venerdì 12 febbraio 2021

61 - "Delitto al Concerto" ("When the Wind Blows", 1949) di Cyril Hare

Copertina dell'edizione pubblicata dalla
Polillo Editore
Penso che la musica, intesa in senso generale, sia una delle cose più straordinarie che ci siano al mondo. Essa ci permette di svagarci e divertirci, se un brano è particolarmente movimentato; di scatenarci, nel momento in cui abbiamo bisogno di qualcosa di forte che si faccia scaricare la tensione; di commuoverci, quando ci sentiamo di dover sfogare un'emozione che non trova via d'uscita dalla nostra testa; di consolarci, se abbiamo bisogno di sentirci dire che "va tutto bene" e che non siamo soli. Nel mio caso specifico, inoltre, la musica è stata uno dei mezzi attraverso cui ho fatto nuove amicizie. Penso soprattutto al Festival della Canzone Italiana di Sanremo, che ha unito e unisce gran parte del popolo social di Twitter: ecco, quest'ultimo è stato (ed è tutt'ora) uno degli argomenti-chiave nelle discussioni che intrattengo con i miei amici: ci dà di ché divertirci e sfogarci e lamentarci per mesi e mesi (soprattutto quest'anno che, con la pandemia ancora in corso, ancora non si sa bene come si svolgerà). E se Sanremo è sempre più un contenitore delle materie più disparate, dalla promozione di fiction alla presentazione di progetti culturali, dalle ospitate in occasione di imminenti spettacoli teatrali in uscita, al semplice momento di distensione nei confronti del ritmo serrato della gara, la vera protagonista dello show resta pur sempre la musica, che lo si voglia oppure no. Quella che piace a tutti, nel bene e nel male; che genera dibattito pacifico e litigate furiose, facendoci accapigliare e intrattenere. Penso ad esempio alla pagina Instagram "SanremoHistory" del mio amico Antonio (qui trovate il link), dove lui si diverte a giocare con le canzoni vincitrici del Festival, ma ogni tanto si ritrova a confrontarsi con persone decisamente poco pacate; ecco, come illustra questo esempio, la musica riesce a unire e a dividere. Ma essa non fa soltanto questo, dato che dà da mangiare a molte più persone di quante possiamo lontanamente immaginare. Come ci ricordano spesso i lavoratori del mondo dello spettacolo che organizzano concerti, allestiscono palchi, noleggino strumenti musicali, fanno parte di orchestre, si occupano di studiare e spiegare la materia (come fa Selene attraverso il suo canale YouTube a questo link, mentre studia per poter lavorare nel settore in futuro), ognuna di questa figura professionali riesce a sbancare il lunario proprio grazie alla musica. Essa è qualcosa di meraviglioso, che unisce l’arte pura al mercato economico, capace di esprimersi in toni ufficiali e altisonanti, ma anche attraverso forme meno pretenziose, come dimostrano i thread di Federico sul suo "Sanremo 70e1" appena conclusosi e il profilo Instagram di Levis, che mi auguro possa presto ospitare tante canzoni.

Sì, penso proprio che la musica sia qualcosa di straordinario; e non solo perché io stesso suono il pianoforte. Essa riempie le nostre vite ogni giorno, senza che magari ce ne accorgiamo; eppure è lì di fianco a noi, pronta ad essere d'aiuto quando ne abbiamo bisogno, e molto spesso diventa materia di discussione in innumerevoli declinazioni. Scrivendo su Three-a-Penny, in questa occasione vorrei sottolineare come essa occupi un ruolo di rilievo all'interno della classica crime story. Già in passato abbiamo visto come il suono abbia giocato in primo piano all'interno di un romanzo del mistero: penso, ad esempio, all'importanza delle nove campane della chiesa di Fenchurch St. Paul, in "Il Segreto delle Campane" di Dorothy L. Sayers, le quali sono state importantissime nel farsi mezzo attraverso cui una certa entità si è manifestata davanti agli uomini e alle donne inermi del villaggio. Anche in un libro che purtroppo non è stato tradotto in italiano (e spero si rimedierà presto), "The Organ Speaks" di E.C.R. Lorac, la musica è al centro dell'attenzione, dal momento che un cadavere viene rinvenuto mentre siede allo strumento del titolo, e nella trama si fanno tanti riferimenti sul tema, al punto che la stessa Sayers lo giudicò "molto originale, molto ingegnoso e notevole per la scrittura atmosferica e lo sviluppo dei personaggi". Dal lato americano del giallo, la musica fa da sfondo alle vicende narrate in "Undici Calze di Seta" di Craig Rice, il quale vede il rinvenimento di un cadavere prima strangolato e poi nascosto all'interno di una custodia per contrabbasso; mentre in "Un Cadavere Senza Importanza" di Charles Daly King la questione si fa ancora più complessa, dal momento che la storia stessa viene divisa come se fosse una rapsodia, e nell'enigma sono inclusi uno strano pianoforte che potrebbe uccidere attraverso il suo stesso suono. Insomma, come potete vedere, la musica è una materia molto gettonata nel giallo classico e ha fornito numerosi spunti ai suoi autori. Anche nel romanzo che recensisco oggi (come probabilmente vi sarete aspettati, dopo questa introduzione), essa gioca un ruolo importante nella trama e nel suo enigma: "Delitto al Concerto" di Cyril Hare (Polillo Editore, 2005), infatti, presenta uno di quei complessi misteri, tipici della prima metà del Novecento, in cui l'appassionato giallista e musicista potrà cimentarsi con successo. Chi non mastica molto la musica classica potrebbe incontrare delle difficoltà nello scioglimento in autonomia del delitto, ma questo non significa che non riuscirà comunque a divertirsi e a godere delle vicende narrate e orchestrate (bisogna proprio dirlo) in maniera eccelsa dall'autore: provate a dargli una possibilità per rendervene conto.

Travel to the Theatre, Herbert Ashwin Budd,
1930, raffigurante una scena fuori da un teatro
La storia è ambientata prevalentemente nel mese di novembre, quando la Markshire Orchestral Society si ritrova ad organizzare i consueti quattro concerti che l'orchestra cittadina dovrà eseguire nel salone del municipio. Il comitato, composto dalle signore Charlotte Basset (violoncellista), Susan Porteous (violinista) e Jane Roberts, e dai signori Robert Dixon (segretario), Clayton Evans (direttore d'orchestra), Billy Ventry (organista) e Francis Pettigrew (tesoriere), ha preparato un piano ben preciso sotto la guida ferrea di Evans e si appresta a dare inizio alle prove della prima esibizione della stagione. In questa occasione, saranno suonati l'Alleluia Op. 7 n 3 di Händel, un brano che prevede alcuni momenti da solista per Ventry; il concerto per violino di Mendelssohn, con un importante assolo, e la sinfonia di Praga di Mozart; tutti brani che rientrano nelle capacità dell'orchestra mista di dilettanti e professionisti di cui essa è composta. L'unico inconveniente, che rischia di mandare all'aria ogni cosa, è l'inclusione della celebre Lucy Carless, la violinista che dovrà esibirsi in solitaria proprio nel pezzo di Mendelsshon, nel numero dei partecipanti: infatti, non solo la donna è conosciuta per il suo temperamento nervoso e capriccioso, ma è pure l'ex moglie di Dixon. Tuttavia, in un primo momento tutto pare andare liscio: Robert acconsente a tornare in contatto con Carless quanto basta per portare a termine il concerto, e il primo avvicinamento tra i due non suscita alcun problema. Addirittura, alla festa che il mondano Ventry organizza a casa sua la sera delle vigilia dell'esibizione, Dixon e Carless presentano senza rancore all'altro i rispettivi nuovi compagni di vita. Insomma, tutto va a gonfie vele, nonostante la famosa violinista conservi un certo snobismo verso i suoi temporanei compagni di lavoro. Poi all'improvviso, il pomeriggio prima della grande esibizione, Carless litiga furiosamente con uno dei clarinettisti ingaggiati da Dixon ed Evans per il concerto, e minaccia di abbandonare lo spettacolo se l'uomo non verrà allontanato. Un bel guaio, vista la carenza di elementi adatti a rimpiazzarlo e il poco tempo che separa l'orchestra dal debutto. Eppure, ancora una volta, i membri del comitato riescono a sventare il problema: Zbartorovski, il clarinettista polacco con cui Carless ha avuto l'alterco, viene rimpiazzato da tale Jenkinson e tutti sono soddisfatti.

Ogni cosa è andata a posto, quindi? Purtroppo no. In tutto questo, infatti, il tesoriere della Markshire Orchestral Society, Francis Pettigrew, non riesce a scuotersi di dosso la strana sensazione che qualcosa di terribile stia per accadere. Probabilmente è un'impressione influenzata dai numerosi intoppi a cui ha dovuto far fronte in prima persona, per conto del comitato: risolvere le beghe economiche, dare disponibilità per assistere a noiose prove, telefonare e contattare artisti presuntuosi e lunatici non lo ha certo messo in uno stato d'animo positivo. Forse anche il fatto di essere stato coinvolto in alcuni delitti, tempo addietro, lo ha segnato: magari vedere due esseri umani urlarsi addosso epiteti e volgarità in una lingua straniera potrebbe aver ridestato i suoi timori nell'imbattersi un un nuovo cadavere. Pettigrew si costringe ad accantonare i timori e, la sera della prima, si accomoda in galleria per assistere allo spettacolo, incrociando le dita. Tuttavia, sorgono ancora intoppi. Lucy Carless ha preteso di essere lasciata da sola nella sala degli artisti finché non arriverà il suo momento; si tratta di una questione di nervi, sembra. Inoltre, proprio mentre l'orchestra intona l'inno nazionale, lo sguardo di alcuni spettatori indugia sul posto inspiegabilmente vuoto dell'organista. Dov'è Ventry? Cosa gli è accaduto? Come mai non si sta preparando per il pezzo d'apertura col suo assolo? Evans, spazientito, si vede costretto a cambiare l'ordine dei brani e attacca con la sinfonia di Praga di Mozart, per poi fare una breve pausa e  andare incontro a Carless nei camerini. Peccato che la donna non arriverà mai in scena, dal momento che è stato strangolata nella poltrona in cui sedeva. Immediatamente il concerto viene interrotto e la polizia convocata sulla scena del delitto. L'ispettore Trimble, aiutato dal sergente Tate, si getta in caccia dell'assassino e pian piano si rende conto che quest'ultimo deve trovarsi per forza nel numero di partecipanti attivi al concerto, tra i membri del comitato oppure tra gli orchestrali. Però nessuno ha avuto movente e occasione per compiere il crimine, a parte un misterioso clarinettista che pare essersi volatilizzato nel nulla. Forse è costui il criminale responsabile? Toccherà a Francis Pettigrew dare un importante contributo alle indagini di Trimble e Tate, affinché l'assassino non resti impunito e vanga arrestato.

Orchestra Pit, Jim Rodgers, raffigurante un direttore intento a
guidare la sua orchestra in un pezzo sinfonico
Dopo la delusione provata nel leggere "Congelato" di Anthony Weymouth, desideravo tornare a concentrarmi su qualcosa di intrigante che potesse ridarmi la gioia di gustare un giallo ben sviluppato, e l'idea di cimentarmi con un libro dove il nucleo principale del racconto fosse costituito dalla musica da concerto mi allettava molto; soprattutto come musicista di brani classici, ho pensato che avrei potuto apprezzare ancora di più l'intreccio. Così, ho deciso di prendere in mano "Delitto al Concerto" e vi posso assicurare che la scelta è stata azzeccata, visto che si è trattato di un romanzo stupendo. Infatti, come era accaduto per "Il Segreto delle Campane", anche in questo libro tutto quanto ruota attorno alla Quarta Arte, intesa per essere di facile accesso a qualunque lettore e pur senza tralasciare la trattazione di altri temi comunque importanti nella narrativa di Hare. Un mondo intero viene descritto in tanti piccoli dettagli che si possono leggere tra le righe: abbiamo il comportamento nevrotico e maniacale dei musicisti e di chi viene in contatto con loro ogni giorno, con liti frequenti e scontri che si verificano nelle occasioni grandi e piccole; la descrizione approfondita di numerose occasioni in cui un'orchestra oppure un comitato ad essa legato si riuniscono e, inevitabilmente, scatenano una serie di botta e risposta che spesso si rivelano essere fonte di frustrazioni ed ansie (cap. 6, pp. 89, 118-121, 213-216, 231-232). Nonostante non siano sempre direttamente funzionali alla trama e allo svolgimento del percorso che porterà alla cattura del colpevole, in più di un'occasione vengono tirati in ballo strumenti musicali di vario genere, brani con le loro peculiari caratteristiche, nomi di celebri compositori e concertisti come Håndel, Mendelssohn, Mozart, Beethoven. Molte volte, inoltre, viene messo in luce il lato artistico della musica, inteso come approccio ad essa da parte dei musicisti: abbiamo Evans che la intende come qualcosa che sta al di sopra di tutto il resto, persino delle indagini della polizia che "rischiano" di contaminare un mondo perfetto ed etereo impossibile da piegare ai dettami della pragmaticità; oppure la visione della signora Basset, la quale vede nella Quarta Arte un mezzo che sta tra l'aulico (dal momento che le permette di esprimere le proprie emozioni) e il pragmatico (sfrutta il suo talento per fare semplicemente colpo sul direttore d'orchestra).

Al di là di ciò, tuttavia, l'aspetto "musicale" del romanzo non si limita alla mera descrizione di un mondo "elevato" rispetto a tutto il resto; voglio dire, non descrive il tema soltanto prendendolo da un punto di vista artistico. Una parte di esso viene trattato secondo un piglio materialista, mostrando come e quanto sia complicato "far quadrare i conti", per dirla in soldoni: i problemi che sorgono quando bisogna pagare un suonatore esoso oppure scontroso; i passi che si devono intraprendere per avere a che fare con qualche musicista che si rifiuta di essere contattato da chiunque, al di fuori di un agente ancor meno disposto a scendere a compromessi; l'organizzazione pratica di un concerto, la quale prevede non soltanto una lunga serie di scontri e botta e risposta di accordi più o meno soddisfacenti, ma pure l'affitto di un luogo materiale dove l'orchestra si possa esibire, il pagamento di tasse inevitabili ed obbligatorie, le riunioni alle quali i membri devono partecipare che devono essere organizzate tenendo conto di tantissime variabili... Anche questo è un merito di "Delitto al Concerto": mostrare come non tutto si riconduca a un aspetto ideale, ma sia necessario scendere a compromessi e occuparsi pure del lato più prosaico dell'organizzazione musicale. E su questi due aspetti antitetici, Hare ha costruito il suo romanzo giallo, sfruttandoli per dare vita a una storia come dicevo straordinaria, in cui si intrecciano uno stile solido e stabile e numerosi temi, per dare vita a un enigma dove la musica non è soltanto un pretesto per infondere atmosfera alla trama, ma gioca un ruolo di primo piano nella soluzione dell'indagine. Al mondo della Quarta Arte, fatuo in molte delle sue caratteristiche, illusorio, poco tangibile, effimero, viene infatti affiancata una narrazione dove i fatti sono ciò che più contano, al di là delle mere idee che uno può farsi; dove le testimonianze hanno più valore delle ipotesi, le correnti sotterranee sono declinate a perseguire mete poco idealizzate e volte a un profitto di carattere tangibile (possedere qualcuno in senso carnale, piuttosto che sentimentale, oppure un guadagno in termini di denaro) e le prove utili per svelare la verità sono di carattere pragmatico, rifacendosi alla conoscenza di cavilli legali come è solito in Hare. La stessa musica, addirittura, viene utilizzata per suffragare la soluzione finale in termini materiali. Credo sia stata questa capacità di mettere assieme mondi distanti tra loro, pur senza dare vita a uno scontro irrisolvibile, la chiave del successo di "Delitto al Concerto". Oltre al fatto di accompagnare il lettore nel complesso mondo della musica da concerto.

Alfred Gordon Clarke, alias Cyril Hare,
nato nel 1900 e morto nel 58
Cyril Hare (pseudonimo di Alfred Gordon Clarke) riuscì in questa impresa grazie al fatto di essere lui stesso un grande appassionato di musica concertistica. Nato nel 1900 a Mickleham, studiò Storia al New College di Oxford prima di intraprendere la professione forense a Londra. In concomitanza con il matrimonio, tuttavia, decise di intraprendere l'ulteriore pratica letteraria per incrementare le magre entrate che gli procurava il suo lavoro ed assunse uno pseudonimo che univa il nome della sua abitazione (Cyril Mansions) con il proprio luogo di lavoro (sito a Hare Court). Come Cyril Hare iniziò a scrivere racconti per il "Punch", finché nel 1937 riuscì a pubblicare con discreto successo il suo primo giallo, "Tenant for Death", in cui le indagini vengono affidate a un ispettore di Scotland Yard piuttosto convenzionale, Mallet. Quest'ultimo ricompare nel titolo seguente, "Death is no Sportsman", ma fu dal 1939 che l'attività letteraria di Hare si fece più originale: con "Suicide Excepted", infatti, egli cominciò a sfruttare la propria esperienza nel mondo giudiziario e della legge inglese per rinforzare intreccio e ambientazione dei suoi libri, dando sempre meno risalto alla figura di Mallet. Nel frattempo, ricoprì per qualche tempo il ruolo di judge's marshal e accompagnò un giudice itinerante con mansioni segretariali nei primi anni della Seconda Guerra Mondiale; esperienza che gli sarebbe servita per dare vita al suo capolavoro, "Tragedy at Law", in cui fece la sua comparsa il suo investigatore per eccellenza: l'avvocato Francis Pettigrew, il quale avrebbe anticipato i "personaggi di carne e sangue" (come l'ha definito il critico Martin Edwards) degli scrittori futuri. Pettigrew, infatti, risulta un individuo molto meno impostato e formale del tipico detective della Golden Age, interessato il giusto al denaro e disilluso, moderno e giusto, per il quale il delitto non è un gioco.

Grande appassionato di storia, di musica classica, di legge (come Michael Gilbert, ad esempio) e provetto oratore, nonché affetto da una "congenita e incurabile indolenza" che limitò la sua attività letteraria, Hare scrisse cinque romanzi con Pettigrew protagonista, che sommati a una trentina di racconti e agli altri rimanenti contano dieci esemplari della miglior crime story di stampo giudiziario, prima di morire nel 1958. Tra questi ultimi, l'unico a non presentare un investigatore di serie fu "Un Delitto Inglese", il quale vide invece come deus ex machina l'insolita figura di uno storico ungherese, il professor Bottwink, e si può considerare il più "classico" dei gialli di Hare. Esso venne basato su "The Murder at Warbeck Hall", un radiodramma composto per la serie "Mystery Playhouse presents The Detection Club", scritto in un tentativo di raccogliere fondi per il Club e trasmesso dalla BBC assieme a:
  • The Murder in the Mews by Agatha Christie;
  • A Nice Cup of Tea by Anthony Gilbert;
  • Sweet Death by Christianna Brand;
  • Bubble, Bubble, Toil and Trouble by E. C. R. Lorac,
  • Where Do We Go From Here? by Dorothy L. Sayers.
Sempre Martin Edwards ha rivelato che, al momento della sua morte, Hare aveva iniziato a scrivere un nuovo romanzo con protagonista il dottor Bottwink; purtroppo però non riuscì a finirlo e non se ne farà mai nulla, poiché l'esiguo manoscritto rimasto incompiuto è talmente breve da rendere impossibile capire come si sarebbe sviluppata la trama. Ciò è un vero peccato, visto il calibro del primo libro di quella che si prospettava come una serie di qualità. In ogni caso, per fortuna, ci resta il resto della sua opera letteraria che non è seconda a nessuno, in campo giudiziario. Infatti, se Gilbert applicò le proprie competenze in campo notarile e di avvocatura, la Legge e la Giurisprudenza trovano in Hare il miglior espressionista. Lo stesso "Delitto al Concerto" mette in mostra questa cosa dal momento che, come era già accaduto in "Un Delitto Inglese", il movente del delitto si debba andare a ritrovare in un cavillo legale che risale nientemeno che al Parlamento di Enrico VIII! Questa attenzione per il mondo giuridico è stata la benedizione/maledizione di Hare: da un lato, gli ha permesso di attingere da una fonte pressoché esclusiva per ricercare elementi da sfruttare per far muovere i suoi assassini, ma dall'altro ha precluso il cosiddetto fair play nello scioglimento del mistero da parte del lettore, il quale ovviamente non conosce tutti i codicilli legali. In questo si può riscontrare l'unico difetto di "Delitto al Concerto"; per il resto, come dicevo, si è trattato di un libro pieno di aspetti narrativi e tematiche interessanti.

Copertina dell'edizione in lingua
originale, pubblicata da Faber
In questo libro, Hare ha unito la propria passione per la musica con la sua ampia conoscenza della legge (pp. 35-38, 255-257), inserendo alcune digressioni che esulano dallo svelamento finale (come quella alla corte d'Assise) ed altre che, invece, sono strettamente legate al caso. Oltre a ciò, tuttavia, l'autore non ha rinunciato a sfruttare e mettere in atto gli accorgimenti che hanno reso grande e duratura la propria narrativa: uno stile a dir poco solido, pianificato e compilato, quasi antico come quello di Richard Austin Freeman, ma senza le lunghe parentesi tratteggiate in tono lirico (non per niente viene citato "David Copperfield" alle pp. 43, 45, 201, 205-206); un'attenzione ai particolari e a brevi descrizioni stringenti per quanto riguarda le ambientazioni; e una caratterizzazione profonda dei personaggi, alternando la loro fisicità con gli aspetti emozionali. Come era accaduto in "Un Delitto Inglese", sono questi ultimi a dare gran parte della forza alla trama. Nell'altro romanzo avevamo uno scenario affascinante come quello della casa isolata dalla neve a Natale; qui, le descrizioni sono meno suggestive e numerose ma non per questo scadenti. Allo stesso modo, inoltre, in "Delitto al Concerto" la storia raccontata non si dilunga più di tanto nel raccontare quale sia lo sfondo delle vicende; certo, nella parte comprendente i primi cinque capitoli ritroviamo una sorta di carrellata sui personaggi, la quale ci fa capire meglio quale sia il rapporto che li lega tra loro e ci permette di entrare nel loro modo di essere, ma da lì in poi è l'indagine ad occupare il centro dell'attenzione. Sono l'ispettore Trimble e il sergente Tate (ai quali si aggiunge saltuariamente Pettigrew) ad essere protagonisti di quanto accade sulla scena, a dispetto del ruolo di investigatore dilettante del tesoriere della Markshire Orchestral Society. Il lavoro della polizia prende il sopravvento su quello di Pettigrew, mostrando quanto esso sia complesso non solo dal punto di vista pratico, con tanti testimoni da interrogare e indurre a svelare la verità, rilevamenti da fare sulla scena del delitto e orari sballati, ma pure da quello umano. Ciò che prova Trimble nei confronti dei sottoposti e delle persone con cui viene in contatto, una sorta di senso di inferiorità che si accentua quando egli si ritrova al cospetto del capo della polizia MacWilliam (pp. 137-138); la frustrazione di Tate nel dover sottostare a un poliziotto più giovane ed inesperto, oltre che addestrato per non essere affabile coi sottoposti; l'affetto sincero che lega MacWilliam a questo giovane investigatore e la spinta a metterlo di fronte alle difficoltà per farlo crescere: tutto ciò è stato espresso in "Delitto al Concerto", e l'ho trovato davvero illuminante e bello, perché ha dimostrato come la polizia non sia fatta di automi senza cuore (pp. 123-125, 182-187, 211-212, 240-244, cap. 11).

Cosa ancora migliore, Hare ha impresso una forte carica ironica alla sua storia e ai suoi personaggi: gli stessi Trimble, MacWilliam e Tate agiscono con atteggiamenti a volte divertenti (come nell'interrogatorio a casa Roberts), ma è soprattutto Pettigrew a mostrarsi goffo e umano (oltre che diversissimo dal segugio ansioso di mettersi alla caccia di un omicida), quando ad esempio deve contattare Jenkinson come sostituto clarinettista (pp. 65-70, 101-104, 187-192, cap. 13). Con questo, però, non bisogna dimenticare che "Delitto al Concerto" è pur sempre un giallo del dopoguerra; pertanto, sono presenti alcuni riferimenti al razionamento di cibo e oggetti come le calze per signore, oltre allo spettro del conflitto e del nazismo stagliato dalla triste vicenda dei Zbartorovski (pp. 195-196). Insomma, c'è un equilibrio su cui si gioca tutto quanto, influenzato dalle correnti sotterranee che legano i personaggi l'uno all'altro, in un misto di amore e odio, gelosia e vendetta, bramosia e disgusto, snobismo e altruismo (pp. 58-59 130-133, 224-228); nessuno viene risparmiato dal conflitto interiore, come poi accade nella vita reale. La signora Basset, ad esempio, è una snob sociale, che misura il valore del prossimo in base al lignaggio e di comporta di conseguenza, ma non si rende conto di rendersi lei stessa ridicola; il signor Dixon, così posato, organizzato e sicuro di sé, appare incapace di accorgersi del tradimento della moglie; Clayton Evans, da parte sua, divide la propria persona tra il disprezzo per chi non possiede una grande cultura musicale e il raggiungimento della gloria. Nondimeno, Lucy Carless possiede un temperamento nervoso e desideroso di riuscire, nel bel mezzo di un eterno conflitto; Ventry è un collezionista di strumenti musicali, ma questo non gli impedisce di essere pure edonista e donnaiolo. Tutti costoro incarnano lo stereotipo del musicista capriccioso e dal temperamento artistico, cosa che si rivelerà funzionale allo svelamento dell'enigma. Non solo trovando sfogo attraverso le azioni dei protagonisti, infatti, il mistero è stato costruito, ma attingendo direttamente alla musica nella sua essenza: non bisogna limitarsi ad applicare il solito metodo del sondare i sentimenti e i segreti nascosti nell'animo, ma possedere una minuziosa conoscenza della Quarta Arte (e della legislatura inglese) per scoprire in anticipo "chi-l'ha-fatto" e in quale modo. Questo è l'unico difetto di "Delitto al Concerto"; per il resto, esso presenta un tipico mistero della Golden Age del giallo britannico che non mancherà di intrattenere il lettore: composto come da scatole cinesi l'una dentro l'altra, pieno di riferimenti alla realtà (come dimostra la citazione al caso delle "Spose nel Bagno" attribuito al serial killer John Gordon Smith) e alla letteratura di Dickens, schematico nella sua suddivisione per punti, con quel misto di Fato e pianificazione che ha reso celebre nel tempo il mystery anglosassone. Super consigliato.

P.S. Una curiosità, per finire. "Delitto al Concerto" è stato dedicato a un certo Arnold Goldsbrough: ci fu mai costui? Ebbene, alcune ricerche sulla rete mi hanno portato a scoprire che si trattava nientemeno che dell'organista al matrimonio tra Hare e Mary Lawrence nel 1933, alla chiesa di St. Martin in the Fields. Sapendo che nella storia è presente la figura di Ventry e che tipo sia egli, non ho potuto pensare che l'autore abbia voluto giocargli uno scherzo. O almeno spero lo sia stato, vista la cattiva reputazione dell'organista fittizio.

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