Copertina dell'edizione pubblicata dalla Polillo Editore |
Quello che mi serviva, mi sono detto, era qualcosa di simile a "Troppe Lettere per Grace", capace di stuzzicare l'attenzione e di poter essere disponibile per chiunque desiderasse approfondire la mia recensione con una lettura di prima mano. Così, mi sono rivolto ancora una volta ai fidati Bassotti Polillo e, scorrendo i titoli dell'elenco delle pubblicazioni, mi sono imbattuto in "Il Gatto e il Topo" di Christianna Brand (2010). Su questa autrice se ne sono dette di tutti i colori: il critico Martin Edwards, all'interno di "The Golden Age of Murder", l'ha descritta in modo un po' vago in relazione ad alcune osservazioni che lei in persona aveva fatto su un paio di colleghi e colleghe, osservando come fosse una signorina incline al pettegolezzo e non sempre così affabile come si potrebbe essere portati a considerarla a prima vista. Tra le altre cose, sembrava ce l'avesse con Anthony Gilbert e che fosse un tipetto intraprendente nel flirtare con John Dickson Carr (sposato con Clarice, ricordiamo) e con Anthony Berkeley, uno che non si faceva certo pregare per scambiare più di una parola con una signorina affascinante. D'altra parte, però, Brand viene considerata come l'ultima grande autrice del passato a scrivere romanzi gialli tradizionali, intesi proprio come enigmi da sciogliere per il semplice gusto di farlo e senza scomodare troppo la psicologia del criminale alla maniera moderna. I suoi libri, soprattutto quelli con protagonista l'ispettore Cockrill di Scotland Yard, hanno suscitato commenti entusiasti da parte di critici e lettori negli ultimi ottant'anni: addirittura Julian Symons, che non era certo un tizio solito ai complimenti, ha sempre professato una grande ammirazione nei suoi confronti. Per questi motivi, dunque, mi intrigava fare un tentativo con uno dei libri che Brand aveva scritto: per capire se alla fine fosse giustificato questo entusiasmo, e se tra le righe trasparissero una certa frivolezza e la sua passione per il gossip. Così ho deciso di leggere "Il Gatto e il Topo" e, ad essere sincero, non sono ben sicuro che mi sia piaciuto del tutto, per una serie di motivi che vi spiegherò. Ma intanto vediamo la trama.
Lake with Castle on a Hill, Joseph Wright of Derby, 1787, raffigurante un castello simile a Penderyn |
Indispettita, Katinka riesce a convincere la signora Evans (la quale porta il latte in giro per il villaggio e pure a Penderyn) a farsi accompagnare lassù, assieme a un giovanotto di nome Chucky che si fa passare per un poliziotto. La ragazza, oltre ad essere infastidita dalle attenzioni che le rivolge questo tizio di cui dubita sia un giornalista sotto mentite spoglie, è ben determinata a scoprire perché tutti la stiano prendendo in giro... Eppure, quando finalmente si trova davanti al portone d'ingresso ha come la sensazione che ci sia qualcosa che non va dalle parti di Penderyn. C'è troppo silenzio, e una volta entrata nell'edificio le sembra come di soffocare. Il successivo incontro con Carlyon non migliora certo le cose: innanzitutto, perché lui si dimostra molto freddo e antipatico nei suoi confronti, affermando che non esiste nessuna moglie e che la ragazza si stia inventando tutta la storia di sana pianta per un qualche suo fine segreto; ma anche perché Katinka cade vittima del suo fascino tenebroso e si innamora. Spaventata da tutte queste emozioni e dal turbamento che la casa ha suscitato nel suo cuore, la ragazza fugge lungo il sentiero e si sloga una caviglia: l'unica soluzione è che lei debba essere ospitata a Penderyn. Da questo punto iniziano i veri guai per Katinka. Prima viene ricoverata in una camera un po' isolata della casa, senza alcun conforto se non un letto freddo dove riposare e con la porta sbarrata durante la notte; poi ha come la sensazione che gli abitanti l'abbiano drogata con della morfina per poterla controllare e, nel dormiveglia, di ricevere la visita di un essere mostruoso, con il volto sfregiato e le articolazioni deturpate come se fosse stato vittima di un incidente spaventoso. E se al mattino le cose appaiono meno vivide e terrificanti, gli interrogativi si moltiplicano: dapprima Carlyon pare disposto a concederle un po' di comprensione e simpatia, poi torna a richiudersi in se stesso. E di Amista, la giovane sposa, non c'è alcuna traccia. Forse è lei la figura inquietante che nottetempo ha fatto visita alla sua camera da letto? Oppure il mistero è molto più fitto di quanto Katinka possa immaginare? E Chucky cosa c'entra in tutta la faccenda? In un turbinio di segreti, colpi di scena, fughe, litigi e rivelazioni, bisognerà aspettare l'ultimo capitolo per avere chiara la verità.
Arkwright's Cotton Mills by Night, Joseph Wright of Derby, 1782 |
In fin dei conti, "Il Gatto e il Topo" è un romanzo del mistero che si riallaccia alla corrente inaugurata da Francis Iles con "L'Omicidio è un Affare Serio" e che, contemporaneamente a Brand, stava godendo di un periodo d'oro grazie all'opera di Julian Symons, scrittore e critico di genere celebre tanto per la maestria nell'ideare omicidi diabolici e contorti quanto per la parzialità dei propri giudizi nei confronti dell'opera dei colleghi. Non per nulla, proprio il romanzo recensito oggi è stato da lui inserito in una lista dei 100 migliori gialli di tutti i tempi. Ma io mi domando: è davvero così? A mio modesto parere, è stato un po' esagerato. E il motivo è da ritrovarsi proprio in quella sua prima parte così atipica della storia. Va bene l'impiego di luoghi e personaggi tipicamente inglesi e conformi alla società del tempo: la casa tenebrosa, segreti striscianti lungo i suoi corridoi bui, camerieri ambigui che mescolano bugia e verità, una ragazza in pericolo che non viene creduta e uno spasimante tormentato; tutto ciò fa parte del giallo, poiché ad esempio in "Qualcuno ti Osserva" essi vengono impiegati al meglio. Però, c'è un'obiezione da fare. Mettere insieme queste cose col giallo psicologico "puro" può a volte generare una netta rottura tra i due sottogeneri, dal momento che l'enigma della seconda parte prende in qualche modo le distanze da quello della prima. Non conta quasi più la necessità di dare enfasi all'emozione, fulcro della trama fino a quel momento; adesso bisogna dedicarsi all'indagine logica. Ecco, io ho trovato un po' straniante questo accostamento e il relativo stacco tra le due parti, anche perché non permette di suscitare chissà quali sospetti tra i personaggi. La particolarità di questo conturbante mystery è giocata sull'atmosfera fuggevole, sull'ambiguità dei personaggi e sul fatto che ogni cosa venga gradualmente e ripetutamente rovesciata. Non era necessario dilungarsi così a lungo nella creazione di un'aura fin troppo emotiva e gotica per introdurre le vicende. Dunque, per riassumere, a mio parere "Il Gatto e il Topo" non è tanto uno tra i massimi capolavori del giallo anglosassone, quanto una prova notevole dell'abilità di Brand nel saper capovolgere qualsiasi situazione spiazzando il lettore.
Mary Christianna Milne, alias Christianna Brand, nata nel 1907 e morta nel 1988 |
Ma quello che interessa a noi riguarda la sua esperienza come giallista, per cui soffermiamoci sulla sua narrativa in questo senso. In "Il Gatto e il Topo", come pure nell'altro suo grande romanzo del mistero "Uno della Famiglia", ritroviamo tutte le caratteristiche che resero famosa Brand. Ad esempio, l'ingegnosità della trama: pur con i dovuti difetti di cui ho già ampiamente parlato sopra, non si può certo dire che la storia di Amista e Katinka sia banale oppure semplice. Ci troviamo di fronte a un caleidoscopio di fatti, sorprese, colpi di scena che si susseguono senza sosta, senza mai lasciare al lettore un momento di respiro; ogni cosa viene capovolta quando meno ci si aspetta, una certezza cade per lasciare il posto a un dubbio che poi, divenuto quasi sicurezza, a sua volta cede il passo a una consapevolezza (ma è poi così?). In questo risiede gran parte del fascino di "Il Gatto e il Topo", come pure nell'abilità dell'autrice di nascondere gli indizi con criterio; cioè mettendoli sotto il naso di chi legge ma senza evidenziarli. Immergendo le vicende in un'atmosfera surreale, angosciosa, tenebrosa e inquietante, Brand esalta non solo ciò che accade ma dà vita a una sorta di cortina di fumo da gettare sugli occhi, la quale impedisce che ciò che è davvero importante balzi alla vista. Riesce a sviare il lettore come pochi altri, pur lasciandogli credere di aver capito tutto. Infatti, appena Katinka arriva a Penderyn facciamo la conoscenza di Carlyon e il suo atteggiamento ambiguo ci fa pensare subito: "Colpevole". Subito dopo, però, ce lo dipinge come un uomo solitario e sensibile; impossibile che sia un criminale. O forse sì, dal momento che tratta Katinka con freddezza e antipatia? E lo stesso si può dire per qualsiasi personaggi del libro: la signora Love con il suo aspetto artificioso e le sue maniere pratiche, ma pur sempre cortese e gentile; l'ispettore Chucky, tanto desideroso di infastidire Katinka con le sue facezie quanto di proteggerla e allontanarla da quella casa in cui sta succedendo qualcosa di orribile; la signorina Evans del Latte che ha un'aria tanto indifesa, con i suoi scaffali pieni di romanzi d'amore e l'impiego al villaggio, ma non ha mai visto Amista... ed Amista deve esistere, poiché le lettere alla redazione di Girls Together non si sono certo inviate da sole; Dai Jones, coriaceo come un nano del mito e protettivo nei confronti di Carlyon. L'assassino è qui, tra tutti questi attori di un dramma che viene pian piano alla luce, tra passi in avanti e passi indietro, scoperte significative e indizi falsi.
Pensate che la trama è ispirata a una storia vera, se bisogna credere a Brand (e non è detto sia così affidabile, se è vera la faccenda del pettegolezzo che era solita coltivare): infatti lettere simili a quelle di Amista sarebbero state inviate a una certa zia dell'autrice, Mary, che agiva come redattrice per conto di una rivista per signore. Ma non si tratta soltanto di questo. Possiamo ritrovare cenni al romanzo vittoriano, tra "Jane Eyre" di Charlotte Bronte e "Rebecca la prima moglie" di Daphne Du Maurier (Penderyn assomiglia a Thornfield Hall e a Manderley, mentre Carlyon potrebbe assumere il ruolo di Mr. Rchester e di Maxim de Winter, l'apparente frivolezza dello stile, il dramma che si staglia sullo sfondo, la minaccia evocata dalla continua similitudine tra gatti e topi); a "Il Caso dei Cioccolatini Avvelenati" di Anthony Berkeley, con i continui guizzi di trama che ti fanno dire: "Ecco, è questa la soluzione del caso", per poi farti subito rimangiare le parole perché è sbucato un nuovo fatto che non si accorda con la teoria appena esposta; in un certo senso pure a "La Signora Scompare" di Ethel Lina White, poiché ritroviamo la figura della ragazza che sostiene il verificarsi di un crimine ma nessuno le crede. L'autrice di "Il Gatto e il Topo" mette insieme tutto ciò ma non lo fa semplicemente scopiazzando, poiché inserisce comunque una certa ironia a smorzare i toni melodrammatici (esemplari sono le discussioni tra Katina e Miss Facciamoci-Belle, da cui traspare l'esperienza di Brand nella vita di redazione, e Katinka e Chucky) e declina in modo originale molti cliché fino a dare vita a un racconto il cui pregio sta nel continuo gioco tra autrice e lettore: sfruttando virtuosismi stilistici, la capacità di sollevare un velo simile alla pioggia che cade incessante su ogni cosa, la caratterizzazione magistrale dei personaggi che cambiano maschera a seconda di un raggio di luce oppure di una parola di troppo, Brand capovolge ogni indizio, ogni azione mostrandola di volta in volta secondo un punto di vista nuovo. Certo, i personaggi sono comunque pochi e la prima parte della storia forse è un po' troppo esaltata dal punto di vista sentimentale; ma questo non toglie che il libro resti una prova notevole all'interno dell'opera di Brand, la quale venne e viene tutt'oggi elogiata. Ci sarà pure un motivo se ciò si verifica, no? Una spiegazione la può dare proprio "Il Gatto e il Topo", che vi consiglio di leggere per farvi un'idea di quanto un giallista possa tentare di creare qualcosa di assolutamente originale, non senza fare qualche piccolo passo falso.
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