venerdì 18 giugno 2021

75 - "Le Porte di Damasco" ("Postern of Fate", 1973) di Agatha Christie

Copertina dell'edizione pubblicata
nei Classici del Giallo Mondadori
n. 515
Una cosa che mi piace tantissimo fare è andare alla ricerca di libri usati o che, per tutta una varia serie di circostanze, la gente decide di buttare (sacrilegio) per sbarazzarsene. Sia perché, in questo modo, i volumi ottengono una sorta di nuova vita e non rischiano così di venire rovinati oppure dimenticati in qualche soffitta buia e polverosa, sia perché si ha la possibilità di riciclare un oggetto altrimenti destinato ad essere distrutto prima che il materiale di cui è fatto possa venire impiegato in un altro modo, sia per una semplice questione di risparmio economico (chi non preferisce spendere pochi euro oppure addirittura vedersi regalata una borsa di libri, invece di spendere una fortuna?) e di procacciamento di materiale difficile da reperire. Infatti, almeno per quanto riguarda la mia esperienza di appassionato lettore di romanzi gialli, è nelle svendite e nei mercatini dell'usato che si trovano i titoli più interessanti da leggere, magari perché pubblicati soltanto in un'occasione e per questo è complicato reperirli. La maggior parte dei mysteries che possiedo l'ho accumulata proprio in questo modo, e sarò sempre grato ai negozi di articoli di seconda mano che mi hanno permesso di accumulare un patrimonio del genere a costi ridotti quasi allo zero.

La passione dell'accumulo di volumi di vario genere, tuttavia, non affligge soltanto il sottoscritto: infatti non solo nella vita reale, ma pure nella finzione di quegli stessi romanzi del mistero che tanto mi piacciono capita spesso di trovare personaggi dediti alla stessa attività. Ad esempio Lord Peter Wimsey, creato dalla mente geniale di Dorothy L. Sayers, nutre una passione smodata per le aste di volumi rari e antichi e si diverte un mondo a sperperare il patrimonio di cui dispone in una lunga serie di acquisti in tal senso. Non si può dire del tutto che siano negozi di oggetti usati, però il loro fine ultimo resta quello di vendere un oggetto che era appartenuto a qualcun altro. Qualcosa di simile, poi, si può applicare a Nigel Strangeways, l'investigatore che Nicholas Blake fece agire nella maggior parte dei suoi gialli e che possiede una sconfinata cultura di carattere classico, coltivata anche grazie all'acquisto di libri pregiati che non si trovano facilmente. E che dire di Henry Gamadge, il segugio dilettante bibliofilo che indaga nell'America tra gli anni '40 e '50 del Novecento e nato dalla penna di Elizabeth Daly? In "Morte al Telefono" c'è addirittura un'intera scena ambientata in una sorta di libreria clandestina, mentre parte del mistero comprende una stampa nascosta in mezzo a un'enorme quantità di libri. Come vedete, insomma, sono molti i personaggi che nutrono un interesse particolare per la carta stampata e per le storie di finzione; compresi quelli che sono i protagonisti del giallo che recensisco oggi. Infatti, in "Le Porte di Damasco" di Agatha Christie (Classici del Giallo Mondadori n.515, 1986), i buoni coniugi Tommy e Tuppence Beresford si ritrovano catapultati in un misterioso affare proprio a causa di una pila di libri che è stata donata loro (e che hanno accettato di buon grado). Anche le buone azioni possono dare vita ad entusiasmati avventure, pure quando uno vorrebbe starsene tranquillo e mai sospetterebbe pericoli in agguato.

A Fellside Cumberland Village, John Alfred Arnesby Brown,
1939
La storia si apre con i nostri protagonisti intenti a sistemare la sopracitata quantità di volumi nella soffitta della loro nuova casa. Tommy e Tuppence, infatti, hanno deciso di lasciare la vita rocambolesca che hanno condotto fino ad allora e, sfruttando la scusa di essere ormai invecchiati e di desiderare una meritata pensione priva di criminali, di rintanarsi nello sperduto villaggio di Hollowquay. Laggiù hanno acquistato "I Lauri", una grande villa che possa ospitare all'occorrenza la loro figlia e i nipoti, e l'unica loro preoccupazione sembra essere quella di essere tanto assediati da operai fin troppo solerti nello svolgimento delle proprie mansioni, quanto di ritrovarsi con buchi sul pavimento lasciati da elettrecisti sbadati. Sembra... Poiché, mentre sistemano i volumi nella libreria della soffitta, Tuppence si rende conto che all'interno de "La Freccia Nera"di Stevenson qualcuno ha sottolineato alcuni pezzi di parola in una pagina. Incapace di trattenere la curiosità e di ignorare gli avvertimenti del marito, si lancia subito a trascrivere il testo che quelle lettere all'apparenza senza senso faranno emergere e il risultato la lascia molto confusa e turbata. La frase che ricava, infatti, recita nientemeno che: "Marie Jordan non è morta di morte naturale. L'ha uccisa uno di noi. Io so chi è stato". Il senso sembra inequivocabile, qualcuno è morto in seguito a un finto incidente e un criminale è rimasto impunito. Il senso di giustizia che anima la coppia di investigatori dilettanti non riesce a smorzarsi e così, nonostante un po' di iniziale ritrosia di Tommy, i due i mettono alla ricerca di un'eventuale morte sospetta e di conseguenti sospettati da mettere sotto un'ideale lente di ingrandimento.

E per farlo ripercorrono le vicende quotidiane e straordinarie di Hollowquay e dei suoi riservati abitanti, tra bambini che sanno tutto perché gli adulti non si curano della loro presenza, ed anziani signori e argute zitelle che mescolano realtà e fantasia nelle loro menti stanche e sognanti. Il viale del ricordo porterà Tommy e Tuppence a riallacciare i rapporti con vecchi amici, i quali già in passato hanno dato loro una mano per scovare delinquenti e spie nemiche, e a scoprire nuovi alleati inaspettati. E nel frattempo, tra un tè in una casa di riposo e una visita presso un capezzale, si diramano le esuberanti faccende domestiche della coppia alle prese con giardinieri burberi, servitori leali e l'esplorazione di camere ed edifici adiacenti alla proprietà principale. Finché, come in un buon giallo che si rispetti, non ci scappa il morto. Quest'ultimo ha forse qualcosa a che fare con la misteriosa Marie Jordan, ammazzata molti anni prima e mai vendicata? Ci vorrà molto impegno e un pizzico di fortuna prima di scoprire la verità che si cela tanto nel passato turbolento della Seconda Guerra Mondiale, quanto in un presente non ancora privo di minacce per la popolazione europea.

Books (back cover of 'High Street'), Eric Ravilious, 1938
Se dovessi basare il mio giudizio su "Le Porte di Damasco" soltanto sul carattere puramente "giallo" della storia, probabilmente sarei costretto a bocciarlo per un motivo molto semplice e chiaro da esporre: non esiste alcun mistero vero e proprio da sbrogliare, almeno inteso come un classico enigma a cui Christie ci ha abituato. Se confrontiamo quello che ci viene presentato qui e, per fare un esempio, il caso Armstrong di "Assassinio sull'Orient-Express" o l'indagine sulla morte di Amyas Crayle in"Il Ritratto di Elsa Greer", infatti, ci troviamo di fronte a un abisso di differenza: tutta la vicenda ruota attorno a un enigma che non può essere sciolto in autonomia dal lettore, il quale è costretto a seguire il cauto avanzare dei protagonisti e la loro raccolta di informazioni, fino a giungere a una conclusione che cala dall'alto un po' all'improvviso. Insomma, chi legge si ritrova di fronte a una serie di accadimenti i quali hanno l'aria di essere più un aspetto secondario all'interno di un romanzo di costume. Pertanto, come "giallo", "Le Porte di Damasco" non soddisfa le aspettative di un attento lettore medio come il sottoscritto. Detto ciò, tuttavia, voglio spezzare una lancia a favore di questo libro perché, se ciò che ho sostenuto fin qui vale, d'altra parte nella mia concezione di mystery un autore non dovrebbe limitarsi a descrivere la corsa di un investigatore (o un dipartimento di polizia) alle calcagna di un assassino, ma dare forma alla sua storia in modo da evocare un mondo intero che la circondi. Voglio dire, non limitarsi a descrivere le peripezie che il segugio deve affrontare per stanare la preda e metterla in stato d'accusa, ma inserire questa ricerca in un contesto vivo capace di aggiungere qualcosa al racconto. E in "Le Porte di Damasco" Christie riesce perfettamente a compiere questo processo. Quel che resta impresso, alla fine della lettura, è infatti il tratteggio della quotidianità che esula dal mistero: i bisticci con i giardinieri, i tè presso la parrocchia, le aste di beneficenza a cui Tuppence partecipa per raccogliere informazioni utili alla caccia cui sta prendendo parte, gli incontri al capezzale di anziani e presso laghetti con bambini di tutte le età.

Arrivata alla fine della propria vita, anziana e stanca, forse Christie ha deciso di lasciarsi un po' andare, di non rispettare il rigido schema narrativo che si era imposta e il patto di reciproca fiducia che aveva stretto con i lettori (nonostante già in passato avesse tentato di trovare qualche scappatoia...), e di intraprendere quel sentiero che molti anni prima aveva già solleticato una sua collega: Dorothy L. Sayers. Quest'ultima, infatti, non aveva mai fatto mistero di voler "innalzare" il romanzo giallo di inizio Novecento, tutto concentrato in una serie di rilevamenti e di deduzioni alquanto gelide e analitiche, a vero e proprio genere "di costume", capace di andare più a fondo nelle faccende pur senza tradire lo spirito della classica crime story. Ecco, Christie si è come impegnata a mettere in secondo piano l'enigma (sfruttando tra l'altro proprio i personaggi che, con la loro inclinazione a ritrovarsi invischiati in episodi di controspionaggio e di agenti segreti, meglio potevano adattarsi a una vicenda con un'indagine meno articolata) per soffermarsi su ciò che fa da contorno ad esso. Così, invece di ideare un mistero articolato e pieno di insidie, l'autrice si diletta a raccontarci le vicissitudini quotidiane di Tommy e Tuppence alle prese con la ristrutturazione della loro nuova casa, il viavai di operai che entrano ed escono dall'edificio, i loro sforzi per fare in modo che tutto sia a posto, dalle camere con gli oggetti da sistemare fino al giardino e all'orto da curare. Assistiamo alle impervie spedizioni di Tuppence dentro a serre polverose, alle scorribande di Tommy a passeggio per cimiteri nebbiosi assieme al fido Hannibal, agli incontri e scontri con personaggi di varia estrazione sociale (dalle cameriere alle addette al servizio postale, dai colonnelli a misteriosi uomini chiusi in angusti uffici londinesi, da anziane zitelle a nutriti gruppi di ragazzini). E tutto questo mentre, sullo sfondo, simile a qualcosa che incombe il mistero allunga la sua ombra, sempre presente. Da notare che non uso questa frase a caso, poiché il passato gioca un ruolo importantissimo dentro "Le Porte di Damasco". Anzi, si potrebbe dire che sia la Storia (con la S maiuscola) ad essere protagonista quasi alla pari con Tommy E Tuppence. 

Agatha Mary Clarissa Miller, alias Agatha Christie, nata
nel 1890 e morta nel 1976
Un'altra caratteristica di "Le Porte di Damasco" è infatti la vena storico-sociale che attraversa la sua trama. Fin da quando nasce il sospetto che l'enigma su cui Tommy e Tuppence devono indagare sia del tipo spionistico, viene spesso tirata in ballo la questione della sicurezza nazionale britannica, tanto minacciata da un pericolo di stampo fascista quanto lo era stata nella prima metà del Novecento. Mi ha molto colpito il fatto che le parole di Christie (espresse attraverso i suoi personaggi) siano ancora oggi cosi attuali: tra le altre cose, ad esempio, viene sottolineato come la Storia tenda a ripetersi, il fatto che il nazifascismo stia riacquistando forza grazie a una graduale tradizione di idee degenerate e pericolose, una preoccupante quantità di doppiogiochisti e di agenti segreti che si annidano negli angoli più remoti del Paese. Se guardiamo alla società di oggi, queste cose si possono ritrovare nei movimenti di Casapound a Roma, oppure nello scandalo che ha coinvolto il COPASIR e i servizi segreti italiani: la Storia si ripete ancora e ancora ed è sconcertante come non si sia capaci di imparare dagli errori compiuti in passato. D'altronde, bisogna ammettere che Agatha Mary Clarissa Miller (questo era il cognome da nubile di Christie, trasformato una prima volta in occasione del primo matrimonio, e divenuto Mallowan con l'avvento della seconda relazione coniugale) fu in grado di creare storie che restano attuali pure un secolo dopo la sua nascita, forse grazie alla propria capacità di comprendere tanto bene il mondo che a circondava, con tutti i suoi contrasti. A volte è stata generosa e disposta alle confidenze, altre si è rivelata più chiusa di un'ostrica. Grazie alla sua autobiografia, ad esempio, sappiamo molto riguardo la sua infanzia, il periodo più felice di tutta la sua esistenza, quello dove gli affetti rappresentati dai genitori, dal fratello, dalla sorella e dai domestici non mancarono mai; in cui le giornate erano piene ancor più del solito di voglia di fare, giocare, scoprire il mondo; durante il quale iniziò a viaggiare e che le regalò ricordi indelebili, come le giornate passate da "zia-nonnina" nella casa di Ealing.

Allo stesso modo, ci ha raccontato con generosità i primi balli e gli incontri con gli innumerevoli giovanotti che la corteggiarono, così come il momento in cui si ritrovò catapultata improvvisamente nel pieno della Grande Guerra e iniziò a lavorare come infermiera al dispensario di Torquay. Ha descritto la nascita della sua carriera di scrittrice, dovuta all'impulso di un momento in occasione di una scommessa con la sorella Madge; l'incontro con Archie, il primo marito, e il loro viaggio in giro per il mondo in occasione dell'Esposizione Universale del 1924; la nascita della figlia Rosalind; la passione per le case e il cibo; il viaggio in Oriente e gli scavi archeologici. Persino la gioia nel possedere un auto di proprietà e di aver cenato accanto alla Regina d'Inghilterra. Tuttavia, riguardo altri eventi della sua vita Agatha Christie ha preferito lasciare un'ombra di incertezza e di dubbio. Il fatto più famoso, in questo senso, è la sua scomparsa nel 1926, quando Archie le confessò di essersi innamorato della sua segretaria e di voler divorziare. Probabilmente nessuno, al di fuori della stessa Agatha, ha mai saputo quale fu il movente scatenante di questo improvviso colpo di testa: forse un'amnesia, come sostennero i suoi familiari? Oppure un deliberato tentativo di accusare il coniuge fedifrago di averla eliminata per ottenere la separazione? Martin Edwards, sfruttando le informazioni ricavate dai romanzi di questa grande scrittrice, in "The Golden Age of Murder" ha formulato un'interessante ipotesi a riguardo.

In ogni caso, resterà per sempre un mistero insoluto, poiché nemmeno prima di morire lei rivelò la verità. Anche del suo rapporto con gli altri membri del Detection Club, l'associazione di giallisti di cui fece parte per molti anni, non racconta nella sua autobiografia; tuttavia, in questo caso possiamo sfruttare le lettere e i documenti che proprio i suoi compagni ci hanno lasciato, i quali ci tramandano un'immagine vitale e disponibile della Christie, fatta di sostegno reciproco e condivisione di interessi oltre che di amicizia e sacrificio, come nel momento in cui lei, nonostante la timidezza, accettò di assumere la carica di Presidente del Club, poiché nessun altro possedeva le specifiche capacità richieste dal ruolo. La modestia fu sempre una delle sue caratteristiche principali, tanto che odiava rilasciare interviste (non si fidava della stampa, dopo che essa l'aveva gettata in pasto alla gente al momento della sua scomparsa) e non riusciva a spiccare parola davanti a un pubblico o ad eseguire correttamente un pezzo al pianoforte, se le premesse si facevano terribilmente ufficiali; ma il tratto caratteriale che a mio parere l'ha saputa contraddistinguere maggiormente è stata soprattutto la sua grandissima gioia di vivere, la quale le permise di coltivare un carattere solare, purché venato a volte da qualche ombra, che lei riversò nei suoi personaggi, rendendoli più vivi che mai e, in questo modo, facendoceli amare anche nella loro imperfezione. Noi stessi potremmo essere i protagonisti delle sue trame, in procinto di affrontare le nostre sfide e di rialzarci ogni volta che cadiamo.

Tutti loro non sono mai come sembrano, attori di un romanzo giallo che ingannano il lettore; cosa dire allora di noi stessi, che indossiamo ogni giorno una maschera diversa? Agatha Christie l'aveva capito, ed era riuscita a trasportare questa consapevolezza (e la Vita reale, come gli altri Grandi) sulla carta per farne materiale da usare allo scopo di sviare il lettore; senza mai barare, per giunta. Perché se c'è qualcosa che non possiamo proprio rimproverare alla Signora del Delitto, quello è proprio il suo Onesto Inganno: ovvero, fornirci tutti gli indizi che ci servono (rispettando il rigido fair-play) e, allo stesso tempo, menarci per il naso con una classe a tutt'oggi ineguagliata, tra false piste e "aringhe rosse". In "Le Porte di Damasco" questo discorso vale un po' meno, visto il carattere semplicistico dell'enigma; in ogni caso, il romanzo non si può certo definire scadente oppure noioso per chi sia interessato ad approfondire il contesto in cui il mistero sulla morte di Marie Jordan viene calato. Ancora un volta, Christie riesce ad irretire il lettore e a distrarlo dalla realtà quotidiano in favore di una vicenda fittizia intrigante.

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venerdì 11 giugno 2021

74 - "Panico" ("Panic", 1944) di Helen McCloy

Copertina dell'edizione pubblicata dalla
Polillo Editore
Tra i romanzi gialli classici che preferisco, di sicuro figurano quelli ambientati in luoghi impervi e isolati da qualche circostanza più o meno accidentale. Non per niente, infatti, ho già recensito positivamente titoli come "Qualcuno ti Osserva" di Ethel Lina White (la cui trama si svolge nel corso di una sola lunga notte di terrore, all'interno di una casa al confine tra il Galles e l'Inghilterra, tagliata fuori dalla civiltà da una furibonda tempesta notturna) oppure "Il Gatto e il Topo" di Christianna Brand, nel quale una ragazza si ritrova a combattere contro tutti quanti per dimostrare come, dentro a una dimora di montagna, venga celata una giovane donna. A ben guardare, in realtà, dovrei dire che prediligo particolarmente quelle storie che appartengono al sottogenere perlopiù americano delle woman in jeopardy, dove esponenti del gentil sesso si ritrovano a incorrere in ogni sorta di pericolo, minacciate da loschi individui oppure da complotti orditi contro di loro; in questo genere di racconti, infatti, è più probabile trovare atmosfere sinistre e claustrofobiche. Eppure, sono fin troppo consapevole del fatto che, in queste vicende, l'elemento dell'enigma puro venga spesso trascurato proprio per esacerbare ed evidenziare il "brivido lungo la schiena" da far provare al/alla lettore/lettrice di turno, con la conseguenza che ciò che rimane, una volta terminata la lettura, è una mera sensazione di scombussolamento emotivo estraneo alla soluzione più o meno logica del mistero. Pertanto mi concedo di divorare questo tipo di libri soltanto di tanto in tanto, nonostante mi piacciano moltissimo, dal momento che non vorrei finire per annoiarmi per la scarsa variazione su un tema trito e ritrito.

Detto ciò, ogni tanto capita di imbattersi in qualche mystery capace di mettere insieme un'ottima atmosfera da incubo, claustrofobica in più sensi, e un'enigma di prim'ordine corredato da un abile fair play e da un contesto solido, capace di resistere al passare del tempo. Ad esempio, penso a "La Rossa Mano Destra" di Joel Townsley Rogers che, per quanto sia un romanzo giallo americano sotto tanti aspetti, traduce su carta un incredibile incubo ad occhi aperti che ancora oggi non smette di sorprendere per accuratezza e logicità. In questo specifico caso, la dimora dello psicologo criminale MacComerou rappresenta perfettamente quel tipo di ambientazione chiusa e spaventevole di cui parlavo sopra (senza dimenticare il terrore che suscita l'intera storia, tra boschi e strade notturne e popolate di pazzi). Un altro titolo che mi viene in mente è "Quando l'Amore Uccide" di Nicholas Blake il quale, pur essendo meno d'impatto dal punto di vista dell'atmosfera di panico che si associa al libro di cui sopra, non si può certo classificare come confortevole nonostante sia ambientato nel periodo di Natale. Anche qui l'apparato indiziario permette a chi legge di farsi un'idea di chi sia il colpevole, ma allo stesso tempo non mancano parti della storia in cui il tono è decisamente depresso, vuoi per un senso di disillusione oppure per qualcosa di più potente e letale. Tra questi mysteries a dir poco sorprendenti e potenti, si può includere pure quello che recensirò oggi per voi: "Panico" di Helen McCloy (Polillo Editore, 2010). Esso infatti riprende al meglio il modello presentato circa dieci anni prima da "Qualcuno ti Osserva", con una giovane costretta dalla necessità di sopravvivere a stabilirsi in una casa isolata dal resto del mondo. Stavolta, però, l'enigma non si traduce in un semplice esasperare di emozioni fini a se stesse, con un caso che viene svelato al lettore senza permettergli di mettersi alla prova più di tanto: nel libro di McCloy l'indagine si presenta come un vero e proprio esercizio crittografico logico, in stile enigmistico, di difficoltà non indifferente. Anzi, forse fin troppo esagerata.

A Birch Grove, Arkhip Kuindzhi, 1880
La storia prende avvio con il decesso improvviso dell'anziano e insigne grecista Felix Mulholland, il quale lascia in eredità ai giovani nipoti Alison e Ronnie un patrimonio esiguo in fronte a quanto entrambi si aspettassero. La casa stessa in cui vivono da molti anni dovrà essere venduta assieme al mobilio, per pagare le tasse di successione e gli stipendi dei domestici, e tutto ciò che resta agli eredi sono appena tredicimila dollari. Ma le sorprese non sono finite qui. Poche ore dopo il triste rinvenimento del corpo adagiato sul letto, alla porta di casa Mulholland si presenta un sedicente colonnello Armstrong a chiedere conto di una certa documentazione riguardo un codice cifrato che Felix aveva ultimato da poco e che, secondo le parole del suo inventore, era praticamente impossibile da spezzare o decifrare. Alison, che svolgeva il ruolo di segretaria dello zio, non ha la minima idea di che cosa intenda Armstrong: lo zio si chiudeva ore ed ore nello studio da solo e a lei non è stata fatta alcuna confidenza. L'unica cosa un po' strana che la ragazza abbia visto è un foglietto con scritti sopra alcuni gruppi di lettere senza senso... Ma è stato buttato via. Deluso, Armstrong se ne va e Alison deve decidere cosa fare della propria vita: deve trovare un lavoro al più presto, ma la tosse e la debilitazione causate dalla vita frenetica in città la stanno mettendo a dura prova. Pertanto, su consiglio di Ronnie, la ragazza decide di andare a trascorrere qualche settimana ad Aultonrea, sui monti Adirondacks, per cambiare aria e schiarirsi le idee. Giunta sul posto, tuttavia, Alison si rende conto di quanto esso sia lontano dal mondo civilizzato e da qualsiasi forma di comodità moderna: non c'è nemmeno la luce elettrica, le serrature si potrebbero spezzare con una certa facilità e il telefono deve essere appositamente allacciato.

Tutto sommato, comunque, la ragazza non si lamenta: è proprio la tranquillità ciò che le serve per ricaricare le batterie... Peccato solo che, non appena scende la notte, fuori dalla casetta si inizi a sentire qualche rumore sospetto, come se qualcuno stesse camminando nel sottobosco. Alison si ripete che deve trattarsi di qualche animale, ma la sua educazione classica le suggeriscono una spiegazione al fenomeno molto più terribile: se fosse il dio Pan, con il suo aspetto a metà tra la bestia caprina e l'uomo avvenente, a zufolare tra gli alberi? Dopotutto, lo stesso Felix e la precedente inquilina di Aultonrea, una signora che finì per impazzire, avevano affermato di "sentire" cose quando cala il buio. Inizia così un periodo pieno di terrore, panico (inteso non solo nel senso comune del termine ma pure in quello letterale) e di sospetti per Alison, la quale si ritrova circondata da persone eccentriche e pericolose: l'amato Geoffrey, in licenza dal servizio militare per un sospetto esaurimento nervoso; sua sorella Yolanda, una virago pronta a tutto per tenersi stretto il fratello e continuare a vivere nell'agiatezza; un uomo di nome Matt che assomiglia a un pellerossa e consegna merce col suo furgoncino; miss Phillmore, un'anziana dall'aria mascolina che ha tentato di farsi assumere alle sue dipendenze con la chiara intenzione di spiarla; una coppia di coniugi che vedrebbe di buon occhio il passaggio di Aultonrea sotto la loro ala. E poi, come se non bastasse, all'improvviso dalla tasca della vestaglia della ragazza, in una notte di pioggia battente e di tempesta, ecco che ricompare il foglietto che desiderava ottenere il colonnello Armstrong... Forse nasconde davvero qualche segreto inconfessabile, qualcosa che lo zio Felix desiderava non venisse letto da qualche malintenzionato? Starà ad Alison venire a capo del mistero, applicandosi a calcoli matematici e a teorie complesse sulla sostituzione di cifre e lettere.

Esempio di codice presentato in "Panico"
Quello che rende grande "Panico" penso sia ciò di cui parlavo sopra, e cioè il fatto che riesca ad essere un romanzo giallo capace di restare in equilibrio su due piani che di solito faticano a convivere equamente, dentro una stessa opera: quello dell'enigma puro e quello del contesto in cui esso viene calato. Nella sua storia, McCloy dimostra di essere in grado di mettere in piedi un mistero per nulla banale, dove si intersecano quesiti filosofici, citazioni letterarie e teorie matematico-pratiche di livello avanzato (in modo molto simile a quanto aveva fatto in "Come in uno Specchio", se al posto del calcolo inseriamo l'elemento dell'impossibilità fisica nel compiere un assassinio), assieme a una cornice in cui l'elemento soprannaturale la fa da padrone, manifestandosi sotto forma di fenomeni naturali come i temporali e innaturali quali edifici abbandonati e sinistre figure nell'oscurità legate al mito classico. Fin dall'inizio, quando facciamo il nostro primo incontro con Alison, ci troviamo in una situazione a dir poco terribile: la ragazza viene svegliata nel cuore della notte da una telefonata che la mette in agitazione. Non bisogna dimenticare che siamo in periodo di guerra, per cui le notizie che non possono aspettare la luce del giorno per essere comunicate devono essere gravi. Ecco, con questa introduzione ci viene presentato il tono che pervaderà tutto il racconto: una costante tensione mista a terrore accompagnerà la ragazza fino allo svelamento della verità sul finale. Da New York ad Aultonrea sugli Adirondacks, una forza temibile e misteriosa la perseguiterà in modo simile a uno spettro, allo stesso modo del doppelganger di Faustina. La narrativa di McCloy è spesso caratterizzata da questo elemento di persecuzione, di incertezza e di velata minaccia, probabilmente suggerito all'autrice dal periodo storico in cui la sua produzione migliore si concentrò: quello della Seconda Guerra Mondiale e degli anni di depressione e desolazione che seguirono, i quali misero a dura prova lo stato mentale e morale della gente.

A questo clima oppressivo e poco confortevole, McCloy accostò un'indagine che spazia a sua volta su più livelli, dando vita a un complesso castello di carte che si erge a partire da fondamenta niente affatto scontate. Le premesse appaiono tutto sommato nella norma: c'è questo cifrario misterioso che è scomparso e una probabile potenza straniera oppure agente nemico che potrebbero essere interessati alla faccenda. Nei romanzi di spy story qualcosa del genere si verifica di continuo, non è una grossa novità. Ciò che sorprende, invece, è il modo attraverso cui l'autrice tratta tutto quanto, declinandolo in una forma che sta tra il thriller (il quale richiama proprio i racconti delle spie e degli agenti segreti "alla Le Carré") e il giallo ad enigma puro, dotato di indizi decifrabili da parte del lettore. Se da un lato non ci viene mai fornito il messaggio in codice intero su cui mettere alla prova le nostre capacità di crittanalisti, d'altro canto tra le righe possiamo scorgere qualche prova del fatto che la vittima e le circostanze della sua morte indichino inequivocabilmente una certa persona come il colpevole dei terribili eventi che si stanno scatenando attorno alla figura di Alison. E non paga di ciò, McCloy si ingegna pure per seminare falsi indizi e suscitare più dubbi possibili nella mente di chi legge, infilando nella storia riferimenti alla storia recente (come il fascismo, la guerra che si stava combattendo in più parti del mondo tra Pearl Harbor e l'Europa), riflessioni sulla psicologia dell'individuo (con tanto di eonismo) e sullo stato d'animo dell'America, letteratura classica greca e latina con precise spiegazioni che dimostrano l'indubbia cultura dell'autrice. A coronare il tutto, infine, a spezzare il ritmo vertiginoso e ansiogeno dell'abisso in cui rischia di cadere Alison, ci vengono presentate lunghe e dettagliate parti della storia dedicate esclusivamente a trattare il tema della crittanalisi: tabelle piene di numeri e lettere, teorie su come una certa chiave possa essere spezzata con facilità, approfondimenti su personaggi vissuti nella realtà e che hanno contribuito a rendere più o meno ostica la cifratura oppure la decifrazione, giocando con chiaro ed indice. Il risultato degli sforzi di McCloy è "Panico", un romanzo dove sovrannaturale mitologico e logica stringente di stampo matematico si incontrano per dare vita a una storia originale e fuori dal comune.

Helen Worrell Clarkson McCloy, nata nel
1904 e morta nel 1994
Tutto ciò lascia intendere come Helen Worrell Clarkson McCloy (era questo il nome intero dell'autrice, nata a New York nel 1904) fosse una persona istruita ed acculturata: i continui riferimenti all'antica Grecia e al mito dell'antichità (pp. ); i discorsi su filosofia, naturalismo, matematica comparata, nonostante siano spesso solo accennati, lasciano intendere una vasta conoscenza sviluppata durante gli studi in Europa e proseguiti in America. Inoltre, cosa non da poco, è molto approfondita l'analisi psicologica tout court dell'individuo (essendo il suo investigatore seriale, non presente nel romanzo recensito oggi, il primo segugio-psichiatra della storia non ci aspetteremmo niente di meno): numerose teorie crittanalitiche come quella di Vigenère, di Bazeries, di Kasiski e Kerckoffs, vengono prese in considerazione con serietà e praticità per mostrare al meglio al lettore quanta strada si sia fatta nel corso dei secoli per perfezionare l'arte del codice segreto, così che il lettore possa comprendere fino in fondo le possibili implicazioni dell'indagine; l'attività del subconscio dell'essere umano, della corruzione della sua personalità e degli sforzi della memoria cosciente per mettere a freno gli impulsi e l'istinto la fanno da padrone per tutta la lunghezza della storia; come pure la suggestione, la psichiatria, le manie e le ossessioni, mescolate in un sapiente calderone e impostate per instaurare un clima di tensione sempre crescente, che impedisce di annoiarsi e spinge a continuare la lettura. La guerra in corso infesta il racconto, restando in sottofondo per la maggior parte del tempo ma emergendo con insistenza a più riprese, in mezzo ad altri discorsi e ad osservazioni che sono focalizzate sul mistero del codice criptato oppure su quello del decesso improvviso di Felix Mulholland.

A questo proposito, è interessante notare come ancora una volta torni il soprannaturale come punto cardine attorno a cui sviluppare la trama: in "Come in uno Specchio" avevamo la teoria del doppelganger quale pretesto per fare le ipotesi più strabilianti sulla spiegazione dell'enigma; qui, la possibilità remota che un essere bestiale abbia preso vita dal mito arcaico e si sia nascosto nei boschi degli Adirondacks e della mente umana. Non per niente John Dickson Carr fu una delle ispirazioni per l'autrice, tanto che "Alias Basil Willing" fu dedicato proprio a lui e alla moglie Clarice. Manca, invece, l'elemento del delitto impossibile che Helen McCloy ha affrontato in numerosi romanzi proprio per esasperare l'atmosfera irreale delle sue storie, accompagnato da uno spiccato senso per la suspense. Esse possono essere considerate come dei piacevoli ibridi, che mescolano intelligentemente gli elementi del giallo all'inglese con quelli tipici del romanzo psicologico americano: una caratteristica, questa, che li ha resi graditi agli estimatori di entrambi i sottogeneri, e che ha contribuito ad affermare la sua autrice come la più grande scrittrice americana di gialli. Sposata con Davis Dresser, l'autore noto con lo pseudonimo di Brett Halliday e creatore del detective privato Mike Shayne, la McCloy fu, tra le altre cose, direttrice del New York Evening Sun per diciotto anni e il primo presidente donna dell'associazione dei Mystery Writers of America, prima di spegnersi a Boston, nel 1994. Per quel momento aveva contribuito al genere con una trentina di meravigliosi gialli: numerosi furono gli stand-alones proprio come "Panico", ma sono ricordati soprattutto i tredici romanzi con protagonista Basil Willing, tra cui "La Stanza del Silenzio", "Omicidio a Scena Aperta" e "Come in uno Specchio". Su "Panico" vorrei aggiungere soltanto un'ultima considerazione, prima di terminare. Come dicevo, si tratta di un romanzo giallo straordinario sotto molti aspetti; però vale la pena avvertire il lettore che le spiegazioni sulla crittanalisi sono talmente complesse da risultare un po' indigeste. Non aspettatevi una lettura di facile comprensione; per affrontare questo romanzo ci vuole una certa concentrazione.

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venerdì 4 giugno 2021

# - Aggiornamenti dall'Approvvigionatore Letterario (Giugno 2021)

Cari amici e lettori dell'Angolo dell'Approvvigionatore Letterario, eccoci qua per un nuovo appuntamento coi consigli letterari nel segno del giallo tradizionale. Senza che ce ne siamo resi conto (almeno per me è stato così) siamo giunti fino a giugno, alle porte dell'estate e di una stagione che si spera ci porti un po' di sollievo dai disagi della pandemia. La strada per uscire da questa sgradevole situazione è ancora lunga da percorrere, ma l'apertura delle vaccinazioni per tutta la popolazione mi pare un segnale molto buono verso un graduale ritorno alla normalità. Nel frattempo,come sempre, io sono pronto a darvi qualche consiglio su cosa leggere per ingannare il tempo e intrattenervi; soprattutto in vista delle auspicabili settimane di relax e mare o montagna che ci attendono nei prossimi mesi. Pertanto, diamo inizio alla lista!

Copertina dell'edizione pubblicata da
Le Assassine
Come prima lettura in lingua italiana, vi consiglio caldamente di prendere in considerazione il romanzo nuovo di zecca che Le Assassine hanno dato alle stampe: "Un Cappio per Archibald Mitfold" di Dorothy Bowers. Si tratta di una storia straordinaria, scritta da colei la quale veniva considerata come l'erede diretta nientemeno che di Dorothy L. Sayers, dal momento che aveva fatto proprio l'utilizzo di citazioni e di uno stile narrativo complesso come marchi di fabbrica. Sfortunatamente Bowers riuscì a produrre soltanto cinque storie del mistero prima di morire in giovane età, come accadde a Christopher St. John Sprigg, a causa della tubercolosi che contrasse alcuni anni dopo lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale; come unica consolazione, ebbe il privilegio di essere nominata membro del Detection Club. "Un Cappio per Archibald Mitfold" narra una vicenda che si svolge nel 1939, proprio poco dopo la dichiarazione del conflitto mondiale. Il giovane Archibald Mitfold del titolo incontra due vecchi compagni di scuola e rivela loro come sia stato vittima di una serie di tentativi di ucciderlo, ai quali è scampato quasi per miracolo. Ormai è convinto che il pericolo sia passato, per cui non dà importanza ai calorosi consigli degli altri di riguardarsi e prestare attenzione; pertanto, non stupisce venire a sapere come più tardi, proprio in quello stesso giorno, Archy venga trovato morto nella casa della zia. Come si sia verificato il decesso è chiaro fin da subito, ma sull'identità del colpevole e sul movente di questo gesto criminale incombe una cappa di dubbio e sospetto. Fin da subito la soluzione si presenta complessa da trovare; così il caso viene affidato al competente ispettore Pardoe il quale si getta a scavare nella vita della giovane vittima e di chi lo ha circondato nel corso degli anni. Il fatto è che, più va a fondo della faccenda, più emergono nuovi elementi a complicare l'indagine: la cameriera, innanzitutto, testimonia di aver sentito Mitfold fare commenti criptici; ma pure la scomparsa del diario di quest'ultimo, la sua passione per lo strano disegno di un uccello e il calco di gesso che accompagnava con il simbolo di un martello; un incontro avvenuto presso un'organizzazione che simpatizza con i nazisti e la conseguente scomparsa di un milionario, contribuiscono a ingarbugliare la matassa. Qual è la verità sulla faccenda? Tra false piste e capitoli segnati con frasi prese dal "Macbeth" di Shakespeare (come il titolo originale), starà a Pardoe trovare gli elementi necessari per mettere in arresto un assassino che forse non ha ancora terminato di seminare morte e sventura. "Un Cappio per Archibald Mitfold" si preannuncia essere un romanzi del mistero grandioso, insomma.

Copertina dell'edizione pubblicata
nei Classici del Giallo Mondadori
Passando invece alle pubblicazioni da edicola, questo mese voglio segnalare l'uscita di un giallo inedito nei Classici del Giallo Mondadori. Da qualche tempo l'editore ha ricominciato ad investire su traduzioni ex novo di titoli appartenenti alla tradizione della Golden Age, tra Ethel Lina White e Anthony Berkeley. Ecco, proprio all'opera di quest'ultimo appartiene la storia pubblicata a giugno. Si tratta di "Il Problema del Signor Priestley", tra i primi esempi di mystery solcati da una vena ironica. Immaginate la premessa: una persona normalissima, innocente e assolutamente priva di scopi criminali, ammazza per sbaglio qualcuno... e non esistono prove che possano incriminarla. Come dovrebbe comportarsi? Dovrebbe consegnare se stessa alla polizia e rischiare di finire in galera per un errore compiuto in un momento di distrazione, oppure fare finta di nulla e mettere a tacere la propria coscienza? Questo è l'oggetto di un'esperimento psicologico che alcuni compagni di bevute, appassionati di criminologia, decidono di testare sfruttando l'ingenuo e pacifico signor Matthew Priestley. Hanno in mente di elaborare una complicata messinscena, che prevede la partecipazione di una ragazza affascinante che dovrebbe scambiarlo per un altro e coinvolgerlo in un furto nella casa di uno dei complici. Tuttavia, quando il proprietario si affaccia, i proiettili a salve e il finto stramazzo al suolo della "vittima" convincono Priestley di essere davvero colpevole. Da qui poi inizia un'avventura incredibile che vede il poveretto coinvolto in ogni serie di peripezie; e l'ingresso sulla scena di un poliziotto finirà per causare conseguenze inimmaginabili... Dalla fervida immaginazione di Anthony Berkeley, una storia divertente e appassionante.

Copertina dell'edizione pubblicata
dalla British Library Crime Classics
Per le letture in lingua inglese, invece, questo mese abbiamo una raccolta di racconti per i tipi della British Library Crime Classics dal titolo "Guilty Creatures". Si tratta della periodica pubblicazione curata dal critico Martin Edwards, il quale ha radunato una serie di brevi storie accomunate (in questo caso) dal tema del mondo animale declinato secondo differenti sensi. Fin dagli albori del genere giallo, infatti, bestie di ogni tipo hanno avuto ruoli più o meno importanti all'interno di romanzi e racconti del mistero: basti pensare a titoli quali "Panico" di Helen McCloy, con un cane cieco che involontariamente fornisce indizi per la soluzione del mistero, oppure "Il Pappagallo Bianco" di Mignon G. Eberhart e la serie più leggera prodotta da Lilian Jackson Braun con protagonisti due gatti investigatori. Pertanto, che siano autrici di crimini, testimoni chiave oppure spalle per le forze della legge alla pari del docile e buon dottor Watson, queste creature sono le protagoniste delle quattordici trame racchiuse in "Guilty Creatures" e concentrate su gatti, cani e insetti insieme ad animali più esotici come gorilla, parrocchetti e serpenti velenosi. Spaziando da Arthur Conan Doyle fino a F. Tennyson Jesse, da Christianna Brand a Penelope Wallace, Edwards ha curato questa antologia fin nei minimi particolari, dando vita a una raccolta singolare e originale, nonché piena zeppa di misteri da risolvere.

Copertina dell'edizione pubblicata
da Penzler Publishing
Infine, per restare sempre nel mondo animale, per coincidenza pure Penzler Publishing ha pubblicato un romanzo giallo su questo genere. Infatti, in questo mese ci viene presentato "The Cat Saw Murder" di Dolores Hitchens. Protagoniste della storia sono l'investigatrice privata Rachel Murdock e sua sorella Jennifer, convocate d'urgenza da parte della loro nipote preferita Lilly in California. Prima di mettersi in viaggio, tuttavia, le due sistemano la loro preziosa gatta Samantha per portarla da Lilly: Samantha, infatti, non è una gatta qualunque, ma addirittura un'ereditiera benedetta da un ricco parente con una fortuna pecuniaria pressoché inestinguibile. Per questo motivo l'animale deve essere trattato con tutte le cure e preservato. Tuttavia, non appena giunte in California, Samantha subisce un attentato e rischia di restare uccisa. Sotto shock, Rachel e Jennifer non fanno in tempo a riprendersi dallo spavento che un nuovo incidente si verifica... ma stavolta a rimetterci la pelle è Lilly. All'arrivo della polizia, gli indizi iniziano ad andare a posto: la cugina aveva contratto pesanti debiti di gioco ed era solita barare a bridge, pertanto sembrerebbe che la colpevole dell'attentato a Samantha alla fine sia rimasta vittima del proprio piano diabolico per impossessarsi del denaro ereditato dalla bestia. Tutto risolto, quindi? Affatto, dal momento che presto compare un altro cadavere, semisepolto in una spiaggia vicina. Appare quindi chiaro che questa storia di follia omicida non sia legata soltanto ai problemi finanziari di Lilly, ma si articoli seguendo una pista più contorta e difficile da sondare. Per fortuna, niente è impossibile per Rachel Murdock e la gatta Samantha, le quali surclasseranno le forze dell'ordine nello scoprire le sottigliezze di un caso davvero strabiliante.

Anche per questo mese i consigli di lettura in giallo sono terminati. Come al solito, se dovessi venire a sapere di qualche titolo che mi sia sfuggito, lo aggiungerò in coda qui sotto con un avviso. Nel frattempo, vi auguro un buon inizio d'estate con tante letture e una graduale ripresa della routine quotidiana. A presto!

Link ai titoli consigliati su IBS:
"Un cappio per Archibald Mitfold" di Dorothy Bowers.

Link ai titoli consigliati su Libraccio:
"Un cappio per Archibald Mitfold" di Dorothy Bowers.

Link ai titoli consigliati su Amazon:
"Un cappio per Archibald Mitfold" di Dorothy Bowers;
"Il problema del signor Priestley" di Anthony Berkeley (solo ebook);
"Guilty creatures" curato da Martin Edwards;
"The cat saw murder" di Dolores Hitchens.