Copertina dell'edizione pubblicata da Mulatero Editore |
Come dicevo, quindi, oggi torno a concentrare le mie forze sul giallo che riesce a distrarre e svagare meglio: cioè quello che ci trasporta lontano nello spazio e nel tempo, in luoghi selvatici e senza alcuna limitazione. E quale scelta migliore poteva essere, dopo le atmosfere inquietanti e psicologiche di "La Casa Senza Porta" di Daly, se non l'ultimo romanzo di Glyn Carr che mi resta da leggere, con il suo illimitato senso delle distanze geografiche e della mancanza di isolamento? Questo autore, infatti, si è specializzato nell'ideare storie che prendono ispirazione dal classico mystery di tradizione britannica e filone narrativo che rese celebre John Dickson Carr: quello del mistero della camera chiusa e del delitti impossibile. Tuttavia, ha compiuto una sostanziale virata dal tipo più classico, dal momento che ha portato l'ambientazione a livelli più estremi, dove i confini non sono più costituiti da solidi muri, ma da ripide pareti di roccia il cui limite superiore è il cielo azzurro delle quote più elevate. Per il resto, si è attenuto ai canoni del genere; però quella speciale caratteristica di usare la montagna come luogo del delitto lo ha reso speciale, e legato ai misteri ben studiati ha dato vita a un piccolo miracolo del crime. Miracolo che, tra l'altro, l'editore Mulatero si appresta a rendere sempre più concreto per i lettori italiani: infatti, dopo che Rue Morgue ha abbandonato la ripubblicazione dell'opera in lingua originale, in seguito a numerose vicissitudini, proprio nel nostro Paese è partita questa iniziativa che prevede l'intero corpus letterario su Abercrombie Lewker in procinto di essere reso disponibile. Un compito che vede il riconoscimento degli appassionati di giallo e il mio personale; soprattutto, perché l'editore si è reso disponibile a darmi (finora) diversi volumi da recensire, e io lo faccio sempre con piacere perché si tratta di storie molto interessanti e divertenti. Pertanto, dopo "Morte Dietro la Cresta", "Assassinio sul Cervino" e "Un Cadavere al Campo Due", oggi è il turno di "Il Picco delle Streghe" (Mulatero Editore, 2019), in attesa del prossimo in procinto di uscire nel mese di novembre. Ambientato nel Cumberland, in un villaggio in cui splende il sole ma le atmosfere non sono mai scaldate a fondo, in questa storia troviamo un gruppo di escursionisti riuniti in un ostello della gioventù, sullo stile del circolo di sospettati che ha reso famosa in tutto il mondo Agatha Christie, nelle cui vicinanze si verificano strani eventi. Come di consueto, l'alpinismo e l'escursionismo giocano un ruolo importante all'interno di un mistero in cui la psicologia dell'assassino e dei personaggi viene sviscerata, con una corrente di invidie e segreti nascosti; però in questo particolare titolo, oltre ai tipici caratteri più classici della tradizionale partita tra lettore e scrittore e al rispetto del fair play, vi è un elemento molto intrigante che ha dato una marcia in più agli eventi e si accorda perfettamente con l'arrivo imminente di Halloween: la presenza di stregoneria e forze (all'apparenza?) oscure che agitano e acuiscono la tensione.
Cumberland Mountains, T.C. Steele, 1899, raffigurante un tipico paesaggio delle ambientazioni che costituiscono lo sfondo alle vicende di "Il Picco delle Streghe" |
Giunti in prossimità di una cascata lungo il corso del fiume, i tre fanno la terribile scoperta. Gay Johnson giace ormai cadavere da tempo proprio dentro la pozza d'acqua in cui il Riggin Spout si getta, sotto alla parete del Black Crag. Si tratta di una tragedia considerevole, dal momento che getterà nello sconforto i due giovani e i loro compagni che sono rimasti all'ostello della gioventù in cui stavano tutti alloggiando, nella piana di Cauldmoor che sovrasta la valle di Birkerdale e si trova a pochi passi dal Picco delle Streghe. Però, mentre il cadavere viene portato a valle grazie a una barella approntata da Truby e sollevata dai suoi compagni, Lewker non riesce a fare a meno di notare come siano strane le ferite visibili sul corpo di Gay Johnson. A quanto pare, solo dietro la nuca il cranio è stato sfondato, come se la ragazza avesse battuto la testa su un sasso e fosse morta sul colpo; mentre nel resto del corpo si vede qualche graffio appena, impossibili da conciliare con una caduta rovinosa da una parete roccioso come quella del Black Crag. Così, Lewker immagina che dietro al decesso di Gay si celi qualche segreto che si deve portare alla luce e che può dare vita a un'indagine per omicidio. Oltretutto, lo stesso Ted Somerset dà l'impressione di sapere qualcosa che potrebbe incriminare i suoi compagni di viaggio, e gli accertamenti del medico legale indicano come un'inchiesta dovrebbe studiare la questione a fondo. Pertanto, fingendosi un appassionato di ostelli e abbandonando l'idea di una vacanza meritata, il capocomico svesta ancora una volta i panni del comune cittadino per indossare quelli del Geniale Dilettante, che già in precedenza ha avuto l'onore e l'onere di portare. E una volta giunto a Cauldmoor, Lewker si imbatte in una serie di personaggi che farebbero invidia a un palcoscenico e a un'opera teatrale di Shakesperare: oltre alla fumantina Vera Crump e al suo sottomesso Somerset, infatti, ci sono Janet e Hamish Macrae, fratello e sorella diversi come il sole dalla notte e specializzati rispettivamente in spettacolo (e bugie) e ingegneria; Leonard Bligh, scontroso come solo gli artisti sanno essere; un gallese dall'aria ambigua di nome Bodfan Jones; e il gestore pro tempore della baita, un viscido individuo chiamato Paul Meirion che nutre un'ossessiva mania per la stregoneria e le arti occulte. Forse uno di questi personaggi ha avuto qualcosa a che fare con la morte di Gay Johnson? All'apparenza, tutti quanti avrebbero avuto un movente per cui eliminare la ragazza, oppure l'opportunità per farlo; ma gli alibi si incastrano quasi alla perfezione ed è difficile capire quale sia la verità che si cela dietro il decesso di Gay. Abercrombie Lawker dovrà impegnarsi a fondo per scoprire dove si trova l'inganno, esplorando in prima persona gli scenari mozzafiato e gli abissi di follia in cui può cadere la mente umana; nonché sfidando forze oscure che paiono spuntare dalle ombre della pietra delle montagne che circondano Birkerdale.
Schizzo della valle di Birkerdale, disegnato da Abercrombie Lewker |
In questo romanzo in particolare, inoltre, l'importanza data al paesaggio va di pari passo con lo sviluppo dell'enigma e dà vita a un equilibrio perfetto in cui entrambi questi elementi coesistono. Se nei titoli precedenti spesso lo scenario dava l'impressione di quasi invadere lo spazio destinato al mistero, tanto era necessario trasportare tra le righe i dettagli dei luoghi e soffermarsi sui dettagli più piccoli per contestualizzare il tutto, finendo per pregiudicare la riuscita complessiva del romanzo, in "Il Picco delle Streghe" c'è meno urgenza nel rendere vividi i movimenti dei personaggi e dare spessore a ciò che li circonda, pur senza venir meno alla resa di autenticità di questi stessi. Ad esempio, c'è comunque la descrizione di un paio di ascese su parete e di un escursione di Lewker, ma queste sono confinate con sapienza come per dare una pausa a chi legge, per alleggerire una narrazione che sarebbe risultata troppo densa e complessa da affrontare tutta d'un fiato. Di conseguenza, è il mistero sulle morti di Peel e Gay Johnson ad occupare il centro dell'attenzione, con tutto quello che ne deriva, tra inchieste investigative più o meno ufficiali e approfondimento di temi affascinanti legati ad esso. La stregoneria accentua la tensione, soprattutto nelle scene notturne, e dà enfasi all'enigma, suggerendo a chi legge ipotesi al limite del concreto: attraverso i racconti grotteschi e macabri di Truby, essa cala dall'alto come i corvi di cui si servivano i negromanti e gli adepti dei culti spiritici per evocare le Vecchie, e influenza la logica e l'indagine della polizia e di Lewker (pp. 27-29, 34, 48-49, 79-82, 88-89, 94, 115, 137, 140-142, 161-163, 171-172, 175, 177-178, 203, 212-213). Mentre proseguiamo nella storia, ci domandiamo se per caso le morti violente non siano state davvero provocate da qualche spirito maligno, e iniziamo a sospettare che una profonda vena di follia si celi dove il sole non riesce a battere e l'acume degli inquirenti fatica a scavare. Tutto ciò, ovviamente, genera curiosità; ma non solo, dal momento che può costituire un motivo in più perché il pubblico si avvicini a "Il Picco delle Streghe": ho sempre avuto l'impressione, infatti, che questa ferma convinzione di Carr di soffermarsi sull'alpinismo e su una narrazione incentrata su di esso, potesse scoraggiare quelle persone che non sono interessate all'argomento. Con la scusa delle forze oscure e il loro indubbio fascino, invece, l'autore riesce a invogliare chi altrimenti avrebbe tentennato. Come se non bastasse, poi, questo tema si sposa magnificamente con altri elementi del romanzo. La stessa ambientazione, che contrasta nel suo apparire quasi paradisiaca (i prati verdi, le giornate soleggiate, i laghi cristallini, i monti solidi e maestosi) con l'atmosfera di follia che regna sovrana e pervade i più piccoli particolari, come una semplice passeggiata o una salita in solitaria; oppure il coesistere tra momenti drammatici oppure paurosi, suscitati da conseguenze delle azioni dei presunti demoni, con scenette allegre e chiaramente ironiche in cui Lewker oppure altri personaggi si scontrano e si azzuffano a parole. Insomma, nonostante la presenza di alcuni stereotipi (ma ormai penso proprio che saranno una costante a cui bisogna abituarsi e non mi pesano più di tanto), "Il Picco delle Streghe" si è dimostrato essere quanto di più vicino ho letto ai romanzi degli autori più blasonati della Golden Age, da parte di un outsider che, nel suo piccolo, ha saputo dare vita a una serie molto divertente, che appassiona e intrattiene con leggerezza.
Frank Showell Styles (alias Glyn Carr) nato nel 1908 e morto nel 2005 |
La serie fu accolta favorevolmente in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, soprattutto per la capacità dell'autore di descrivere con doverosa attenzione le scene di arrampicata e i luoghi in cui esse si svolgevano. Dopo "Fat Man Agony" (1969), Styles concluse le avventure di Lewker per dare il via a un'altra serie, il cui protagonista divenne un ufficiale della marina britannica al tempo delle guerre napoleoniche; nel frattempo, tuttavia, continuò a scalare e a fare escursioni, oltre a scrivere una quantità enorme di guide, manuali e racconti sulla montagna (in totale furono circa 160), finché non morì nel 2005. I romanzi di Abercrombie Lewker (in parte ripubblicati dalla Rue Morgue Press, secondo la quale pare esista un romanzo inedito andato perduto), come dicevo, sono libri dove regna l'ironia e gli stereotipi tendono ad abbondare, soprattutto nella delineazione dei personaggi (pp. 23-29, 31-34, 36-38, 40-41, 46-48, 56-58, 77-82, 86-89, 91-92...). Eppure, in "Il Picco delle Streghe" ho notato come questi ultimi siano risultati meno "prevedibili" di quanto fosse finora successo nelle altre storie: il ruolo assegnato a Paul Meirion, ad esempio, è sì in parte modellato su quei trasparenti gestori di locande che si vedono a dozzine in giro, ma allo stesso tempo viene delineato come un appassionato di stregoneria e un semi-praticante negromante; cosa che non può far altro che dargli personalità e originalità. Bodfan Jones è un sorta di bardo gallese, un individuo che gioca moltissimo sulle sue peculiarità e che suscita la curiosità del lettore. Certo, Vera Crump e i suoi amici, con le loro storie d'amore così prevedibili, sono tratteggiati con meno spessore; però Ted Somerset dimostra di possedere uno spirito d'osservazione che si addice poco al classico Watson, e si rivela essere un ragazzo che spicca nella massa. Lo stesso Ben Truby, nonostante sia un comune pastore, grazie all'aura sinistra che lo circonda si staglia sulla scena e cattura l'attenzione; addirittura più di Sir Walter, il quale alterna ruoli in prima fila con altri sullo sfondo. Si tratta di personaggi che hanno un'anima, pur non essendo delineati abbastanza da uguagliare altri loro colleghi più illustri, la quale li rende imprevedibili, sospetti e molte volte simpatici.
In ogni caso, però, è Abercrombie Lewker, protagonista istrionico e padrone del palcoscenico fuori e dentro la finzione, a dominare ed emergere tra le righe: grazie alla sua originalità, al suo essere brillante e dotato di senso dell'umorismo, acuto e creativo, egli rappresenta un perfetto Geniale Detective da operetta (pp. 17-20, 31-33, 39, 42-43, 49-50, 53, 67-69, 73-74, 203-204). Carr teneva in alta considerazione la cultura e l'arte in generale (non per niente, in "Il Picco delle Streghe" occupano un ruolo importante un libro di incantesimi e alcuni acquerelli, come la collezione di Sir Walter); pertanto, anche il suo investigatore è un appassionato cultore della letteratura e del teatro, tanto da citare continuamente Shakespeare (pp. 18, 20-22, 28, 30, 36, 40, 49-51, 55, 57-59...). Pomposo e carismatico, ma capace di provare pietà, egli è consapevole del proprio personaggio e agisce come se si trovasse in una delle tragedie che è abituato a portare sulle scene dei teatri più importanti d'Inghilterra. Si lancia nell'indagine con il piglio del dilettante, ma riesce a comprendere quando la situazione si sta facendo seria e vorrebbe abbandonare il suo ruolo; però non può, e si costringe ad analizzare tutte le ipotesi per inchiodare il colpevole. Insomma, si comporta come ci si aspetterebbe da un segugio da romanzo giallo, e di conseguenza il suo autore lo fa agire seguendo i passi che un tale personaggio dovrebbe compiere, spesso prendendo in giro le rigide regole del genere e gli assurdi cliché inventati dagli altri scrittori (pp. 65, 68-69, 71-74, 106-107, 111, 141, 142, 187-188, 197, 203, 223, 240). Ma non solo; Lewker riesce ad incarnare uno stereotipo e a rifuggire da esso allo stesso tempo: infatti, se da un lato possiede il tipico carattere eccentrico del dilettante e abbraccia i metodi d'indagine più tradizionali, dall'altro ama intrattenersi con attività straordinarie rispetto ai soliti svaghi dei segugi del giallo: condivide con il suo autore la passione per la vita di montagna e per ciò che si può fare quando ci si trova all'aria aperta, ai piedi di una catena alpina. La vita dell'escursionista ci viene presentata in un modo tutt'altro che freddo e descrittivo, ma piuttosto da un punto di vita attivo sul quale viene modellata la trama (pp. 27, 33-34, 37-39, 41-43, 67, 84-85, 88, 90-91, 108-109, 114, 117-124, 149, 156-157, 180, 226-230, 233). Il delitto diventa qualcosa che possiamo proiettare in un contesto in cui vengono inserite nozioni dettagliate, pur senza estraniare queste ultime, tra aneddoti sull'arrampicata, buone norme da seguire quando si scala una vetta oppure di intraprende un'escursione, piccoli dettagli sulla vita di montagna, accorgimenti e abitudini che gli alpinisti devono adottare e buone norme da seguire quando si decide di scalare una parete rocciosa. A tutto ciò, infine, si aggiunge uno stile ironico e un enigma che, come dicevo, penso sia il migliore tra quelli ideati da Carr, nei suoi libri che ho letto. La costruzione del mistero, l'aggiunta dell'elemento di impossibilità e del tema delle forze oscure, l'alternanza tra momenti di azione e altri di riflessione, danno vita a un caso variegato in cui non ci si annoia mai e che possiede una certa solidità, rispettando oltretutto il fair play. Per concludere e tirare le somme, con "Il Picco delle Streghe" Glyn Carr fa centro e ci consegna un mystery di tutto rispetto, che non ha nulla da rimproverarsi e si dimostra una lettura affascinante e capace di intrattenere. Inoltre, grazie al fatto di riuscire ad evocare tanto bene la campagna del Cumberland, questo libro è perfettamente adatto come lettura nel periodo storico in cui viviamo: se non possiamo allontanarci più di tanto da casa, ci pensa Glyn Carr a farci fare un viaggio con la mente. Alla prossima, e buon Halloween a chi sta leggendo!
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