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venerdì 18 dicembre 2020

55 - "Delitti di Natale" di AA.VV. (Polillo Editore, 2004)

Copertina dell'edizione pubblicata da
Polillo Editore
Con l'arrivo delle feste di Natale, ognuno di noi trova quasi sempre il tempo di dedicarsi ai propri passatempi preferiti. Infatti, in un periodo del genere, nonostante a volte siamo indaffarati più del solito a causa di cenoni da organizzare, regali da comprare, scrittura di inviti e biglietti d'auguri e molto altro, bene o male riusciamo pure a ritagliare qualche scampolo della giornata per occuparlo con qualche attività che ci renda felici. C'è chi decide di dare libero sfogo alla propria abilità in cucina, unendo quindi l'utile (per la preparazione delle cibarie natalizie) con il dilettevole (nella sperimentazione di nuove ricette); altri che approfittano della situazione per fare più allenamento, sia in casa con l'attrezzatura specifica che all'aperto grazie a salutari passeggiate, in vista dei bagordi in arrivo nei giorni di festa; altri ancora, intenzionati a dare un tocco di classe alla casa, si organizzano per rimodernare le stanze della propria abitazione per fare spazio in previsione di ospiti in arrivo o semplicemente per dare risalto allo spirito del Natale, decorando mobili e suppellettili con festoni e decorazioni. Da parte mia, nel mese di dicembre occupo il tempo che riesco a sottrarre ai miei doveri con specifiche letture a tema invernale e natalizio, non necessariamente di romanzi gialli: il bello, infatti, non sta nel soffermarsi sempre e comunque su un solo genere narrativo, così che ben presto esso possa venire a noia, ma spaziando in altri campi che riescano a rilassarmi. Ad esempio, mi diverte molto dedicare qualche ora alla lettura di fumetti, poco impegnativi a livello di sforzo mentale, ma non per questo meno affascinanti e coinvolgenti dei romanzi più strettamente attinenti alla Grande Letteratura. Quest'anno, però, all'interno della serie di analisi che ho organizzato mesi fa, ho deciso di provare a cimentarmi in qualcosa che, dalla fondazione di Three-a-Penny, non avevo ancora affrontato: racconti gialli dedicati alle feste della fine dell'anno e ambientati sulla neve. I motivi di questa scelta sono presto detti: lo faccio sia per provare qualcosa di diverso dal solito romanzo che finora ho sempre affrontato sia, riallacciandomi all'inizio di questa recensione, per consigliare una serie di testi che possano andare incontro a chi magari ha poco tempo da dedicare all'esplorazione di nuovi passatempi, e altrimenti non si avvicinerebbe al genere senza andare sul sicuro per spendere energie.

E che cosa c'è di meglio, che qualche racconto a tema natalizio, per approcciarsi alla classica crime story? Infatti, l'atmosfera delle feste si adatta perfettamente al genere giallo, con il suo contrasto tra la confortevole sensazione di trovarsi in camere e salotti illuminati da camini con fuochi scoppiettanti, nella cui penombra si stagliano abeti addobbati con palline e luci, e ai cui piedi trovano alloggio gran quantità di pacchetti legati da nastri colorati, e la minaccia di un mistero da risolvere e di un assassino nascosto nella brughiera che circonda l'edificio o in qualche stanza dei piani superiori. Tavole sontuosamente imbandite, attorno alle quali gioiosi amici chiacchierano, cantano e si divertono tutti assieme, contrastano con le gelide tempeste che si scatenano al di là del vetri delle finestre, nel buio della notte che inghiotte la campagna imbiancata dai fiocchi di neve. E in tutto questo, proprio quando tutti sembrano divertirsi tra loro, ecco che accadono alcuni strani eventi che, quasi a dispetto della gioia condivisa, sembrano accadere apposta per turbare la quiete e la tranquillità. In sintesi, nelle storie del mistero ambientate a Natale si verifica la migliore condizione che costituisce la premessa del giallo vero e proprio: una mescolanza "artistica" di ambientazione, esecuzione e dimostrazione di un enigma, in cui deve per forza dominare una certa originalità capace di allontanare ogni convenzione "noiosa" applicata alla realtà. Quindi, niente che abbia a che fare con la prevedibilità. Per questo, come prima raccolta da recensire su Three-a-Penny, ho scelto "Delitti di Natale" di Polillo Editore (tra l'altro, in questi giorni in ripubblicazione per Rusconi). L'unico problema è: come fare nella pratica? Di solito, quando mi concentro su un romanzo, mi sforzo di toccare tutti i temi e le sfaccettature che lo caratterizzano, in modo da restituire un'analisi di esso quanto più completa ed esaustiva. Ma se mi mettessi a compiere un'azione del genere per ogni racconto (vi avverto che sono ben quindici!), temo che non finirei più. Pertanto, ho deciso di seguire questo percorso: farò un breve excursus di ogni storia, cogliendo qualcosa della trama e dei temi principali che essa contiene, e lascerò perdere la parte dedicata soltanto alla vita dell'autore. Purtroppo è necessario, al fine di non dilungarmi troppo. Pertanto, andiamo a vedere il primo di questi racconti.

Henry Christopher Bailey, nato nel 1878 e
morto nel 1961
Esso si intitola "L'Assassino Sconosciuto", ed è stato scritto da Henry Christopher Bailey, il cui nome viene accorciato in H.C. Per essere la storia di apertura della raccolta, è ben strana nella sua costruzione: infatti, nonostante sia ambientata nel periodo di Natale e il primo delitto avvenga durante una festa in un orfanotrofio, essa reca ben poca di quella suggestione affascinante che abbraccia e scalda i cuori. Ciò che mi ha colpito più di tutto, infatti, è la prevalenza di un'accentuata crudeltà e malignità in tutta la faccenda, sottolineate da uno stile secco, quasi crudo. Non ci sono allegre riunioni di amici affettuosi, oppure pranzi deliziosi e personaggi animati dallo spirito delle feste. Lo stesso Reginald Fortune, l'investigatore dilettante che per caso si trova invitato al party per i bambini orfani, non lascia trasparire alcun affetto manifesto: è un chirurgo di fama nazionale, collabora con Scotland Yard da diverso tempo, e osserva ogni cosa con un distacco quasi inumano. Quando viene convocato nello studio di una dottoressa a cui hanno brutalmente tagliato la gola, lascia trasparire una preoccupazione niente affatto emotiva, quanto inorridita e gelida; nel momento in cui egli si trova a dover salvare la vita a un bambino avvelenato con dell'arsenico, si comporta con grande distacco anche nei confronti dei genitori del piccolo, dal momento che "potrebbero essere i responsabili del tentato omicidio"; nel frangente in cui l'antagonista lo attira in una trappola, non si fa scrupoli ad assumere un comportamento che, nel 1923 e ai giorni nostri, avrebbe suscitato più di una sdegnata reazione. Dopo aver letto "L'Assassino Sconosciuto", capisco perché H.C. Bailey è stato uno dei giallisti (e membri del Detection Club) più celebri nel periodo tra le due guerre mondiali: ha saputo raccontare il delitto in un modo innovativo, senza mai scadere nei cliché del genere e, soprattutto, senza intaccare nel modo più assoluto il risultato finale delle sue opere. In questa storia in particolare, sono molto importanti il tema della medicina (sviscerato in termini tecnici come sono un dottore specializzato avrebbe potuto fare) e quello della giustizia, la psicologia (pp. 16, 21, 30, 37) su cui si basa tutto il mistero (non c'è molto fair play) e, come dicevo, il diabolico, infernale, crudele e maligno soffermarsi su situazioni che non sono per niente confortevoli. Un freddo Natale aspetta Mr. Fortune e un omicida spietato e folle. (Voto complessivo: 4/5*)

Nel secondo racconto, invece, cambiamo del tutto contesto e troviamo il caro, tradizionale e suggestivo delitto nella neve, per di più avvenuto nei pressi di un treno bloccato dalla neve. In "Un Problema in Bianco" di Nicholas Blake, altro celebre giallista membro del Detection Club, tutta la faccenda si svolge nell'arco di qualche ora, durante le quali un gruppetto di passeggeri deve fare i conti con la morte di uno di loro. L'antipatico Arthur J. Kilmington, infatti, ha esasperato tutti quanti, con la sua preoccupazione per essere in ritardo per un importante appuntamento di lavoro, e quando poco dopo viene rinvenuto cadavere in mezzo alla neve ai lati del convoglio, costretto a fermarsi per la troppa neve sulle rotaie, nessuno prova grande dispiacere per la sua dipartita. E anche quando viene accertato che la morte è stata causata da uno scatto di ira violento, all'apparenza tutti sono privi di un movente; ma come sempre le cose non sono come sembrano. Come nel più classico dei gialli, i discorsi tra i passeggeri prima del fattaccio lasciano trapelare qualche cenno a possibili risvolti nel caso, primo tra tutti il ricordo di una rapina avvenuta appena qualche settimana prima, quando la posta trasportata dal convoglio era stata letteralmente gettata giù dal treno in corsa e una collana di smeraldi era stata trafugata assieme a tutto il resto. C'è forse qualche legame tra la morte di Kilmington e il prezioso gioiello? Tocca a Henry Stansfield, investigatore assicurativo, scoprire la verità all'intenro di questo racconto che, come dicevo, ricalca in toto i canoni del giallo più classico: abbiamo l'ambientazione giusta, con tanta neve (pp. 49-52) e un'isolamento dal mondo esterno; uno stile colto ma non troppo pretenzioso; personaggi sospetti e vari che vengono delineati abbastanza da poter suscitare domande nel lettore; una certa dose di ironia per alleggerire i toni; alcune riflessioni sul crimine (p 47) ma soprattutto un mistero articolato che presenta una stuzzicante sfida al lettore (il testo è diviso in due parti e la seconda si trova alla fine del volume), che si attiene al fair play e può contare su otto indizi nascosti dall'autore tra le righe. Insomma, un vero gioiellino. (Voto complessivo: 5/5*)

Gabrielle Margaret Vere Campbell, alias Marjorie
Bowen, nata nel 1885 e morta nel 1952
In "Una Buona Bevanda Calda" di Marjorie Bowen, terza storia della raccolta, ci spostiamo nel campo della suspense e del giallo basato sul suscitare emozioni più o meno confortevoli. Un dottore viene invitato a restare nella casa di un suo paziente per proteggerlo da un'oscura minaccia: sua moglie, infatti, lo starebbe avvelenando lentamente per potersi sbarazzare di lui e sposare un misterioso amante. Bevis Holroyd, il protagonista, è tuttavia scettico: il malato non gli sembra poi così messo male, nonostante non abbia una bella cera, e pertanto non bisognoso del suo appoggio. Certo, il vecchio sir Harry Strangeways deve essersi fatto suggestionare dall'atmosfera tetra e deprimente della casa, popolata da silenziosi servitori e da un segretario tutto sorrisi posticci... Eppure, dopo aver saputo la storia dello sgradevole aristocratico, Holroyd non può fare a meno di trovare alcune analogie con la sua personale: ricorda ancora adesso, dopo dieci anni, come la sua amata lo avesse abbandonato in favore di un altro uomo; e si lascia andare ai ricordi, proprio quando la signora Strangeways fa il suo ingresso nella camera del malato col solito bicchiere di latte caldo. E da lì iniziano i guai... Ciò che più mi è rimasto impresso, dalla lettura di questa storia, è stata la vena di nostalgia (pp. 63, 65-66), sottile terrore e minaccia che emerge da essa: in un'ambientazione onirica, dove chi si muove lo fa come se si trovasse in un sogno (o un incubo) ad occhi aperti, ogni cosa è vivida e allo steso tempo nebulosa (pp. 57-58, 65-67); emerge e si immerge di volta in volta, mentre le vicende scorrono come su pellicola e il protagonista si trova sempre più imbrigliato in un complotto che pare nato dalla mente delle Regine del Brivido americane. In questo caso, però, troviamo una giusta commistione tra la suspense e la solidità del classico giallo britannico, un po' vecchio stampo. L'unica cosa che ho trovato un po' scadente è l'enigma, ideato più come una serie di azioni che si susseguono senza che chi legge possa riuscire a scoprirle prima del tempo. In ogni caso, ho letto di peggio e il risultato finale contribuisce a variare le tipologie di gialli raccolti in "Delitti di Natale". (Voto complessivo: 3/5*)

Poteva mancare Agatha Christie in questa serie di racconti? Affatto. Così è stato selezionato "Una Tragedia Natalizia" da "Miss Marple e i Tredici Problemi"), con protagonista la zitella esperta della natura umana che indaga con discrezione sfruttando il pettegolezzo e la propria esperienza di vita. La dolce vecchina ricorda un delitto nel quale è stata involontariamente coinvolta, avvenuto in una stazione termale qualche anno prima: una donna era stata strangolata nella sua camera, e lei aveva sospettato fin da subito che il colpevole fosse il marito. Più di una volta, infatti, miss Marple lo aveva scorto a sorridere sotto i baffi e a tentare con disinvoltura di farla fuori; per cui era stata più all'erta possibile, anche se non era riuscita a salvarla. Ciò che la lasciava di stucco, tuttavia, era il fatto che all'apparenza il signor Sanders, il presunto assassino, poteva dimostrare di avere un alibi di ferro al momento del decesso della moglie; anzi, aveva scoperto il corpo proprio assieme a miss Marple! Esiste forse qualche tranello? La zitella ha una teoria, suscitata da uno sportello chiuso a chiave... Come sempre, Christie si dimostra una maestra della narrazione, capace di intrattenere con futili discussioni come quelle che avvengono tra gli ascoltatori della rimembranza di miss Marple, delineare personaggi stupendi che prendono vita davanti ai nostri occhi, inserire piccoli cenni autobiografici (pp. 83-85, 88, 91, 98), sull'intuizione femminile (pp. 85-87, 92) e sulla malvagità della natura umana, discutere simpatiche digressioni (pp. 81-85) e costruire un'inverted story nella quale gli indizi per arrivare alla verità non mancano, così da soddisfare qualunque tipo di lettore (attenzione però: l'idea di base è stata riciclata per un romanzo!). Più di tutto, comunque, ho apprezzato i commenti un po' cinici e disinteressati dei personaggi che trattano tutta la faccenda tra il serio e il faceto, punzecchiandosi a vicenda e sforzandosi di scoprire la soluzione del mistero, proprio come se si identificassero in noi lettori (e viceversa). Assolutamente uno dei migliori racconti della raccolta. (Voto complessivo: 5/5*)

Joseph Commings, nato nel 1914 e morto nel 1992
Il quinto racconto si intitola "Di Ritorno per Natale" ed è stato scritto dal londinese John Collier, uno scrittore che iniziò la propria carriera come poeta e in seguito approdò alla letteratura gialla e di fantascienza. In modo opposto a quanto fatto da Marjorie Bowen, la quale aveva trasportato la suspense americana nel giallo all'inglese, Collier trasferisce una storia con premesse tipicamente britanniche in un contesto che a mio parere ha più a che fare con il mystery d'oltreoceano. Poco dopo l'inizio della storia, infatti, veniamo a sapere che il dottor Carpenter ha intenzione di uccidere la moglie per potersi trasferire in America e sposare una donna più giovane; e in seguito assistiamo all'atto violento con una certa crudezza. Per il resto della vicenda, entriamo nella testa dell'assassino e ne seguiamo i pensieri folli e i repentini cambi di emozione: dapprima è determinato a compiere il proprio triste compito, poi è eccitato dall'impresa portata a termine, poi spaventato da ciò che lo aspetta, preoccupato quando i vicini di casa gli piombano in casa senza preavviso, e infine sollevato per essere scampato alla giusta punizione. Ma sarà davvero così? Non bisogna dimenticare che Collier era pure un autore di testi surreali, cosa che gli permise di emigrare a Hollywood per lavorare alle serie "Ai Confini della Realtà" e "Alfred Hitchcock Presenta". Pertanto, in "Di Ritorno per Natale" troviamo un'alta dose di ironia che potrebbe essere accostata a quella di Francis Iles, uno stile diretto e introspettivo che indaga sulla psicologia dell'omicida e ci permette di sondarne le sensazioni e i pensieri malsani, e un'aura di irrealtà la quale attraversa gli eventi narrati. L'enigma, a mio gusto personale, non mi è piaciuto molto proprio perché si rifà un po' troppo al tipo americano, con tanto di cadavere fatto a pezzi mentre l'assassino si denuda per non lasciare alcuna traccia sui propri vestiti. In ogni caso, come era stato nel caso di Bowen, non bisogna trascurare che la varietà dei tipi di giallo è molto ampia e che ci sta bene una storia come questa, in una raccolta che intenda esplorare tutte le declinazioni del genere. (Voto complessivo: 3/5*)

Con Joseph Commings e il suo "Serenata per un Assassino", entriamo finalmente nel sottogenere che molti tra gli appassionati di classica crime story prediligono: quello del delitto impossibile. E il fatto che l'autore sia un americano non deve spaventare, dal momento che la storia pare ambientata in Inghilterra e il risultato finale non fa rimpiangere i racconti scritti in Terra d'Albione. In un certo senso, ancora un volta ci troviamo nella situazione di "Una Buona Bevanda Calda": alcuni caratteri della vicenda sono senza dubbio riconducibili alla società d'oltreoceano, ma molti altri si rifanno alla tradizione più classica. Il protagonista. infatti, è un senatore gigantesco e geniale, di nome Brooks U. Banner, chiamato ad investigare sull'inspiegabile omicidio di un celebre pianista, Caspar Woolfolk, trovato morto all'interno di un padiglione attorno al quale si trova una distesa di neve immacolata. Siccome è indubbio il fatto che il decesso non sia un suicidio (manca l'arma del delitto), appare chiaro che qualcuno deve per forza essersi allontanato dalla casina dopo il fattaccio; ma come ha fatto? Recatosi sul posto, Banner entra in contatto con gli strani abitanti della casa del famoso artista: Ora Spires, la giovane e insicura segretaria del defunto; Verl Griffon, un giornalista che si interessa del caso per amore della ragazza; Caroline Spires, la sorella di Ora che aveva sfruttato le proprie doti ammaliatrici per irretire Woolfolk; e la piccola Beryl, figlioletta del pianista affidata alle cure della signorina Spires. Ognuno di loro appare come un piccolo spirito demoniaco, con manie e disturbi ossessivi; ma è soprattutto Ora ad incuriosire il senatore, dal momento che lei afferma di aver ucciso Caspar nel sonno, poiché soffre di sonnambulismo. Possibile che fatti strani e inspiegabili come quello possano accadere nella realtà? Tutto lo lascia presupporre, ma... Ho trovato questo racconto a dir poco affascinante e suggestivo: le digressioni sulla psicologia, sullo spiritismo e sulla psicologia folle e deviata riescono ad alimentare l'aura di mistero e di inspiegabilità che pervade ogni pagina della storia; i personaggi possiedono caratteri che li rendono vivi e particolari, con personalità originali; il mistero, tanto privo di spiegazione razionale nelle apparenze, riesce a presentare una soluzione plausibile che si rifà alla tradizione, con tanto di fair play, nonostante la psicologia giochi un ruolo importante al suo interno. Straordinario. (Voto complessivo: 5/5*)

Fergus Hume, nato nel 1859 e morto nel 1932
Abbiamo poi "Persone o Cose Ignote" di Carter Dickson, ovvero John Dickson Carr, il Maestro del delitto della camera chiusa. Si tratta di un racconto un po' particolare, che consiste in un lungo flashback durate il quale un ignoto anfitrione ripercorre per altrettanti ignoti ospiti una storia di terrore e delitto avvenuta nientemeno che nel XVII secolo. Mentre fuori dall'edificio infuria una tempesta, egli narra come un tale di nome Richard Oakley, promesso sposo della figlia di un importante gentiluomo del tempo, sia stato quasi fatto a pezzi da un'entità che nessuno ha visto o sentito entrare nella camera di lei; una stanza che si trova proprio nella casa dove il gruppo di avventori si sta lasciando intrattenere dal loro narratore. Bisogna specificare che costui, un tempo quasi ridotto sul lastrico da alcune leggi inglese che minacciavano di togliergli tutti i possedimenti e gli averi, aveva sottratto l'amata ragazza a un altro signore, un certo Gerald Vanning che potrebbe aver colto al balzo l'occasione per eliminare il rivale in amore: infatti, quando il povero Oakley era stato trucidato, lo stesso Vanning si trovava nella stanza assieme alla giovane ragazza e alla vittima. Tuttavia, lui era senza spada e al momento dell'inchiesta era stato quindi scagionato. Nessun altro era entrato nella camera fatale, oltre ai tre. Pertanto, si trattava di un delitto commesso da qualche demone malvagio, uno di quelli che si raccontava Oakley amasse evocare? Di questo racconto ho apprezzato il trucco (perché di questo si tratta) con cui l'antagonista ha commesso il proprio crimine, oltre alla caratteristica atmosfera di terrore e mistero che soltanto Carr riusciva ad evocare. Il melodramma, il cliché della camera infestata e maledetta, il fascino della stregoneria che offusca la razionalità degli inquirenti, il finale dove il sospetto non viene mai dissipato del tutto, oltre alla solida costruzione dell'enigma, hanno dato vita a una storia ben strutturata e intrigante. Unica pecca che forse può far storcere il naso ad alcuni lettori: le descrizioni storiche e uno stile un tantino didascalico. Ma non è il mio caso. (Voto complessivo: 5/5*)

"Il Tocco del Fantasma" di Fergus Hume, neozelandese, è l'oggetto della prossima analisi. Con esso, torniamo ancora una volta verso un passato che anticipa il Novecento, dove le persone si muovono in calesse e i trucchi dell'enigma sono legati a una tradizione che doveva ancora essere innovata. Abbiamo il narratore, il dottor Lascelles, il quale viene invitato da un vecchio amico che non vedeva da un pezzo, l'australiano Frank Ringan, a trascorrere il Natale nella vecchia casa di famiglia, immersa nei boschi della campagna inglese e di proprietà del cugino Percy. Il dottore, da parte sua, sopporta a malapena quest'ultimo e desidererebbe passare le feste per conto proprio; ma quando viene a sapere che in una certa stanza del maestoso edificio pare aleggi la misteriosa presenza di uno spettro, si lascia convincere dalla propria curiosità a recarsi laggiù. Inoltre, il povero Frank soffre di cuore debole, e Lascelles teme che un forte shock potrebbe essergli fatale, per cui decide di vegliare sull'amico. Una volta giunto sul posto, niente farebbe presagire che una minaccia stia per abbattersi sugli invitati: i pranzi e le cene sono squisiti, la governante un po' sulle sue ma disponibile ad accontentare i desideri degli ospiti, e il padrone di casa affabile. Tuttavia, dopo qualche giorno, la camera di Frank prende fuoco per uno sfortunato incidente ed egli si vede costretto a dormire nell'unica camera libera dell'edificio: quella infestata dal fantasma. Verrà visitato pure lui dall'entità misteriosa? Tutto sommato, questo non è stato un racconto brutto. Certo, ci sono alcuni appunti da fare, ma penso siano dovuti al tanto tempo trascorso da quando esso venne scritto. Ad esempio, lo stile è un po' antiquato, addirittura di più di quello di Richard Austin Freeeman; la soluzione dell'enigma non lascia chissà quale colpo di scena al lettore; e i personaggi sono pochini. Però ho apprezzato il grande senso dell'atmosfera e dell'ambientazione che pervade il racconto: si riescono ad immaginare le situazioni e i movimenti dei protagonisti, oltre ad entrare nello spirito del tempo e a farsi un'idea di come dovesse essere vivere in quel periodo. (Voto complessivo: 3/5*)

Ngaio Marsh, nata nel 1895 e
morta nel 1982
Ora viene il turno del racconto di questa raccolta che più di tutti mi è piaciuto: "Il Morto che Ascoltava la Radio" di un'altra neozelandese, la regista e superba giallista Ngaio Marsh. Lo sgradevole Septimus Tonks viene ritrovato morto, la mattina di Natale, davanti all'apparecchio radio che tanto aveva amato in vita. Oltre alla cameriera cui tocca questo triste fardello, pure il maggiordomo Chase e il segretario della vittima Hislop hanno la possibilità di osservare bene il corpo, prima dell'arrivo del dottore di famiglia, Henry Meadows, e si rendono subito conto di come il poveraccio debba essere deceduto: fulminato da un cortocircuito causato proprio dalla radio, come testimoniano le dita annerite. Ben presto, la polizia viene convocata e l'ispettore-capo Roderick Alleyn, coadiuvato dal fido sergente Fox e dalla sua squadra di agenti addestrati, si reca sul luogo del delitto. Le apparenze farebbero venire in mente una disgrazia dovuta alla casualità, ma gli astuti poliziotti hanno molti strumenti per passare in rassegna quanto è accaduto, e ben presto emerge l'incontrovertibile verdetto che qualcuno ha deliberatamente manomesso l'apparecchio del signor Tonks affinché esso gli desse una potente scossa. In casa, tutti quanti mal sopportavano il defunto: la moglie bistrattata e del tutto schiavizzata, i figli Guy, Arthur e Philippa, lo stesso Hislop, per non parlare della servitù. Dunque, chiunque avrebbe potuto approfittare dell'assenza del vecchio scorbutico per armeggiare con la radio e preparala per attivarsi, pur essendosi prima procurato un valido alibi. Ma le cose a un certo punto si complicano, quando un movente più degli altri s staglia nella mente di Alleyn... Penso davvero che Ngaio Marsh abbia meritato di essere compresa nel novero delle quattro Regine del Crimine, assieme a Dorothy L. Sayers, Agatha Christie e Margery Allingham. Leggendo questa storia, si capisce benissimo come ella fosse esperta delle procedure della polizia (i suoi gialli sono validissimi police procedural); e della cosiddetta "meccanica del delitto", vista la solida parte del caso dedicata alle spiegazioni del funzionamento dell'apparecchio di Septimus. Lo stile è avvolgente, nel senso che ci permette di calarci nelle vicende raccontate come se noi ci trovassimo sulla scena del crimine, durante gli interrogatori. L'autrice possiede inoltre il talento di generare un'atmosfera di spessore, in cui si muovono personaggi molto ben caratterizzati (in particolare, ho amato molto Philippa Tonks, pp. 186-190). La pazzia e le conseguenze che essa genera sugli altri esseri umani, dando vita a disagi e ossessioni, vengono sviscerate e restituite a ci legge con grande chiarezza, e l'enigma stesso è assolutamente pazzesco. In esso troviamo fair play e approfondimento psicologico in pari misura, così da dare vita a un racconto equilibrato e straordinario. Grande Ngaio Marsh! (Voto complessivo: 5/5*)

Il decimo racconto ci porta in America, più precisamente a New York. In "La Bambola del Delfino" di Ellery Queen, troviamo il giovane scrittore di gialli e investigatore dilettante omonimo intento a preparasi per il Natale imminente, assieme alla segretaria Nikki Porter e a suo padre, l'ispettore Richard Queen. Mentre quest'ultimo è intento a riempire il tacchino natalizio, si presenta alla loro porta l'avvocato Bondling, il quale deve risolvere una spinosa questione. A quanto parte, una ricca signora di nome Cytherea Ypson è appena deceduta e gli ha affidato il compito di amministrare la sua vastissima collezione di bambole. Si tratta di qualcosa di enorme, in mezzo al quale soltanto un esemplare potrebbe essere effettivamente venduto per rimpinguare le casse di un noto orfanotrofio della città: la celebre "Bambola del Delfino", che venne regalata al giovane Luigi XVII di Francia poco dopo la caduta dal trono dei genitori durante la Rivoluzione Francese. La bambola, in realtà, non ha quasi valore; è lo zaffiro che porta sulla testa a costituire il grosso del suo prezzo. Tutto ciò, comunque, non creerebbe alcun problema al povero Bondling, se non fosse per un piccolo intoppo: la povera signora Ypson ha decretato che, prima di essere messe in vendita, tutte le sue bambole debbano essere esposte ai Grandi Magazzini Nash. Sotto allo sguardo di tutti, la Bambola del Delfino potrebbe attirare fin troppe attenzioni; e infatti un noto ladro di nome Comus ha già anticipato che riuscirà a sottrarre il prezioso oggetto. E come in questi casi vuole la tradizione, nonostante l'ampio dispiegamento di forze della polizia messo in atto dal signora Queen Sr., la Bambola viene effettivamente sottratta. Ma come può essere riuscito il criminale a compiere il furto? Toccherà ad Ellery scoprire la verità. Tutto sommato, questo racconto costituisce un classico del giallo americano: ha tutte le carte in regola per rientrare nella categoria. Le forze di polizia abituate a fare a botte e a far rigare dritto i criminali, l'azione che va di pari passo con il lavorio della mente e lo studio della psicologia, alcune citazioni e uno stile elegante ma scattante... Tutto si rifà alla tradizione che i cugini dietro lo pseudonimo Queen fecero grande con le loro opere. In particolare, però, va segnalato come l'enigma sia costruito con una cura ancora maggiore del solito e che non veda alcun cadavere apparire sulla scena: qui infatti il crimine consiste in un semplice furto. L'impossibilità apparente del mistero dà un tocco in più al racconto, che nella mia personale classifica si ferma a quattro stelle soltanto perché ho qualche problema a farmi piacere lo stile della coppia di autori. (Voto complessivo: 4/5*)

Mary Roberts Rinehart, nata nel 1876 e
morta nel 1958
Restiamo in America ma ci spostiamo di sottogenere, da quello prettamente tradizionale alla tanto agognata suspense delle Regine del Brivido. Di Mary Roberts Rinehart, la raccolta propone un delizioso racconto intitolato "La Vigilia di Natale del Maggiordomo". Si tratta di una piacevole storia, dove regna un'atmosfera nostalgica che si adatta perfettamente al periodo delle feste natalizie. Il vecchio William è fermo alla fermata dell'autobus con un pacchetto tra le braccia e una grande apprensione nel cuore: infatti, proprio in quella fatidica vigilia si appresta a tornare nella casa dove ha trascorso gran parte della sua esistenza, facendo il maggiordomo per la famiglia del maggiore Bennett, detto il Vecchio. Costui ha impiegato la propria vita nel tentativo di essere un padre adeguato alla giovane nipote, Sally, resa orfana dalla guerra e dalle disgrazie, e si è sforzato di mettere a tacere il proprio orgoglio prorompente di fronte alle avversità. E William lo ha sempre coadiuvato, allevando per lui la bambina e provvedendo a che nella casa non mancasse nulla. Ma ormai quel tempo è passato: il marito della "piccola di casa" ora è in guerra e non si sa se tornerà mai vivo dal confitto, lei stessa è ormai cresciuta in fretta per allevare il suo bambino, e il Vecchio ha raggiunto un'età che, aggravata da una menomazione che lo ha colpito molti anni addietro, non gli lascia molto da vivere. E lo stesso William? Lui è stato licenziato da Sally per aver disubbidito agli ordini ed allontanato dalla sua vita. Ma adesso ha ricevuto una disperata richiesta di aiuto dal Vecchio, il quale nutre alcuni sospetti circa il nuovo maggiordomo, un individuo che potrebbe essere una spia in incognito: e così William si appresta a tornare dove ha lasciato i ricordi, il cuore e gli affetti. Nonostante non sia un vero mystery ma quasi una spy story, penso che questo racconto si trovi alla pari con "Il Morto che Ascoltava la Radio" nella mia personale classifica. Come dicevo, ha poco o nulla del giallo vero e proprio; però ho avuto come l'impressione che non contasse più di tanto il caso in sé, quanto ciò che da esso derivava. Sono le emozioni, le sensazioni, i dolci ricordi legati a una vita che sta scivolando via come sabbia del deserto nel vento, le ripercussioni di una guerra che non risparmia nessuno ed è fonte di angosce, il contesto tutto con le sue ambientazioni notturne e suggestive a dare valore alla storia. I personaggi, sentiti e vividi, non sono fatti per stare in una storia del mistero, quanto in una vicenda natalizia che scaldi il cuore. Assolutamente stupendo. (Voto complessivo: 4/5*)

Finalmente arriviamo a "La Collana di Perle" di Dorothy L. Sayers, immancabile classico delle feste. Esso racconta di una serata di festa trascorsa nella casa di sir Septimus Shale, uno di quei signorotti un po' anziani che spesso si lascia convincere dalla moglie a fare qualunque cosa, ma che vuole dettare legge quando si tratta di Natale. Infatti, come da tradizione, ha organizzato un piccolo party con alcuni amici e conoscenti nella sua villa di campagna, durante il quale si chiacchiera, si mangia, si beve e, soprattutto, si chiacchiera e si gioca. Dopo cena, infatti, il gruppo si raduna nel salotto, dal quale si può uscire soltanto da una porta, e decide di fare qualche gara ad "Animale, vegetale o minerale?", dove a turno ognuno degli invitati deve suggerire agli altri un dato oggetto secondo regole specifiche. Nel bel mezzo di una manche, tuttavia, si scopre che la splendida collana di perle della figlia di Shale è sparita dal tavolo sul quale era stata appoggiata. Si tratta di una bella seccatura, di motivo di imbarazzo e, ovviamente, di una disgrazia, dal momento che valeva un sacco di soldi. Come fare per ritrovarla, dal momento che tutti quanti hanno vuotato le tasche e il gioiello non è riapparso? Niente paura: tra gli invitati c'è lord Peter Wimsey, il giovane baronetto col pallino dell'investigazione, il quale si prodiga per scovare il ladro e la sua refurtiva. Ci riuscirà? Questo racconto ha qualche piccolo difetto, come il fatto che non tutti i personaggi riescono ad essere ben chiari e si rischia di fare confusione (gli invitati sono tanti) e un enigma che non è molto facile da sciogliere; però l'ho trovato divertente e ben scritto. È pieno di ironia, suscita una bella atmosfera di gioco e intrattenimento, e ancora una volta presenta la particolarità di non avere alcun omicidio, ma soltanto un furto. Quanto all'enigma, inoltre, esso ha una similitudine con un romanzo di Christie, poiché sfrutta uno stesso trucco per fornire al lettore un utile indizio per scoprire il colpevole. Insomma, un classico del mistero divertente e godibile (Voto complessivo: 4/5*)

Lillian de la Torre, nata nel 1902
e morta nel 1993
Con "Il Codice di Natale" di Lillian de la Torre, a mio modesto parere, tocchiamo il punto più basso tra i racconti riuniti in "Delitti di Natale". Non che questo significhi che esso sia scadente e assolutamente da buttare: ha certamente i suoi lati positivi. Però tra tutti è quello che mi è piaciuto meno. La storia che racconta ruota attorno a uno strano scritto rinvenuto da un'ospite di una grande casa di campagna americana, durante le feste di Natale, in mano a una cameriera: esso è costituito da sole "a" e "b", disposte in un senso a prima vista incomprensibile. Tra gli invitati al party, tuttavia, si trovano il celebre Samuel Johnson (reale letterato inglese del XVIII secolo) e il suo fido biografo James Boswell, i quali si dimostrano fin da subito interessati allo strano messaggio e si ingegnano per risolvere il mistero ad esso legato. Nel frattempo, attorno a loro si agitano i cantori e i festeggiamenti per le imminenti celebrazioni della nascita di Gesù, tra i quali troviamo un sinistro marinaio con una gamba di legno... Forse egli ha qualcosa a che fare con lo strano codice? Il punto forte della storia, a mio parere, consiste proprio nella descrizione dell'atmosfera natalizia e dei preparativi per i festeggiamenti del Natale: le descrizioni delle persone che cantano sotto le finestre, in mezzo alla neve; la preparazione delle cene e dei pranzi; i passatempi a cui ognuno si dedicava in per periodo ormai trapassato per tutti noi... In essi sta il fascino di "Il Codice di Natale", e nell'evocazione della Storia. Per il resto, sfortunatamente, ho trovato uno stile antiquato e superato, personaggi che si atteggiano a cliché triti e che non sono per nulla gradevoli (compresi i protagonisti) e un enigma che, per quanto ben costruito, non regge le aspettative dopo pagine e pagine di attesa. (Voto complessivo: 2/5*)

Con il penultimo racconto della raccolta, torniamo ai fasti a cui siamo stati abituati. Troviamo infatti "Statue di Cera" di Ethel Lina White, la scrittrice gallese di cui ho già recensito alcuni romanzi gialli. Se ben ricordate, il suo stile si rifà a quello delle Regine della Suspense americane, ma aggiungendo ad esso un forte carattere prettamente britannico; e questo racconto mette in luce tutto ciò. La storia si apre con la narratrice e protagonista, una giovane giornalista di nome Sonia, la quale ha deciso di trascorrere la notte all'interno del locale Museo delle Cere per scrivere un articolo. Secondo una diceria, infatti, proprio dentro l'edificio sarebbe morto in circostanze misteriose un consigliere comunale, e la ragazza ha intenzione di vederci chiaro sulla faccenda; soprattutto dopo essere stata sfidata da un collega, Hubert Poke, e aver ottenuto l'appoggio del giovane redattore sportivo, Wells. Però, da quando il custode se ne è andato e le luci sono state spente, Sonia ha iniziato a percepire una strana sensazione, come se qualcuno la stesse osservando. Eppure, è circondata da semplici statue e non dovrebbe avere paura... Oppure sì? Infatti, le figure immerse nella penombra sembrano assumere vita propria e muoversi, come a ghermirla. Ma deve trattarsi della sua immaginazione, si dice Sonia; non è materialmente possibile che delle candele tramutata in finti esseri umani prendano vita di colpo. Eppure, a un certo punto, lei è sicura di aver visto Poke sgusciare dalla porta nella stanza in cui si trova, e un respiro affannoso inizia ad insinuarsi nelle sue orecchie... Da parte mia, adoro questo clima di tensione e di brivido lungo la schiena che White riesce sempre a ricreare nelle sue opere. La ragazza in pericolo, inseguita da un misterioso avversario e preda di un'immaginazione sfrenata, è un personaggio affine alla mia anima melodrammatica, con il suo misto di coraggio e di terrore, audacia e timore, spaventata e suggestionabile. L'atmosfera è perfettamente delineata, con tanto di temporale che si scatena nella notte, e gli scenari sono ben visualizzati. L'inserimento della storia d'amore non cambia più di tanto l'enigma, ma conferisce una punta di sollievo in un racconto dove la suspense la fa da padrone, e dove non conta tanto il fair play quanto l'emozione e il sentimento suscitato nel lettore dai pericoli corsi dall'eroina. Un ultimo appunto a questo meraviglioso racconto: esso venne riadattato, con alcune sostanziali modifiche, in un romanzo lungo dell'autrice, "Delitto al Museo delle Cere". (Voto complessivo: 5/5*)

Un ventiduenne Cornell Woolrich,
nato nel 1903 e morto nel 1968
Infine, l'ultimo grande, struggente racconto della raccolta: "L'Impronta dell'Assassino" di Cornell Woolrich. Si tratta di una storia cupa, nera, proprio come quelle che solo il Re del Noir ha saputo raccontare e fissare su carta, pur senza far loro perdere il senso di disillusione e disagio che trasudano. Tutto parte, come spesso accade, da un fatto insignificante: il lancio di un paio di scarpe da una finestra, contro alcuni gatti che miagolano ininterrottamente e disturbano il sonno. Tom Quinn le ha gettate in un impeto di tensione e di disperazione: è stressato perché riesce a portare a casa appena il necessario per sopravvivere, e le cose non sembrano mai andare per il verso giusto. Però sua moglie gli fa notare come il suo gesto sia stato sconsiderato: già non hanno molti soldi, e lui ha buttato un paio di scarpe praticamente nuove, con un plantare caratteristico per i suoi piedi piatti, nel cortile soltanto per zittire un paio di gatti. Scendendo a riprenderle, inoltre, il povero Tom non riesce a ritrovarle, così è costretto a mettere quelle vecchie e rattoppate per andare al lavoro il giorno seguente. Tuttavia, forse la fortuna ha deciso di concedergli un premio: a mezzogiorno, un ignoto benefattore recapita le scarpe all'appartamento dei Quinn. Quindi è tutto risolto? Affatto, dal momento che a qualche isolato di distanza, in una casa fatiscente, un vecchio è stato ammazzato e derubato di una grossissima cifra... e sul terreno fuori dalla sua casa è stata rinvenuta un'impronta che si adatta alla suola delle scarpe di Tom Quinn. Il fato, inoltre, ha soltanto finto di favorire il poveretto, dal momento che gli ha fatto rinvenire un portafogli con un'ingente somma al proprio interno: una manna dal cielo, ma allo stesso tempo qualcosa che non gli permette di giustificare agli inquirenti, presto presentatisi a casa sua, come ne sia entrato in possesso. Inizia così un lungo processo, durante il quale la polizia è certa di aver catturato il loro criminale e Tom si sforza di giustificare il proprio operato; ma la sentenza di morte pendo ormai sulla sua testa... Riuscirà a salvarsi, oppure verrà giustiziato? Ma soprattutto: è davvero lui il ladro? Woolrich ha dato vita all'ennesima storia di miseria e disperazione umane, dalla quale emergono il nervosismo e la nevrosi dell'americano medio di fronte a una situazione pressoché disperata, la povertà che affliggeva la popolazione e il senso di riscatto che la gente comune agognava dopo il crollo di Wall Street, la malvagità del Fato e del Destino umano che si prendono gioco di noi, la debolezza umana e la sensazione di essere braccati che non abbandona mai i miseri disperati. La Chiesa è un conforto che non ha alcuna utilità nel momento del bisogno, dal momento che da essere si riceve soltanto una muta risposta; l'essere umano è destinato a percorrere una strada che lo porterà alla disperazione e alla distruzione, con la speranza e l'onestà che vengono derise. Lo stesso ritratto delle forze di polizia, esacerbate da un senso di rivalsa e prepotenza verso coloro che dovrebbero rieducare ed eventualmente scagionare se possibile, rende l'idea di quanto sia oscura e senza alcun conforto la visione dell'esistenza dell'autore, il quale ebbe una vita a dir poco terribile. Anche se alla fine l'opera della (poca) gente con valori ancora esistente riuscisse a salvare gli innocenti, un'ombra di sospetto li avvolgerà sempre e li marchierà a vita. Ogni cosa (ambientazione, atmosfera, personaggi, enigma) è attraversato da un pessimismo impossibile da scacciare del tutto. Questo racconto è stato davvero molto potente, e se mi riuscirà leggerò presto qualcosa altro di Woolrich. (Voto complessivo: 5/5*

Con questo, ho analizzato tutti i racconti di "Delitti di Natale". Per fare una sintesi del mio giudizio a riguardo, l'ho trovata una raccolta molto variegata, che ha saputo passare da storie prettamente tradizionali (Blake) ad altre in cui si trova uno stile originale e moderno (Woolrich), da quelle di genere storico (de la Torre) a quelle di suspense (White), da semplici storie in cui l'enigma è meno presente e pertinente rispetto al solito (Rinehart) al altre dove il fulcro delle vicende è proprio il mistero (Queen). Tutto sommato, le ambientazioni e i personaggi sono stati tratteggiati con mano capace, nonostante in qualche caso il singolo elemento sia risultato più sottolineato che in altri: ad esempio, in Bowen e in Hume lo scenario ha giocato un ruolo più importante di tutto il resto, mentre in Christie sono stati i personaggi (oltre all'enigma) a dare risalto alla narrazione. I sottogeneri sono stati esplorati in vario modo, da quello storico (Dickson) a quello del delitto impossibile (Commings). I temi trattati hanno visto uno stesso procedimento, passando dalla medicina di Bailey al pessimismo di Woolrich. Ovviamente alcuni sono risultati più riusciti di altri; come dicevo, per quanto mi riguarda "Il Morto che Ascoltava la Radio", "Statue di Cera", "La Vigilia di Natale del Maggiordomo", "L'Impronta dell'Assassino" e "Una Tragedia Natalizia" sono di un livello superiore agli altri, benché essi rimangano delle opere pregevoli. Però mi sento di dire che sono stato soddisfatto dalla lettura, e ve la consiglio se volete provare a leggere qualche racconto giallo per avvicinarvi al genere. Più avanti, se questo post vi piacerà, proverò a recensire altre raccolte di racconti. Intanto buon Natale!

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