipotesi: come avrebbe fatto un vecchio come quello a compiere un delitto del genere? Quale può essere il movente, e che prove ci sono a sostegno di questa tesi? In effetti, osserva Jane, gli elementi per incriminarlo scarseggiano; eppure, nella sua ultima lettera, Rosaleen ha accennato a un comportamento sospetto nel celebre drammaturgo, legato all'amministrazione del patrimonio di Mathilda (una delle sue protette, annegata di recente). Se avesse temuto di essere scoperto, Grandison non avrebbe esitato a servirsi del suo talento per la menzogna, acquistato grazie allo stretto rapporto col mondo delle maschere teatrali, al fine di convincere una giovane come lei a compiere certi gesti, prima di finirla. Inoltre, lui è un appassionato di delitti, e vanta di conoscere un individuo che può essere annoverato tra gli Insospettabili, ovvero coloro i quali hanno compiuto un crimine terribile e sono riusciti a scampare alla punizione. Che stesse parlando di sé? Pian piano, Francis si fa convincere dagli argomenti di Jane e, insieme a lei, decide di ideare un piano per smascherare Luther Grandison: la ragazza lo sosterrà in incognito grazie alla posizione privilegiata di segretaria del celebre drammaturgo, mentre lui fingerà di essere il marito vedovo di Mathilda e si impegnerà a raccogliere qualche prova concreta dell'assassinio di Rosaleen. Tuttavia, l'inaspettato ritorno di Mathilda nella casa di Grandison complicherà i loro progetti e le relazioni tra i personaggi; e quando sembrerà che le cose stiano finalmente volgendo al meglio, qualcun altro morirà e la situazione degenererà, in un crescendo di tensione che avrà il suo culmine in una scena di forte impatto alla discarica del distretto.

Copertina dell'edizione pubblicata da
Penzler Publishers
Con la pubblicazione di "L'Insospettabile" nel 1946, Charlotte Armstrong riuscì a far decollare sul serio la sua carriera di giallista, iniziata con la serie di MacDougal Duff. Probabilmente, la causa del considerevole successo di questo romanzo è da attribuirsi al fatto che esso presenta una sorta di struttura divisa in due parti, in cui la prima, più lenta, vede l'introduzione del "suicidio" di Rosaleen e la presentazione dei personaggi, con una graduale descrizione delle loro personalità e una maggiore concentrazione su ciò che pensano; mentre la seconda racconta in modo più frenetico e con grande enfasi le fasi del "risveglio" di Mathilda dal senso di torpore, in cui è caduta dalla rottura del suo fidanzamento con Oliver, e la sua ricerca della verità attraverso azioni pragmatiche e tutt'altro che passive. In quegli anni, infatti, lo schema del giallo di suspense prevedeva che la tensione fosse presente fin dall'inizio, impostata attraverso le atmosfere notturne o il racconto di minacciosi individui che si aggiravano nella notte; qui, invece, non viene subito percepita l'accentuata sensazione di essere precipitati in una storia in cui è in atto un'oscura macchinazione, ai danni della fanciulla di turno, ma si prova l'impressione di essere sospesi in un limbo inquieto, dentro la testa dei personaggi, e di leggere le loro sensazioni come se si trattasse di libri aperti. Si tratta di un espediente che era già stato usato dalle pioniere della crime story delle women in jeopardy per tratteggiare le figure delle loro protagoniste, ma che non era stato ancora esteso a tutti gli altri attori del dramma e messo in pratica con tale attenzione; Armstrong, invece, capì la forza del raccontare le vicende attraverso più punti di vista "interni" e sfruttò questo elemento per generare suspense in modo differente dal solito. Decise di soffermarsi in profondità sulle reazioni emozionali degli uomini e delle donne che inventava e muoveva a bacchetta, sforzandosi di far loro esprimere pensieri attinenti al modello reale cui si riferivano e rinunciando allo schema tradizionale per mettere in atto qualcosa di nuovo: concentrarsi sui legami, gli istinti e tutto ciò che i personaggi sentivano e provavano, quasi come se fossero quelli i "veri" enigmi che bisognava risolvere per capire come e perché un crimine fosse successo.

Fu un'intuizione significativa che, in sintesi, le permise di sviluppare una narrazione in cui l'indagine psicologica era sì presente fin dall'inizio, come avveniva negli altri gialli appartenenti a questo genere, ma in un primo momento essa si stemperava per farci meglio comprendere le cause che muovevano i protagonisti, in modo tale da trasformare il caso che seguiva in una diretta conseguenza dei moventi nascosti nella psiche; e tutto ciò senza rinunciare a generare tensione. Così, come Dorothy Cameron Disney e Helen Reilly fecero rispettivamente con stile e ambientazione, anche Armstrong innalzò un elemento del giallo (i soggetti) al di sopra degli altri: giocò con le percezioni e gli stati d'animo; dapprima dando spazio anche agli indizi fisici, come in "Un Cadavere al Giorno", in seguito concentrandosi sulla pura suspense. A partire da "L'Insospettabile", infatti, si percepisce un'evoluzione del mystery legato al ragionamento deduttivo-psicologico "alla Philo Vance" della serie di MacDougal Duff, dove le prove trovano significato solamente se accostate al comportamento dei personaggi, in un tipo meno pragmatico (se così si può definire) in cui conta l'esame dell'anima umana; un po' come se il famoso "sesto senso" avesse finalmente trovato una collocazione e un ruolo adeguato per poter influire sulla cattura di un criminale. L'attenzione per i sentimenti non tocca soltanto i personaggi, ma si riflette sullo stile, tanto nebuloso da apparire quasi confusionario, sulle ambientazioni, viste quali amplificatori di sensazioni, circondate da un alone di mistero simile a una nebbia dorata e immerse in un senso di pericolo incombente che rispecchia l'odio represso, e nello sviluppo dell'enigma e del tema principale sul quale ruota l'intero romanzo: la menzogna. Analizzata a fondo, con le sue molteplici sfaccettature, gli inganni sottili, le maschere sovrapposte, essa è il catalizzatore che scatena le tempeste, un mezzo che permette di influenzare ciò che le persone pensano, tanto da convincerle e manovrarle, e viene personificata nella figura più affascinante e angosciante di tutte; ovvero, quella di Luther Grandison. Appassionato di delitti celebri (come spesso avviene nei gialli classici), drammaturgo, egli può vantare trascorsi teatrali utili alla sua natura distorta, oltre a una reputazione rispettabile, che lo proteggono dai sospetti e gli sono d'aiuto per manovrare gli altri. Grazie alla sua arte affabulatoria, riesce a capovolgere le accuse che gli vengono rivolte come se per lui fosse naturale quanto respirare; può usare la manipolazione delle emozioni di quanti gli stanno attorno per scatenare crisi oppure per sollevare difese a proprio vantaggio; può dire qualunque cosa, anche improbabile, e sarà creduto più di un estraneo come Francis; può esagerare con le sue manovre, tanto gli altri penserebbero a una reazione della sua personalità drammatica, come se fosse un'espressione dei sentimenti e non qualcosa di calcolato, e crederebbero che nessuno potrebbe essere tanto sfacciato da mentire in modo tanto plateale. Addirittura, Francis risulta più sospettabile di essere un bugiardo a causa delle sue accuse a Grandison, che se lo stesso Grandison fosse davvero colpevole.

La menzogna, grazie al talento del drammaturgo, diventa una sorta di protezione fisica dal sospetto. Ciò sembrerà fin troppo fantasioso, ma in realtà non lo è: in fin dei conti, solo le prove stabiliscono con certezza se uno "lo-ha-fatto" oppure no; al massimo possono esserci pettegolezzi, ma se l'antagonista ha un ego abbastanza grande da sostenere (e sminuire) la situazione e una coscienza immune dai rimorsi, può considerarsi a posto per sempre. Si tratta di quello che la stessa Armstrong definisce, a pagina 16, come "Insospettabile": "Io conosco un uomo di questo tipo. [...] che ha commesso il più grave e il più interessante dei delitti, l'omicidio, e che non è mai stato sfiorato dal minimo sospetto. No, vive da anni con la maschera che porta per noi che dobbiamo avvicinarlo per le sue incombenze quotidiane, eppure ha ucciso. [...] Io lo so. Avrei fatto meglio ad aggiungere che anche le autorità lo sanno. Ma, ahimè, non c'è nulla che possa costituire una prova legale. [...] Vedete, con tutta la nostra intelligenza, noi non sappiamo come strappargli la maschera dal viso. Anzi, se io facessi il suo nome, lui potrebbe appellarsi alla legge e farmi condannare per calunnia. [...] Oh, sono in mezzo a noi. [...] Ci sono non soltanto delitti che non hanno trovato soluzione, ma anche delitti di cui mai nessuno ha sentito parlare, delitto ignoti... [...] Ci sono uomini e donne che sono scesi nella tomba senza che si facesse il minimo chiasso attorno al loro nome". In un certo senso, Grandison costituisce il prototipo del criminale perfetto, quello che "gioca a fare Dio" (p. 57) e che nella realtà si incontra pochissime volte e che gli autori della Golden Age come Anthony Berkeley (come dimenticare il dottor Bickleigh di "L'Omicidio è un Affare Serio"?) hanno provato a dipingere di volta in volta. Ognuno l'ha fatto a modo proprio, sondando con attenzione la mente traviata del suo cattivo attraverso l'ideazione di delitti all'apparenza perfetti; in questo caso, grazie alla formula dell'inverted story applicata al thriller e al superbo sviluppo del tema della menzogna, con "L'Insospettabile" Armstrong riesce a far entrare ancor più facilmente il lettore nel labirinto degli istinti e delle pulsioni costituito dai pensieri di Grandison (e degli altri personaggi), così che egli riesca appieno a comprendere non solo i conflitti interiori degli uomini e delle donne nell'America dei primi del Novecento, ma anche come sia facile, per chi è davvero abile, influenzare l'opinione di ognuno attraverso la menzogna; come se si trattasse di una sorta di "sfida spirituale" tra un mostro, che ha dalla sua la fortuna, e chi lo combatte, che deve spesso sforzarsi per farsi valere su un destino che sembra già scritto.

Charlotte Armstrong Lewi, nata nel 1905 e morta
nel 1969
Il concetto di "sconfiggere il Fato avverso" rappresenta uno dei nodi principali nei romanzi di Charlotte Armstrong Lewi, della cui vita si sa ben poco. Nata nel 1905 a Vulcan, nel Michigan, figlia di un ingegnere minerario, dopo gli studi e la laurea ottenuta al Barnard College iniziò a lavorare come giornalista, per poi passare alla scrittura di opere teatrali, per una compagnia che aveva fondato lei stessa, in seguito al matrimonio con Joseph Lewi. L'insuccesso in questo genere la indusse in breve tempo a cambiare registro e a cimentarsi nella crime story, dove esordì con il romanzo "Un Cadavere al Giorno" il cui protagonista era MacDougal Duff, un segugio dilettante ed ex-professore di storia che apparirà anche nei due gialli successivi. La serie presentava tutte le premesse per continuare a lungo e con un discreto successo; eppure, per ragioni sconosciute, essa venne accantonata, assieme al suo eroe, e dal 1946 Armstrong iniziò a progettare mysteries in cui le protagoniste erano donne. Giovani o anziane, nel ruolo di detectives oppure di vittime, esse costituivano tasselli di trame intricate e dai risvolti psicologici molto profondi, spesso caratterizzate da incursioni nei meandri delle menti dei personaggi e da sviluppi legati alla sfera emotiva; e nella maggior parte dei casi, da gentili donzelle in pericolo, le sue eroine assumevano nel finale ruoli che rimettevano in discussione i costumi che rivestivano della società del tempo. Proprio a partire da "L'Insospettabile" (per il quale l'autrice trasse ispirazione dai suoi trascorsi nel mondo del teatro), infatti, Armstrong iniziò a mettere in risalto il tema del Destino all'apparenza segnato, che rompeva lo schema adottato nei libri con Duff, grazie al quale le protagoniste vivevano una situazione di stallo e di insoddisfazione personale che, nel corso della narrazione, sfociava in una maggiore presa di coscienza di sé, in modo da mostrarsi meno disposte ad attenersi a ruoli inerti e apatici.

Da questa concezione della posizione della donna all'interno della società, l'autrice sviluppò un tipo di una narrativa che assunse una forte componente femminista, dove la famiglia giocava molte volte un ruolo negativo: in "Grazie per la Cioccolata", ad esempio, analizzò l'idea della difficile accettazione della parità dei sessi e, soprattutto, la rivalità tra parenti-serpenti a causa della gelosia e dell'odio; in "Mischief", Nell è causa della propria fortuna e della propria rovina grazie alle precedenti influenze della propria cerchia familiare; in "The Turret Room" la protagonista finalmente si è emancipata e si guadagna da vivere, però agli occhi della società ha ancora bisogno della protezione costituita dai tutori, che la osteggiano e tentano di corromperla. La soluzione, sembra suggerire Armstrong, è quella di evolvere per sopravvivere: la donna deve fare proprie le idee tradizionali e svilupparle in chiave moderna, e portò avanti questa convinzione anche nei romanzi seguenti, tra cui vanno ricordati "A Dram of Poison" (il quale vinse l'Edgar come "Migliore Romanzo" nel 1957) e "The Protégé". Allontanarsi dalla famiglia borghese, ancorata al passato e quindi malata, per costruire il proprio avvenire con fiducia in se stessi deve essere una priorità; anche Mathilda in "L'Insospettabile" compie un percorso simile. Il rapporto esistente tra lei e Grandison avrebbe finito per causarle un profondo conflitto interiore e malattie mentali (vedasi pp. 23-31 e 54-56, per esempio), fino a portarla alla distruzione, se non avesse incontrato Francis: la mente deviata del suo tutore l'aveva soggiogata (significativa la metafora dell'ago e della cera a p. 61, anche se applicata a un altro contesto), l'aveva convinta di non essere bella, di essere amata solo per il suo denaro, di essere considerata seconda in rapporto ad Althea (creata e distrutta a sua immagine e somiglianza, innalzata a dea ma ancora troppo umana da possedere desideri irrealizzabili), di essere caduta nelle trame di Francis perché sciocca, di non fidarsi di nessuno perché la gente mente, di stargli vicino perché solo lui la poteva capire. Il potere di Grandison (ed indirettamente di questa famiglia malata) viene espresso perfettamente da lui stesso in un passaggio del capitolo 19, alle pp. 106-107: "C'è qualcosa nella mia casa. Non puoi vederlo, naturalmente. Non puoi sentirlo. I cinque sensi non bastano a fartelo intendere, ma tu lo avverti lo stesso. È la Morte, credo. Non la Morte che ci è familiare, quella che viene a tempo debito per i vecchi e gli ammalati. Questa è la Morte che affascina. La Morte che è come un nero amante. Non vedi, anatroccola? [...] C'è un'attrazione, un impulso irresistibile. Ti è mai capitato, Tyl, di fermarti sull'orlo di un precipizio e di avvertire l'impulso di buttarti giù? [...] È la stessa cosa. Attrazione. Impulso. Che differenza c'è? Qualcosa vuole che tu ti butti giù e la faccia finita".

Con queste parole, Armstrong vuole mettere in guardia dalle influenze nefaste di chi circonda i suoi personaggi; non solo Mathilda, ma anche Jane e Francis sono in difficoltà. Eppure c'è un messaggio di speranza, alla fine: tutti loro riescono a far fronte alla situazione di disagio in cui si trovano (meraviglioso il confronto tra Mathilda e Jane alle pp. 138-141 e 169-173); persino la protagonista, da donna indifesa e insipida, acquista carattere, fiducia, forza d'animo, voglia di riscatto, e riesce ad affrancarsi dai suoi nemici, grazie alle esperienze e prove che la fanno crescere ed evolvere di pari passo con lo stile, da "impressionista" a sempre meno vago man mano che la storia prosegue. E qual è l'elemento di svolta, il motore di tale cambiamento? L'Amore, ovviamente, legato alla Fiducia; che salva non solo Mathilda, ma anche Jane dalla disperazione per il cugino e Francis dal dolore per la perdita di Rosaleen. Che proviene soprattutto da chi scegliamo di avere vicino. Il rapporto creato tra i due amati costituisce la proverbiale "ciliegina sulla torta" in una storia di cui, come accadde per "Mischief" e "Grazie per la Cioccolata", venne realizzato un film nel 1947, e che permise a Charlotte Armstrong di avviare una luminosa carriera che la portò, alla morte avvenuta nel 1969, a pubblicare nel corso di trent'anni un corpus di romanzi tale da ricevere la lode di numerosi colleghi, tra cui il critico e romanziere Anthony Boucher. Fu una scrittrice dal tratto vivido, atmosferico; usò il genere delle women in jeopardy per esplorare enigmi che andavano al di là del mondo fisico, per indagare il comportamento e i desideri degli uomini e delle donne. Aveva una grande considerazione del giallo tensivo: "Le persone che non leggono mai [storie di suspense] tendono a definirle tutte "mera evasione". [...] Se suppongono che un romanzo di suspense sia facile da fare e quindi in qualche modo economico, dovrebbero provare a farlo" osservò una volta; pertanto costruì intrecci molto curati, in cui le sensazioni dei personaggi erano gli unici elementi capaci di squarciare il velo della mistificazione, intessuto dagli antagonisti. Come se suggerisse che solo i sentimenti guidano l'uomo e gli permettono di vedere veramente, al di là del mondo onirico in cui si ritrova, dove le azioni si confondono, nulla è chiaro e i fantasmi dei rimpianti vagano senza meta. A me pare un bellissimo messaggio, che mi trova d'accordo.

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