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venerdì 13 dicembre 2019

17 - "Quando l’Amore Uccide" ("Thou Shell of Death", 1936) di Nicholas Blake

Copertina dell'edizione pubblicata
nei Classici del Giallo Mondadori
n. 449
Nella recensione di "Un Delitto Inglese" di Cyril Hare della settimana scorsa, abbiamo visto come il "Christmas Murder Mystery" sia legato a doppio filo tanto con il passato quanto con il futuro; ancor più di quanto accada con la "normale" crime novel della Golden Age. Nel "Giallo di Natale", infatti, benché si respiri una forte atmosfera rarefatta, in cui elementi suggestivi della tradizione riescono a rivivere insieme ai propri pregi e difetti, si nota pure una spiccata consapevolezza del fatto che non ci si possa adagiare sul tempo ormai trascorso e sia necessario affrontare e accogliere senza riserve ciò che inevitabilmente verrà. Da ottimo strumento per indagare la complessità dell'animo umano, a partire dagli anni '30 il mystery classico si è fatto portavoce di importanti cambiamenti sociali e politici, adottando di volta in volta forme nuove per rappresentare al meglio questi ultimi e accontentare il suo pubblico; eppure, contemporaneamente non ha dimenticato ciò che ha costituito il tempo andato e ha saputo mettere in luce l'atteggiamento di orgoglio e sfida dello scontro ideologico tra generazioni e come, a volte, il passato possa tramutarsi in uno spettro che infesta il presente, mettendo in dubbio il futuro; soprattutto all'interno del sottogenere a tema natalizio. Da parte mia, sono sempre stato affascinato da questo tipo di contrasto presente nel "Christmas Murder Mystery"; nutro un debole per qualunque romanzo del mistero ambientato in scenari datati ma suggestivi, con una bella nevicata che confini i protagonisti fuori dalla rassicurante civiltà e li costringa, tra un festeggiamento e l'altro, a far fronte ai propri demoni interiori e a mettere a confronto idee e concetti personali; e sono convinto che la grande fortuna del "Giallo di Natale" vada ricercata proprio nella sua capacità di mescolare al meglio antico e moderno e di declinare i caratteri fondamentali della crime novel, secondo uno schema tanto preciso quanto affascinante che si è sviluppato di pari passo con l'ascesa del sottogenere "psicologico".

Sono quattro gli elementi a cui mi riferisco: per dare vita a una trama vivida e capace di cristallizzare scene di grande effetto, agli autori occorrono un'ambientazione intrigante (relegata all'immancabile casa di campagna, meglio se claustrofobica e isolata da una bufera), il tratteggio di personaggi variegati (magari legati da rapporti famigliari o di amicizia e costretti a convivere insieme in un luogo limitato, ognuno con un punto di vista e una personalità spiccata), uno stile perversamente gradevole che mescola ironia nera e un tocco di gioiosa allegria e, ovviamente, un enigma in cui esiste una complessa corrente sotterranea di sentimenti contrastanti (in cui l'esplosivo contrasto tra amore e odio sfocia nell'omicidio attentamente pianificato). Mettere insieme tutti questi caratteri, aggiungendo innovative strategie di indagine psicologica e rancori sopiti, significa dare vita a complessi ritratti sulla natura e sul comportamento umani, in cui a una certa nostalgia per il passato viene accostato un moderno approccio all'indagine, e per quanto mi riguarda assicura una lettura perlomeno piacevole. Il più delle volte, però, ho notato che uno di essi viene valorizzato di più rispetto agli altri; per cui, nel corso di questo mese, ho deciso di prendere in considerazione una classica crime novel specifica per ognuno di questi elementi del "Giallo di Natale", partendo proprio da quello più significativo. L'enigma, infatti, costituisce il fulcro di ogni romanzo giallo che si rispetti, sia esso ben costruito o meno, e in "Quando l'Amore Uccide" di Nicholas Blake (Classici del Giallo Mondadori n.449, 1984) esso è stato caricato di un significato particolare. Al fascino di una trama giocata su caratteri tradizionali come una tetra casa di campagna e personaggi dalla personalità esplosiva, tratteggiati con uno stile che tende a rafforzare le emozioni che essi esprimono, si aggiunge un mistero contraddistinto da tumultuose correnti sotterranee e da una moderna desolazione nel tratteggio dell'indagine, che anticipa già in qualche modo il giallo psicologico che avrebbe riscosso grande successo anni dopo e si scontra con il periodo natalizio in cui essa si svolge, dando vita a un delitto impossibile di altissimo livello e al "più strano, più complicato, più melodrammatico caso" nel quale Nigel Strangeways, il protagonista del libro, si sia mai imbattuto nel corso della sua carriera di investigatore dilettante.

Villa georgiana nel Somerset, simile alla Dower House di
Fergus O'Brien
La vicenda si apre pochi giorni prima di Natale, quando Nigel, il quale si trova a Londra come ospite di alcuni parenti, lord e lady Marlinworth, riceve la visita dello zio John, nientemeno che l'Assistente all'Alto Commissario di Scotland Yard. Quest'ultimo, memore dell'acume dimostrato dal nipote nel corso della sua prima indagine ufficiale (raccontata in "Questione di Prove") e deciso ad aiutarlo a farsi una reputazione di tutto rispetto, intende sottoporre alla sua attenzione un caso molto particolare. Il leggendario eroe dell'aria Fergus O'Brien, ormai ritiratosi da qualche tempo dalla vita pubblica in favore di un isolamento volontario presso una villa lontana dal caos cittadino, si trova infatti in una situazione a dir poco spiacevole, per la quale si è rivolto alla polizia: da qualche mese sta ricevendo una serie di lettere minatorie molto particolari, venate di un umorismo melodrammatico, che gli preannunciano la sua prossima dipartita il giorno di Santo Stefano e il cui mittente non è stato possibile rintracciare. Sebbene O'Brien non appaia molto intimorito da questa faccenda, sir John teme che ci possa essere qualcosa di fondato nelle minacce rivolte al famoso aviatore; oltretutto, egli stesso ha lasciato velatamente intendere che gradirebbe una protezione ufficiosa fino alla fine delle feste, per scongiurare del tutto il pericolo, forse perché convinto di essersi fatto troppi nemici, disposti a vendicarsi di lui ad ogni costo, nel corso della sua vita movimentata. Tuttavia, la sua guardia del corpo non dovrebbe essere un vistoso poliziotto: dopotutto, la storia delle lettere potrebbe rivelarsi uno scherzo di pessimo gusto e la presenza di un agente nella sua casa gli impedirebbe di muoversi liberamente e mal si accorderebbe al suo capriccioso umore e instabile temperamento. Pertanto, sir John ha deciso di chiedere a Nigel di assumersi l'incarico di proteggere l'aviatore senza dare nell'occhio, qualora fosse interessato. Il giovane è incuriosito dal caso e dall'illustre celebrità coinvolta; così decide di accettare, fosse solo per conoscere il mitico pilota. In questo modo, approfittando di un passaggio da parte degli anziani parenti diretti in una casa vicina a quella dell'aviatore, si presenta a Dower House pochi giorni prima di Natale.

Fergus O'Brien si rivela un personaggio estremamente difficile da decifrare: da una parte sfoggia un atteggiamento fin troppo sicuro di sé, e dall'altro sembra essere turbato dalla minaccia dello sconosciuto assassino presunto. Passeggia irrequieto per la casa e il giardino, indeciso se mostrarsi coraggioso oppure nascondersi finché il pericolo non è passato; fa strani commenti alle parole di Nigel e trascorre le sue giornate in una solitudine quasi completa, studiando misteriosi progetti per un nuovo aeroplano. Inoltre, come se non fosse già abbastanza difficile tenere d'occhio quanto accade ad O'Brien, quest'ultimo complica il compito di Nigel decidendo improvvisamente di dare una festa per Natale, durante la quale saranno invitati alcuni suoi conoscenti (tra cui alcuni individui vendicativi che, a detta dello stesso aviatore, avrebbero motivi più che legittimi per eliminarlo). Nigel Strangeways inizia a dubitare di poter assolvere al suo compito e lo fa notare al suo protetto; eppure O'Brien ha predisposto un piano per sfuggire alla sua prematura fine, e la sera di Natale si rinchiude in una baracca vicino a Dower House, mentre la neve inizia a cadere dal cielo. Peccato che il mattino seguente, di buon'ora, proprio laggiù venga rinvenuto il suo cadavere; e cosa più strana, le uniche orme sul prato innevato che collegano la casa alla sua piccola appendice vanno verso quest'ultima, come se nessuno ne fosse uscito fino alla scoperta del corpo.

Si tratta di suicidio? Nigel è sicuro che non sia così e, indispettito dall'essere stato messo nel sacco dall'assassino, decide di prende parte alle indagini della polizia (impersonata dal sovrintendente Bleakley) iniziando a raccogliere indizi e a sondare quella che lui definisce "la dimensione emotiva" del caso. Infatti, sebbene le prove materiali puntino verso gli ospiti della casa (Knott-Sloman, il proprietario di un club di dubbia fama; Lucilla Thrale, l'amante di O'Brien; i fratelli Georgia ed Edward Cavendish, esploratrice e finanziere, e Philip Starling, professore di greco a Oxford), i caratteri dei sospettati non si accordano con il quadro del delitto che pian piano la polizia riesce a costruire con l'aiuto dell'investigatore dilettante. Ognuno di loro avrebbe potuto decidere di sopprimere l'aviatore; eppure il profilo dell'assassino racchiude troppe caratteristiche incongruenti e Nigel si convince che la chiave del mistero debba risalire molto indietro nel tempo; forse addirittura alla giovinezza dell'Eroe dell'Aria, tanto più che essa è avvolta nel più stretto riserbo e sembra che nessuno vi possa far luce. Dovrà fare un lungo viaggio e assistere ad altri atti criminosi, prima di poter sbrogliare la matassa in un finale sbalorditivo, in cui risulteranno fondamentali l'intervento di un insigne grecista e la conoscenza dell'oscuro teatro elisabettiano.

Disegno raffigurante una veduta dei teatri elisabettiani a
Londra, con The Globe e The Bear Gardne
Pubblicato per la prima volta nel 1936, "Quando l'Amore Uccide" mette in mostra al meglio quel profondo interesse per la psicologia che ha caratterizzato gran parte della crime story degli anni '30. Se tra l'inizio del Novecento e la fine della Prima Guerra Mondiale, infatti, l'attenzione degli scrittori di gialli si era concentrata sull'ideazione di delitti in cui era la componente "meccanica" a farla da padrone, con l'utilizzo di stratagemmi legati a trappole nascoste, numerosi indizi materiali disseminati tra le pagine e un investigatore che interroga il proprio cervello secondo criteri e deduzioni prettamente scientifici (come, ad esempio, in "L'Occhio di Osiride" di Richard Austin Freeman"), poco tempo dopo la fine della Grande Guerra le teorie innovative sulla psicanalisi di Sigmund Freud spinsero alcuni autori di crime novels ad introdurre nei loro libri enigmi dalla forte componente psicologica, i quali ruotavano più sulle emozioni e gli impulsi dei personaggi che sul metodo di uccisione in sé. Con questo non voglio dire che l'interesse per la pura detection scemò: il sottogenere della camera chiusa, basato su trucchi illusionistici e astute trovate e caratterizzato dalla canonica "sfida al lettore", riscosse un grande successo ancora a lungo, come testimoniano i libri di John Dickson Carr; eppure, non tutti decisero di seguire la stessa strada "tradizionalista" intrapresa dal Maestro del Brivido. Pur senza rinunciare a un'indagine in cui le prove servono ad inchiodare il colpevole e a portarlo sulla forca, scrittori come Nicholas Blake (tra i britannici con Edmund Crispin e Michael Innes, ma non solo) oppure Helen McCloy, per citare anche una tra le autrici americane più meritevoli in questo senso, svilupparono un tipo di romanzo in cui l'approccio all'indagine assumeva una connotazione più moderna, basata sul profilo dei sospettati e sui moventi che li spingono ad agire nel corso della storia, e che mescola la formula classica del giallo con una trattazione innovativa dell'enigma.

Nel libro della recensione di oggi, il fulcro della vicenda ruota proprio attorno all'indagine e all'applicazione di una profonda analisi della psiche dei personaggi per la risoluzione di un mistero diviso tra passato e presente. Certo, il quesito è equilibrato tra meccanica e risvolti psicologici (non per niente, venne ispirato proprio da Carr nella sua declinazione di delitto impossibile; vedasi cap. 14, ma anche cap. 5); però il trucco pratico viene svelato ben presto ed è nella sua "dimensione emotiva" (p. 62), generata dal sentimento e dalle percezioni, che l'indagine esalta la propria identità: il comportamento e la reazione di ogni singolo individuo davanti a questioni morali, infatti, diventa più di tutto il resto un tassello da mettere al proprio posto per comprendere la totalità del problema, all'interno di un quadro più grande in cui dominano temi etici come quello della giustizia e della vendetta. Tra le prime volte all'interno della letteratura del mistero, in "Quando l'Amore Uccide" i personaggi, tratteggiati a tutto tondo, diventano prove da catalogare e da decifrare allo stesso modo delle orme sulla neve e degli oggetti incriminati, con tantissime sfaccettature e segreti (pp. 35, 37, 57, 62, 76, 85...), e l'insieme delle loro reazioni al momento di contatto gli uni con gli altri genera interessanti esiti in favore dell'indagine (pp. 85-87, cap. 11); soprattutto l'investigatore e l'assassino che, pur rappresentando le due facce della natura umana e l'ineluttabile successo del primo a riflettere la speranza dell'uomo nel trionfo del bene, vengono messi sullo stesso piano e condividono pietà e compassione da parte dell'autore, come se l'omicida non debba per forza essere considerato un mostro e il delitto appaia in qualche modo giustificabile. Inoltre, ancora una volta, la contrapposizione tra ciò che è stato e il presente è molto forte e, come era avvenuto in “Un Delitto Inglese” e in “La Figlia del Tempo”, gioca un ruolo importante nel plasmare i caratteri degli attori sulla scena e nella scoperta della verità (probabilmente si tratta di un eco della fede marxista che Blake aveva abbracciato nel corso degli anni '30, assieme a W. H. Auden e ai suoi compagni poeti, la quale prevede che il passato si conservi nel presente, benché "risolto" in una forma superiore). Tuttavia, se dalle storie di Hare e Tey emerge un certo ottimismo, in "Quando l'Amore Uccide" invece si percepisce una forte desolazione mista a cinismo, fatalismo e senso di rivalsa, che si riflette sulla gente di Dower House e permette di andare molto più a fondo che nei romanzi che ho citato sopra. La crisi del primo trentennio del Novecento, seguita alle guerre mondiali, ha gettato più di un'ombra sull'umore della gente e ciò emerge dal tono usato per tratteggiare la storia dell'omicidio di Fergus O'Brien: se ci fate caso, benché ambientata a Natale, essa risulta priva di ghirlande e abeti decorati, festoni e calze appese alle pareti e ai caminetti e regali da scartare, e il suo autore sembra giocare "per sottrazione", senza esaltare in modo particolare le festività ma sottolineando il disagio provato dalle persone coinvolte nell'indagine (es. pp. 99, 118-119).

Ognuna di loro sembra lottare contro gli altri e contro se stesso, mente il passato ritorna in continuazione, nelle vesti della guerra (da notare i continui riferimenti dello stesso O'Brien alle pp. 11-16, 21, 26, 80; del vagabondo Alfred Blenkinsop alle pp. 97-100; e del veterano Hope, dal nome significativo, alle pp. 145-147, 195; ognuno in qualche modo sconfitto dal conflitto) e della nostalgia (oltre ai Marlinworth, aggrappati alle fotografie delle pp. 151-153 e agli aneddoti sul tempo andato del cap. 1, anche Georgia Cavendish rivela un forte abbattimento interiore nel cap. 11 e il ritratto di un'Irlanda anteguerra commuove grazie alle sue descrizioni di gioia perduta alle pp. 155-165); esso incarna la vera figura dell'antagonista, che influenza l'assassino nella sua opera di morte come uno spettro invisibile ma pur sempre presente (p. 20); è qualcosa che emerge nel tono cupo delle parole dei personaggi (pp. 99, 101, 118-119, 17-180) e ne ostacola l'evoluzione, poiché imbrigliati in stretti lacci che impediscono i movimenti (anche i Marlinworth, che ormai vivono nel ricordo, appaiono ingessati nel loro essere antiquati), ed è impossibile da sconfiggere del tutto. Ma soprattutto, è motore che alimenta la sotterranea forza dei sentimenti e ingigantisce, ancor più dei semplici fatti, le loro conseguenze che muovono i fili all'interno di questo meraviglioso libro; basta leggere il finale per comprenderlo. Perciò, come all'interno di un dramma elisabettiano, gli impulsi, i desideri e la smania degli attori sulla scena vengono centuplicati e così li percepisce anche il lettore, mentre il senso dell'onore e della vendetta sovrasta qualunque cosa, simile a un mare in piena. La similitudine sul teatro non arriva a caso, poiché una parte importante della soluzione la gioca proprio l'ostica materia riguardante i drammaturghi del 1600 e l'immagine della vendetta che in essa viene dipinta. È proprio quest'ultima che, grazie alla forte componente psicologica dell'enigma, in cui importano soprattutto le azioni e le parole di ogni individuo, si staglia su tutto il resto e conferisce originalità a "Quando l'Amore Uccide". Probabilmente Blake aveva già studiato il soggetto del teatro elisabettiano mentre si trovava ad Oxford, e deve essersi accorto che esso si adattava molto bene ai toni desolati delle indagini di omicidio da parte della polizia. Basta pensare all'opera di Shakespeare, senza andare a scomodare altri suoi colleghi contemporanei: Macbeth ed Amleto sono due esempi di come la componente delittuosa fosse una costante in tragedie di quel periodo. Esse mettevano in scena i conflitti della vita reale, attraverso rappresentazioni fittizie (proprio come le crime novels degli autori della Golden Age), e andavano ad indagare pulsioni come il senso dell'onore e della rivalsa e la sete di potere, oltre al modo in cui esse influissero sull'animo umano; e proprio a questi due aspetti Blake si è ispirato per la scrittura dei propri libri.

In "Quando l'Amore Uccide", egli mette l'accento sulla personalità degli individui e, soprattutto, della vittima: chi era Fergus O'Brien? Come mai ha fatto di tutto per nascondere la sua vita prima del servizio militare? Forse si è reso colpevole di un atto orribile e qualcuno vuole fargliela pagare? E se è così, è opportuno per quella persona lasciarsi andare agli impulsi negativi oppure bisogna fare di tutto per contrastarli? Nei suoi libri, Blake indaga sul dilemma che sta alla base della scelta di agire dell'individuo colpevole e che ne segna il destino: esso è indice di un sentimento molto forte, che prima o poi può prendere ognuno di noi, e l'autore (per bocca di Nigel Strangeways) si domanda se sia legittimo provare quel risentimento quando qualcuno ci priva di ciò che per noi ha molta importanza. Forse la linea tra il bene e il male è più labile di quanto ognuno possa pensare, esiste un prezzo oltre il quale non siamo disposti a passare sopra e i nostri istinti ci spingono inesorabilmente a cercare un risarcimento, quasi come se la vendetta fosse auspicabile rispetto a qualunque altra cosa? In ogni caso, tutto dipende dall'importanza che noi scegliamo di dare a ciò che abbiamo perduto, ed è essa a stabilire quanto valga il nostro sacrificio. Le lettere anonime di "Quando l'Amore Uccide" suggeriscono proprio una situazione del genere, quali veicolo di un senso vendicativo radicato in profondità e al quale non si riesce più a dare sollievo; e se da una parte agli occhi dei lettori esse sono giustificate, dall'altra, man mano che la storia prosegue, ci rendiamo conto sempre più che cosa debba provare una persona vittima di questo sentimento per lungo tempo, che logora il destinatario e scava dentro al mittente, finché non resta altro che un guscio vuoto e si è condannati a un'esistenza vacua, vivi ma allo stesso tempo morti. Anche questa concezione "amorale" del colpevole è indice di una visione decisamente più moderna di quella degli scrittori di gialli di inizio Novecento: l'assassino e la sua preda non sono più considerati in modo automatico come mostro e vittima, ma a volte possono scambiarsi di ruolo. In questa voglia di innovazione e capacità di restare attuale, l'opera di Nicholas Blake si avvicina molto a quella delle Crime Queens (Dorothy L. Sayers, Agatha Christie, Margery Allingham e Ngaio Marsh) e costituisce uno dei migliori esempi di commistione tra giallo deduttivo e psicologico insieme.

Cecil Day-Lewis (alias Nicholas Blake), nato
nel 1904 e morto nel 1972
Infatti, anche se per definizione la classica crime story viene spesso associata a scrittrici di sesso femminile, non bisogna far l'errore di considerare gli scrittori maschili come scadenti o meno importanti. In tanti hanno preso le distanze da banali thriller, sul genere di quelli buttati già da John Buchan o di Sydney Horler, e si sono applicati alla costruzione di libri raffinati; come John Dickson Carr, ad esempio, che con le sue trovate straordinarie resta uno dei più grandi narratori di tutti i tempi, oppure autori meno conosciuti ma che hanno comunque dato un contributo importante al genere. Tra questi, vi sono alcuni esponenti del giallo deduttivo che godettero dell'elevata formazione accademica che Oxford assicurava ai suoi studenti: Edmund Crispin, Michael Innes e lo stesso Nicholas Blake, i quali ammirarono la prima generazione di giallisti e si adoperarono per ideare romanzi che riuscissero a fondere elementi di alta cultura con gli aspetti generali della detective novel. Una precisazione, però: quello di Blake fu uno pseudonimo. Dietro di esso si nascondeva Cecil Day-Lewis, Poeta Laureato, amico di W.H. Auden, esperto critico, elogiato da Churchill e da Lawrence d'Arabia, nonché padre dell'attore Daniel Day-Lewis. Nato nel 1904 a Ballintubbert, in Irlanda, egli si trasferì ben presto in Inghilterra, dove venne educato in alcune delle più prestigiose scuole del Regno Unito. Dopo la pubblicazione di una prima raccolta di poesie e la laurea a Oxford nel 1925, Day-Lewis si sposò con Constance Mary King e iniziò ad insegnare in alcune scuole, trovando tuttavia una certa ostilità a causa della sua adesione al comunismo. Nel 1935, volendo integrare i magri guadagni che gli procacciava la sua produzione poetica, decise di intraprendere la carriera di scrittore e pubblicò il suo primo mystery, "Questione di Prove", adottano lo pseudonimo di Nicholas Blake.

Il romanzo, che ottenne l'elogio della critica ma gli costò anche il posto di lavoro come insegnante (il caso è incentrato su una relazione adulterina tra la moglie del preside e un insegnante), introdusse il personaggio di Nigel Strangeways, l'immagine fittizia di Auden a cui vennero affiancati i tratti peculiari dell'investigatore dilettante: la passione per la citazione (innumerevoli all'interno dei suoi romanzi) e per la declamazione di poesie ad alta voce, l'intelligenza, la cultura, un certo fascino e buone maniere. Prima della morte, avvenuta nel 1972 mentre si trovava ospite dell'amico Kingsley Amis, Day-Lewis usò il suo nom de plume per produrre altri diciannove gialli (tra cui vanno ricordati "La Belva Deve Morire", da cui è stato tratto un film diretto da Claude Chabrol, "Le Pentole del Diavolo", "La Testa di Creta" e "Una Lama nel Cuore"), quasi tutti con protagonista Strangeways (il quale compie nel corso della sua esistenza un'evoluzione complicata quanto quella del suo stesso creatore), sostenendo spesso che essi servissero per sovvenzionare le spese della sua famiglia che, nel frattempo, era cambiata molte volte: a partire dagli anni '40, infatti, Day-Lewis divorziò dalla moglie e intraprese una lunga serie di relazioni con altre donne più giovani. Anche Dorothy L. Sayers ed Anthony Berkeley insistettero ad affermare come le loro crime novels fossero un semplice riempitivo per guadagnare soldi facili; il mio modesto parere è che, se davvero fosse stato così, non ci avrebbero mai messo tanto cuore ed anima nel crearli. Tutti e tre, infatti, non studiarono trame insipide e semplicistiche, ma si impegnarono ad innovare il genere, e Blake lo fece soprattutto con lo sviluppo della psicologia emotiva e l'introduzione di quesiti complessi ed intriganti.

Non solo "La Belva Deve Morire", il quale viene considerato il suo capolavoro, ma anche gli altri suoi romanzi sono caratterizzati da una grande attenzione in fatto di sentimento e psicologia, che sta alla base della ricerca della verità e si nasconde dietro al movente delle azioni umane. Il senso di perdita e di ineluttabilità di "Quando l'Amore Uccide", ad esempio, dà un tocco in più a tutta quanta la faccenda, e riesce ad infondere nel lettore uno struggimento che va ad aggiungersi all'amarezza del finale e alla delusione dei suoi personaggi. A fare da contorno, poi, ci sono un'ambientazione suggestiva adatta al tono malinconico della storia e caratterizzata da un grande senso della scena, con descrizioni degli ambienti che rendono il tutto un po' rarefatto, come se fossimo sospesi nel tempo (pp. 5, 19-20, 40, 64, 87-88, 96, 129, 150, 155-157, ma un plauso particolare va al toccante resoconto del salvataggio di Georgia Cavendish da parte di O'Brien nel deserto africano al cap. 11). I personaggi, dotati di forti personalità, si imprimono nella mente del lettore e sembrano muoversi davanti ai suoi occhi, tra le righe del libro. L'avventuriera che si smarrisce tra le dune sabbiose e rischia di morire (pp. 35, 71, 81-83), l'aviatore che la salva con un atterraggio di fortuna (pp. 11-16, 21-28), l'amante con l'animo melodrammatico da attrice che fa cadere gli uomini ai suoi piedi (pp. 69, 77, 85-86), il docente bisbetico dall'atteggiamento cinico e svogliato (pp. 32-33, 68-73, 130), l'egoista proprietario di night-club con il pallino per le noci da sgranocchiare (pp. 70, 79), il finanziere dotato di sangue freddo e mente razionale per far fronte agli imprevisti (pp. 84-85); tutti costoro agiscono come in un palcoscenico, dando al lettore indizi e false piste su cui arrovellarsi. Persino la cuoca, che solitamente è un personaggio un po' invisibile al'interno della trama, riesce a spiccare insieme agli altri per il suo fanatismo religioso e una certa dose di sadismo insito nella propria personalità (pp. 49-50).

La grande capacità di dipingere gli eventi con stile evocativo, immergendo il lettore in affascinanti e suggestive descrizioni molto diverse tra loro (la spedizione nel deserto al cap. 11, il ritrovamento del cadavere nella baracca al cap. 4, il volo fatale per uno dei personaggi sospetti sul finale) in modo sempre egregio, le continue citazioni al dramma del XVII secolo, che con le sue tinte fosche è perfetto a descrivere una vicenda desolata come quella raccontata (pp. 19, 21, 39, 98-99, 196-198), e la continua aggiunta di eventi criminosi ed indizi che fa cambiare prospettiva al lettore e lo guida in un territorio ancora inesplorato, in un'eterna girandola caleidoscopica che muta i sospetti in vicoli ciechi fino alla spiegazione perfettamente logica e in sintonia con i piccoli dettagli sparsi per tutto il romanzo (indispensabili per arrivare a capire che "quando l'amore uccide", non contano i semplici ragionamenti logici, ma bisogna prendere in considerazione anche come l'odio e il senso di vendetta si possano trasformare in sentimenti capaci di spingerci a compiere le imprese più straordinarie e, a volte, a sacrificare ciò che abbiamo di più caro in nome di qualcosa che abbiamo provato un tempo ma che, alla fine, ci è stato portato via, lasciandoci orfani e come "gusci di morte", decisi a darci quella giustizia che non sempre ci viene accordata) fanno di "Quando l'Amore Uccide" un romanzo complesso, in cui l'autore sembra metterci in guardia dal fatto che la vendetta abbia un costo non indifferente e mai conseguenze positive, soprattutto se associata con quel pericoloso sentimento che è l'amore; poiché essa è capace di pazientare per anni e anni nel cuore degli uomini e di infondere una forza incredibile in chiunque la nutra, come un fuoco inestinguibile che divora ciò che lo circonda, fonte di grandiose soddisfazioni le quali altro non sono che effimeri miraggi di un passato che mai ritornerà, ma anche di rovinare l'esistenza delle sue sfortunate vittime. Sta all'individuo decidere se vale la pena giocare la partita fino in fondo, oppure rinunciare ad essa in favore della consapevolezza di convivere col ricordo di quanto è accaduto.

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